Destra di Popolo.net

SEGNA ED ESULTA CON SALUTO ROMANO E MAGLIETTA DELLA RSI: ANCHE OGGI IL SOLITO FASCIO DA AVANSPETTACOLO CONQUISTA LA PRIMA PAGINA

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

OVVIAMENTE LO FA A MARZABOTTO, LUOGO DOVE I NAZISTI UCCISERO 770 CIVILI PER RAPPRESAGLIA

Decide un derby in seconda categoria ed esulta con il saluto romano e mostrando una maglietta con il simbolo della Repubblica di Salò. È successo a Marzabotto, città  teatro di uno degli eccidi nazisti più feroci
La gara, valida per la nona giornata del campionato di seconda categoria, si è disputata domenica 12 novembre. La capolista Marzabotto riceve i vicini del 65 Futa, squadra di Loiano. Dopo il vantaggio iniziale dei padroni di casa, gli ospiti pareggiano e segnano il gol vittoria in pieno recupero. Poi, l’esultanza, inequivocabile.
Un gesto che ha scosso il piccolo comune emiliano, che poco più di un mese fa commemorava il 73esimo anniversario della strage. “Lo sport deve educare ai valori della Costituzione — ha dichiarato in un comunicato il sindaco della città  Romano Franchi — È un atto premeditato che non giustifica nessuna ragione”.
Franchi, assieme alla giunta comunale, ha fatto sapere che procederà  per via legali per chiedere l’applicazione delle leggi esistenti che punisco il reato di apologia di fascismo (Legge Scelba e legge Mancino).
La protesta della giunta coinvolgerà  anche la Figc, la federcalcio italiana. “Chiediamo immediate misure nei confronti della società  65 Futa che prevedano l’allontanamento del giocatore dai campi di calcio”.
Secondo il comunicato, è assai improbabile che i dirigenti non si siano accorti della maglietta che il giocatore ha indossato sotto la tenuta di gioco. “È una questione di rispetto per la memoria di chi ha dato la propria vita per la libertà  e la democrazia”.
Sulla vicenda è intervenuta la sezione Anpi di Marzabotto: “Il fascismo è un reato, non una semplice opinione. Marzabotto ne è la dimostrazione tangibile”. Il comunicato, firmato dal presidente Alessandro Borghi, invita la società  e il calciatore a visitare il Sacrario dei caduti e “chiedere pubblicamente scusa per quanto fatto ieri”. “La memoria è fatta di atti concreti e gesti formali. Non possiamo archiviare episodi di questo tipo come semplici ‘ragazzate’. Il caso in oggetto dimostra che vi è un generale clima favorevole all’emergere di tali fenomeni che vanno stroncati alla radice. Ci auguriamo che la giustizia sportiva faccia il suo corso”.
L’eccidio di Marzabotto è considerato il più feroce atto messo in atto dai nazisti in Italia.
Dal 29 settembre al 5 ottobre del 1944, le SS guidate dal maggiore Walter Reder uccisero 770 civili tra uomini, donne, bambini e anziani. Una rappresaglia nei confronti della Resistenza partigiana. I rastrellamenti nella colline del Monte Sole colpirono i comuni di Marzabotto, Grizzana e Monzuno.

(da agenzie)

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STRAGE DI LAMPEDUSA, IL GIP DICE NO ALL’ARCHIVIAZIONE E ORDINA NUOVE INDAGINI

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

IN MARE MORIRONO 300 PERSONE, DI CUI 60 BAMBINI… COINVOLTI SETTE UFFICIALI DELLA MARINA MILITARER E DELLA GUARDIA COSTIERA: “CINQUE ORE DI RIMPALLO TRA ITALIA E MALTA MENTRE LA NAVE AFFONDAVA”

Ha rigettato la richiesta di archiviazione, ordinando nuove indagini da eseguire. È quello che ha deciso il gip di Roma Giovanni Giorgianni , chiamato ad espimersi sulla vicenda del naufragio di un’imbarcazione di siriani avvenuto l’11 ottobre 2013 al largo di Lampedusa.
In mare morirono circa 300 persone, compreso una sessantina di bambini. Il gip si è pronunciato in sede di opposizione alla richiesta di archiviazione dell’indagine. Nell’inchiesta sono coinvolti sette tra ufficiali e sottufficiali della Marina militare e della Guardia costiera.
Ad opporsi all’archiviazione erano stati i legali di Mohanad Jammo, primario dell’unità  di terapia intensiva e anestesia dell’Ospedale di Aleppo in Siria, che stava attraversando il Mediterraneo con la moglie e i tre figli.
I più piccoli, di sei anni e di nove mesi, morirono in quella tragedia.
“Pur sapendo che c’era il rischio di naufragio, si è deciso deliberatamente di non intervenire”, erano i motivi che avevano spinto i legali del medico ad opporsi all’archiviazione dell’indagine proposta dalla procura di Roma. Già  nel maggio scorso il gip del tribunale di Agrigento aveva respinto una prima richiesta di archiviazione.
Poi, per competenza, le carte sono state inviate al tribunale della Capitale. Agli atti dell’inchiesta ci sono le testimonianze dei superstiti, le registrazioni e il materiale raccolto grazie all’inchiesta giornalistica di Fabrizio Gatti dell’Espresso.
“Quelle morti sono dovute ai ritardi nei soccorsi”, dice il legale del dottor Jammo, Alessandra Ballerini, che parla di “Almeno cinque ore di rimpallo tra Italia e Malta, mentre la nave affondava”.
Dopo tre giorni in un centro di detenzione in Libia a Zuwara, il 10 ottobre i profughi siriani vengono imbarcati su un peschereccio verso l’Italia.
Secondo le testimonianze dei superstiti, vengono inseguiti per tutta la notte da una motovedetta militare libica che bersaglia il barcone con raffiche di mitra ferendo diversi passeggeri e forando lo scafo.
Alle luci dell’alba si rendono conto che imbarcano acqua. Secondo i testimoni, le prime chiamate ai soccorsi partono alle 11, ma le prime registrazioni dove si può ascoltare nitidamente la richiesta di soccorso del dottor Jammo alla sala operativa della Guardia Costiera italiana risalgono alle ore 12.26. Alle 12.39 i militari italiani sono al corrente dello stato di pericolo dell’imbarcazione: alla deriva con diversi feriti e destinata ad affondare nel punto in cui si trova, cioè a un’ora e mezza di navigazione da Lampedusa, a tre ore da Malta.
Ma i militari italiani sanno qualcosa che a bordo del peschereccio nessuno immagina: a poco più di mezz’ora di navigazione dalla loro posizione c’è una Nave della Marina Militare Italiana, la “Libra”, il cui equipaggio ha già  salvato migliaia di vite durante l’operazione Mare Nostrum nel Mediterraneo.
Ma la Libra non si muoverà , non ancora. Chi si trova nelle posizioni di comando decide di rimbalzare a Malta la responsabilità  dei soccorsi: “You have to call Malta” (Deve chiamare Malta), si sente dire il dottor Jammo. Ma c’è di più. Pur di lasciare ai maltesi le operazioni di soccorso, gli italiani avrebbero esplicitamente chiesto al comandante della Nave Libra, Catia Pellegrino, di allontanarsi per “non farsi trovare tra i coglioni” all’arrivo dei maltesi “che sennò prendono e tornano indietro”, come si legge nella trascrizione dei messaggi tra Roma e la nave della Marina italiana.
profughi chiamano Malta che manda due motovedette e un aereo in ricognizione. Ma l’aereo segnala anche la presenza della Nave Libra, con la quale, assicurano i maltesi, il velivolo tenta di mettersi immediatamente in contatto attraverso il canale di emergenza, come prevede il protocollo.
Sulla Libra, però, non risponde nessuno. Solo quando la nave si ribalterà  completamente, alle 17.10, gli italiani accetteranno di inviare la propria nave militare, che arriverà  comunque dopo i maltesi.
Se l’avessero mandata alla prima richiesta di soccorso, sarebbe stata sul posto poco dopo le 15, due ore prima della tragedia. “A riva i i superstiti domandavano perchè li avevano lasciati morire. Non riuscivano a farsi una ragione delle oltre cinque ore di rimpallo tra Italia e Malta”, racconta sempre l’avvocato Bellerini.
Per questo il gip del Tribunale di Agrigento, nel respingere la prima richiesta di archiviazione, ha ritenuto di “escludere radicalmente” l’ipotesi che “le condotte che hanno causato la morte di circa 300 persone di cui 60 bambini” siano state commesse “da operatori maltesi”.
La tesi dell’accusa è che se gli italiani si fossero mobilitati subito o avessero immediatamente passato l’allarme ai colleghi alla Valletta, la strage non ci sarebbe stata. Oggi gli indagati rischiano una condanna per concorso formale e continuato in omicidio ai sensi degli articoli 110, 81 e 575 del codice penale.

(da “La Repubblica”)

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VITTIMA SI VENDICA DOPO ANNI E ACCOLTELLA IL PEDOFILO CHE AVEVA ABUSATO DI LUI QUANDO ERA MINORENNE

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

SAN VITO AL TAGLIAMENTO: IL GIOVANE 23ENNE SUBITO DOPO SI COSTITUISCE

La vittima di alcuni episodi di pedofilia, subiti quando era ancora minorenne, ha accoltellato, la notte scorsa, il presunto molestatore: l’episodio è avvenuto poco dopo mezzanotte, a San Vito al Tagliamento (Pordenone).
Il ferito, che ha 48 anni, è ricoverato in ospedale a San Vito al Tagliamento in prognosi riservata. L’aggressore, che ha 23 anni, è stato immediatamente fermato dai Carabinieri della Compagnia di Pordenone, ai quali si è costituito un’ora dopo l’accoltellamento.
Sulle identità  delle persone coinvolte gli investigatori mantengono un riserbo totale proprio perchè collegate a una precedente indagine per pedofilia che aveva portato alla misura degli arresti domiciliari per l’aggredito e in cui era coinvolto, come vittima, il suo aggressore odierno.
L’accoltellamento è avvenuto nella casa dell’uomo: il ferito, poco prima di perdere conoscenza, è riuscito a indicare, al personale di soccorso e ai Carabinieri, l’identità  del suo aggressore, che già  conosceva.
Per questo motivo, prima ancora che si costituisse, i Carabinieri avevano concentrato le ricerche nella casa del giovane e nelle sue vicinanze.
Il giovane si è costituito in caserma poco più tardi, assumendosi la responsabilità  dell’accaduto. Il paziente è stato ricoverato d’urgenza nel reparto Terapia intensiva dell’ospedale di San Vito al Tagliamento: le condizioni critiche impediscono per il momento il trasferimento in una struttura maggiormente attrezzata.

(da “Il Corriere della Sera”)

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PARIGI RICORDA LA STRAGE DEL BATACLAN, BRIGITTE SI COMMUOVE

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

DUE ANNI FA LA STRAGE CHE PROVOCO’ 130 MORTI… UN PENSIERO A VALERIA SORESIN, LA GIOVANE VITTIMA ITALIANA

Sono iniziate, in Francia, le cerimonie di commemorazione degli attentati del 13 novembre di due anni fa. Il presidente francese, Emmanuel Macron ha deposto, assieme al sindaco di Saint-Denis, Laurent Russier – una corona di fiori in memoria di Manuel Dias, ucciso il 13 novembre davanti allo Stade de France.
Presenti alle cerimonie, tra gli altri, Franà§ois Hollande, ex presidente della Repubblica e il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo. Gli attentati, che seminarono il terrore nelle strade di Parigi fecero 130 morti e oltre 350 feriti.
Il primo attacco sferrato dai miliziani dello Stato Islamico fu condotto vicino allo Stade De France, dove tre terroristi si fecero esplodere.
Poi l’attacco si concentrò sui locali del 10mo e 11mo arrondissement, presi di mira a raffiche di armi da fuoco. Infine l’assalto al Bataclan, la sala per concerti dove oltre 1500 persone erano riunite per seguire un’esibizione degli Eagles of Death Metal, il più lungo e con maggiori vittime.
Come nel 2016, davanti a ogni luogo in cui è prevista una cerimonia, si procederà  alla lettura dei nomi delle vittime e alla deposizione di una corona di fiori, seguita da un minuto di silenzio.
Un pensiero anche alla vittima italiana. «A due anni dalla strage del Bataclan a Parigi un pensiero alla mamma e al papà  di Valeria Solesin e ai famigliari delle 130 vittime degli attentati del 13 novembre 2015». Lo scrive su Twitter la Presidente della Camera Laura Boldrini.

(da agenzie)

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DATE UNO ZANICHELLI A DI MAIO, NON CONOSCE PROPRIO L’ITALIANO: L’ENNESIMA GAFFE DA FAZIO

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

VA NEGLI USA “PER INCONTRARE I SUOI ALTER EGO”, VOLEVA DIRE OMOLOGHI E FINISCE PER DIRE UNA CASTRONERIA

Luigi Di Maio ha condotto una lunga intervista a “Che tempo che fa” in cui ha dialogato con il conduttore Fabio Fazio su numerosi temi d’attualità .
Il candidato premier del M5S ha spiegato ancora una volta i motivi che l’hanno portato a rinunciare al confronto TV con Matteo Renzi, da lui proposto su Twitter, ed evidenziato la disponibilità  del M5S a votare la normativa sul biotestamento ferma al Senato della Repubblica.
Di Maio è stato intervistato da Fabio Fazio prima di un nuovo viaggio all’estero: nei prossimi giorni il vicepresidente della Camera si recherà  negli Stati Uniti dove incontrerà  alti funzionari al Dipartimento di Stato così come eletti al Congresso americano.
In merito alle sue relazioni diplomatiche Luigi Di Maio ha commesso un’ennesima gaffe, parlando di «alter ego» con cui si incontra a “Che tempo che fa“.
Come si vede nel video isolato su Twitter da Nonleggerlo il candidato premier del M5S parla di incontri con esponenti delle ambasciate e suoi «alter ego».
Probabilmente il vicepresidente della Camera intendeva omologhi, ovvero persone che svolgono la stessa funzione, politica, in qualità  di leader dei 5 Stelle, oppure istituzionale, parlamentari con compiti di responsabilità  nelle assemblee elettive dei loro Stati.
Alter ego in realtà  significa tutt’altro, e rende insensata la frase di Di Maio: incontrare i propri alter ego significa incontrare coloro i quali sostituirebbero Di Maio nelle sue funzioni.
Come riporta la voce della Treccani, «alter ego locuz. lat. (propr. «un altro me stesso»), usata in ital. come s. m. invar. — 1. Sostituto o in genere persona che fa le veci di un’altra e ha facoltà  di decidere in suo nome: Efestione era l’alter ego di Alessandro; il direttore è partito e ha lasciato qui il suo alter ego. 2. Titolo ufficiale del luogotenente del re nel Regno delle Due Sicilie».
Un alter ego di Di Maio non è certo un leader di un partito estero.
L’errore diventa ancora più comico se si pensa che alter ego, nella cultura di massa, è un termine utilizzato per indicare l’identità  segreta di un un super eroe, come Peter Parker per l’Uomo Ragno oppure Bruce Wayne per Batman.
L’ennesima brutta figura di un fuoricorso che volle farsi premier.

(da agenzie)

argomento: Grillo | Commenta »

BERLUSCONI BOCCIA LA CORSA DI PIROZZI: LAZIO COMPLESSO, SERVE UN ALTO PROFILO

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

PER SALVINI “LA PARTITA E’ ANCORA APERTA”, MA IL CAVALIERE L’HA GIA’ CHIUSA… I PROFILI SARANNO VALUTATI DALLA COMMISSIONE MATTEOLI

Si va dal sostegno pieno al passo in avanti di Sergio Pirozzi – autolanciatosi per la Regione Lazio con una lista civica- da parte dei «sovranisti» Gianni Alemanno e Francesco Storace, al «la partita è ancora aperta» che filtra dall’entourage di Matteo Salvini nel ribadire un’opera di ricucitura in corso per evitare che il centrodestra, presentandosi disunito, offra sponde facili ai candidati di Pd e M5S.
Perchè, nonostante una mai celata simpatia di fondo, quella di Silvio Berlusconi sul sindaco di Amatrice sembra proprio una bocciatura: «Non ho mai incontrato Pirozzi, non conosco i suoi programmi e non mi sento di esprimere una valutazione su di lui – ha detto il Cavaliere a Qn -. Governare una regione come il Lazio è un impegno molto complesso: credo che le forze politiche del centrodestra dovranno ragionare insieme su una figura di alto profilo».
Quindi andare oltre alla discesa in campo del sindaco di Amatrice con la sua «lista dello scarpone»: il personaggio piaceva, ma tempi e modi dell’autocandidatura non sono piaciuti per niente.
Da qui l’identikit: un profilo di spessore, «non necessariamente proveniente dal mondo politico», come spiega il capogruppo di FI al Senato, Paolo Romani, ma in grado di competere contro l’attuale presidente dem Nicola Zingaretti, contro la grillina di ferro molto legata al territorio come Roberta Lombardi e, a questo punto, anche contro lo stesso Pirozzi, radici in FdI, il partito di Giorgia Meloni, però in corsa da candidato civico senza l’appoggio del centrodestra unito.
E, soprattutto, una figura che sia in grado di fare da contraltare all’amministrazione 5 Stelle di Roma Capitale, questo forse il senso dell’aggettivo «complesso» usato da Berlusconi per descrivere l’obbligo di non sbagliare una scelta delicatissima, determinante per arginare la crescita del Movimento.
In questo senso il ballottaggio di Ostia può essere la chiave, una verifica sulla tenuta della coalizione: se Monica Picca, candidata FdI sostenuta anche da FI e Lega, riuscirà  a battere la grillina Giuliana Di Pillo, l’indicazione sarà  chiara anche per il Lazio.
Fatto sta che i profili del centrodestra per le regionali del Lazio, così come quelli per le altre regioni al voto (anche Lombardia, Molise, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e, nell’autunno del 2018, Trentino Alto Adige e Basilicata) sono ancora sotto esame da parte della coalizione che «alle prossime elezioni sarà  unita, avremo un programma unitario e dei leader riconosciuti», dice il capogruppo FI alla Camera, Renato Brunetta, dopo aver bocciato Pirozzi: «Ce ne sono altre cinquanta di candidature di qualità , deve decidere il centrodestra unito».
Tutte le ipotesi per le regionali (Friuli, Lombardia, Lazio e Molise) saranno valutate nella commissione la cui regia sarà  affidata al forzista Altero Matteoli che dovrà  trovare la sintesi.

(da “il Corriere della Sera”)

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VIA AL RISIKO DEI CENTRISTI: PER L’INTESA CON FORZA ITALIA SPUNTANO I COSSIGHIANI

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

DA CASINI A QUAGLIARIELLO, TUTTE LE MOSSE IN VISTA DEL VOTO

«Questo centrodestra è in evoluzione. E non ci saranno soltanto i democristiani che porteranno lo scudo crociato. Sta per nascere anche una forza federata d’ispirazione cossighiana…».
Nella geopolitica dei centristi che stanno per posizionarsi ai blocchi di partenza delle prossime elezioni non ci sono soltanto i soliti noti.
A fari spenti, mentre l’attenzione dei più si concentra sulla diaspora tra ex diccì, l’ex ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello confida agli amici l’orizzonte del nuovo progetto che sta per prendere forma. «D’ispirazione cossighiana», quindi ancorato alle radici cristiane ma anche laico, di governo ma anche di battaglia, riformista ma a suo modo anche rivoluzionario, com’era appunto il «picconatore» Cossiga. I «picconatori» saranno la quinta gamba del centrodestra. Centristi, sì. Ma non troppo.
Il progetto
Ufficialmente i protagonisti di questa avventura sono ancora alla tattica. Dietro le quinte, però, la loro strategia sarebbe già  stata messa a punto. Tanto che avrebbero addirittura trovato un nome per la loro lista, al momento top secret.
Del progetto, oltre al Movimento Idea di Quagliariello, potrebbero far parte Enrico Zanetti (Scelta civica), forse Raffaele Fitto, senz’altro l’ex ministro Enrico Costa più una serie di movimenti e figure civiche che vanno dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza al neogovernatore siciliano Nello Musumeci, passando per liste locali che stanno tanto al Nord («Progetto Friuli-Venezia Giulia» di Sergio Bini e «Verona domani») quanto al Sud (Idea Sicilia di Roberto Lagalla e Saverio Romano). Alla pattuglia, ma questo è un discorso ancora prematuro, potrebbe agganciarsi anche il «Rinascimento» di Giulio Tremonti, Vittorio Sgarbi e Paolo Naccarato, che comunque non disdegna l’ipotesi di correre da solo.
Dopo il voto in Sicilia
Che sia colpa degli oscuri presagi post elezioni siciliane, o che sia l’effetto collaterale di sondaggi non proprio lusinghieri, resta il fatto che – a differenza del recente passato – i centristi sembrano in fuga dalla galassia guidata dal Pd.
A presidiare quel pezzetto di territorio rimane per ora soltanto Pier Ferdinando Casini, accompagnato dal ministro Gian Luca Galletti.
In scia potrebbe esserci Angelino Alfano, che pospone l’ipotesi di correre da solo a quella di dialogare col Nazareno. Al contrario del suo compagno di partito Maurizio Lupi, che in alternativa alla costruzione di un «nuovo polo centrista» valuterebbe soltanto il ritorno nel centrodestra.
Il tutto mentre, alla sinistra del Pd, ci sono pezzi da Novanta della Balena Bianca (Ciriaco De Mita) che sperano nella nascita di un centrosinistra de-renzizzato.
Fuori da tutti i poli, al momento, c’è soltanto Stefano Parisi, che ha posizionato la sua Energie per l’Italia lontano da tutto e tutti. Nell’ombra, sullo sfondo, c’è Denis Verdini.
Tre settimane fa Berlusconi avrebbe mandato in avanscoperta alcuni dei suoi, compreso Fedele Confalonieri, per provare a riportare il leader di Ala nei confini del centrodestra. L’obiettivo era quello di affidargli il compito delicato di coordinare le liste e candidature, dentro ma soprattutto fuori da FI.
Ma l’accordo, al momento, non si è trovato. E il senatore toscano, a meno di colpi di scena, potrebbe rimanere nei paraggi di Renzi. A lavorare alla gamba centrista del Pd, magari, insieme a Casini.

(da “il Corriere della Sera”)

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IL GRANDE RITORNO DI BERLUSCONI: PER ALCUNI E’ UN ARGINE AL POPULISMO. PER ALTRI E’ L’UOMO SU CUI COSTRUIRE LE LARGHE INTESE

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

I SONDAGGI DICONO CHE LA FIDUCIA NEI SUOI CONFRONTI CONTINUA A CRESCERE

C’è chi lo vede come un argine al populismo (WTF?). C’è chi lo percepisce come un potenziale alleato per un governo di larghe intese (qualcuno ricorda che fine ha fatto l’appoggio a Letta?).
C’è chi invece pensa che possa costituire un patentino di presentabilità  per un futuro governo di centrodestra.
Lui, l’Incandidabile, se la ride della sua rinnovata e paradossale centralità  nella politica italiana e si prepara a una campagna elettorale che dovrà  essere più miracolosa di quella del 2013, quando, mentre veniva dato per morto da tutti, è riuscito a trascinare il suo partito al 22% perdendo milioni di voti ma conquistandone abbastanza per risultare di nuovo decisivo.
Silvio Berlusconi è l’impresentabile per eccellenza e proprio per questo non può sfigurare all’interno di una coalizione di centrodestra che rischierebbe di essere percepita come troppo estremista se a guida di Giorgia Meloni o di Matteo Salvini.
La fiducia nei suoi confronti da parte dell’intero elettorato è in picchiata dal maggio 2008 e dalle ultime elezioni politiche che ha potuto dire di aver vinto (anzi, stravinto) ma è anche in crescita rispetto al 2013, quando l’appoggio nei confronti dell’esecutivo del centrosinistra guidato da Enrico Letta lo aveva portato a un calo repentino di popolarità .
Adesso negli elettori di centrodestra la sua fiducia è al 66%, addirittura in crescita rispetto a un anno fa, mentre quelli che si definiscono di destra non lo apprezzano in misura così alta perchè lo vedono come un freno politico ai “mezzi pesanti” che elettoralmente invoca Salvini.
Eppure il giochino è uguale a quello del 1992: anche all’epoca il Polo delle Libertà  e quello del Buongoverno servivano a sdoganare due partiti che raccoglievano consensi ma erano invisi a gran parte della popolazione.
La sua faccia era lì a garantire che Fini non fosse così fascista e Bossi non fosse così secessionista.
Allo stesso modo oggi la sua faccia è lì a spiegare che “Salvini ha cambiato idea sull’euro” mentre in Sicilia la Meloni incassa la vittoria di Musumeci e proprio per questo stoppa un candidato come Sergio Pirozzi in Regione Lazio perchè prima viene la coalizione e poi, semmai, i candidati.
Così, spiega oggi Ilvo Diamanti su Repubblica, Berlusconi diventa l’alleato necessario, seppure non gradito, per fare le riforme. Istituzionali, ma, ancor prima, economiche, necessarie al Paese per “rimanere in Europa”. L’unico in grado di “coalizzare” — quantomeno, “aggregare” — il centrodestra. O, se si preferisce, le destre di diverso orientamento. Per cercare l’intesa con il centrosinistra e, anzitutto, con il PdR.
Lui, a dispetto dei problemi di salute (brillantemente superati) e delle nuove inchieste che però sembrano appena sfiorarlo, torna a inviare lunghe lettere ai giornali, a parlare con il Corriere della Sera, a scrivere su Twitter (?) affilando le lame con il suo argomento più forte nei confronti del primo nemico che ha individuato per le prossime politiche, ovvero il MoVimento 5 Stelle, con l’argomento più tagliente che possa usare.
È “l’esperienza, la concretezza, la positività ” che lo distinguono dai “nuovi comunisti”, mentre “la sinistra non ha più risposte da offrire ai drammatici problemi della società  e il Partito Democratico ha rappresentato in questi anni il potere, sempre più lontano e distaccato dagli italiani”.
Ancora Ilvo Diamanti spiega oggi che “Berlusconi si è imposto come tessitore politico proprio mentre lui, “personalmente”, ma soprattutto il suo partito “personale” appaiono deboli.
Comunque e sicuramente: “più” deboli che in passato. Tuttavia, la coincidenza fra i due dati non appare “casuale”. Anzi, in qualche misura è “causale”. Berlusconi, in altri termini, diventa un alleato possibile anche per gli altri, gli avversari politici, perchè è più debole che in passato. Personalmente e politicamente”.
Già , perchè i conti di chi già  ha cominciato a lavorare sugli scenari alternativi sono presto fatti: il centrodestra vincerà  le elezioni ma non avrà  abbastanza voti per governare, la situazione di stallo lascerà  il governo in carica per qualche tempo finchè non sarà  ancora lui ad assumersi la responsabilità  di chiedere un nuovo patto per le larghe intese al partito di Renzi.
Si trascinerà  dietro i candidati nei collegi che vorranno contare qualcosa a livello di governo e che potranno dire di essere stati eletti per il loro nome e non certo per l’appoggio degli altri partiti della coalizione e formerà  un nuovo governo di cui sarà  l’azionista di maggioranza e il dominus elettorale, tornando così alla guida senza doversi sforzare in prima persona.
Questo è lo scenario che molti temono e alcuni auspicano, anche perchè gli altri leader del centrodestra sono abbastanza giovani da poter passare un’altra legislatura all’opposizione e il PD potrebbe vantare così il merito di essere restato al governo e in maggioranza per due legislature, mentre il MoVimento 5 Stelle a quel punto dovrà  affrontare il problema dei suoi leader che hanno consumato il bonus delle due legislature e dovrebbero in teoria lasciare la politica a nuovi candidati che torneranno a costituire un’incognita per gli elettori.
Gli scenari alternativi sono questi. Quello che potrebbe sbaragliare il campo è una grande affermazione di Forza Italia in nome del voto utile, che potrebbe dare la vittoria a un centrodestra con la sua leadership rinforzata, oppure una crescita elettorale imponente nei mesi di campagna elettorale di sinistra o M5S.
Entrambe le ipotesi non sembrano all’orizzonte a meno di cambiamenti epocali.
E così Silvio tornerà  al potere come il grande mediatore, proprio lui che era stato un estremista di prima categoria all’opposizione e a volte anche al governo, causando rotture con alleati che l’hanno portato alla rovina.
L’eterno ritorno di Silvio Berlusconi.

(da “NextQuotidiano”)

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LA SINISTRA VA ALLA SPARTIZIONE DELLE CANDIDATURE

Novembre 13th, 2017 Riccardo Fucile

40% A MDP, 40% A SINISTRA ITALIANA, 20% A POSSIBILE

Un articolo sul Fatto Quotidiano firmato da Luciano Cerasa racconta oggi che in vista dell’assemblea del 2 dicembre Sinistra Italiana, MDP e Possibile si sono accordati sul metodo di composizione delle liste per quote.
Per questo sarebbero in rivolta Tomaso Montanari e Anna Falcone:
MDP annuncerà  a breve un regolamento dell’assemblea costitutiva fissata per il due dicembre, che dovrebbe tracciare anche l’itinerario per la spartizione delle poltrone.
Ma le indicazioni che stanno arrivando ai territori da Roma sono ben distanti dall’idea di un’area civica che tenga dentro i partiti e che cerchi di recuperare anche gli astenuti, sul modello spagnolo. A decidere i nomi dei candidati a quanto pare saranno le assemblee provinciali.
Di fatto la partecipazione è libera e aperta a tutti gli elettori, ma gli incontri saranno organizzati e diretti dai partiti. Più o meno l’idea di Bersani, Fratoianni e Civati è questa: convocazione, palco presidiato, dibattito e poi la presidenza propone una lista di nomi, bloccata e sostanzialmente pro-quota.
Grosso modo 40% a Mdp, 40 a Sinistra italiana e 20 a Possibile. E la partecipazione dal basso che non dà  più il controllo alle segreterie va a farsi benedire.
Con i Rosatellum finirebbe allo stesso modo nella scelta dei parlamentari dei vari schieramenti: nominati saranno di qua e nominati saranno di là 
Nell’area civica riunitasi al Brancaccio serpeggia un fortissimo malumore e si ragiona se starci o mollare la spugna.
Il mondo più “radical” vorrebbe sentirsi dire che ci sarà  un rinnovamento vero delle liste. Se si cambia rotta i capitani non possono essere sempre gli stessi, si ragiona, il popolo del referendum era molto più ampio e non lo richiami alle urne con un’assemblea di partitini. Anche l’indicazione di Pietro Grasso a guida politica in pectore non è giudicata la scelta migliore.
Prima di tutto nel metodo: l’assemblea incoronerà  un leader, non lo sceglierà  tra una rosa di candidature. E poi, si recrimina, se l’idea è di confrontarsi solo con il Pd si può capire, ma se si vuole competere con i Cinque Stelle è evidente che Grasso è un pezzo del sistema, una candidatura fatta per prendere i voti dei sessantenni scontenti di Renzi, non per mobilitare il popolo del No al referendum composto in gran parte da giovani. Proprio un altro progetto, che potrebbe seminare scontenti e indifferenti.

(da “NextQuotidiano”)

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