Destra di Popolo.net

GOVERNO E MAGISTRATURA FERMINO L’INFERNO DEL CARA DI FOGGIA

Settembre 13th, 2016 Riccardo Fucile

COSA ASPETTANO LE ISTITUZIONI A MANDARE UN’ISPEZIONE E LA MAGISTRATURA A INDAGARE SU UN LUOGO DOVE MILLE ESSERI UMANI SONO TRATTATI COME BESTIE?… SONO QUESTI GLI ALBERGHI A 4 STELLE CHE CITA SALVINI?

Sull’Espresso, con il titolo “Sette giorni all’Inferno”, Fabrizio Gatti ha svolto un’inchiesta drammatica in un centro di accoglienza per immigrati.
Le poche parole di presentazione dicono tutto: sono entrato clandestino nel Cara di Foggia, dove mille esseri umani sono trattati come bestie e per ciascuno di loro le coop percepiscono 22 euro al giorno.
Nelle undici pagine che seguono, Gatti visita ogni stanza fingendo di essere un rifugiato di lingua inglese entrato in quel luogo d’angoscia per puro caso.
Quelli che vivono in quel luogo sono persone di varia provenienza, per lo più africani che si dividono in diverse camarille e si disputano i cibi e i luoghi e le pochissime provvidenze che la gestione delle coop gli fornisce.
Tra di loro ci sono anche donne, fanciulle, ragazzetti tra i 10 e i 12 anni che spesso vengono stuprati da gruppi di nigeriani che poi li fanno prostituire fuori dal campo.
La notte molti riescono ad uscire da quell’inferno circondato da fil di ferro e da ringhiere, con buchi che i più esperti varcano per poi ritornare dopo aver fatto sporchi giochi con controparti locali.
Ai cancelli del campo la sorveglianza è compiuta da numerosi militari e agenti di polizia che però non entrano mai dentro i locali.
Chi vi entra sono le persone che prestano servizio nelle coop e forniscono ai rifugiati pasti che, a quanto il nostro autore ha verificato, piacciono più ai cani randagi che entrano in massa in quel caseggiato e ai topi che ne traggono graditissimi alimenti.
Questa è la situazione.
I contatti col mondo esterno sono limitati agli incaricati delle coop, i quali forniscono anche qualche medicina se vedono malati e bisognosi di soccorso.
I medici naturalmente non sono mai arrivati anche quando ci sarebbe stato urgente bisogno di loro.
In un brano dedicato alle porte, Gatti così scrive: “Non ci sono uscite di sicurezza. Nemmeno maniglioni antipanico. Molte porte si incastrano prima di aprirsi, il loro movimento comunque va verso l’interno. Dovevano servire a non far scappare i reclusi e a non agevolarne la fuga. Infatti se scoppia un incendio questa è una trappola”.
Ma c’è dell’altro, c’è il caporalato nigeriano.
“I ragazzi sono tornati ieri sera alle dieci. Hanno mangiato la pasta della mensa tenuta da parte da qualche compagno di stanza e a mezzanotte sono andati a dormire. Dopo tre ore di sonno hanno preso la bicicletta fornita dai nigeriani sfilando uno dietro l’altro per recarsi sui luoghi di lavoro. I braccianti che vivono in questo ghetto di Stato lavorano fino a 14 ore al giorno e guadagnano 16 euro, poco più di un euro all’ora e una mensa che piace soprattutto ai cani”.
So bene che il nostro presidente del Consiglio ha molte cose da fare in Italia e in Europa, ma gli chiedo di far ispezionare immediatamente quel Centro che accoglie all’Inferno un migliaio di persone e chiedo anche alla Procura di Foggia di disporre indagini sulle coop che dovrebbero gestire con competenza e amicizia quei rifugiati ed invece ignorano, direi volutamente, l’inferno che sta sotto i loro occhi.
I rifugiati devono essere assistiti con competenza e sensibilità  non così. Il presidente del Consiglio disponga subito un’ispezione in quei luoghi.

Eugenio Scalfari
(da “La Repubblica”)

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AMATRICE, SI TORNA A SCUOLA NELL’EDIFICIO COSTRUITO IN TEMPO RECORD

Settembre 13th, 2016 Riccardo Fucile

SUI BANCHI PIU’ DI 200 BAMBINI… UN MIRACOLO ITALIANO DELLA PROTEZIONE CIVILE… IL SINDACO: “BASTA PIANGERE, DOBBIAMO AVERE FIDUCIA IN CURCIO ED ERRANI”

Si sono presentati in perfetto orario per il loro primo giorno di scuola. E alle 8 e mezzo ha suonato la campanella per l’inizio dell’anno scolastico nelle zone colpite dal terremoto dello scorso 24 agosto.
Al via le lezioni ad Amatrice e a Cittareale, mentre negli altri paesi si parte giovedì. Anche la ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, è presente per il primo giorno della scuola elementare di Amatrice.
Per ospitare i bambini delle elementari, la Protezione civile della Provincia autonoma di Trento ha costruito in tempo record un edificio modulare coloratissimo.
I moduli consentono di tornare regolarmente sui banchi a circa 200 alunni. Con lei il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, il direttore reggente del plesso Maria Rita Pitoni e il presidente della Provincia Autonoma di Trento Ugo Rossi.
“Grazie a chi ha reso possibile riaprire la scuola ad Amatrice, oggi. Siamo appena all’inizio, è ancora lunga. Ma oggi grazie. Viva l’Italia”, ha scritto su Twitter, il premier Matteo Renzi.
I bambini tornano anche nelle scuole rimaste agibili dopo il terremoto, ma molti faranno lezione in prefabbricati, tende e strutture attrezzate.
Gli edifici dichiarati inagibili dopo il sisma, infatti, sono 32 su 577.
Parole di fiducia anche dal commissario alla ricostruzione Vasco Errani: “Ricominciamo da qui perchè la scuola è l’anima della comunità . Non facciamo promesse per il futuro ma atti concreti. Lo abbiamo detto ai sindaci e a chi è impegnato qui. Ogni scelta sarà  condivisa con voi. Questo è il patto che facciamo insieme: ricostruiremo tutto e lo faremo meglio di prima, ad Amatrice e in tutti i territori colpiti dal terremoto”.
Ha approfittato dell’inaugurazione il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi per lanciare un appello ai cittadini: “Fino a tre settimane fa qui c’era un mondo, un mondo che parlava di uno dei borghi più belli d’Italia. Per questo era importante partire dalla scuola, perchè la scuola rappresenta il tassello fondamentale per far sì che quel mondo possa presto tornare ad essere quello che ci appartiene. Bisogna credere nelle istituzioni e io voglio fare un appello alla popolazione di Amatrice, a liberare quanto prima le tende per poter avviare il processo di ricostruzione”.
E ha aggiunto: “Venti giorni fa avevamo tutto. Ora non abbiamo più nulla, ma oggi ripartiamo da qui, da questa scuola, perchè con essa abbiamo tutto. I nostri bambini dovranno avere la capacità  di trasmette solidarietà  e amicizia. Ai cittadini dico basta piangere. Schiena dritta e fidiamoci di Curcio ed Errani. Se siamo uniti riavremo tutto quello che abbiamo perso”.
In occasione della riapertura delle scuole ad Amatrice, un team educativo di Save the Children sta supportando le insegnanti della scuola d’infanzia della frazione di San Cipriano con l’obiettivo di facilitare l’inserimento nella nuova scuola dei bambini che in queste settimane hanno frequentato lo Spazio a Misura di Bambino allestito nel campo di Amatrice subito dopo il sisma.
Si tratta di un intervento svolto in sinergia con le autorità  scolastiche.
Nell’ambito del polo scolastico di San Cipriano, Save the Children è impegnata nella realizzazione della nuova mensa scolastica – della quale potranno usufruire i bambini iscritti all’istituto tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado – di un Centro per le attività  extrascolastiche e di una area attrezzata per lo sport e il movimento.

(da “La Repubblica”)

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CASERTA, APPALTI SUI RIFIUTI, ARRESTATO IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI COSTANZO (FORZA ITALIA)

Settembre 13th, 2016 Riccardo Fucile

COINVOLTI POLITICI E IMPRENDITORI IN UN “SISTEMA CRIMINALE DIFFUSO”

Venti arresti eccellenti scuotono la provincia di Caserta.
Una vicenda di corruzione e appalti truccati nel settore dei rifiuti – ed in vari comuni della zona del Matese – coinvolge amministratori pubblici, funzionari, imprenditori. Venti le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Giudice per le indagini   preliminari di Santa Maria Capua Vetere. Sette persone finiscono ai domiciliari, tredici in carcere.
Ad eseguire le misure sono la Guardia di finanza di Caserta, coordinata dal generale Giuseppe Verrocchi e i carabinieri diretti dal colonnello Giancarlo Scafuri.
L’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere, guidata dal procuratore capo Maria Antonietta Troncone, durava da oltre un anno e aveva nel mirino presunte dazioni di danaro “e una serie di altre utilità ” in cambio di assegnazioni di lavori nel settore dello smaltimento dei rifiuti.
In particolare, la Procura sottolinea in una nota di aver portato alla luce “un vero e proprio sistema criminale finalizzato all’assegnazione illecita di appalti milionari in diversi Comuni del casertano”.
Agli arresti finiscono tra gli altri Angelo Di Costanzo, oggi presidente della Provincia di Caserta in quota Forza Italia, nonchè sindaco del Comune di Alvignano, insieme a un assessore ed al comandante della polizia municipale dello stesso paese; il sindaco di Piedimonte Matese, l’ex sindaco di Casagiove ed anche il presidente del consorzio di bonifica Sannio-Alifana, Pietro Cappella.
Nelle prossime ore è prevista una conferenza stampa in Procura.

(da agenzie)

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SANITA’: IL DIRITTO ALLE CURE MESSO A RISCHIO DALLA CORSA AL RISPARMIO

Settembre 13th, 2016 Riccardo Fucile

GARE AL MASSIMO RIBASSO ANCHE PER I SALVAVITA… ECCO COSA C’E’ DIETRO I NUOVI “DISCOUNT DELLA SALUTE”

Una foto, un tessuto, due cerniere.
La prima è il prodotto di una “pinzatrice” cinese che costa circa 150 euro e per questo va per la maggiore, nonostante il risultato.
L’altra è occidentale, costa almeno il doppio, e per questo fatica a stare sul mercato delle pubbliche forniture, nonostante la resa e la tenuta siano visibilmente migliori.
La fotografia del problema parte da qui. Perchè quelle non sono cerniere dei jeans: sono punti metallici per la sutura dopo un intervento chirurgico.
Quella foto, in altre parole, tocca la carne stessa degli italiani. Al pari di defibrillatori, valvole cardiache, pompe di insulina per i diabetici, stent e altro ancora.
Un grande discount della salute, senza più limiti.
E’ il rischio che corre l’ultimo tentativo di razionalizzare la spesa pubblica.
Dopo anni di tagli lineari e spending review la forbice passa oggi per 33 “centrali d’acquisto”, in sostituzione di 35mila stazioni appaltanti, che sono ormai il fulcro del processo decisionale di approvvigionamento di beni e servizi nella pubblica amministrazione.
Dopo due anni di gestazione, la riforma è operativa da gennaio: per legge, le nuove centrali (21 regionali, una nazionale, 9 città  metropolitane e due province) esperiscono gare in base a criteri individuati da Consip con gare unificate a livello nazionale.
Le centrali d’acquisto regionali (Arca) li utilizzano poi come parametro per le loro procedure d’acquisto. Una meccanismo che — nelle intenzioni — punta a migliorare la trasparenza nel mercato delle forniture e ridurre i costi con economie di scala.
Tentativo sacrosanto, ma che in un contesto di tutela della salute pubblica non è privo di pericoli. Non ultimo, quello di vanificare l’aspettativa di risparmio dichiarata di 10-12 miliardi di euro.
A segnalarlo per primi sono i produttori di dispositivi medici ad alta tecnologia, dove la qualità  dei materiali, le soluzioni innovative e l’esperienza fanno la differenza.
L’allarme parte dalla Lombardia, dove si concentra il 30% delle imprese del settore. Qui le gare sono a pieno regime e Assobiomedica, l’associazione di categoria, contesta il nuovo sistema di ricognizione sul mercato perchè — sostiene — finisce per attribuire al prezzo un peso ponderale sproporzionato rispetto alla componente qualititativa.
Lo sbilanciamento deriva dalla genericità  dei capitolati che si limitano a indicare caratteristiche tecniche “di base”, senza dettagliare sub-criteri qualitativi e tecnici, così da consentire a chiunque di parteciparvi, grandi e piccoli che siano, perchè tutti li raggiungono.
La vera gara, a quel punto, si gioca solo ed esclusivamente sull’offerta economica più vantaggiosa. Il risultato è un profluvio di procedure d’acquisto dove a vincere sono proprio produttori, terzisti o rivenditori di marchi d’importazione che propongono materiali e dispositivi di prezzo e qualità  inferiori. Che poi però finiscono in sala operatoria: dalla valvola cardiaca al defibrillatore.
Un rischio ben chiaro al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità , Walter Ricciardi, che a ilfattoquotidiano.it conferma: “E’ un nodo scoperto che dobbiamo assolutamente sciogliere. Finchè risparmi sui bulloni e le biro può anche andare bene, ma qui si tocca la vita dei cittadini. Se il criterio del massimo ribasso viene trasferito tal quale alla sanità , si mette a rischio il loro diritto a ricevere cure idonee. E si sbaglia anche sul fronte della spesa: un impianto sbagliato va rifatto, e il paziente torna in ospedale con ulteriore aggravio nei conti”.
Se gli va bene, aggiungiamo noi. In un’intervista al nostro giornale Ricciardi anticipa quanto dirà  martedì 13 settembre nel corso incontro che si terrà  a Roma, organizzato da OSI — Officina Sanità  Italia, promosso dai big del medical device.
Ci saranno il direttore generale dell’assessorato della Regione Piemonte, il capo dell’ispettorato generale per la spesa sociale della Ragioneria generale dello Stato e il consigliere giuridico di Maria Elena Boschi.
Ascolteranno con le loro orecchie quello che l’ad di Medtronic Italia, Luciano Frattini, ha già  espresso in una lettera trasmessa alle associazioni dei pazienti e alle società  scientifiche lombarde: “Purtroppo — si legge — si moltiplicano gli esempi in cui capitolati di gara scellerati portano all’aggiudicazione di prodotti scelti solo sul parametro economico, limitando pericolosamente o addirittura eliminando ogni parametro qualitativo, il tutto ispirato a un distorto senso di risparmio”.
Si discuterà  di standard ma soprattutto di chi li fissa o li infrange, anche “secondo legge”. Il primo problema riguarda il “cosa”, cioè la pinzatrice che sutura la pancia degli italiani.
Perchè l’Italia, mentre imboccava l’autostrada del massimo ribasso, recepiva quasi fuori tempo massimo una direttiva europea (2014/24/UE) di segno esattamente contrario, che introduce modalità  innovative nella interazione tra Pubblica amministrazione e fornitori, come il cosiddetto “dialogo competitivo”, che punta a tutelare l’innovazione nei sistemi, proprio al fine di trovare la soluzione più adeguata in termini di qualità  e di prezzo e non solo di prezzo.
La richiesta dei produttori è di andare avanti sulla strada degli standard, ma con un occhio fisso sulla qualità  clinica. Già , ma come?
E siamo al “chi” della questione. Uno dei nodi più delicati sul tavolo è il contributo e il peso che assume il “clinico” nella predisposizione dei capitolati e nelle aggiudicazioni che accorpano in uniche gare fabbisogni terapeutici differenziati.
E’ lo specialista a sapere cosa e quanto comprare per provvedere alle necessità  di cura. Solo lui sa quando l’asticella del ribasso nella scelta di approvvigionamento va a scapito della salute dei pazienti.
Il coinvolgimento dei clinici nelle nuove gare — uniche, ma per soddisfare fabbisogni terapeutitici differenziati — sarebbe, di fatto, minimo.
Tanto che — denunciano le aziende — non mancano casi di valutazioni tecniche in palese contraddizione con le richieste del capitolato, di lotti deserti per via di un prezzo a base d’asta di gran lunga inferiore ai valori effettivi di mercato.
Ricorrenti sono poi i casi di sottostima dei quantativi rispetto alle reali esigenze delle aziende ospedaliere che generano poi “vuoti” nelle singole strutture e nell’intera offerta terapeutica regionale.
Dare la parola ai clinici, dunque, ma quali? Il nodo è complesso e soprattutto delicato. Lo specialista deve avere la più ampia esperienza possibile, ma non può essere legato in alcun modo a un produttore.
Un corridoio stretto, perchè l’alto tasso di innovazione del settore è garantito proprio dalla stretta e continua interazione tra medico-azienda-paziente, tanto che molte delle migliorie e dei brevetti introdotti arrivano direttamente dai clinici che impiantano tutto il giorno materiali e dispositivi o fanno ricerca con le aziende.
Allora, come garantire la competenza clinica e disinnescare il conflitto d’interessi?
Nel campo dei dispositivi medici non esiste un’agenzia (come l’Aifa per i farmaci) che funga da ente programmatore/regolatore e fornisca indicazioni e criteri precisi.
Non esiste, d’altra parte, un albo professionale competente con profili clinici da cui attingere per le valutazioni di gara.
Quando sono partite le centrali d’acquisto regionali (Arca) hanno dovuto fare una ricognizione tra gli specialisti e predisporre una lista di medici ospedalieri per formare dei team. Con quale logica, non è dato sapere: il caso, l’amicizia, la competenza? Così, di volta in volta, si è attinto liberamente ai professionisti, zizagando tra il rischio del conflitto e quello (anche peggiore) dell’inesperienza.
Il risultato, finora, è la messa all’angolo degli aspetti tecnico-qualitativi.
E così, dicono i produttori ma l’Istituto Superiore di Sanità  conferma, non si può continuare. Perchè si arriva a toccare il diritto dei cittadini a cure idonee.
La grana finisce sul tavolo di Raffaele Cantone perchè è l’Anac che dovrà  selezionare le professionalità  competenti per le gare nazionali.
L’orientamento, per ora, sembra quello di “pescare” tra gli ordini dei medici e dalle università . Soluzione che non trova molti consensi perchè, ad oggi, non sono state delineate professionalità  adeguate in grado di prestare la propria competenza clinica e specialistica per gare che coinvolgono tecnologie salvavita altamente innovative. “Quello è l’anticamera del ‘prendo chi mi è comodo’, dice un produttore.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità , che ha sostenuto Consip nelle prime ricognizioni in sanità , sembra più orientato verso un modello di accreditamento affidato a un soggetto terzo che fissi in modo chiaro e oggettivo le clausole di incompatibilità .
E guarda alle società  scientifiche che potranno fornire una lista di tecnici tra cui scegliere, da vincolare a un accordo di privacy e di “no conflict”, per cui dovranno dichiarare — sotto la propria responsabilità  — se sono sponsorizzati da aziende, se hanno partecipato a congressi, se stanno lavorando in attività  di ricerca in quel momento e con chi, se sono nel board scientifico di qualche azienda.
Problema: in Italia non c’è un riconoscimento giuridico della figura della società  scientifica, proprio quella che (in teoria) dovrebbe saper esprimere al meglio un giudizio tecnico sui dispositivi.
E l’Anac, per legge, non può avere rapporti con soggetti non riconosciuti giuridicamente. Un rebus anche normativo tutto da sciogliere. Ecco perchè all’incontro del 13 settembre è invitato anche il legislativo del ministro per le Riforme, insieme agli assessori regionali alla sanità , l’anticorruzione, il ministero dell’Economia e l’Istituto superiore di Sanità .
Il rischio “discount” sui dispositivi salvavita, a questo punto, chiama in causa tutti.

Thomas Mackinson
(da “il Fatto Quotidiano”)

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