Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
LO SCREENSHOT DI UN MESSAGGIO INVIATO DA UN GIORNALISTA DELLA REDAZIONE E’ ROBA DA ESPULSIONE DALL’ORDINE… I PRECEDENTI DEL’IMMIGRATO PAGATO 200 EURO PER FARE IL LADRO DI BICICLETTE E DEL ROM PAGATO PER INVENTARSI LE “TRUFFE DEGLI ZINGARI”
Quinta Colonna dice di sè di essere un programma che ha al centro “tutta l’attualità
raccontata dai protagonisti e dalla gente comune”.
Il programma condotto da Paolo Del Debbio però è stato spesso beccato a inventarsi la realtà e soprattutto a selezionare i protagonisti e la gente comune che devono raccontare l’attualità .
A denunciare l’ennesimo episodio è il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, che ha postato su Facebook lo screenshot di un messaggio inviato da un giornalista della redazione ad un gruppo di cittadini ravennati.
Come Quinta Colonna ti inventa la notizia
Due anni fa un immigrato con precedenti penali ha raccontato di essere stato pagato 200 euro per comparire in video e farsi riconoscere come ladro di biciclette da uno degli ospiti in studio.
Nello stesso periodo venne scoperto che il programma era solito ricorrere alle interpretazioni televisive di un Rom, pagato per inventarsi le “truffe degli zingari” sotto gli occhi di un compiaciuto Matteo Salvini.
Ieri Quinta Colona ha mandato in onda il servizio da Ravenna, puntualmente alle spalle dell’inviato del programma di Del Debbio sono comparsi cittadini impauriti e spaventati dalla possibilità che Ravenna diventi il centro di reclutamento dell’ISIS italiano.
Vale la pena di ricordare che il sindaco è uno di quegli italiani è a favore dello Ius Soli quindi il ragionamento sottinteso di Quinta Colonna è che se si concede la cittadinanza ai figli degli immigrati si farà la fine della Francia.
Quinta Colonna alimenta il clima d’odio e di paura nei confronti degli immigrati
È stato portato all’attenzione di de Pascale che nei giorni prima della diretta un giornalista di Quinta Colonna era andato nel gruppo Facebook “La Sentinella Ravennate” a reclutare qualche persona che potesse intervenire durante la trasmissione “facendo trasparire la paura e il timore che tra i tanti sbarchi si possano annidare persone legate a cellule terroristiche o persone che, se non controllate a dovere dalle istituzioni, possono essere adescati dalla rete jihadista, che purtroppo è presente sul nostro territorio“.
Nel frattempo il post è scomparso ma sembra che qualcuno abbia provveduto a segnalare all’ordine il comportamento della redazione di Quinta Colonna.
Il giornalista della trasmissione dei Del Debbio sta quindi cercando cittadini che possano interpretare una parte ben precisa.
Perchè l’obiettivo è quello di raccontare un Paese abitato quasi esclusivamente da gente che ha paura dello straniero.
Ecco quindi che nasce la necessità di trovare cittadini che — istruiti a dovere su come comportarsi e cosa dire — possano creare ad uso e consumo di Del Debbio e della sua sferzante ospitalità quel clima giusto di terrore e senso di essere sotto assedio che poi verrà sapientemente sfruttato dai politici di turno presenti in studio.
Questa nei Paesi normale si chiama istigazione all’odio razziale ed è un reato.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
COME SI FA A IMPORRE LE PROPRIE IDEE E/O INTERESSI PUR ESSENDO UNA MINORANZA
Qualche breve riflessione su due accadimenti apparentemente lontani, la “indipendenza della Catalogna” in quel di Barcellona e la fiducia sul Rosatellum nella capitale italiana.
Partiamo dalla Catalogna dove una minoranza numerica evidente ha indetto un referendum i cui risultati (fonte indipendentista) sono stati i seguenti: votanti 2.262.000 cittadini su 5.340.000 aventi diritto, pari al 43%, ovvero ben sotto il minimo richiesto dal buon senso.
I Sì sono stati il 90,01%, i No il 7,87%, le bianche il 2,03%, le nulle lo 0,89%.
Ne deriva che a favore dell’indipendenza ha votato solo il 39% dei catalani.
Qualcuno dirà che molti non hanno potuto votare: vero, ma è anche vero che è provato che coi seggi volanti c’è chi ha votato anche cinque volte.
In ogni caso tutti i sondaggi danno i favorevoli all’indipendenza al 40-42%, i contrari al 49-51%, ora addirittura sarebbero saliti al 59%.
Quindi di che parliamo? Di qualcuno che non ha la maggioranza neanche a casa sua ma che vuole imporre il proprio punto di vista al prossimo.
Veniamo a Roma.
Logica vorrebbe che in democrazia almeno le regole del gioco fossero condivise, non che qualcuno bari a suo favore, visto che la legge elettorale non si può cambiare ogni due anni (almeno nei Paesi seri).
Il Rosatellum, ultima alchimia psichiatrica del Parlamento, è una forzatura di quattro partiti (Pd, Lega; Forza Italia, Ap) che gli attuali sondaggi danno tutti insieme al massimo al 56%.
Ne deriva che una risicata maggioranza impone il proprio interesse al 44% degli elettori con un voto di fiducia che vuole dire semplicemente una cosa: che non sono sicuri neanche del proprio 56% e quindi di aver persino una maggioranza.
A Barcellona come a Roma più che esercitare la democrazia pare di assistere all’esibizione muscolare di minoranze arroganti.
Con buona pace degli utili idioti che non hanno confini.
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
PER MADRID E’ SECESSIONE…. ORA POTREBBE APPLICARE L’ART 155 DELLA COSTITUZIONE CHE PREVEDE LA DESTITUZIONE E L’ARRESTO DEL GOVERNATORE E UN COMMISSARIAMENTO DELLA REGIONE
Assume il mandato affinchè la Catalogna diventi uno “stato indipendente sotto forma di
Repubblica”, ma allo stesso tempo sospende “la dichiarazione di indipendenza per avviare il dialogo, perchè in questo momento serve a ridurre la tensione“.
Una soluzione a metà quella del presidente catalano Carles Puigdemont, che parla così davanti al Parlamento di Barcellona nel suo attesissimo discorso dopo il referendum del primo ottobre.
Il governatore ha quindi usato la “formula slovena”: Lubiana, infatti, aveva seguito lo stesso iter al momento della separazione da Belgrado: aveva dichiarato l’indipendenza, ma l’aveva sospesa per sei mesi, per arrivare a un divorzio negoziato con Belgrado.
Così anche Puigdemont lancia un messaggio a Madrid per cercare la mediazione e avviare le trattative.
Per il governo centrale il suo messaggio ha un solo senso: è una dichiarazione di secessione dalla Spagna.
Quindi Rajoy, scrive El Pais, prepara una “risposta” alla presa di posizione del presidente catalano. Secondo fonti del governo citati dall’agenzia Efe, l’esecutivo considera “inammissibile fare una dichiarazione implicita d’indipendenza per lasciarla in sospeso in modo esplicito”.
Altre fonti d Madrid lasciano filtrare una dichiarazione più netta: “Si prevede che il governo applichi l’articolo 155 della Costituzione”. Cioè quella legge che consente di destituire il governatore, arrestarlo per “ribellione” e sospendere l’autonomia catalana.
Erano le ore 19 e 41 quando Puigdemont aveva dichiarato l’indipendenza.
“Si è creato un consenso amplissimo e trasversale sul fatto che il futuro dovessero deciderlo i catalani con un referendum”, ha detto il governatore nel suo discorso, sottolineando che “milioni di cittadini sono arrivati alla conclusione che l’unica soluzione” fosse “che la Catalogna potesse diventare uno Stato, e il risultato delle ultime elezioni al Parlamento catalano è stato la dimostrazione”.
§Ma a replicargli in aula è la leader dell’opposizione Inès Arrimadas, secondo cui quanto accaduto oggi “è la cronaca di un golpe annunciato”.
E aggiunge: “Voi siete i peggiori nazionalisti d’Europa” e “non avete alcun sostegno: signor Puigdemont, lei è solo”.
Il discorso doveva iniziare alle 18, ma è stato rinviato di un’ora, deciso dopo che alle 18 la presidente dell’assemblea Carme Forcadell ha ricevuto due richieste.
Una di Puigdemont che chiedeva un rinvio di un’ora e un’altra dei capigruppo di Pp e Ciudadanos che chiedevano una sospensione della seduta.
Forcadell ha convocato una riunione dell’ufficio di presidenza e della giunta dei capigruppo per esaminare le due richieste. Ad ascoltare il governatore circa 30mila persone che si sono radunate nella zona intorno al Parlamento locale a Barcellona, dove sono stati piazzati due maxi schermi.
L’articolo 155 della Costituzione
E’ già sul tavolo del governo di Madrid come meccanismo di risposta. L’articolo è semplice nella sua forma ma di delicata applicazione.
Nessun governo, in 40 anni, ne aveva mai considerata l’adozione: per questo non è mai stato trasformato in legge. Si tratta quindi, come segnala il quotidiano catalano La Vanguardia, di una misura di carattere eccezionale che implica il controllo politico delle comunità autonome da parte dello Stato centrale.
Il testo prevede infatti che il governo possa adottare “le misure necessarie” per “obbligare” con la forza una comunità autonoma al rispetto “degli impegni” che la Costituzione, o altre leggi, impongono e, nel caso in cui fosse necessario, e per “proteggere” gli interessi generali della nazione.
Le circostanze in cui farlo sono, ovviamente, che una comunità abbia violato la Costituzione o abbia intentato gravemente contro gli interessi generali.
Il procedimento
La procedura stabilita dallo stesso articolo 155 prevede che innanzitutto il governo debba inviare una richiesta al presidente della comunità in questione.
In questo caso, lo stesso premier Mariano Rajoy deve avvertire direttamente il presidente catalano Carles Puigdemont.
In secondo luogo, il governo deve presentare la sua proposta di misure di controllo dell’autonomia al Senato, che le può approvare con maggioranza assoluta.
A sua volta, la procedura di applicazione del 155 al Senato è regolata dall’articolo 189: il governo deve presentare una proposta chiara per ciascuna delle misure specifiche che intende adottare e la relativa possibilità di emendamenti.
Anche se è stato oggetto di dibattito, gli esperti possono capire se, nel caso di procedure di emergenza, le misure possano essere approvate in modo diretto (in 2 o 3 giorni).
La Vanguardia ricorda che il partito popolare di Rajoy possiede oggi la maggioranza assoluta nel Senato spagnolo.
Margini di manovra
L’articolo 155 concede molto margine al governo centrale, a condizione che abbia l’approvazione del Senato.
Il governo può infatti controllare le finanze della Generalitat, può dare ordini e assumere il controllo dei dipartimenti, può licenziare all’interno della pubblica amministrazione e può sciogliere il Parlamento.
Quello che però non può fare è implementare misure che presuppongano cambiamenti dello Statuto o della propria Costituzione.
Ecco perchè esperti ritengono che il 155 non prevede una sospensione nè, ancora meno, una soppressione, dell’autonomia.
Tuttavia, è ovvio che questa sarebbe molto limitata dal controllo totale o parziale dell’amministrazione statale.
L’applicazione dell’articolo non ha limiti temporali: quello che indica la Costituzione è che si debba applicare fino a che non verrà ripristinata “la normalità costituzionale”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
IL REPORT DI TRANSPARENCY INTERNATIONAL CI VEDE AL 66° POSTO SU 176 PAESI.. CARENZE NELLA PROTEZIONE DI CHI DENUNCIA E NELLE LOBBYING
Un Paese in balia della corruzione. Siamo al sessantesimo posto su 176 paesi, con un voto di appena 47 su 100. Un risultato non certo lusinghiero tanto più se si considera che nel ranking europeo l’Italia si posiziona al terzultimo posto, davanti solo a Grecia e Bulgaria.
Ed poco cambia nel giudizio di uomini d’affari e investitori internazionali. Sono loro, attraverso con le loro risposte a costruire l’indice della corruzione, che viene presentato questa mattina a Roma da Transparency International Italia. Ma anche i cittadini italiani non è che la pensiono tanto diversamente.
E se è vero che dal 2012 l’Italia ha scalato 12 posizioni, la percezione di vivere o investire in un Paese dove la corruzione la fa da padrone non è cambiato molto.
“Troppo poco” è scritto nel nuovo Report agenda 2017. È come se poco o nulla fosse mutato nonostante siano tante le leggi varate per stringere le maglie e riportare l’Italia a livelli compatibili con un’economia industriale qual è. Solo da febbraio, il tempo in cui è stato steso lo studio, sono state varate tre leggi, il decreto sulla corruzione tra privati, quello sull’antiriciclaggio e quello suglia appalti
Il problema è che il quadro della lotta alla corruzione in Italia è spaccato in due
Da una parte – emerge dal Report – un apparato normativo che con 62 punti su 100 risulta sufficiente, dall’altra l’applicazione pratica e la capacità sanzionatoria e repressiva delle istituzioni che raggiunge un punteggio di soli 45 punti su 100.
Questi sono alcuni dei dati che emergono dal nuovo Report in cui vengono analizzate leggi e pratiche anticorruzione nel settore pubblico, privato e nella società civile.
L’obiettivo è valutare le effettive capacità del nostro Paese di far fronte a uno dei mali che lo affligge da decenni.
Ma la corruzione dilaga anche a causa di due importanti lacune che contribuiscono ad abbassare di molto il giudizio sul quadro normativo: la mancanza di tutele per chi segnala casi di corruzione e l’assenza di una regolamentazione delle attività di lobbying, che raggiungono rispettivamente un punteggio di 25 su100 e 29 su100.
Tuttavia, se sulle tutele per chi segnala casi di corruzione, qualcosa si sta muovendo, sul lobbying – è scritto nel Report – siamo ancora molto lontani da una qualsivoglia regolamentazione.
In cima alla classifica dei settori in cui legge e pratica funzionano meglio nell’arginare i fenomeni criminali in oggetto, troviamo il sistema antiriciclaggio (75 punti su 100) e gli obblighi di trasparenza a livello contabile (89/100), grazie soprattutto alla recente reintroduzione del reato di falso in bilancio, che è stato ripristinato.
Insufficiente è anche il quadro del settore privato (51 su 100), dovuto al gap tra le grandi aziende, più all’avanguardia sui temi della trasparenza e dell’integrità , e le piccole e medie imprese, ancora lontane dall’affrontare il fenomeno con strumenti adeguati.
E purtroppo anche società civile e media, con un punteggio di 42 su 100, risultano avere un ruolo abbastanza marginale nel promuovere la lotta alla corruzione trasformandosi in veri e propri “cani da guardia” o monitorando i soggetti più a rischio di mettere in atto comportamenti corruttivi.
Di corruzione infatti, se ne parla tanto, ma rari sono gli approfondimenti e le campagne mediatiche sul tema che, per sua natura, ha bisogno di essere affrontato da un punto di vista culturale.
“Nonostante il quadro ancora insufficiente delineato dal nostro Report, siamo ottimisti per il futuro – è l’opinione di Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia – perchè iniziamo a riempire il vuoto legislativo sulla tutela di chi denuncia e sul lobbying e poi concentriamo sforzi e risorse per applicare più efficacemente le tante e buone leggi che abbiamo”.
Qualcosa dunque potrebbe cambiare anche se per ora, nessun italiano sembra aver percepito il cambiamento. Secondo i dati dell’ultimo Barometro globale della corruzione pubblicato nel 2016, che raccoglie le risposte di un campione di 1.500 italiani, solamente il 4% di questi ha l’impressione che la corruzione si sia ridotta negli ultimi quattro anni.
Il dato non stupisce più di tanto se si considera che un campione simile intervistato nel 2013 dalla Commissione Europea per la stesura dell’Eurobarometro sulla corruzione, nel 97% dei casi affermava che in Italia la corruzione è molto diffusa. Una piaga inestirpabile.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
IN SEI CASI SU DIECI SI TRATTA DI BAMBINE, IN ITALIA DUE MINORENNI AL GIORNO SUBISCONO ABUSI SESSUALI…LA CASA E’ IL LUOGO PIU’ PERICOLOSO PER I PICCOLI
In Italia, ogni anno, quasi mille bambini sono vittime di abusi sessuali: circa due al giorno.
Ma nel 2016 si è registrato un vero record: sono stati 5.383 i minori vittima di violenza, non solo sessuale; si tratta di circa 15 bambini ogni giorno. In sei casi su dieci si tratta di bambine. Un dato che segna un preoccupante +6% rispetto all’anno precedente.
L’allarme sul fenomeno viene dagli ultimi dati Interforze del 2016, elaborati nel Dossier della campagna Indifesa di Terre des Hommes (6/a edizione), sulla condizione delle bambine e ragazze nel mondo, presentato oggi alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso.
“Le conseguenze di una mancata protezione e promozione del benessere infantile sono pesantissime e si ripercuotono nelle fasi successive della vita, oltre a rappresentare un gravissimo danno alla società ‘. Ogni bambina strappata alla violenza è una speranza di riscatto per tutti noi. Ricordiamolo sempre: le bambine di oggi saranno le donne di domani, abbiamo il dovere di combattere tradizioni, pratiche e comportamenti che negano loro i diritti fondamentali come quello all’integrita’ fisica e psichica, alla salute, all’istruzione”. ha detto il presidente del Senato.
I dati presentati sono allarmanti, fotografano una realtà di violenza continua in cui spesso sono proprio le mura di casa il luogo più pericoloso: sono state ben 1.618 (tre su 10) le vittime di maltrattamento in famiglia , per il 51% femmine, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente.
Cresciuto del 23% il numero di vittime minori di abuso di mezzi di correzione o disciplina (326 nel 2016), ovvero di percosse, sfociate nella necessità di cure ospedaliere o in una denuncia.
Le vittime di violenze sui minori sono per lo più femmine: nel 2016 erano il 58%, percentuale che aumenta quando si tratta di reati a sfondo sessuale.
Le bambine sono l’83% delle vittime di violenze sessuali aggravate, l’82% dei minori entrati nel giro della produzione di materiale pornografico, il 78% delle vittime di corruzione di minorenne, ossia bambine con meno di 14 anni forzate ad assistere ad atti sessuali
In calo rispetto al 2015 sono gli atti sessuali con minori di 14 anni (-11%), dove però le vittime sono ancora 366, per l’80% bambine, e la detenzione di materiale pornografico, che segna -12%, con 58 vittime, il 76% femmine.
“L’Osservatorio Indifesa conferma che nel nostro Paese c’è bisogno di un cambio radicale nella prevenzione della violenza contro le bambine”, ha dichiarato Raffaele K. Salinari, Presidente di Terre des Hommes. “Serve un impegno sempre maggiore del Governo per trovare fondi per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere che orienti gli interventi sia in Italia che nei paesi in via di sviluppo”. Dove il fenomeno dei matrimoni di spose bambine continua, dove spesso le ragazze cresciute in Italia vengono portate per le vacanze e sposate contro la loro volontà : ogni due secondi una bambina o una ragazza minorenne diventa infatti una baby sposa. Il marito è spesso un uomo più grande, con gravi conseguenze per la loro salute e il loro sviluppo sottolineano i dati di Terre des hommes.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
SOLITE BEGHE INTERNE ALLA VIGILIA DEL VOTO… FAVORITA LA LOMBARDI, MA LE SPACCATURE RESTANO
Il voto in rete neppure è cominciato e già il Movimento 5 stelle del Lazio è alle prese con le polemiche interne. Quando mancano meno di 24 ore alle Regionarie per scegliere il nome del candidato o della candidata governatrice, i grillini si spaccano sotto i colpi del fuoco amico.
“Sono io che chiedo di essere convocato dai probiviri. La ‘cordata Pomezia’ sta inquinando il Movimento”.
Tra i primi a prendersela con i colleghi, il consigliere regionale e candidato Davide Barillari. Non si accontenta di un contestatissimo post su Facebook dove accusa, fra gli altri, Valentina Corrado collega alla Pisana e rivale nelle primarie interne — di averlo “boicottato” nella sua proposta di riforma sanitaria, ma a ilfattoquotidiano.it rincara la dose e mette in allerta tutto il Movimento e parlando di una “cordata di cui fino a qualche giorno fa non avevo le prove” e di un “gruppo regionale spaccato da tempo”.
La consigliera Corrado, sempre con ilfattoquotidiano.it, si difende: “E come l’avrei boicottato? Mica gli ho legato le mani!”.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’email che il sindaco di Pomezia, Fabio Fucci, ha inviato a più destinatari dal suo indirizzo personale come endorsement in favore della sua concittadina. Proprio il “modello Pomezia” sembrava in forte ascesa nel Movimento: dopo le vittorie nelle vicine Nettuno e Ardea e la crescita dei sondaggi in vista delle amministrative di Anzio (2018), Fucci — che proviene dallo stesso meet-up territoriale di Corrado e dell’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo — ha avuto “l’onore” di parlare alla convention di Rimini insieme alle sindache di Roma Virginia Raggi e di Torino Chiara Appendino.
Ora la posizione di Fucci, che è stato fortemente censurato da una nota pubblicata sul blog di Beppe Grillo (dove si legge “il M5s non autorizza dichiarazioni di voto interne per evitare la formazione di correnti”) è finita all’attenzione dei probiviri, che lo avevano già attenzionato per un’inchiesta a suo carico (reato di diffamazione) non comunicata per tempo.
Tutto a vantaggio della deputata Roberta Lombardi, già favoritissima della vigilia e per la quale ora osservatori e addetti ai lavori prevedono una vittoria in scioltezza.
I tre, insieme ad altri candidati (tra cui la sorella del presidente in Campidoglio Marcello De Vito, Francesca), si sfideranno nelle prossime ore per ottenere l’incoronazione e iniziare la corsa per la Regione.
IL POST DI BARILLARI: “IO ISOLATO E CONTRASTATO”
Comunque andranno le cose a livello elettorale, resteranno sicuramente i segni dell’ennesimo scontro interno. Nel suo post su Facebook, Barillari, un tempo considerato un fedelissimo di Grillo e Casaleggio, è stato molto duro. Rispetto al “libro bianco della salute 2018”, un progetto a cui sta lavorando dall’inizio del suo mandato, l’ex candidato pentastellato ha denunciato di essere stato “lasciato solo, isolato e contrastato, proprio perchè qualcuno ne ha compreso l’importanza e forse per invidia o gelosia, o magari semplice stupidità , ha cercato non solo di rallentarlo ma anche di bloccarlo”.
Poi ha fatto i nomi: “C’e’ chi ha remato contro, come la Corrado, che grazie all’alleanza con la Pernarella, attuale capogruppo, minacciava addirittura di togliere al progetto Libro Bianco il logo del M5s” e a lavorare “ad un ‘progetto alternativo’ grazie alle complicità di un sedicente tavolo sanità regionale e alla compiacenza della Corrado”.
Il primo commento al post è della collega consigliera regionale Silvana Denicolò: “Ma come ti permetti Davide? Ora la misura è veramente colma! Sai dire qualcos’altro oltre che io, io, io???”.
Va detto che, al di là delle possibili correnti interne, Barillari in questi mesi è stato un po’ isolato dal gruppo anche a causa di un uso un po’ fuori le righe dei social network — caratteristica non comune agli eletti pentastellati — con alcune gaffe che gli hanno attirato ironie anche interne, come l’attacco al governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, in calce a una lamentela di una terremotata di Castelluccio di Norcia, comune dell’Umbria, il retweet a un link del sito satirico Lercio, o la pubblica esultanza per i 95 euro guadagnati dalla vendita del suo libro.
Questa volta, però, l’uscita social a suo dire ha un background molto più profondo: “Non e’ affatto uno sfogo o una boutade — ribadisce a ilfattoquotidiano.it — ma la descrizione reale di quello che sta accadendo. E’ giusto che si sappia che il gruppo ha avuto dei problemi, e a questo punto devo pensare che erano creati a tavolino. Ho ancora fiducia nel M5s, non è malato e, anzi, vorrei essere ascoltato dai probiviri (che potrebbero aprire un’azione disciplinare nei suoi confronti, ndr) per portare documentazione dettagliata su quello che affermo”.
VALENTINA CORRADO: “BARILLARI PRESENTI PROVE, A LUI SOLO CONSIGLI”
La situazione è tesissima. A rischio, in realtà , non sono le Regionarie, che a meno di sorprese dovrebbero vedere stravincere la deputata “ortodossa” Roberta Lombardi — a sua volta ripresa nelle scorse settimane per aver mandato qualche frecciata nei confronti della nemica Virginia Raggi — ma la tenuta di una parte del Movimento che non aveva finora dato grossi problemi, portando i vertici nazionali a concentrarsi soprattutto sulla Sicilia.
Valentina Corrado, la consigliera tirata in ballo da Barillari, a ilfattoquotidiano.it si dice “addolorata e infastidita”. “Ora basta con queste accuse senza uno straccio di prove — afferma — io e Davide siamo due consiglieri, abbiamo le stesse armi istituzionali, gli stessi poteri, nemmeno a dire che stiamo su due piani istituzionali diversi. Come lo avrei boicottato? Gli ho per caso legato le mani? Se poi si è offeso quando gli ho fatto notare che alcuni suoi atti non erano corretti sul fronte formale e contabile, peggio per lui, ognuno si prende le sue responsabilità ”.
Per quanto riguarda la vicenda dell’email di Fucci, “ribadisco la mia estraneità ai fatti — dice — io non ho chiesto alcun endorsement e a quanto ne so anche Fabio non ha scritto quell’email. E’ stata una cavolata in buona fede fatta dagli attivisti, ma, seppur grave è stata appunto una leggerezza”.
Un’altra delle consigliere laziali tirate in ballo da Barillari, Gaia Pernarella — attuale capogruppo — prova a richiamare l’ordine. “Ora basta. Portare avanti azioni infamanti e denigratorie senza addurre uno straccio di prove, dare in pasto al gossip giornalistico chat private tra portavoce, endorsement televisivi o tra attivisti, sono pratiche estranee al metodo che ci siamo prefissati, e che hanno come unico risultato quello di creare danno al Movimento e a chi veramente crede in questo progetto”.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
“ERO CON DUE AMICI, I SOLDI ERANO DI TUTTI E TRE, SERVIVANO A COMPRARE VINO E ARTICOLI DI CUOIO”
Cesare Battisti rompe il silenzio. L’ex terrorista italiano rifugiato da oltre 10 anni in Brasile
ha accettato di parlare con TV tribuna, un’emittente locale affiliata alla Rede Globo, il più grande network brasiliano, che l’ha incontrato nella casa dove Battisti è ospite, a Cananeia, località balneare a 260 chilometri da San Paolo.
Battisti ha ricevuto i giornalisti nel salotto di casa, jeans e maglietta verde, e ha spiegato loro la dinamica del suo arresto avvenuto la settimana scorsa e scattato mentre stava cercando di lasciare il Paese per dirigersi in Bolivia.
«Ero con due amici, stavamo andando a pescare e a comprare vini e articoli di cuoio. Prima di arrivare alla frontiera ci hanno fermati e poi subito dopo. Ho avuto l’impressione che fosse tutto preparato da tempo. Hanno rivoltato la nostra auto come un calzino. Mi hanno accusato di esportazione illegale di valuta, ma c’è un grande errore; quei soldi erano da usare tra noi tre, quindi non abbiamo superato nessuna soglia, non capisco perchè me li abbiano attribuiti tutti a me».
Battisti ha tenuto a precisare il suo status in Brasile, negando categoricamente di essere un rifugiato politico. «Non ho lo status di rifugiato, sono un immigrato con un visto permanente; pertanto posso entrare e uscire dal Paese ogni volta che voglio, come qualsiasi altro cittadino brasiliano. Non capisco perchè si voglia far credere che stavo fuggendo o scappando. Adesso sto organizzando la mia difesa, ma è chiaro che quanto detto dal primo giudice a Corumbà non sta nè in cielo nè in terra».
L’ex membro dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), condannato all’ergastolo per 4 omicidi commessi durante gli Anni di piombo, si è mostrato sereno sul suo futuro e dice di non temere l’importante lavoro diplomatico italiano per convincere il presidente brasiliano Michel Temer a estradarlo in Italia.
«Il decreto per annullare l’estradizione è stato firmato da Lula da Silva nel 2010; siccome sono passati già 5 anni, quella decisione è ormai cosa fatta e non si può più tornare indietro».
Battisti ha detto che si trova a casa di una coppia di amici che lo stano aiutando, ma che sta costruendo una casa tutta sua lì vicino. «Cananeia è il mio posto, ho deciso che mi fermerò a vivere qui».
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
INUTILE TENTATIVO DI MARONI, IL CAVALIERE NON SARA’ IN PIAZZA… NEL GIORNO DELLA MANIFESTAZIONE A MILANO SARA’ IN CAMPANIA
Non è chiaro a che titolo Roberto Maroni chiederà a Silvio Berlusconi di partecipare sabato prossimo alla manifestazione organizzata da Forza Italia a sostegno del referendum per l’autonomia.
Ha però annunciato che telefonerà ad Arcore e, paradossalmente, lo «inviterà » ad andare ad un’iniziativa del partito dello stesso Berlusconi.
«Sarebbe un bel segnale. So che è molto occupato, però ora non ha da fare con il Milan e magari un’oretta la trova», dice Maroni con una punta di sarcasmo che tradisce nervosismo sulla riuscita della consultazione.
Non tanto sulla vittoria dei Sì, che sembra scontata, ma sull’affluenza alle urne: percentuali che faranno la differenza sulla forza che avrà il governatore quando dovrà trattare con Roma.
Roberto ha bisogno di Silvio, del suo appello al voto.
Ma l’ex premier non sarà a Milano: ha confermato la sua presenza a Ischia dove questo fine settimana si riunirà tutta la Forza Italia del Sud.
Una sorta di stati generali voluta dal coordinamento campano. È vero che il leader azzurro sarà già da quelle parti. Venerdì andrà a Ravello per fare da testimone di nozze alla sorella della sua compagna Francesca Pascale (anche lei testimone).
Una cinquantina di invitati, per lo più amici e parenti di Carlo Pasquale Gargiulo e Marianna Pascale, nel prestigioso hotel Caruso.
Tutti lì si aspettano che il Cavaliere canti, accompagnato da Mariano Apicella. Sabato mattina lascerà la Costiera Amalfitana per sbarcare a Ischia, visitare la zona terremotata e poi nel pomeriggio parlare a quel partito del Sud che gli ha sempre dato grandi soddisfazioni.
«Altro che andare a Milano per dare una mano a Maroni», spifferano gli azzurri meridionali. I quali ci tengono a ricordare che i voti Forza Italia ce l’ha soprattutto nelle Regioni del Sud.
In Sicilia, dove sono sicuri di vincere con Nello Musumeci. In Campania, in Puglia e in Calabria, dove Fi viaggerebbe su percentuali tra il 18 e il 20%.
«Quanto ha invece Forza Italia in Liguria e nella stessa Lombardia? Attorno o sotto il 15%. In alcuni casi ben al di sotto del 10% come in Veneto e in Piemonte». Questo dicono e ricordano i “sudisti azzurri”.
Lo ricordano in particolare a Giovanni Toti e a Paolo Romani che nei giorni scorsi avevano sostenuto che al Sud Fi sia in caduta libera.
Il governatore ligure aveva pure fatto riferimento ai sonori schiaffoni che Mara Carfagna e il coordinatore regionale Domenico De Siano avevano preso alle amministrative delle loro città , Salerno e Napoli.
Che venga Berlusconi per loro è grande motivo di orgoglio. Soddisfazione doppia che il Cavaliere non vada a Milano per aiutare Maroni e la Lega che, in caso di forte affermazione del referendum, farebbero la voce grossa quando si tratterà di decidere gli equilibri nel centrodestra alle elezioni regionali e l’assegnazione dei collegi uninominali.
Sempre che il Rosatellum riuscirà a passare le forche caudine del Parlamento. Maroni però preme, lo vuole al suo fianco. Salvini è più tiepido.
Anche il leader leghista vorrebbe più autonomia per Lombardia e Veneto: non vuole però rafforzare troppo Maroni che è il suo vero avversario nel partito.
Tra l’altro, l’incontro tra il Cavaliere e Salvini non dovrebbe tenersi questa settimana: il segretario del Carroccio attende prima l’approvazione del Rosatellum.
Cosa farà Berlusconi? In queste ore dovrà prenderà una decisione.
Sabato manderà un messaggio alla manifestazione di Milano nel giorno in cui è a Ischia?
Quanto si esporrà ? Cercherà di sicuro di allontanare ogni accostamento con la Catalogna.
Il Ppe ha le antenne alzate e a Ischia ci sarà pure il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 10th, 2017 Riccardo Fucile
CON IL ROSATELLUM FDI RISCHIA DI ESSERE SCHIACCIATO NEI COLLEGI UNINOMINALI, TANTO VALE GIOCARSELA IN QUELLI COL PROPORZIONALE DOVE POTREBBE AUMENTARE I CONSENSI FINENDOLA DI FARE LA RUOTA DI SCORTA DI SALVINI….LA BASE PREME PER PRESENTARSI DA SOLI ANCHE DOPO LE PAROLE SPREZZANTI DELLA ZECCA PADANA: “VI FATE PIPPE MENTALI”
E pensare che è stato elaborato anche per favorire le coalizioni. E, invece, nel centrodestra
sta producendo esattamente l’effetto contrario.
Paradossi del Rosatellum bis.
In pochi giorni va in soffitta l’asse sovranista Salvini-Meloni che doveva rottamare Silvio Berlusconi e ci si ritrova, invece, con il leader della Lega e quello di Forza Italia che dopo mesi di gelo “combattono” dallo stesso lato della barricata.
Anche il nervosismo tra i due “quarantenni” del centrodestra sul referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto, va legato a doppio filo alla competizione elettorale interna che è di fatto appena partita.
Dentro Fratelli d’Italia c’è fermento, si ipotizzano contromosse per cercare di tirarsi fuori dall’angolo.
Perchè questa legge impone che gli alleati si siedano a un tavolo per “spartirsi” i collegi uninominali. Ed essere il Davide della situazione, con un consenso a una sola cifra, rende difficile battere gli altri due “Golia, a loro volta impegnati a giocarsi la battaglia per la leadership della coalizione.
In più, non c’è “l’aiuto” di voto disgiunto e preferenze.
E così, nelle conversazioni tra i dirigenti, è cominciata a circolare l’ipotesi più estrema: mollare gli “alleati”, provare a giocarsela da soli.
Il ragionamento è più o meno questo: da una parte sarebbe possibile fare una battaglia identitaria che consentirebbe di raccogliere più consensi nel proporzionale e, dall’altra, si tratterebbe di fatto di piazzare dei candidati di disturbo nei vari collegi uninominali.
Quanto è possibile che questa minaccia si traduca in realtà è ancora da decidere, anche perchè già il solo rischio potrebbe sortire l’effetto di “ammorbidire” il resto della coalizione.
Ma a confermare, seppure implicitamente, che l’idea sia circolata è Ignazio La Russa. “Una cosa è certa, dovremo faticare molto — dice ad Huffington — per convincere i nostri dirigenti a partecipare a una coalizione e a non andare da soli”.
E’ possibile che si tratti solo di schermaglie per alzare il prezzo sulla distribuzione dei collegi, ma man mano che lo scetticismo sull’approvazione del Rosatellum si indeboliva, i toni all’interno della coalizione salivano.
Durante i lavori della commissione Ignazio la Russa non ha perso occasione per attaccare i due alleati e Forza Italia in particolare.
Nell’ordine, li ha accusati di non volere davvero le coalizioni dopo aver bocciato un suo emendamento sul premio e ha definito il Rosatellum una legge fatta appositamente per dare vita a un inciucio Renzi-Berlusconi.
Nè il segretario del Carroccio, negli ultimi giorni, ha usato nei confronti della leader di Fdi toni galanti visto che la ha descritta come una che si fa “pippe mentali” sulla legge elettorale e ha sostenuto che i toni sul referendum per l’autonomia sono stati da lei alzati solo “per recuperare lo zero virgola alle elezioni che peraltro manco recuperate”.
Lo stesso vertice a tre della Meloni con Salvini e Berlusconi sembra al momento sparito dai radar e questo mentre, invece, la Lega continua a “lusingare” il leader azzurro affinchè partecipi a eventi in sostegno dell’appuntamento referendario del 22 ottobre.
(da “Huffingtonpost”)
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