Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
ASSIST A FAVA: “ERI TU CHE NELLE TUE NON DOVEVI CANDIDARLI”… MICARI: “IMPRESENTABILI ANCHE NELLA LISTA DI SALVINI”
Fava e Cancelleri contro Musumeci sul tema degli impresentabili.
Micari timido sul tema della sinistra divisa, che “favorisce il centrodestra”.
La Rosa da solo, sostanzialmente ignorato quando non additato come “piccolo”.
E’ andato in onda a in Mezz’ora in più di Lucia Annunziata il primo confronto tra i cinque candidati alla presidenza della Regione siciliana: Roberto La Rosa (indipendentisti Siciliani liberi), Nello Musumeci (centrodestra), Giancarlo Cancelleri (M5s), Claudio Fava (sinistra) e Fabrizio Micari (centrosinistra).
Aspiranti alla poltrona da governatore di una Sicilia che “secondo la Ue è 237ma su 263 regioni per competitività in Europa”.
Che ha 644mila cittadini “iscritti all’Aire quando la Campania ne ha metà ”.
E la cui Regione ha 1692 dirigenti e 28mila dipendenti, 5 volte quelli della Lombardia”, premette la conduttrice.
Dopo una breve e fiacca introduzione dei candidati affidata agli stessi dalla Annunziata, il dibattito si scalda finalmente quando sul tavolo arriva il tema degli impresentabili nelle liste:
“C’è un problema che va al di là delle prescrizioni di legge — premette il candidato de I Cento Passi — a Catania c’è un candidato nelle liste a sostegno di Musumeci che si chiama Riccardo Pellegrino, senza macchia sul certificato giudiziario ma che intercettato diceva ‘quanto erano belli i tempi in cui gli idoli mafiosi come i Santapaola governavano a Catania’”.
“Pellegrino è candidabile dal punto di vista della legge, ma io lui e tutti gli altri impresentabili non li vorrei. Bisogna cambiare le leggi sulla candidabilità ”- la difesa di Musumeci
Un’argometazione cui Fava replica: “Gli impresentabili te li sei messi in lista tu. Pellegrino non avresti dovuto candidarlo tu, e te ne saresti dovuto andare nel momento in cui te lo hanno imposto. Io avrei detto ‘o lui o io’”.
E Musumeci ne esce male.
Archiviato lo scontro Fava-Musumeci, inizia quello tra quest’ultimo e Cancelleri: “Musumeci fa come Ponzio Pilato e se ne lava le mani — attacca l’esponente del M5s — ha candidato indagati e arrestati, uomini di Cuffaro, di Genovese di Lombardo. Ha impresentabili anche nella sua lista. Le nostre liste sono pulite. Nelle Musumeci ha perso credibilità , ha rinnegato la sua storia”.
“L’unico imprensentabile è Cancelleri, che ha commesso un falso nel preparare le primarie“, replica Musumeci. Che poi fornisce la sua versione sulle modalità di compilazione delle liste: “Mi sono candidato, ma ho saputo dai giornali i componenti delle mie liste. Lo dice la legge, la stessa presidente Bindi (della Commissione parlamentare antimafia, ndr) dice che va cambiata”.
“Bastava cercare su Google per capire che alcuni sono condannati”, la replica del candidato grillino.
A quel punto Micari prova a segnalare la propria presenza attaccando Musumeci: “Si è candidato per la terza o la quarta volta e ha dovuto accettare compromessi. Anche nelle liste di Salvini ci sono impresentabili”.
E il povero La Rosa, l’indipendentista di Siciliani liberi? Dimenticato per quasi tutta la puntata, quando mancano pochi minuti alla fine prova a lamentarsi della scarsa considerazione e la padrona di casa lo neutralizza con un poco ospitale “Lei è così piccolo che avrei potuto anche non invitarla”.
Evviva la democrazia…
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
NON HA I REQUISITI NECESSARI PER AVER DIRITTO A UNA VOCE SULL’ENCICLOPEDIA, RISERVATA AI POLITICI CHE HANNO AVUTO CARICHE PUBBLICHE AL MASSIMO LIVELLO ISTITUZIONALE
A una settimana dalle elezioni siciliane è stata cancellata la pagina Wikipedia di Giancarlo
Cancelleri, candidato del MoVimento 5 Stelle alle elezioni siciliane.
Alle 8.34 di domenica 29 ottobre l’utente ‘carlomorino’ ha cancellato la pagina di Cancelleri con effetto immediato perchè, si legge in una nota del sito, avrebbe avuto un “contenuto palesemente non enciclopedico”.
Si tratta della stessa motivazione che viene generalmente data per le pagine “che promuovono prodotti, servizi o persone (incluse note autopromozionali), curriculum vitae personali, specie se scritti in prima persona”.
Sulla cronologia delle modifiche alla voce Giancarlo Cancelleri si può ancora notare che da due giorni la pagina è stata prima cancellata e ripristinata in un minuto da un altro utente, poi definitivamente cancellata in queste ore.
Luca Martinelli di Wikipedia ci spiega che Cancelleri, secondo i criteri di rilevanza per i politici, non ha i requisiti necessari per avere diritto a una voce sull’enciclopedia, visto che è stato finora un semplice parlamentare regionale dell’Assemblea Regionale Siciliana, mentre per poter entrare in Wikipedia bisogna “avere ricoperto (o ricoprire) cariche pubbliche ai massimi livelli in istituzioni internazionali o nazionali di rilievo (parlamentari, capi di stato, ministri e sottosegretari) per almeno una parte rilevante di una legislatura o del mandato”.
La stessa sorte era capitata a Virginia Raggi quando era consigliera e “semplice” candidata sindaca a Roma.
Successivamente, quando Raggi ha vinto le elezioni, la pagina è stata creata.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
FOTO D’ARCHIVIO, ANTICAGLIE E NEMMENO TREMILA FOLLOWER
Silvio Berlusconi da dieci giorni è sbarcato su Twitter.
Forse per giocare a fare Donald Trump, forse consigliato dai suoi spin doctor, forse per apparire più giovane e moderno.
Resta il fatto che dal 17 ottobre anche l’ex premier sta provando a prendere confidenza con tweet e hashtag. Ma il suo esordio non sembra dei migliori: dopo dieci giorni sono appena 2.700 le persone che seguono il suo account.
I suoi tweet non sono altro che una serie di slogan e frasi preconfezionate dal suo staff che non si è fatto nessun problema nel prelevare a piene mani tra le foto d’archivio.
Infatti lo si vede in alcune foto di almeno dieci o quindici anni fa: potete facilmente notare simboli di partito ormai scomparsi come il Partito repubblicano, Udc e Alleanza nazionale (guarda caso tra i partiti che appoggiavano Totò Cuffaro nel 2001).
Inoltre, tra la folla c’è qualcuno che ha in mano delle vere anticaglie tecnologiche e nessuno smartphone in vista.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO LA DUE GIORNI DI ROMA SI ALZA UNA “TENDA COMUNE”
Gli Stati Uniti d’Europa sono la stella polare, il sogno da realizzare. Le elezioni di marzo,
l’appuntamento da non mancare, un passaggio cruciale per chi intende portare dentro le istituzioni rappresentative, le istanze federaliste, le battaglie, e leggi, di civiltà che hanno il nome di Ius soli, del fine vita, di nuovi diritti sociali e di cittadinanza, dell’antiproibizionismo.
Chiamatela “lista di scopo” o, ancor meglio, “Lista Spinelli”, in onore di colui che ha incarnato lo spirito europeista, il “sognatore” che, in tempi lontani ma quanto mai attuali, aveva affermato che “l’Europa non si costruisce per destino, ma perchè la vogliamo”.
La due giorni dell’Ergife sull’Europa che si vorrebbe ma che non c’è, non doveva chiudersi con la sottoscrizione di un patto elettorale, tuttavia per le personalità presenti, per una visione condivisa, per impegni assunti su temi strategici, non è una forzatura retroscenista affermare che una “tenda comune” è stata alzata a Roma.
Spetterà al Congresso dei Radicali italiani, apertosi nel pomeriggio sempre all’Ergife, decidere se e come essere presenti alle elezioni di primavera 2018, ed Emma Bonino annuncia “sorprese” e rimanda alle conclusioni delle assise, l’1 novembre, ma certo è che l’intervento impegnato di Giuliano Pisapia, la video-benedizione di Romano Prodi, così come la partecipazione ai lavori do Enrico Letta, danno la cifra di una direzione di marcia comune, oltre il Pd ma non contro il partito di Matteo Renzi.
L’Europa come necessità , una “barca disastrata, ma guai ad abbandonarla in tempi di sovranismi nazionalisti”, avverte, tra gli applausi, Emma Bonino nel suo intervento conclusivo.
L’Europa come necessità vitale, da costruire fuori e dentro gli Stati che la compongono. Una Europa solidale, inclusiva, che faccia del Mediterraneo il suo nuovo baricentro geopolitico.
Lo riafferma con forza Romano Prodi nel suo vide-intervento: quello dell’ex premier, il padre dell’Ulivo, è molto più di un saluto formale o una lezione di geopolitica: i suoi sono elementi di un programma politico (ed elettorale) che non risparmia critiche verso la politica estera dell’Italia, “poco asseverativa”, rimarca il Professore, in particolare sulla Libia dove invece di puntare su un uomo, il premier al-Serraj, l’Italia avrebbe fatto meglio a facilitare un negoziato che mettesse assieme, dice Prodi, “le varie tribù” libiche.
“Lo scontro oggi è tra sovranismo e democrazia”, avverte Pisapia indicando alcuni punti programmatici su cui provare a stringere una intesa: l’Europa dei cittadini, annota il leader di Campo Progressista, “è quella che fa eleggere ai cittadini il presidente del Parlamento europeo”, è l’Europa che dà “più potere all’Europarlamento rispetto alla Commissione europea”; è una Europa che “dia risorse e poteri d’intervento ad una Commissione sull’occupazione”.
E già oggi, sottolinea ancora Pisapia, per quanto deficitaria, l’Europa, con la sua Corte di Giustizia, ha fatto sì che in Italia venisse finalmente istituito il reato di tortura, e grazie alle istanze di giustizia europee che si è fatta luce sulla “democrazia assassinata” a Bolzaneto, nei giorni del G8.
Parlare di Europa non è parlare d’altro rispetto alla scadenza elettorale, al contrario è definire una visione, articolare un programma, sapendo che nessuna delle grandi questioni del nostro tempo, dall’immigrazione alla lotta al terrorismo, dalla battaglia sul clima a quella per la crescita, possono avere soluzione fuori da una Europa rafforzata nelle sue istituzioni sovranazionali.
Una Europa politica, nel senso più alto e nobile del termine. Lo argomenta con la consueta passione Emma Bonino.
“L’Europa che non c’è — afferma l’ex ministra degli Esteri — è il frutto della politica degli Stati membri”, e se c’è una istituzione contro cui battersi è il “Consiglio europeo”, il luogo dei veti incrociati, il regno dei “frenatori”.
L’Europa patria comune da contrapporre all’Europa delle patrie, piccole grandi, vecchie e nuove. C’è un mondo, in Italia, che ha compreso il senso di questa sfida epocale: il mondo dei federalisti, dell’associazionismo laico e cattolico, delle ong e associazioni umanitarie, una società civile organizzata che ha sperimentato nella campagna “Ero straniero-L’Umanità che fa bene”, l’importanza di un agire comune. Per una legge d’iniziativa popolare ma, chissà , anche per un’avventura” elettorale.
La “lista Spinelli” non è un miraggio.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
UN PUBBLICO DI “NORMALI” FAMIGLIE E ADULTI, E POI SI INDIGNANO PER IL DEGRADO DEL DECORO URBANO… IL DIRETTORE AMAREGGIATO: “PERSO IL SENSO CIVICO”
Vandali in azione alla Lanterna.
Il direttore del complesso Monumentale Andrea De Caro con un post su Facebook si sfoga contro l’inciviltà : “Ieri alla Lanterna un tranquillo pomeriggio di iniziative folkloristiche e turisti…. e questo è accaduto nelle toilette del complesso monumentale con un pubblico di famiglie e adulti… Ora come direttore esecutivo del Complesso Monumentale, che come sapete si regge da solo per museo parco e passeggiata senza fondi istituzionali cosa dovrei dire? Ci lamentiamo che vogliamo sempre tutto aperto, disponibile, pulito, gratuito.. etc etc e ci arrabbiamo se si alzano cancelli, o si mettono sorveglianti alle toilette, che di conseguenza divengono a pagamento (vedi le stazioni)… il problema è che abbiamo perso il senso civico..
L’amara conclusione: “Quando torneremo a saper stare al mondo.. allora si potrà rimettere in discussione tutto…”
Nessuna incursione di bande di teppisti, ma nuclei familiari ed adulti, magari gli stessi che poi si lamentano del degrado urbano del nostro Paese.
E questo è il risultato.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
“ANNI DI GRANDE PARTECIPAZIONE, ORA TANTA AMAREZZA PER CIO’ CHE RESTA”
C’era una volta la sezione del Pci di Alassio che contava oltre 500 iscritti; erano
soprattutto operai, e come avveniva in quegli anni – dai ’50 ai ’70 – grazie alle sottoscrizioni di militanti e simpatizzanti il partito potè anche comprarsela.
Nei giorni scorsi nel comune in provincia di Savona si è tenuta l’assemblea per il congresso provinciale del Pd e i partecipanti sono stati 9 (nove).
Altri tempi, si dirà ; epoche che finiscono, certamente; ma «resta l’amarezza vedendo appunto cosa rimane, cioè nulla – ragiona Pino Ghisalberti, una vita nella Fgci e poi Pci – Abbiamo vissuto anni di grande partecipazione, le feste dell’Unità duravano 15 giorni, c’erano idee ed entusiasmo. Adesso?».
Il Pci era capace di conquistare oltre il 30 per cento dei consensi, il dualismo con i socialisti era forte (il Psi veleggiava ampiamente sopra il 10 per cento) e comunque rimanevano vivi i gruppi della nuova sinistra: prima Psiup e Manifesto, poi Democrazia proletaria e verdi.
E oggi? «Non è facile essere di sinistra ad Alassio – quasi si sfoga Jan Casella, impegnato nella creazione di una lista civica per le elezioni del 2018 – siamo diventati un territorio privo di partiti, privo di fabbriche».
La crisi del Pd, invece? «Quando la giunta di destra guidata da Enzo Canepa fece la famosa ordinanza razzista contro i migranti che avrebbero portato delle malattie (fu anche condannato dalla magistratura, ndr ), il Pd non fece una piega…», continua Casella.
Storicamente i partiti della sinistra, soprattutto negli anni ’90, hanno dato poco peso all’estremo Ponente ligure utilizzandolo al massimo come portatore di voti per i candidati “di spicco” solitamente savonesi, senza dare vita a progetti concreti e alternativi al centrodestra imperante
Oggi essere di sinistra ad Alassio «vuol dire battersi per far sì che il paese sia popolato – ragiona Casella – e questo può avvenire solo con un turismo, la nostra unica industria, sostenibile e moderno, che sappia dare lavoro di qualità ai residenti, puntando sul turismo alberghiero rispetto a quello della seconda casa. Essere di sinistra ad Alassio vuol dire garantire servizi di qualità a tutti i cittadini, frazioni comprese, cosa che il centrodestra ha totalmente trascurato in questi anni. Vuol dire difendere la collina dalla speculazione edilizia, e puntare su una rivalutazione del verde».
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
I CONSENSI IN CADUTA LIBERA, NESSUN PRESIDENTE USA MAI COSI’ IN BASSO: OBAMA ERA AL 51%, CLINTON AL 47%, BUSH ALL’88%
La popolarità di Donald Trump, nove mesi dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, appare in caduta libera. Solo il 38% degli americani – secondo un sondaggio di Nbc e Wall Street Journal – approva il lavoro finora svolto dal tycoon, mentre il 58% boccia il suo operato.
Si tratta del rating più basso mai registrato da un presidente americano in epoca moderna nei primi nove mesi di mandato.
Nello stesso periodo la popolarità di George W. Bush era all’88%, quella di Barack Obama al 51%, quella di Bill Clinton al 47%.
Mentre resiste lo zoccolo duro dei suoi elettori, Trump perde invece terreno tra gli indipendenti e i maschi di razza bianca e non laureati, due categorie che hanno contribuito in maniera determinante alla sua vittoria nelle urne, lo scorso 8 novembre.
Tra gli indipendenti fino a settembre il 41% esprimeva un giudizio positivo sul lavoro del tycoon nello Studio Ovale, mentre ora la percentuale e’ scesa al 34%.
Tra i maschi bianchi non laureati si e’ invece passati dal 58% al 51%.
Il 59% degli intervistati, poi, si e’ detto in netto disaccordo con gli attacchi del presidente ai giocatori della Nfl, la lega professionistica del football americano, accusati di non rispettare la bandiera americana con la loro protesta.
Protesta che consiste nell’inginocchiarsi durante l’inno a inizio partita.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
IL PASSATO TRA BANCHE E PARTITI… “FA LE LISTE DI PROSCRIZIONE”… LA CRISI DOPO PIAZZA SAN CARLO, MA GRILLO E CASALEGGIO LO DIFESERO
«Se cacciate lui vado via io». Prima di ieri, Chiara Appendino ha sempre difeso con tutta
se stessa Paolo Giordana da quei grillini del giro romano che lo attaccavano non perchè fosse poco grillino (quella era la bieca scusa), semmai perchè – essendo di capacità superiori alla media tra i grillini – appariva troppo potente e autonomo dall’entourage di Di Maio, che non lo ama, per usare un eufemismo.
Ciò non toglie che Giordana (detto «Rasputin», ma lui astutamente: «Sono solo un portalettere») fosse diventato a sua volta un uomo chiave del grillismo: la sindaca lo considerava così fondamentale da averlo introdotto sia a Davide Casaleggio, sia a Grillo, creando una consuetudine.
Quando quest’estate Giordana ha festeggiato il suo compleanno in un locale del centro a Torino, chi vi fu a festeggiarlo? Beppe Grillo in persona.
Fu sapientemente fatta uscire una foto di Grillo e Giordana abbracciati, con Chiara in mezzo. Il capo di gabinetto aveva subìto uno scossone dopo il disastro di piazza san Carlo – la finale di Champions tramutata in una tremenda serata di piazza, con un morto e 1562 feriti. A Giordana era toccato coordinare l’organizzazione.
E da allora i suoi nemici l’avevano se non azzoppato, indebolito, con la sindaca che finirà anche per la prima volta indagata dopo tante denunce di torinesi per lesioni.
«Sono convinto – dice ora Giordana – della correttezza della mia condotta. Ma più di ogni altra cosa mi preme tutelare Torino e l’amministrazione». Ma la domanda chiave è: perchè Appendino ha legato così intimamente la sua esperienza a Giordana, col quale tra l’altro è finita di nuovo indagata a inizio ottobre, per il presunto falso ideologico sul bilancio comunale?
Qui le risposte possono essere tante. La prima, ufficiale: si conoscono nel febbraio del 2013, in Sala Rossa in Comune. Si trovano. Giordana era transitato da amministrazioni di ogni colore. Era stato staffista di Ferdinando Ventriglia (An) e soprattutto di Paolo Peveraro, liberale e assessore chiave con Castellani e Chiamparino, oggi presidente di Iren.
Giordana sapeva abbastanza cose da suggerire, raccontano i maligni, i testi degli applauditi discorsi di Appendino da consigliera d’opposizione.
Vittorio Bertola, ex consigliere grillino, che mai l’ha amato, ha detto, alludendo a lui: «Quei discorsi non li scriveva Chiara».
Come che sia, i due hanno pure scritto un libretto insieme («La città solidale, per una comunità urbana») in cui citano Keynes in economia, Adriano Olivetti e il sogno di «Comunità » come modello industriale, e parlano pure di una politica fatta da «un io compassionevole ed empatico». Qualcosa che non torna con le multe fatte togliere agli amici e il quadretto di Giordana che ci regalò Piero Fassino, subito dopo la sconfitta, nel giugno 2016: «Sarebbe utile che il presunto prossimo capo di gabinetto evitasse di girare per gli uffici con l’elenco di dirigenti da promuovere e quelli da estromettere».
La seconda risposta è che Giordana fa parte di un giro di fidatissimi, assieme a Domenico, papà della sindaca, e a Marco Lavatelli, il marito, del mondo dell’imprenditoria torinese: un trio che con Chiara prende le decisioni importanti, di sistema.
Giordana come collegamento tra poteri torinesi, che lui – analista finanziario di Intesa San Paolo prima di entrare in Comune – ha frequentato.
La terza risposta sta in relazioni curiose e da esplorare, del «giordanismo»: perchè oltre che appassionato di Bach, o di personaggi storici come Mazzarino e il giovane Napoleone (di cui ha il ritratto in studio), Giordana è sacerdote della «Chiesa autonoma del Patriarcato Autocefalo di Parigi».
Si tratta di una versione della chiesa russa assai discussa, anche per un atteggiamento avanguardistico in tema di omosessualità . Una manna, per i teorici del complotto e delle relazioni tra associazioni segrete.
(da “La Stampa“)
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Ottobre 29th, 2017 Riccardo Fucile
RICHELIEU E RASPUTIN NON CI SAREBBERO MAI CASCATI
Perdere l’onestà per 90 euro (25 se paghi subito). Paolo Giordana, sindaco-ombra di Torino e indagato come Chiara Appendino e l’assessore Sergio Rolando, nel caso Westinghouse, non va via per un’indagine ma per aver fatto quello che centinaia di amministratori pubblici, dipendenti e politici hanno fatto chissà quante volte senza farsi beccare: far togliere una multa a un amico.
D’altro canto, se Giordana fosse stato cacciato per quello di cui viene accusato davanti ai giudici, anche tanti amministratori del M5S per ora accusati avrebbero dovuto farsi da parte.
Invece è incappato nel favoritismo, insieme all’amministratore delegato di GTT Walter Ceresa che però per ora è rimasto al suo posto.
E che ieri, in qualche chat su Facebook, veniva persino accusato di “aver fatto la spia” nonostante tutti i giornali che hanno riportato la notizia specificassero che la notizia veniva dalle intercettazioni telefoniche dell’inchiesta GTT in cui lo stesso Ceresa era indagato.
Chiara Appendino si trova quindi, con un anno di ritardo, nello stesso guaio in cui era incappata Virginia Raggi: anche lei deve mollare il suo braccio destro, come lo era Raffaele Marra per la sindaca di Roma, ma per colpe infinitamente meno gravi rispetto a quelle sollevate nei confronti dell’allora capo del personale del Campidoglio.
«Non sono un Rasputin ma un un Richelieu», diceva Giordana di sè stesso quando gli appiccicarono il nomignolo del consigliere dello zar: non si sentiva un uomo assetato di potere ma un civil servant che lavora per il bene della città .
Il dato di fatto è che è stato beccato mentre lavorava per il bene del suo amico multato sul bus e non disposto a pagare 90 euro di multa, 25 se pagata subito. In quel momento era proprio il telefono di Giordana ad essere intercettato. Potrebbe essergli contestata la concussione ma il valore della multa è stato ritenuto insufficiente dalla procura per farlo.
Eppure, in questa vicenda piccola piccola, il MoVimento 5 Stelle si è trovato invischiato proprio durante le elezioni in Sicilia e per questo ha reagito furiosamente anche se senza intervenire sulla Appendino, che già aveva capito quello che doveva fare. C’è un vantaggio non piccolo: esattamente come Marra, anche Giordana non faceva parte del M5S e parte del MoVimento di Torino lo aveva contestato in altri tempi soprattutto per il suo passato di collaboratore con giunte di ogni colore.
Il punto è che Giordana era davvero un collaboratore di primo piano per Chiara Appendino: mentre della sua strategia elettorale, attento stratega delle apparizioni della sindaca in Aula, regista delle tante operazioni della giunta, come quello sull’impegno a non utilizzare gli oneri urbanistici per finanziare la spesa corrente ma il caso REAM-Westinghouse è la cristallizzazione della parola rimangiata da parte della sindaca.
Che oggi esce senza parole, se non quelle di circostanza, da una vicenda che non avrà ripercussioni politiche fino alla decisione dei giudici visto che nei suoi confronti scatta il garantismo peloso del M5S, ma che dimostra, in una città molto diversa da Roma e dove le parole sono importanti, gran parte del metodo di governo M5S.
Nei guai (politici) Giordana ci era finito ben prima, ovvero per la gestione di Piazza San Carlo, dove era finito nel banco degli imputati avendo gestito l’organizzazione insieme alla Turismo Torino.
Ieri, in procura per Westinghouse, ai pm Giordana ha consegnato le lettere scambiate dal Comune con Ream tra settembre 2016 e aprile 2017, da cui emergerebbe tutta la trattativa sul debito e le modalità di restituzione e che, nell’ottica dell’ex braccio destro di Appendino testimonierebbero come l’amministrazione si sia mossa alla luce del sole senza mai celare o “aggiustare” la situazione e quindi senza indurre in errore la giunta e il Consiglio comunale, come invece accusa la procura.
Per lui c’era la possibilità di prendere del tempo, visto che nessuno avrebbe chiesto le sue dimissioni in quanto indagato con Rolando e Appendino e questo avrebbe significato chiedere automaticamente anche le loro. Poi è arrivata quella maledetta telefonata.
Giordana: «Senti ma io ti chiamavo per una cosa molto più prosaica: c’è stato un increscioso, come dire, evento. Un mio amico, per carità i controllori sono tanto bravi però sono un po’ troppo, come dire, quadrati. Praticamente un mio amico era sul pullman che stava per timbrare il biglietto e il controllore l’ha fermato dicendogli “no guardi lo doveva timbrare 5 minuti fa, 1 minuto fa, 30 secondi fa. Adesso le devo fare la multa” eh eh eh… come dire, non non è tanto carina come cosa. Ehm… Cosa possiamo fare?».
Ceresa: «Eh, ma lui cosa ha fatto? Ha la multa?»
Giordana: «Ha la multa e il biglietto timbrato anche».
Ceresa: «Si manda. Posso… Me lo puoi mandare? Che faccio io!».
Giordana: «Fai tu?»
Ceresa: «Sì, sì» Giordana: «Cosa faccio? Mi faccio lasciare la multa e te la mando?».
Ceresa: «Si, si. Mandala pure a me».
Giordana: «Guarda, io te la mando via whatsapp. Eh».”
Ceresa: «Ah, ok. Perfetto. Benissimo».
Giordana: «Perchè, perchè è più comodo. Ce l’ho, ce l’ho sul telefonino e te la mando via whatsapp».
Ceresa: «Va bene. Perfetto».
Giordana: «Grazie, grazie mille».
Ceresa: «Figurati Paolo»
Giordana: «Ciao»
Ceresa: «Ciao»
Il 26 luglio 2017, il giorno dopo, la seconda telefonata tra Giordana e Ceresa. Alle 19. Chiama Ceresa.
Giordana: «Eccomi qui»
Ceresa: «Paolo, tutto a posto, quella cosa che mi hai detto».
Giordana: «Grazie mille».
Ceresa: «Risolto, non c’è nessun problema».
Giordana: «Quindi gli dico di stare tranquillo. Perfetto».
Ceresa: «Si, si, non arriverà la multa»
Perdere tutto per 90 euro di multa. Richelieu e Rasputin non ci sarebbero mai cascati.
(da “NextQuotidiano”)
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