Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
L’EX RE DEI PAPARAZZI IN TRIBUNALE SI DIFENDE E CONTRATTACCA: “PROVENIENZA LECITA DELLE SOMME”
“Io dalla galera ho pagato 2 milioni di euro di tasse, chi l’ha mai pagato un solo euro di tasse dalla galera, Mantovani? O Formigoni, che non andrà mai in galera?”.
Così Fabrizio Corona, prendendo la parola davanti alla Sezione misure di prevenzione di Milano che dovrà decidere se confiscare o meno gli ormai famosi 2,6 milioni di euro in contanti e la sua casa, si è difeso facendo ancora riferimento alla provenienza “lecita” di quelle somme, dicendo di aver pagato in tutto “9 milioni” di tasse e attaccando anche l’ex Governatore lombardo e l’ex ‘numero due’ del Pirellone, coinvolti in procedimenti giudiziari a Milano.
In questo passaggio delle dichiarazioni l’ex ‘re dei paparazzi’ è stato ripreso dai giudici, come altre volte, per la sua foga.
Intanto, si è saputo che la Dda di Milano ha presentato ricorso in appello per le accuse cadute, tra cui l’intestazione fittizia di beni, nel processo sui 2,6 milioni in contanti (è stato condannato a un anno per un altro fatto). E’ emerso anche che Corona è indagato per riciclaggio in Austria.
Corona, così come hanno fatto anche i suoi legali, gli avvocati Ivano Chiesa e Luca Sirotti, si è detto “pronto di nuovo a dimostrare, come abbiamo già fatto nel processo penale, la provenienza di ogni euro arrivato in nero e di ogni euro entrato nelle mie società per la mia attività dal 2008 in poi”.
Questo procedimento, ha aggiunto, “parte da un sequestro fatto dalla Procura (per i circa 1,7 milioni trovati in un controsoffitto, ndr) ma poi è comparsa la Dda che si è messa a fare interrogatori su mie collusioni con persone della criminalità organizzata. E ora nel ricorso in appello la Dda – ha proseguito – riesce a sostenere che mai hanno detto che quei soldi appartenevano alla criminalità organizzata”.
Con la sentenza del 12 giugno scorso del collegio presieduto da Guido Salvini, infatti, erano state spazzate via le contestazioni a Corona, tra cui l’intestazione fittizia di beni, su quei 2,6 milioni e che lo hanno portato nuovamente in carcere nell’ottobre 2016.
L’ex ‘fotografo dei vip’ è stato condannato a un anno ma solo per un illecito fiscale su una cartella esattoriale.
Quei contanti, invece, come scrissero i giudici, erano i ricavi in nero dell’ex agente fotografico e non reggeva l’ipotesi secondo cui le somme potessero “avere un’origine diversa dall’attività imprenditoriale di Corona” e fossero state “a lui affidate da terzi in custodia o a fini di reimpiego”.
E proprio su quanto accertato nel processo hanno puntato i difensori oggi nel presentare ai giudici della Sezione misure di prevenzione le loro prove testimoniali e documentali.
Alla fine dell’istruttoria i giudici dovranno stabilire se confiscare, come chiesto dal pm Alessandra Dolci, o dissequestrare, come chiesto dalla difesa, gli oltre 2,6 milioni (più di 800mila euro sequestrati in Austria e da qui anche l’inchiesta là per riciclaggio) e la casa di via De Cristoforis e se aggravare o meno la misura della sorveglianza speciale disposta per l’ex agente fotografico nel 2012.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
DOVE STIA LA “GRAVE PERSECUZIONE” DI CUI SAREBBE VITTIMA LO SA SOLO LUI… E IL GOVERNO BELGA GLI NEGA LA LOCATION PER LA CONFERENZA STAMPA
«Non sono qui per chiedere asilo politico». Carles Puigdemont rompe il silenzio, lacera la
cortina di mistero che ha avvolto un viaggio a Bruxelles per quella che tutti hanno pensato essere una fuga e che per certi aspetti lo resta.
Il leader indipendentista catalano dice di non volere protezione, ma resterà nella capitale europea fin quando non ci saranno le condizioni per rientrare in Spagna. Ammette di temere per la propria incolumità , perchè il governo spagnolo avrebbe tolto ogni garanzia di «protezione» e sarebbe pronto ad aprire un processo «non equo» e quindi ingiusto nei confronti della classe politica catalana che ha portato alla dichiarazione d’indipendenza.
In una sala stampa piena in ogni ordine di posto, Puigdemont ha offerto l’immagine di un leader indebolito, confuso. «Non vogliamo fuggire dalla giustizia, non vogliamo fuggire dalle nostre responsabilità », dice.
Ma subito dopo chiede che sia l’Europa a garantire sicurezza, quando l’Europa non è in grado di poter ascoltare.
Per poter chiedere asilo in uno Stato membro dell’Ue bisogna riuscire a dimostrare che sussista il serio rischio di una grave persecuzione.
Difficilmente ciò avviene in Europa, e appare difficile che Puigdemont possa chiederlo e ottenerlo.
Lui nega di volere asilo, salvo iniziare a parlare dei rischi che l’attendono in Spagna. «Cerco delle garanzie che per il momento non ci sono in Catalogna. Non c’è desiderio di giustizia, ma di vendetta».
E poi, ricorda, secondo la legislazione nazionale «oggi il reato di ribellione è equiparato al reato di terrorismo». Ecco servite le premesse per un’eventuale dimostrazione di persecuzione.
Il leader catalano non chiede asilo, non per ora almeno, ma ammette che resterà fuori dalla Catalogna. «Non so quanto resterò qui. Se ci saranno le garanzie immediate di un trattamento equo da parte del governo, che possa garantire a tutti noi, soprattutto a me, un processo equo e una protezione, allora tornerò subito».
Fino a quel momento nessun rientro in Catalogna, in quello che definisce il suo «Paese», a sottolineare la distinzione con la Spagna e il suo governo.
«Ci siamo spostati a Bruxelles per portare il problema catalano al cuore dell’Europa, a sollevare il problema della la politicizzazione della giustizia» in Spagna.
E’ un passaggio chiave di una conferenza stampa durata meno di 40 minuti.
I catalani hanno voluto trasformare la crisi catalana in una questione comunitaria, convinti che questa sia e debba essere una crisi di tutti. Lo sottolinea due volte Puigdemont. «Sono qui a Bruxelles in quanto capitale dell’Europa. Ho deciso di venire non in Belgio ma a Bruxelles, che è la capitale dell’Unione europea, perchè per noi questa è una questione europea».
Ma si presenta in una città deserta, con il Parlamento europeo in «settimana verde», come si dice nel gergo degli addetti ai lavori. Sono tutti in missioni all’estero, e lo stesso vale per la Commissione. Europarlamentari e commissari sono tutti via, l’Europa non c’è.
Neppure il Belgio giocherà un ruolo in questa partita, ammette il leader catalano. «Non abbiamo contatti con esponenti politici belgi».
Ciò nonostante il ministro per l’Immigrazione del Belgio, Theo Francken, esponente del partito indipendentista N-Va, si sia detto disponibile a dare asilo alla leadership catalana. «Non sono qui per mischiare una questione catalana con la politica belga».
Anche perchè il Belgio mostra di non voler offrire alcuna sponda ai secessionisti.
I catalani avevano provato a organizzare la conferenza stampa nel Residence Palace, l’edificio che ospita la stampa internazionale, struttura messa a disposizione dalle autorità belghe.
Proprio queste ultime non hanno concesso l’utilizzo degli spazi chiesti dai catalani. Puigdemont rivendica il proprio operato. Dice di aver agito in modo «democratico, pacifico, calmo».
Accusa il governo di Madrid per aver provocato il caos ricorrendo alla violenza in occasione del referendum, con l’invio della Guardia Civil e tutto quello che ne è scaturito. Q
uindi invita i catalani al voto, di nuovo. «Il 21 dicembre noi rispetteremo le elezioni, lo farà anche il governo spagnolo? Governo spagnolo, siete pronti a rispettare le elezioni di dicembre? Senza ambiguità dirlo».
L’auspicio di Puigdemont è che a dicembre vinca il fronte nazionalista, che gli indipendentisti disegnino un Parlamento catalano ancor più forte in senso separatista di quello commissariato.
Non è scontato, perchè sembra esserci un nutrito fronte di autonomisti anti-indipendentisti. Puigdemont è stato accolto a Bruxelles da un gruppo di spagnoli che mostravano entrambe le bandiera spagnola e catalana, al grido di «Viva la Catalogna, viva la Spagna», e manifesti con su scritto «Puigdemont parla a nome di metà della popolazione catalana».
(da “La Stampa”)
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
TIMORI PER UNA EVENTUALE FUGA RADIOATTIVA
Un tunnel del sito nucleare di Punggye-ri, in Corea del Nord, è crollato lo scorso 10 ottobre, causando la morte di circa 200 persone.
Lo riporta l’agenzia sudcoreana Yonhap, secondo cui l’incidente sarebbe avvenuto durante i lavori di scavo di un’altra galleria. La notizia riaccende i timori sulla fuga di pesante radioattività .
Punggye-ri è il sito nucleare dal quale si effettuano spesso i test voluti da Kim Jong-un per verificare la potenza del proprio arsenale.
Anche il test del 3 settembre, il sesto voluto da Kim, il primo da quando Donald Trump è presidente, è stato fatto qui.
Secondo la tv giapponese Asahi l’incidente è stato provocato dall’indebolimento del terreno circostante: dopo l’esplosione è stata registrata una prima scossa di terremoto di 6.3 sulla scala Richter, e nei giorni successivi ne sono state avvertite altre meno intense.
Secondo la Yonhap invece, i crolli – al primo ne è seguito un altro, durante le operazioni di soccorso – sono stati causati dai lavori di ampliamento del sito.
I nordcoreani starebbero realizzando nuovi tunnel sotterranei per spostare di qualche chilometro il luogo dei test, ma la struttura sarebbe stata indebolita dalle esplosioni nucleari e non avrebbe sopportato i nuovi scavi.
Il responsabile della Korea meteorological administration, l’agenzia che sovrintende anche sui terremoti, ha detto ieri in un’audizione parlamentare a Seul che un’ulteriore esplosione avrebbe potuto far crollare la montagna e causare il rilascio di materiale radioattivo.
Il 10 novembre a Roma ci sarà un vertice sul disarmo nucleare voluto da papa Francesco. Il Vaticano ha invitato undici premi Nobel per la pace, i vertici dell’Onu e della Nato, e i principali attori coinvolti nella crisi della penisola coreana: Usa, Russia e Corea del sud invieranno i propri ambasciatori.
I due giorni d’incontri saranno un’occasione per il pontefice per richiamare l’attenzione sul pericolo di una possibile guerra nucleare.
Anche il presidente americano nei prossimi giorni presterà particolare attenzione al continente asiatico.
Dopo le provocazioni degli ultimi mesi con Kim Jong un, Donald Trump farà visità a Giappone, Corea del sud, Cina, FiIlippine e Vietnam. Il viaggio servirà a rassicurare gli alleati a Tokyo e Seul sull’impegno stabile degli Usa nella regione per garantire la sicurezza dei Paesi amici.
Ma anche a ottenere da Pechino uno sforzo maggiore nella risoluzione della crisi delle Coree: secondo Trump, la Cina non sta facendo abbastanza per dissuadere Pyongyang dallo sviluppo del nucleare. Il presidente Usa parteciperà poi a diversi incontri multilaterali per rafforzare i legami economici e la cooperazione commerciale nel sud est asiatico.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL CANDIDATO DI SINISTRA: “I PM HANNO CHIESTO LA CONDANNA A 14 ANNI DI CARCERE PER LI DESTRI”
“Nella lista di Palermo dei 5 Stelle è candidato Giacomo Li Destri, cugino di primo grado
del’omonimo Giacomo Li Destri, sotto processo per associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuto referente di Cosa Nostra a Caltavuturo”.
A denunciarlo è il candidato della sinistra, Claudio Fava, che parla di candidatura “inopportuna politicamente e moralmente” .
Sarebbe questa, sempre secondo Fava, “la ragione per la quale Giancarlo Cancelleri non ha mai parlato della vicenda del candidato Riccardo Pellegrino, che ha un fratello sottoposto a processo perchè considerato personaggio di rilevo di Cosa nostra”.
“Da parte di Cancelleri c’è stato un atteggiamento opaco”, ha aggiunto.
“I pm hanno chiesto 14 anni di carcere per Li Destri, considerato referente di Cosa nostra di Caltavuturo”, ha continuato Fava.
E “nonostante loro dicano che il candidato non avesse rapporti con il cugino imputato da 30 anni, dalle carte giudiziarie emerge altro. Risulta che si sono incontrati da poco tempo”.
Il candidato M5S annuncia la querela a Fava per diffamazione
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
NON SI CANCELLANO CON LA “CONCESSIONE” DELLO IUS SOLI GLI ACCORDI CRIMINALI FATTI CON LE MILIZIE LIBICHE E PAGANDO NOI I LAGER DOVE VENGONO DETENUTI ESSERI UMANI
A sentire il ministro Minniti che lanciava appassionati appelli per lo Ius Soli, mi è venuto in mente Lotito.
Non me ne vorrà il reggente degli Interni, ma proprio non ce l’ho fatta ad associarlo a Papa Bergoglio o Martin Luther King, come campione della difesa dei diritti umani e civili.
Gli accordi con la Libia, che altro non sono che la prosecuzione, più raffinata, organizzata, burocraticamente avanzata, del patto che l’allora premier Berlusconi fece con il suo amico Gheddafi perchè gli togliesse dai piedi la noia dei migranti che giungevano a Lampedusa, non sono cancellabili dal bel gesto della “concessione” dello Ius soli.
Che intendiamoci, è una legge sacrosanta, ed è già intollerabile il fatto che si mercanteggi su di essa, subordinandola a meri calcoli elettorali.
Ma non è barattabile, in primis sul piano delle coscienze, con uno scempio come i lager pagati da noi in Libia.
Alcuni amici mi dicono che tanto, gli stupri, le uccisioni, le torture, avvenivano lo stesso in quell’inferno a poco distante da noi. Ma questo non è un buon motivo per trasformare un crimine contro l’umanità in qualcosa di legale e razionalmente organizzato dal governo italiano e dall’Unione Europea.
Altre volte nella storia la razionalità burocratica ha accompagnato fatti atroci, che avevano sempre a che fare con l’eliminazione della vita, resa nuda dalla spogliazione totale dei diritti.
In Libia abbiamo ricostruito, trattando con milizie di criminali, una frontiera letale, per diminuire gli arrivi di donne, uomini e bambini vivi sulle nostre coste.
Allora, per essere credibile quando si lancia in battaglie a favore dei diritti, Minniti dovrebbe premettere che quegli accordi scandalosi sono stati un errore, anche al di là delle torture e delle uccisioni, perchè comunque noi, italia ed Europa, stiamo facendo incarcerare in Libia esseri umani che non hanno commesso alcun reato, che sono rinchiusi solo perchè si muovono cercando disperatamente di sopravvivere.
Il Ministro dovrebbe ammettere che la soluzione di civiltà non sono i lager extraterritoriali, ma i corridoi umanitari, i visti d’ingresso legali, il prendersi cura di una umanità che anche noi abbiamo contribuito a trasformare in “dead men walking”.
Non si combattono i trafficanti di esseri umani arruolandoli come guardie di frontiera. Altrimenti, quando Minniti parla di Ius Soli sembra Lotito: “Famo sta sceneggiata”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
QUANDO IL MARKETING CI METTE LO ZAMPINO SNATURA TEMI E TUTTO DIVENTA UNA BRUTTA PARODIA
Ma quale dolcetto e scherzetto: quando il marketing ci mette lo zampino (è toccato pure al
caro Babbo Natale, vestito di rosso Coca-Cola) puntualmente snatura temi tutt’altro che superficiali, che affondano le loro radici sin nella notte dei tempi.
Mi perdonino piccoli e bambini a cui le mamme hanno comprato orripilanti mascherine di un Carnevale anticipato che s’apprestano oggi a festeggiare, ma stanotte più che l’Halloween della ‘Zucca made in Usa’ è il Samhain, il Capodanno dei Celti.
Radicato nel concetto di ciclicità del tempo, si tratta del tradizionale passaggio dell’autunno all’inverno (da non confondere col solstizio d’inverno, 21 dicembre), del cosiddetto momento del Terzo Raccolto, quando le antiche popolazioni di pastori del Nord Europa sacrificavano parte del gregge facendo delle carni (sotto sale) le preziose provviste da conservare per i mesi invernali.
Da qui s’arriva alla festa dei morti, il tema principale per quegli antenati, spiritualmente (e non solo), parte integrante della vita sociale della comunità , nel perenne ritorno di morte e rinascita.
Quando l’antico popolo romano, radicato nel mos maiorum, incontrò i Celti, l’evidenza di una similitudine della festa del Samhain ricadde sui Lemuria, la festa delle anime dei morti protettori della famiglia (i Lari), il cui rito veniva celebrato a Roma dal pater familias per rievocare il fondatore dell’Urbe Romolo che lo aveva eseguito per placare lo spirito irato del fratello (ucciso) Remo.
Ecco il perchè dell’uso delle maschere, delle rivisitazioni e dei travestimenti per accaparrarsi l’energia di entità magiche e soprannaturali, che per analogia rimandano ai Celti e alle tradizioni dei popoli nativi, degli sciamani, dei gruppi Asatrù o ai costumi del folklore degli Haensele e Uberlingen, in uso ancora oggi a sul lago di Costanza tra Svizzera, Liechtenstein e Germania.
Richiamato dal fascino non solo di kilt e cornamuse, per conoscere più da vicino Samhain e cultura celtica, tempo fa me ne andai sulle rive dell’Atlantico per assistere al Festival Interceltique di Lorient (in Bretagna, se scrivo Francia si offendono) per deviare poi sulle tracce di maghi, fate e folletti, nella suggestiva foresta di Broceliande dove si trova la “tomba” del druido Merlino e si dice che la bella Viviana custodisca gelosamente la spada di Excalibur.
Ricordo paesi remoti, casette sperdute nel nulla, persone semplici, generose e genuine che ancora custodiscono il segreto inviolabile di una cultura millenaria, tra Menhir e Dolmen.
Dopo l’estate (il Festival Interceltico si celebra ad agosto) arrivò il primo freddo: era la notte del 31 ottobre quando finii in un locale immerso in una suggestiva campagna, convenuto all’appuntamento per una grande festa illuminata dalla luna e da un grosso falò acceso all’esterno.
In un atmosfera surreale, la sola luce delle candele squarciò il tetro del pub di quella serata magica, accompagnata dalle note di Folk Music celtica (arpe, cornamuse, violini e flauti) nel momento in cui il mio straordinario compagno di viaggio mi portò un calice di buon idromele (miele fermentato), sussurrandomi all’orecchio: “Buon Samhain!”.
Mi sembrò di stare come in un film, senza però recitare alcuna parte, sicuro di rivivere l’atmosfera di in un’epoca profondamente diversa dall’attuale: capii che Halloween era solo una brutta parodia di un sentire diffuso tra quanti, ancora oggi, vogliono spingersi oltre gli inganni della materia.
Anche nel ricordo dei propri antenati.
Buon Samhain a tutti!
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
UN COMUNE CHE OGNI GIORNO BLATERA SULLA SICUREZZA MA NON E’ IN GRADO DI ASSICURARE LA PRESENZA DI UN VIGILE DURANTE LE VISITE GUIDATE AL PRIMO MONUMENTO CITTADINO
Persino un’antropologa tedesca, trasferita a Genova da qualche mese, dopo aver visto l’immagine dei bagni distrutti alla Lanterna si è fatta avanti per fare una donazione. L’ultima di una lunga serie, perchè di fronte agli atti vandalici che hanno colpito il simbolo della Superba i genovesi non si sono tirati indietro.
“In poche ore, dopo il tam tam sui social, sono arrivate decine di mail e telefonate- racconta Andrea De Caro , presidente dei Giovani Urbanisti Fondazione Labò che ha preso in gestione il faro e il museo ospitato all’interno delle fortificazioni — Aziende che si sono fatti avanti per valutare i danni, altre che gratuitamente si sono proposte per fare i lavori e poi i tanti cittadini che hanno voluto fare comunque una donazione. Non possiamo che ringraziarli per questa dimostrazione di affetto”.
Tanto che già oggi, con l’intervento dei tecnici, i servizi potrebbero essere sistemati.
Tra i volontari che da tre anni tengono aperta gratuitamente la Lanterna c’è ancora incredulità di fronte a un gesto così incomprensibile. “Non era mai successo nulla di simile. Una vicenda che ha mostrato la mancanza di senso civico, del rispetto della cosa pubblica e di un monumento che rappresenta la nostra storia. Davvero un brutto episodio che vogliamo dimenticare al più presto ”.
Nel complesso monumentale è già attivo un sistemo di video sorveglianza e nei prossimi giorni saranno installate altre quattro telecamere lungo la passeggiata grazie a Tecno Sicurezza e l’azienda Bettini. “E riattiveremo anche la web cam sul faro per i tanti genovesi che amano la Lanterna e vogliono tenerla d’occhio anche a distanza” .
Tutta opera di cittadini volontari, tanto per capirci.
Ora ci si chiede: è così difficile per il Comune di Genova inviare , nel limitato orario di apertura del principale monumento della città , UN VIGILE UNO, a sorvegliare l’accesso al bene artistico?
O sono tutti impegnati a scortare l’assessore alla (in)sicurezza durante i suoi spot per le vie della città ?
Si spendono decine di migliaia di euro in tappeti rossi e neri e non si hanno 50 euro per pagare un vigile urbano per 4 ore?
Che la Lanterna illumini certi cervelli oscuri.
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
A GENOVA IL CENTRODESTRA SPUTTANA ALTRI SOLDI CON IL BLACK CARPET PER HALLOWEEN
Non bastavano i soldi dei contribuenti sputtanati questa estate con il Red Carpet steso nelle
località turistiche per le marchette dei sindaci di centrodestra e costati decine di migliaia di euro.
Ora per la festa di Halloween, senza neanche aver chiesto il parere dei commercianti (salvo due), la premiata ditta di onoranze funebri della città di Genova “Toti and Bucci” ha srotolato i tappeti neri sui marciapiedi di galleria Mazzini e di via XII Ottobre.
L’impatto è lugubre, le polemiche volano, i genovesi sempre più perplessi: speriamo non portino pure sfiga.
Il Comune paga l’applicazione del tappeto, la Regione Liguria si è invece occupata dell’acquisto, il costo non si conosce, bisognerà aspettare forse le fatture di Liguria digitale come al solito ( la società che dovrebbe occuparsi di tutt’altra materia ma che è ormai diventata il bancomat dela Regione).
L’unica speranza è che vengano tolti presto, per evitare quello che è successo ai tappeti rossi estivi (lerci, macchiati, strappati, fissati con chiodi che hanno massacrato selciati pregiati, pericolosi per chi rischia di inciamparvi).
La società di onoranze funebri “Toti and Bucci” vi accompagna sempre: dalla “gabina” elettorale all’ultimo addio.
Si attende il prolungamento del black carpet fino al cimitero di Staglieno.
Per concludere in gloria (nei cieli).
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Ottobre 31st, 2017 Riccardo Fucile
TUTTI PARLANO DEL POSSIBILE ‘INCIUCIO TRA RENZI E BERLUSCONI, NESSUNO PARLA DI QUELLO REALE TRA DI MAIO E SALVINI (CON RELATIVE TRATTATIVE IN CORSO)
Giovannino Guareschi intitolava le sue vignette sul Candido “Obbedienza cieca pronta assoluta”. Facevano male. Erano gli anni Cinquanta, il Pci era un monolite attraversato da molte contraddizioni che l’invasione dell’Ungheria fece esplodere. Le didascalie vergate dal creatore di Don Camillo e Peppone cominciavano con un perentorio “Contrordine compagni!” e proseguivano simulando un errore dei redattori o dei correttori di bozze dell’Unità : “La frase Per la Festa dell’Unità il porco di Lambrate verrà festosamente illuminato contiene un errore di stampa e pertanto va letta: Il parco di Lambrate verrà festosamente illuminato”. Feroce.
“Contrordine cittadini!” potrebbe accompagnare le vignette di un redivivo Guareschi dedicate al Movimento 5 Stelle, espertissimo in cambi di rotta che somigliano ai refusi dell’Unità d’antan: a Bruxelles con gli antieuropei/a Bruxelles con gli arcieuropei, via gli amministratori indagati/evviva gli amministratori indagati, ok la legge elettorale alla tedesca/ko la legge elettorale alla tedesca, aboliamo i voti segreti in Parlamento/ah vogliamo i voti segreti in Parlamento eccetera.
Ma non si tratta solo di giravolte.
Quando è il momento di fare scelte che pretendono chiarezza e trasparenza, si alza la cortina fumogena grillina. Come sulla legge per la cittadinanza. Dove il merito sembra contare poco. Valgono piuttosto i calcoli elettorali.
Alla Camera i deputati del Movimento non si espressero a favore o contro in occasione del voto finale sulla legge, definita “una scatola vuota”: pilatescamente, s’astennero.
Una decisione – dicono – che Matteo Salvini apprezzò molto.
Le sollecitazioni venute sabato dal ministro degli Interni Marco Minniti e dal premier Paolo Gentiloni all’Assemblea Programmatica del Pd a Pietrarsa rendono ora probabile che il Senato metta in agenda la legge per la cittadinanza subito dopo quella sul bilancio, a fine novembre: “Ci impegnamo a farla approvare prima del termine delle legislatura”, hanno detto
Un’accelerazione inattesa, e positiva.
Anche perchè dai sì e dai no a queste misure che, impropriamente, qualcuno insiste a definire “sullo ius soli” si capirà quali schieramenti potrebbero governare il paese dopo il voto di primavera.
Ogni sì sarà inequivocabile. Ogni no esprimerà la legittima contrarietà ad allineare l’Italia all’Europa più civile.
L’argomento è tale da non consentire terze posizioni. Se invece si ripeterà , l’astensione grillina andrà letta come finalizzata a non compromettere accordi politici futuri.
Da mesi si sta lavorando dietro le quinte sull’ipotesi di un’alleanza tra il M5S e la Lega a vocazione nazionale.
Ci sono stati incontri segreti e scambi di opinioni via Telegram, la chat che lascia meno tracce. La massima riservatezza è legittima, per carità , anche da parte di chi aveva promesso di trasmettere in streaming qualsiasi passaggio della vita del Movimento.
Nelle ultime settimane, però, il contesto è radicalmente mutato.
Soprattutto, la legge elettorale approvata pochi giorni fa ha alcune pecche, tra le quali quella di permettere qualsiasi aggregazione post-voto.
Al momento, le affinità tra il partito eterodiretto dalla Casaleggio e Associati e quello guidato da Matteo Salvini sembrano più numerose delle differenze.
Forse basterà l’astensione a Palazzo Madama sulla legge per la cittadinanza per cementare l’alleanza, forse servirà qualche altra prova di fedeltà reciproca.
Il patto, comunque, sarà ufficializzato solo se il M5S risulterà il primo partito italiano e se la Lega avrà parlamentari che, sommati a quelli grillini, daranno la maggioranza all’inedita coppia.
In questo quadro, Luigi Di Maio otterrà dal presidente della Repubblica l’incarico per provare a formare un governo.
Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, la sinistra di Mdp hanno strumenti per evitare che tutto ciò accada?
(da “Huffingtonpost”)
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