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MINI PATRIMONIALE SULLE POLIZZE VITA

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

NELLA MANOVRA SPUNTA A SORPRESA UNA NORMA CHE TASSA UNA DELLE FORME DI RISPARMIO USATE DAGLI ITALIANI

Una tassa sui risparmi degli italiani.
Nascosta nelle pieghe della legge di bilancio spunta il pagamento di un bollo del 2 per mille sulle polizze vita tradizionali, che fino ad oggi erano escluse da qualsiasi balzello fiscale.
Ora si cambia: il versamento del bollo, che sarà  annuale, scatterà  dal 2018 e sarà  dovuto dall’assicurato al momento del riscatto o del rimborso.
Esente dall’imposta sarà  la componente relativa al rischio di morte o all’invalidità  permanente.
Il governo introduce, di fatto, una mini-patrimoniale che va a colpire i risparmi degli italiani.
Le polizze vita sono vere e proprie forme di risparmio: l’obiettivo principale è la tutela dell’assicurato e dei suoi familiari contro eventi legati alla non conoscenza della durata della vita umana.
Questa tipologia di polizze prevede l’obbligo per l’assicuratore di versare a uno o più beneficiari, indicati nel contratto di assicurazione, un capitale o una rendita nel caso in cui si verifichi un evento relativo a vita dell’assicurato o del contraente (le due figure possono coincidere) come morte o invalidità .
La misura prevista nella manovra è relativa proprio a questa tipologia di polizze e, nello specifico, alle polizze vita che fanno parte del Ramo 1, quelle che riguardano la durata della vita. Secondo i dati dell’Ania, l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, nei grandi salvadanai dove sono depositati i premi del Ramo 1 e del 5 c’erano, a metà  2017, 494 miliardi di euro.
Risparmi degli italiani che dal prossimo anno saranno tassati.

(da “Huffingtonpost”)

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OCSE: “GIOVANI ITALIANI PIU’ POVERI E SENZA LAVORO, CRESCONO DISEGUAGLIANZE TRA GENERAZIONI”

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

REDDITO E OCCUPAZIONE HANNO FAVORITO LE GENERAZIONI PIU’ “VECCHIE”

Non è un quadro a tinte allegre quello che l’Ocse traccia per le giovani generazioni, anche in Italia: saranno messe peggio di quelle che le hanno precedute, almeno dal punto di vista economico e del lavoro.
Il rapporto dell’Ocse “Preventing Ageing Unequally”, che vuole prevenire l’aumentare delle diseguaglianze con l’invecchiamento, dice che negli ultimi 30 anni il gap tra le vecchie generazioni e i giovani in Italia si è allargato.
Il tasso di occupazione, tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% tra gli anziani di 55-64 anni, dell’1% tra gli adulti di età  media (54-25 anni) ed è crollato dell’11% tra i giovani (18-24 anni).
Non basta: dalla metà  degli anni Ottanta il reddito degli anziani tra i 60 e i 64 anni è cresciuto del 25% più che tra i 30-34enni.
Inoltre il tasso di povertà  è cresciuto tra i giovani, mentre è calato rapidamente tra gli anziani. Più nel dettaglio il tasso di povertà  nei Paesi Ocse è dell’11,4%, contro il 13,9% tra i giovani e il 10,6% tra i 66-75enni.
In Italia, spiega l’Ocse, “le ineguaglianze tra i nati dopo il 1980 sono già  maggiori di quelle sperimentate dai loro parenti alla stessa età “. E, poichè “le diseguaglianze tendono ad aumentare durante la vita lavorativa, una maggiore disparità  tra i giovani di oggi comporterà  probabilmente una maggiore diseguaglianza fra i futuri pensionati, tenendo conto del forte legame che esiste tra ciò che si è guadagnato nel corso della vita lavorativa e i diritti pensionistici”.
D’altra parte in Italia l’ineguaglianza salariale nel corso della vita tende a trasformarsi in ineguaglianza previdenziale e questo è in larga parte dovuto alla “mancanza di una forte rete di sicurezza sociale”: nei paesi Ocse in media l’85% dell’ineguaglianza salariale si trasforma in ineguaglianza previdenziale, mentre in Italia questo rapporto percentuale “è vicino al 100%”.
Gran parte della spiegazione di questo fenomeno, secondo l’Ocse, è nella mancanza di una forte rete di sicurezza sociale.
Inoltre per l’organizzazione di Parigi in Italia “diverse riforme pensionistiche in passato hanno rafforzato il legame tra ciò che si è guadagnato nel corso della vita lavorativa e i diritti pensionistici. Per questo le ineguaglianze salariali accumulate nel corso della vita lavorativa si sono trasformate in ineguaglianze per i pensionati”.
Che il problema sia urgente è dato da una semplice constatazione demografica: l’Italia è già  uno dei paesi con più anziani nell’area dell’Ocse ma diventerà , nel 2050, il terzo paese con più anziani nel mondo dopo Giappone e Spagna
Allora, infatti, in Italia ci saranno 74 persone over 65 anni per 100 persone un età  compresa tra i 20 e i 64 anni rispetto a 38 contro 100 attualmente. Solo il Giappone (78 per 100) e la Spagna (76 per 100) precederanno il Belpaese.
Altra forbice è quella tra i sessi: in Italia le donne percepiscono stipendi più bassi di oltre il 20% rispetto agli uomini.
Non solo, sono spesso costrette a lasciare il mondo del lavoro per prendersi cura dei familiari.
L’organizzazione di Parigi precisa che le donne percepiscono stipendi che sono di “oltre il 20% più bassi” di quelli degli uomini, e che nel nostro Paese la percentuale di persone oltre i 50 anni (in maggioranza donne) che si prendono cura dei loro cari è del 13%, contro il 5% della Svezia.
A livello generale, l’Organizzazione parigina rileva che in due terzi dei 35 Paesi censiti crescono le ineguaglianze di reddito da una generazione all’altra.
Tra le generazioni più giovani le ineguaglianze sono maggiori che tra quelle dei più anziani. In generale, nota l’Ocse, i redditi delle persone sono più alti di quelli della generazione precedente, ma questo non è più vero a partire dai nati a partire dal 1960 che tendono ad essere più poveri e meno tutelati rispetto a quelli nati un decennio prima.

(da agenzie)

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SIMULAZIONE ROSATELLUM: PD GUADAGNA, M5S PERDE RISPETTO ALL’ITALICUM

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

E LA GOVERNABILITA’ RIMANE UN MIRAGGIO… LO STUDIO DELL’ISTITUTO CATTANEO

Le larghe intese saranno l’unica speranza per un governo stabile.
Ma il Pd con il Rosatellum guadagnerà  20 seggi, in gran parte tolti al M5s che sono penalizzati rispetto all’Italicum modificato in vigore.
Sono le conclusioni di una ricerca dell’Istituto Carlo Cattaneo per OpenGate che simula i risultati con il Rosatellum e il Consultellum in confronto alla situazione uscita dal voto 2013.
Cosa cambierà  per i partiti italiani con l’introduzione del Rosatellum bis?
Quale di loro diventerà  ‘più forte’ con la nuova legge elettorale?
Le simulazioni eseguite dai ricercatori Marco Valbruzzi e Rinaldo Vignati, studiando la distribuzione dei flussi elettorali delle ultime elezioni, rispondono a questa e altre domande.
“La realtà  italiana – spiega Laura Rovizzi, ad di OpenGate – è unica nel suo genere. Provare ad interpretarla nel migliore dei modi oggi può aiutarci ad ipotizzare al meglio cosa possiamo diventare domani”.
Nonostante si dica spesso che l’importante per una legge elettorale è garantire maggioranze solide e stabili, la simulazione del Cattaneo evidenzia come, anche con questo sistema, nessun partito o coalizione riuscirà  a ottenere la maggioranza assoluta alla Camera la sera stessa delle elezioni.
La distribuzione dei seggi sarà  comunque positiva per il Partito Democratico che ha fortemente voluto questa legge: rispetto alla situazione attuale (l’Italicum come modificato dalla consulta) i dem guadagnerebbero 20.
Il saldo rispetto alle scorse elezioni è però sensibilmente negativo: oltre 100 seggi in meno.
Al contrario, il Movimento 5 stelle risulta danneggiato, perdendo 24 seggi. Eppure – rispetto al 2013 – i ‘grillini’ otterrebbero comunque circa 60 seggi in più.
Avanzaè la destra: Lega Nord passa da 20 seggi attuali a 89 con il Rosatellum (83 con l’Italicum corretto). Fratelli d’Italia raddoppia: da 10 a 20 seggi.
In questo modo, la coalizione di centrodestra supera in numeri il Movimento 5 stelle e il Pd da solo.
La sinistra se unita (Sinistra italiana, Mdp, Campo progressista) otterrebbe poco più di 20 seggi.
I piccoli partiti risulteranno fondamentali: diventeranno delle “cerniere – spiegano i due studiosi – che potranno spostare gli equilibri del Parlamento”.
Dal punto di vista delle coalizioni, come detto, il centrodestra unito vale   oltre 200 seggi. Nell’ipotesi (difficile) in cui il Pd si allei sia con la Sinistra che con i centristi di Alfano, la coalizione raggiungerebbe i 239 seggi.
Lontano dalla maggioranza.
Con questi numeri, è solo una la coalizioni ipotizzabile per raggiungere una maggioranza.
La prima vede la creazione di un gruppo “di larghe intese”, con l’alleanza tra Pd, Forza Italia e le forze di centro che fanno capo a Alleanza Popolare, che riuscirebbe a ottenere la maggioranza dei seggi, seppur di poco e appoggiandosi per forza ai deputati eletti all’estero.
Impossibile invece un governo degli anti-sistema, con l’unione di M5s, Lega e Fratelli d’Italia-An. Sia perchè i pentastellati perchè non raggiungerebbero comunque i 315 seggi.
Le caratteristiche principali dei partiti.
L’analisi dei due statistici prende in considerazione gli ultimi cinque anni della vita politica, trovando degli elementi che in questo tempo si sono radicati. Il Movimento 5 stelle, ad esempio, durante questo periodo ha consolidato il suo elettorato. Il voto dei pentastellati non è risultato temporaneo, come si pensava all’inizio, ma anzi in ogni occasione si assiste a una grande partecipazione dei grillini.
Il Pd, al contrario, mostra una consistente parte dei suoi elettori che, pur restando fedele al partito, non segue le indicazioni dellla dirigenza.
Lo testimonia il referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre, quando circa il 30% degli iscritti ha votato No, contrariamente alle decisioni dell’allora premier Matteo Renzi.
Il centrodestra, in particolare il Pdl, sta ancora affrontando una tendenza verso l’astensione che ha provocato una perdita consistente dei voti a favore.
Vantaggi e svantaggi dei sistemi elettorali
I collegi uninominali. La nuova legge elettorale, contrariamente alla situazione attuale (con Italicum per la Camera e Consultellum per il Senato), è coerente tra i due rami del Parlamento. Sarà  un sistema misto proporzionale (63%) e maggioritario (37%), senza premio di maggioranza e con una soglia di sbarramento per le singole liste fissata al 3%.
La presenza dei collegi, come è già  accaduto con le altre modalità  elettorali, favorisce la collaborazione fra i partiti, che alleandosi in coalizioni possono “guadagnare un bonus di seggi aggiuntivi”, spiegano gli studiosi.
In tutti i sistemi con collegi uninominali, a ‘guadagnarci’ sono i gruppi con un consenso concentrato in uno o più territori; in primis il Pd e Lega, rispettivamente in pole position nella “zona rossa” (Emilia Romagna, Toscana e Umbria) e nelle regioni settentrionali.
A uscirne svantaggiati saranno Forza Italia e M5S che “non hanno una classe politica locale stabile e si distribuiscono nelle regioni in modo omogeneo”.
La distribuzione dei seggi.
Per accedere alla Camera e al Senato bisogna superare due soglie, con lo sbarramento fissato al 10% dei voti, una per le coalizioni e un’altra per le liste singole. Ovviamente questo meccanismo favorirà  i partiti maggiori, che superano la percentuale richiesta.
Il Movimento 5 stelle, Pd, Forza Italia e Lega usciranno rafforzati, al contrario di quelli minori che per sopravvivere dovranno quasi necessariamente pensare a un’alleanza elettorale.
Per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi del Rosatellum bis, nei collegi plurinominali non è previsto il voto di preferenza. “Questa particolarità  favorisce i partiti più compatti dal punto di vista organizzativo e ideologico, che possono essere rappresentati dai loro dirigenti”. Quindi chi potrebbe esserne colpito negativamente sono Pd, Lega e Fi che puntano molto al consenso degli elettori nei territori
L’INCERTEZZA VOLATILITà€
L’analisi sottolinea l’esistenza di una componente impossibile da considerare, cioè l’incertezza di una parte degli elettori italiani. Ad oggi, gli italiani che si definiscono “incerti” su quale partito sostenere si aggira intorno al 40%.
Una percentuale notevole che probabilmente sarà  l’ago della bilancia che decreterà  il partito vincitore.
Difficile per il momento scommettere su un gruppo politico in particolare: secondo le statistiche, almeno un terzo dei votanti ha cambiato la propria preferenza ad ogni elezione.
Una percentuale altissima, maggiore di quella del resto d’Europa, cosa che rende il sistema italiano più fragile.

(da agenzie)

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LA LETTERA CHE INGUAIA LA APPENDINO: “IL DEBITO NON VA MESSO A BILANCIO”

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

PROTOCOLLATA IL 30 DICEMBRE, E’ AGLI ATTI DEL’INCHIESTA

«Stanti le trattative in corso, su varie partite aperte con la Città , non è prevista la restituzione dei cinque milioni di euro anticipati da Ream Srg Spa nel 2012 a titolo di caparra».
La lettera protocollata il 30 novembre dagli uffici di Palazzo Civico è firmata da Chiara Appendino e indirizzata all’assessore al Bilancio Sergio Rolando, all’allora direttore delle Finanze Anna Tornoni, al vice sindaco Guido Montanari e all’allora direttore dell’Urbanistica Paola Virano.
Ed è l’atto che trascina la sindaca dentro l’inchiesta della procura sul caso Ream.
Quelle poche righe sono l’ultima parola, la disposizione definitiva che fa venir meno le resistenze dei funzionari a poche ora dalla scadenza dei termini per approvare l’assestamento di bilancio.
In quei giorni il Comune è alle prese con una manovra durissima: 58 milioni di maggiori entrate e minori spese per mantenere in pareggio i conti della Città .
Quasi 20 milioni provengono dall’operazione Westinghouse, il nuovo centro congressi. Ma la Città  nel 2012 ne ha già  incassati 5 come caparra. E a questo punto dovrebbe restituirli.
La partita si gioca tutta qui. E vede scontrarsi a colpi di mail Paolo Giordana, capo di gabinetto e fedelissimo della sindaca, e il direttore delle Finanze Anna Tornoni, spostata qualche mese dopo.
È Giordana, e non l’assessore al Bilancio Rolando, a dare le direttive per chiudere un assestamento molto complicato.
Ed è lui a scrivere al direttore delle Finanze, il 22 novembre, mettendo in copia Appendino e Rolando: «Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse. Per quanto riguarda il debito con Ream lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto con quel soggetto sono aperti altri tavoli di confronto».
Tornoni oppone resistenza: «Non essendo a conoscenza del fatto che l’amministrazione ha aperto tavoli di confronto con Ream, avevo ritenuto opportuno ricordare a tutti quali fossero gli impegni assunti dall’amministrazione precedente, al fine di non generare elementi di criticità  per questa giunta».
E nei giorni successivi ribadisce più volte l’opportunità  di iscrivere a bilancio la restituzione dei 5 milioni a Ream.
In parallelo, però, Appendino sta trattando i tempi di restituzione del debito con il presidente di Ream Giovanni Quaglia. Il 30 novembre la sindaca dispone di non iscrivere i 5 milioni, ma qualche giorno dopo Quaglia le chiede di saldare il dovuto entro gennaio 2017, cosa che allarma nuovamente il direttore delle Finanze: «Il problema è costituito dal fatto che, se dovesse verificarsi questa ipotesi l’importo di cinque milioni avrebbe dovuto essere finanziato nel corso di questo esercizio», scrive, stavolta solo a sindaca e assessore.
Che tirano dritto e pattuiscono con Ream la restituzione della caparra nel 2018.
Tutto lecito, se non fosse che la somma andava comunque iscritta nel bilancio 2016 indipendentemente da quando sarebbe stata restituita.
La pensano così anche i revisori dei conti: quando la giunta Appendino vara il bilancio 2017 le impongono di considerare i 5 milioni un debito fuori bilancio.
Il 28 aprile è un’altra giornata ad alta tensione: i tre revisori, sindaca, assessore e capo di gabinetto chiusi in una stanza a limare il bilancio di previsione.
Clima pesantissimo: il collegio – composto da professionisti estratti a sorte – tiene duro e chiede di finanziare il debito con Ream nell’esercizio 2017, ma l’emendamento viene modificato a penna e la restituzione spostata di un anno.
Il giorno dopo i revisori disconoscono la modifica. E si rivolgono alla procura.

(da “La Stampa”)

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LA DIRIGENTE CACCIATA DALLA APPENDINO PERCHE’ AVEVA RAGIONE SPIEGA IL METODO DI GOVERNO DEL M5S

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

AVEVA AVVERTITO L’AMMINISTRAZIONE SUL DEBITO DI 5 MILIONI DA ISCRIVERE A BILANCIO, NON L’HANNO VOLUTA ASCOLTARE E POI E’ STATA SPOSTATA D’UFFICIO

Nell’inchiesta sulla ex Westinghouse che ieri ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati della sindaca di Torino Chiara Appendino c’è una storia che è quantomeno sintomatica del “metodo di governo” del MoVimento 5 Stelle nelle realtà  che finora si è trovato ad amministrare.
Per raccontarla bisogna fare un nome e un cognome: quello di Anna Tornoni. All’epoca dei fatti era lei il direttore della divisione finanze del Comune di Torino, nominata nel 2013 da Piero Fassino in sostituzione di Domenico Pizzala, che ricopriva quell’incarico dal 1967.
Una carica che viene da tutt’altri tempi rispetto a quelli dello spoils system selvaggio, visto che in 36 anni di cariche il suo predecessore aveva visto alternarsi giunte di ogni tendenza ma era sempre rimasto con la sua posizione.
Anna Tornoni però viene considerata dalla maggioranza grillina a Torino come la prova di una vendetta o di un complotto da parte delle opposizioni.
Perchè? Perchè la dirigente si è sempre opposta allo storno del debito di 5 milioni di euro con REAM e ha messo nero su bianco le sue perplessità  fino a spingere prima il capo di gabinetto, poi l’assessore e infine anche la sindaca a darle l’ordine scritto di fare quello che dicevano loro.
Con il risultato che quelle lettere sono finite tra gli elementi di prova contro Chiara Appendino e gli altri indagati.
All’inizio la corrispondenza che intercorre è quella tra la Tornoni e Paolo Giordana, il capo di gabinetto inviso alla maggioranza grillina: «Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse — scriveva lui a lei il 22 novembre 2016 — Per quanto riguarda il debito con Ream lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto con quel soggetto sono aperti altri tavoli di confronto».
Il messaggio dalla posta di Giordana è inviato per conoscenza all’assessore Sergio Rolando e all’indirizzo email personale di Chiara Appendino.
Il giorno dopo, alle 11.03,   lei risponde: «Non essendo a conoscenza del fatto che l’amministrazione ha aperto tavoli di confronto con Ream, avevo ritenuto opportuno ricordare a tutti quali fossero gli impegni assunti dall’amministrazione precedente, al fine di non generare elementi di criticità  per questa giunta».
Il botta e risposta resta per diversi giorni tra Giordana e Tornoni, la quale, nonostante le sollecitazioni del capo di gabinetto, non rinuncia a ribadire quel che secondo lei è giusto fare: indicare nel bilancio di previsione i 5 milioni di debito verso Ream.
Passano otto giorni e a scrivere è Chiara Appendino, che in una lettera protocollata comunica che per l’anno in corso non è prevista la restituzione dei 5 milioni a Ream. Il 7 dicembre Ream la smentisce, richiedendo indietro l’intera cifra in una lettera inviata al Comune che quindi anche la dirigente legge.
A questo punto è chiaro che mentre il Comune è convinto di aver in qualche modo rinviato la restituzione di quel debito, i creditori non sono d’accordo.
Non resta che una cosa da fare: iscrivere quel debito a bilancio. Ma il metodo di governo M5S non prevede questo. Prevede, in caso di muro, il suo abbattimento a capocciate.
Il 19 dicembre 2016, alle 9.38, la direttrice finanziaria Tornoni scrive alla sindaca e all’assessore Rolando, e non più a Paolo Giordana che fino a quel momento aveva gestito la partita: “Non riesco a capire il collegamento tra le due comunicazioni, la nota del 30 novembre con la quale veniva precisato che, stanti le trattative in corso su varie partite aperte con la città , non si prevedeva la restituzione dei soldi anticipati dalla società  a titolo di caparra nel 2012, e la nota del 7 dicembre con la quale la società  chiede la restituzione della caparra stessa, auspicando nel mese di gennaio 2017. Probabilmente mi manca qualche elemento per comporre il puzzle nella sua interezza, ma ho ritenuto importante parlarne “.
Alla fine il M5S fa di testa sua e adesso la sindaca è indagata. Anna Tornoni, nella successiva riorganizzazione della macchina comunale, è stata casualmente destinata ad altro incarico.
L’ANSA oggi scrive che sono due i dirigenti del Comune di Torino che protestarono contro la decisione di non iscrivere nei conti di Palazzo Civico del 2017 un debito 5 milioni di euro.
E’ quanto si ricava dai documenti dell’inchiesta che ieri ha portato all’invio di un avviso di garanzia alla sindaca, Chiara Appendino, al capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore Sergio Rolando.
Lo scorso 27 aprile, in vista dell’approvazione del bilancio di previsione 2017, Roberto Rosso e Anna Tornoni, dirigente dell’area bilancio e direttore del settore finanza, scrissero una “lettera riservata” alla sindaca, all’assessore al bilancio, al presidente del consiglio comunale, al segretario comunale e al collegio dei revisori. Nella missiva manifestarono contrarietà  alla decisione di posticipare al 2018 l’iscrizione del debito di 5 mln verso la società  Ream.
Questa mossa — affermarono — “non sembra risolvere la problematicità  sotto il profilo giuridico e contabile”. La tesi era che il debito era maturato nel 2016 e, quindi, avrebbe dovuto essere finanziato e pagato “il prima possibile”.
I documenti scritti durante la fase di preparazione di un bilancio devono corrispondere alla verità , anche se, tecnicamente, si tratta di “atti interni” alla pubblica amministrazione.
Questa, secondo quanto si apprende, è la linea seguita dalla procura di Torino nell’inchiesta che ieri ha portato all’emissione di un avviso di garanzia alla sindaca Chiara Appendino, al capo di gabinetto Paolo Giordana e all’assessore al bilancio Sergio Rolando: si procede per falso ideologico, il reato commesso dal pubblico ufficiale che “attesta falsamente dei fatti”.

(da “NextQuotidiano”)

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E’ MANCATA RESI, LA MOGLIE DI GENTILINI: “AIUTAVA UNA FAMIGLIA DI IMMIGRATI”

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

ALMENO UNA NORMALE IN FAMIGLIA C’ERA… IL MARITO, EX SINDACO-SCERIFFO DI TREVISO E’ STATO CONDANNATO PER ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE

Nella casa del sindaco che toglieva le panchine agli immigrati, condannato per istigazione all’odio raZziale e famoso per le sue sfuriate contro i rom, c’era una donna che aiutava i vicini stranieri prendendosi cura dei loro bambini.
La moglie di Giancarlo Gentilini, uomo forte della Lega Nord, per vent’anni «sceriffo» alla guida della città  di Treviso, ha preferito una vita lontana da quei riflettori che rincorrevano il marito per raccoglierne gli strali: se n’è andata tre giorni fa, a 89 anni, Teresina Pini, «first lady» riservata e silenziosa.
E ora, nel giorno dell’addio, sono spuntati aneddoti che correggono il ritratto di famiglia.
Ieri mattina il funerale è stato celebrato da don Aldo Danieli, il parroco che per primo nella Marca Trevigiana ha dato ospitalità  a migranti e richiedenti asilo.
Ed è stato proprio lui, il sacerdote dell’accoglienza, sul pulpito nonostante decenni di diatribe e tenzoni mediatiche con lo stesso Gentilini, a svelare l’animo di Teresina.
Un aneddoto intimo e significativo.
«Nella mia chiesa veniva una famiglia straniera che viveva nel vostro palazzo – ha raccontato don Aldo –, mi parlavano con affetto di Teresina. Mi dicevano, i genitori, “siamo fortunati, ci tiene i bambini quando andiamo a lavorare”. E mi parlavano anche di Giancarlo, che li aiutava quando poteva per le carte da sbrigare in Comune».
Quello stesso Gentilini che dal 1994 è uno dei simboli della Lega Nord, quand’era lontano dal clamore della cronaca, sapeva derogare ai mantra padani e seguire un suo credo più personale.
Dietro una vita pubblica di estremismi e ordinanze creative c’era un privato fatto di rispetto, nella tranquillità  di un appartamento poco distante dal centro di Treviso.
C’erano lui, trascinante, una calamita per televisioni e giornali, il sindaco della «tolleranza a doppio zero», e lei, mamma e nonna del focolare domestico, che gli stessi cronisti raccontano di aver visto forse una volta in vent’anni.
Gentilini oggi ha 88 anni e fa ancora politica attiva con grinta, la perdita dell’amata Teresina l’ha travolto

(da “il Corriere della Sera”)

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NON BASTAVA BUCCI, ORA ANCHE L’ASSESSORE VINACCI VUOL FARE L’AMERICANO E STRAPARLA DI “ROLLY DAYS”

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

GENOVA PADAGNA E’ ORMAI CAPITALE DELL’UMORISMO: PER CELEBRARE I 100.000 VISITATORI DEI PALAZZI DEI ROLLI, L’ASSESSORE SU FB SI SBAGLIA E PARLA DI ROLLY… SUI SOCIAL VIENE CANZONATO PER L’IGNORANZA E ALLA FINE SI SCUSA

“Qualcuno lo spieghi all’assessore allo Sviluppo economico del Comune, si chiamano Palazzi dei Rolli, non Palazzi dei Rolly”, su Facebook ormai è tam tam.
Anche se l’assessore Giancarlo Vinacci ha cancellato il post con quello che qualcuno gli concede come refuso, ma la maggior parte gli imputa come mancanza, il latte è versato. “Delegazione interregionale Rotary, organizzata dal Club Milano Aquileia e ricevuta dal sindaco Marco Bucci e dagli assessori Elisa Serafini e Giancarlo Vinacci, in visita al “Rolly Day”, ha postato proprio Vinacci, domenica mattina.
E, si sa, i social non perdonano.
Si scrive Rolli, che è plurale di Rollo, rotolo, su cui erano iscritti i palazzi nobiliari degni di accogliere gli ospiti di alto lignaggio in visita   di Stato nella Repubblica di Genova: e il sistema dei Palazzi dei Rolli, con 42 dimore su un totale di oltre un centinaio, è diventato nel 2006 patrimonio Unesco dell’umanità .
Ma l’assessore, forse per accordarsi all’anglofonia (vera) del sindaco Marco Bucci, ha trasformato gli italianissimi Rolli in Rolly.
Forse per fare assonanza con “Day”.
O con “Rotary”.
Gli ambienti che è abituato a frequentare.

(da “La Repubblica”)

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L’ASSALTO DEI CINQUESTELLE SI FERMA DAVANTI ALL’ASCENSORE BLOCCATO, NESSUNO SA DOVE SONO LE SCALE

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

IL TENTATIVO “RIVOLUZIONARIO” DI ACCEDERE ALLA SALA CAPIGRUPPO DEL SENATO HA UN FINALE TRAGICOMICO

Anche al Senato ormai è #EmergenzaDemocratica.
La discussione sulla legge elettorale, il Rosatellum Bis, deve ancora arrivare in Aula ma il MoVimento 5 Stelle ha già  iniziato a combattere con tutti i metodi a sua disposizione. Come già  accaduto in passato, con l’occupazione dell’Ufficio di Presidenza della Camera a suon di botte e spintoni ieri i pentastellati hanno tentato di mettere in scena un “mini-presidio pacifico di fronte alla capigruppo” per chiedere che la calendarizzazione della legge Richetti avesse la precedenza sul Rosatellum Bis.
Come in passato non si è trattato di legittima “guerriglia parlamentare” ma di un vero e proprio scontro fisico.
Curiosamente alla Camera i pentastellati protestavano perchè la maggioranza “stava bocciando la proposta di legge del M5S” sui vitalizi.
Ieri invece al Senato deputati e senatori grillini manifestavano per ottenere che la discussione in Aula di una legge che in precedenza hanno avversato si svolgesse prima di quella su una legge che in precedenza hanno appoggiato.
I 5 stelle infatti facevano parte della maggioranza che sosteneva la prima versione del Rosatellum.
Succede però che le tattiche di guerriglia pentastellate siano state ben assimilate.
Perchè in cinque anni di Parlamento “aperto come una scatoletta di tonno” i 5 Stelle hanno spesso e volentieri occupato Commissioni, banchi del Governo e financo il tetto di Montecitorio. e quindi per evitare che senatori e deputati pentastellati potessero bloccare l’accesso alla capigruppo la riunione è stata spostata in un’altra stanza.
I commessi — denuncia la deputata Patrizia Terzoni che ha postato il video su Facebook — sono stati schierati a presidiare l’ascensore.
L’intento era quello di impedire ai 5 Stelle di andare “a manifestare davanti la capigruppo”. La conclusione è semplice: «togliere ai cittadini la possibilità  di votare in modo democratico per loro è più urgente che tagliarsi gli indegni privilegi di cui godono».
E così il M5S continua con la storia dei parlamentari che “si tengono il vitalizio”. Quando in realtà  i vitalizi propriamente detti sono già  stati aboliti.
Nella concitazione si sente qualche senatore pentastellato urlare “sono un Senatore della Repubblica!”. Ma come, non erano semplici portavoce?
Nicola Morra spiega su Facebook che il M5S voleva semplicemente svolgere “un semplice flash mob” per far sapere agli italiani che in Senato si stava consumando “l’ennesima pagliacciata”.
Quale? Quella per cui la legge elettorale va approvata in fretta e furia mentre l’abolizione dei vitalizi poteva attendere.
In che modo i cittadini sarebbero potuti venire a conoscenza del flash mob, non è dato di saperlo. O meglio: non essendoci alcuna diretta televisiva l’unico modo per “far sapere agli elettori” era fare un po’ di caciara.
Cosa che è stata fatta. Ed infatti siamo qui a parlare dei 5 Stelle e del loro buffo tentativo di “ripristinare la democrazia” impedendo lo svolgimento dei lavori della conferenza dei capigruppo.
Drammatica la vicenda del senatore Giovanni Endrizzi capogruppo del M5S al Senato che quindi avrebbe dovuto prendere parte alla riunione al piano superiore.
Secondo quanto hanno raccontato Nicola Morra e Carlo Sibilia Endrizzi «stava cercando senza trovarle le scale per salire in capigruppo visto che le ascensori sono negate ai 5 Stelle».
Cinque anni in Senato ad aprirlo come una scatoletta di tonno e ancora ha difficoltà  a trovare le scale.

(da “NextQuotidiano”)

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FURBETTI DEL CARTELLINO: INDAGATI COMANDANTE E AGENTE DELLA POLIZIA MUNICIPALE

Ottobre 18th, 2017 Riccardo Fucile

PROFONDO NORD: A VILLANOVA D’ASTI L’ANDAZZO ANDAVA AVANTI DA DUE ANNI

Furbetti del cartellino al comando di polizia municipale di Villanova d’Asti. Indagati il comandante e un agente.
Quest’ultimo, la mattina presto, strisciava il suo badge e quello del suo capo, che vive a Torino ma che arrivava quasi due ore dopo al comando.
Poi usciva e rientrava anche lui un’ora dopo.   Accadeva da almeno due anni al Comune di Villanova d’Asti.
Oggi la polizia tributaria della Guardia di finanza di Asti ha eseguito, su mandato della procura di Asti, la misura cautelare personale, del divieto di dimora fuori dal Comune di Torino, nei confronti del comandante della polizia locale, gravemente indiziato per il reato di truffa aggravata e continuata a danno dello stesso Comune. Indagato, in concorso, anche l’agente di polizia locale.
Le indagini della finanza avrebbero permesso di “accertare l’esistenza di un’abituale e sistematica condotta illecita – spiegano i militari in una nota – realizzata mediante false certificazioni delle presenze giornaliere in servizio (irregolare utilizzo del “badge” magnetico) al fine di far risultare la presenza dei pubblici ufficiali sul luogo di lavoro, quando, in realtà , erano assenti”.
Anche gli uffici sono stati perquisiti.

(da “La Stampa”)

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