Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
DI MAIO UMORISTICO: “DOPO LA SUA SCELTA NON POTRA’ ENTRARE NEL MIO GOVERNO” (MA QUALE?)
«Di Battista? Lui può fare quello che vuole, che più gli va». Così sta rispondendo Beppe Grillo a chi gli domanda delle sorti del figliolo più amato dalla gente grillina, sicuro che sarà ancor più prodigo al suo ritorno.
Cosa farà Dibba – nomignolo brand con cui tutti ormai lo conoscono – è una questione che si stanno ponendo in tanti tra i 5 Stelle, perchè sembra quasi impensabile non vederlo in azione tra piazza, Parlamento e tv.
Lui, con il volto di chi si sente più leggero, dopo aver annunciato che non si ricandiderà , scaccia con un sorriso le voci di chi dice che è già pronto a prendere il posto di Luigi Di Maio come candidato premier se a queste elezioni il M5S non dovesse incassare il tagliando vincente per Palazzo Chigi.
Ma non è l’unica ipotesi che nella sartoria dei destini pentastellati stanno cucendo addosso a Di Battista.
Un’altra, che proviene dai vertici e passa dal Campidoglio, condivisa dalla candidata alla Regione Lazio e sua amica Roberta Lombardi, immagina il deputato-star al posto di Virginia Raggi nel caso in cui la sua vicenda giudiziaria dovesse mettersi male.
La sindaca andrà in udienza il 9 gennaio, dopo qualche settimana potrebbe esserci il rinvio a giudizio.
E se a questo seguirà una condanna, la dimissioni diventeranno d’obbligo per i 5 Stelle.
A quel punto potrebbe rientrare in scena Di Battista, per tentare di riprendersi la Capitale e proseguire il lavoro appena iniziato dai grillini.
«Chiunque sarebbe felice di averlo al proprio fianco» ci conferma non a caso Marcello De Vito, presidente dell’assemblea in Campidoglio, considerato uomo di fiducia di Lombardi e da sempre antagonista di Raggi. Perchè, comunque vadano le cose, anche solo come supporto mediatico, se il Raggigate dovesse precipitare, Dibba scenderà a fianco di chi avrà bisogno del suo carisma.
In un eventuale governo Di Maio, invece, Di Battista non ci sarà .
Sarebbe stata una delle prime scelte del candidato premier, agli Esteri o alla Difesa, ma la sua decisione di andare per il mondo ha cambiato le cose.
Lo ammette lo stesso Di Maio mentre aspetta di entrare per presiedere l’aula di Montecitorio: «Ha detto lui che dopo l’estate partirà …». Fino ad allora, aggiunge, «Alessandro sarà comunque al mio fianco in campagna elettorale. Non mi sentirò orfano, insomma».
È vero, Di Battista nell’annunciare l’addio (o l’arrivederci) alla Camera, ha promesso che continuerà il suo viaggio elettorale per l’Italia. Comincerà subito, con il «Question time on the road», prime tappe in Liguria, per raccontare il programma del M5S e chiedere una mano ai sostenitori perchè, spiega, «ce la possiamo fare ad andare al governo se venite con noi».
Poi c’è il nuovo libro, che uscirà domani per Rizzoli. Meglio liberi. Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare, un titolo che è la sua dichiarazione d’intenti: «Sì, è così. Ora mi sento libero di fare quello che più mi piace. La politica si può fare anche fuori dal palazzo senza per forza essere imbullonati alle poltrone».
Di certo farà quello che sa fare meglio. Perchè del palazzo Dibba non ama ritmi e rituali: «Si sveglia troppo tardi» ricordano un po’ scherzando un po’ no nello staff della Camera, e non ha mai avuto tutta questa passione per la parte legislativa del lavoro da deputato. Ma la perdita in Parlamento si sentirà , assicura Angelo Tofalo e lo spiega con un esempio: «Quando mi sono alzato in aula per intervenire sulla morte di Giulio Regeni, nessuno mi ha calcolato. Ha parlato Di Battista e hanno battuto dieci agenzie su di noi».
«Dibba è Dibba», dice Ivan Della Valle, altro deputato che non si ricandiderà , ma nel suo caso per aver già consumato i due mandati a disposizione: «Alessandro sarà come Beppe Grillo. Anche lui non è in Parlamento, ma ogni sua parola viene ascoltata, eccome».
(da “La Stampa”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
C’E’ CHI LASCIA PER SCELTA, CHI PER CORRERE IN REGIONE O PERCHE’ SOSPESO O AL TERZO MANDATO
Gli altri Di battista dei Cinque Stelle, quelli che conosci, quelli che non ti aspetti.
Saranno almeno 17 (su 123) i parlamentari del Movimento che per una ragiona o per un’altra non vedremo più tra gli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama.
C’è chi ha deciso di correre alle Regionali come Roberta Lombardi nel Lazio o Dino Alberti e Massimo De Rosa in Lombardia.
Per Nicola Bianchi, Ivan Della Valle, Luigi Gaetti ed Enrico Cappelletti scatta invece il tetto pentastellato dei due mandati.
Ci sono i sospesi dal Movimento per il caso firme false a Palermo: a Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, gira voce tra i Cinque Stelle, non verrà data la possibilità di ricandidarsi.
La mamma
Poi spiccano altri no mi, meno noti che rinunciano al seggio per scelta. Silvia Giordano, Vega Colonnese e Vincenzo Caso hanno deciso di non esserci.
Probabilmente non ci sarà il secondo mandato anche per Matteo Mantero (marito di Giordano), Andrea Colletti e Rosa Enza Blundo.
«Non mi ricandido perchè ho scelto di fare la mamma – dice Colonnese all’Adnkronos – anche nei lavori più privilegiati la maternità rischia di essere un ostacolo. Ho due bambini di 6 anni e 10 mesi, fare un secondo mandato vorrebbe dire perdere i loro anni più belli. Se fosse un lavoro definitivo sarebbe diverso, ma tenermi impegnata altri 5 anni facendo spola tra Napoli e Roma non è quel che sogno per loro».
(da “La Stampa”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
UNA CENTRALE DELLA DISINFORMAZIONE, DECINE DI SITI GESTITI DALLA WEB365, UNA SOCIETA’ A CONDUZIONE FAMILIARE… L’INCHIESTA DI BUZZFEEED: BALLE RAZZISTE, TITOLI SENSAZIONALISTICI, CONTENUTI MANIPOLATI PER ACCHIAPPARE CLIC
C’E’ un network italiano che lega siti di politica, news, Chiesa, proclami nazionalistici e disinformazione.
Lo rivela un’inchiesta di BuzzFeed che ha scandagliato decine di siti e pagine social scoprendo che sono tutti di proprietà della stessa azienda, la Web365. Un’azienda a conduzione familiare composta da sei persone più un team di giornalisti, a detta del proprietario Giancarlo Colono.
Non è certo una novità che esistano network di questo genere, già lo scorso anno i proprietari di LiberoGiornale erano dovuti uscire allo scoperto dopo che la bufala su l’allora neo-premier Gentiloni si era diffusa oltremodo.
Il meccanismo è semplice: un solo proprietario dietro decine di siti, un unico account pubblicitario, tanto clickbait e il guadagno è assicurato.
La pagina Facebook del principale sito del network della Web365 – Direttanews.it – conta circa 3 milioni di like, e secondo il software di analisi CrowdTangle ha ottenuto più di 5 milioni di condivisioni ai suoi articoli nell’ultimo anno.
Non male per un network a conduzione familiare, considerando che DirettaNews24 è solo uno dei 175 siti controllati dalla Web365 di Colono, che spaziano dallo sport al gossip, dalla salute agli animali domestici, dall’attualità alle quote delle scommesse.
Inoltre il fratello di Giancarlo, Davide Colono, risulta dipendente di un’altra azienda – secondo BuzzFeed appartenente alla stessa famiglia – che conta altri 60 siti internet, la NextMediaWeb.
Un unico filo conduttore li lega, il titolo sensazionalistico sul sito e i titoli clickbait sui social network. Cercare di portare più persone possibili sui propri domini facendole credere in cure miracolose con titoli come “Incredibile, 10 minuti e il tumore sparisce”, articoli che fanno leva sul sentimento anti-immigrati vengono pubblicati con titoli come “Germania, la Merkel parla e gli immigrati hanno in mano la città “, “Birmingham, la città più islamizzata si prepara per il Natale”.
Ma non sono solo bufale, la strategia è molto più complessa.
Dopo la stretta di Facebook contro le fake news, i siti del network si sono adeguati. Niente più notizie sensazionalmente inventate, ma notizie vere, copiate in toto dai quotidiani nazionali, che vengono anche citati, e rese più attraenti – o indignanti – come ad esempio questa: “Pensioni, la Cgil boccia anche l’ultima proposta del governo: Mobilitazione il 2 dicembre”, ripresa completamente dal sito di Repubblica, alla quale viene aggiunto un piccolo trafiletto introduttivo: “Camusso sfancula gentiloni sulle pensioni”, con linguaggio scurrile e il nome del premier scritto in minuscolo.
La notizia a questo punto è pronta per essere rilanciata sui social con un titolo sensazionalistico (il vernacolare trafiletto introduttivo di cui sopra) e viene postata da una delle pagine del network dal nome “Quello che i Tg non dicono” (forse non lo diranno i Tg, ma la notizia è interamente presa, ancora una volta, da Repubblica).
La notizia ovviamente scatena commenti indignatissimi: “TROIA ….. ma non nel senso della città greca …… come tutti i suoi compari traditori”, scrive un utente. Così parlano alla pancia del Paese.
Ma la vera passione della famiglia Colona è la fede religiosa. La Luce di Maria, la cui pagina Facebook conta 1 milione e mezzo di follower, è stata spesso rilanciata anche dagli altri siti del network. Miracoli, apparizioni, testimonianze. I profili social privati dei membri della famiglia Colono sono quasi monotematici: video su YouTube, post su Facebook e tweet, tutto sulle miracolose apparizioni.
Non mancano poi gli entusiasmi nazionalistici. Una delle pagine del network più frequentate, iNews24, ha un gruppo collegato dal nome “Prima gli italiani – inews24.it”. La pagina di Direttanews.it un anno fa condivideva gli spot referendari di Matteo Salvini. Non mancano le proteste contro i diritti LGBT e contro le leggi anti-discriminazione.
Oggi di quello che è stato rivelato dall’inchiesta di BuzzFeed resta molto poco. Le pagine e i gruppi Facebook sono stati chiusi o oscurati dal social. Ma probabilmente stanno aspettando di non essere più sotto la luce dei riflettori. I siti invece sono ancora online, pronti per essere visitati.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
RENZO BOSSI E’ RIAPPARSO A MONTECITORIO DOPO UN LUNGO PERIODO DI BLACK OUT MEDIATICO
Sono passati parecchi anni dai tempi in cui Renzo Bossi accompagnava il padre a Roma,
al ministero della Riforme di Largo Chigi e nei lunghi vertici con Berlusconi a palazzo Grazioli.
Ieri Renzo, noto alle cronache come il Trota, è riapparso a Montecitorio dopo un lungo periodo di black out mediatico seguito agli scandali (e al processo) per l’utilizzo dei soldi della Lega e all’addio al Pirellone, dove è stato per due anni consigliere regionale.
Il Trota è tornato alla Camera per accompagnare il vecchio Senatur, dopo che i vertici della Lega gli hanno tolto i due assistenti che da tempo lo accompagnavano a Roma, per aiutarlo a muoversi viste le difficoltà seguite al malore del 2004.
«Ci arrangiamo…», sorride Bossi, commentando la presenza del figlio, che dal 2012 si è ritirato con il fratello Roberto in una cascina sul lago Maggiore, dove produce latticini e salumi dall’allevamento di pecore e maiali.
«Quando c’è bisogno siamo qua, ci mancherebbe che il papà riuscisse a venire a fare il suo lavoro in Parlamento. Lo aiuto io», spiega Renzo, impeccabile nel suo completo grigio.
«Da qui a fine legislatura lo accompagno io a Roma, poi vedremo, Roberto si prende una parte di lavoro in più alla fattoria».
«Ovviamente sono qui a titolo gratuito», precisa. Nessuna polemica da parte del Trota contro la nuova guardia leghista che ha tolto il sostegno all’anziano ex Capo, che è tra i recordman di presenze a Montecitorio nonostante le condizioni fisiche.
Si coglie però il gelo tra i leghisti, verso quello che è diventato una dei simboli della guerra che 5 anni fa divise i bossiani dagli uomini di Maroni (tra cui c’era Salvini) che brandivano le ramazze per fare pulizia nel partito. Lo stesso Senatur, dal palco di Bergamo, fu costretto a chiedere scusa per gli errori del figlio.
Acqua passata. C’è anche tempo per un caffè alla buvette con Pier Luigi Bersani, cui Bossi presenta Renzo: sorrisi, strette di mano e poi via a fumare il solito sigaro in corridoio.
«Qui alla Camera non ero venuto spesso, stavo molto di più al ministero sopra la Galleria Colonna. Ci sono ancora quegli uffici del governo?», domanda ai cronisti.
A guidarlo Nicoletta Maggi, storica portavoce di Bossi. «Gli anni passano, io resto sempre a fianco del Capo».
(da “La Stampa”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SEMPRE PIU’ CERVELLI IN FUGA DAL NOSTRO PAESE… NEL 2016 HANNO LASCIATO L’ITALIA 115.000 ITALIANI E 42.000 STRANIERI
“Aiutiamoli a casa loro” è la retorica ‘umanitaria’ opposta usualmente alla cosiddetta emergenza migranti.
Uno slogan che copre impudicamente la volontà di rimozione collettiva di fenomeni — quelli delle migrazioni economiche e della fuga dalle guerre e dalle calamità — che hanno radici nella politica e nell’economia che hanno permesso e permettono a noi di costruire le nostre piccole roccaforti di benessere e di tentare di continuare a viverci, sebbene con un costante aumento delle diseguaglianze interne.
Ma che è doppiamente falso.
Se, da un lato, ipotizza un po’ di carità pelosa per le vittime, senza purtuttavia nemmeno valutare di aggredire le cause delle loro fughe di massa, dall’altro risponde a un’emergenza fasulla.
È dal 2010 che la nostra dinamica demografica ha iniziato a farsi preoccupante perchè il saldo migratorio positivo non compensa quello naturale negativo.
Le presenze straniere in Italia, che al 1° gennaio 2017 ammontavano a 5.029.000, a stento vanno a compensare la diminuzione dei residenti.
Abbiamo, inoltre, un problema di degiovanimento della popolazione (Rapporti Istat 2016 e 2017).
I residenti di età compresa tra i 18 e i 34 anni sono diminuiti di circa 1,1 milioni e, come la piramide demografica Istat 2016 mostra chiaramente, sono costituiti anche da “stranieri” in età giovane produttiva (che dunque contribuiscono a pagare le pensione di anziani che, nella piramide, appaiono pressochè tutti italiani dopo i 65).
Se, dunque, vogliamo proprio parlare di un’emergenza legata a flussi di mobilità dovremmo forse rivolgerci al tema degli espatri.
Nel 2016, 157.000 persone (42.000 stranieri e 115.000 italiani), perlopiù giovani, in età fertile e produttiva, sono andate via dall’Italia.
Gli italiani che, al 1° gennaio 2016, vivevano all’estero erano 4.811.163, e stanno aumentando ogni anno, ogni anno di più [Migrantes (2016), Rapporto italiani nel mondo]
Perchè emergenza?
In primo luogo perchè una delle caratteristiche che differenzia questa nuova mobilità dalla “vecchia” emigrazione è che non espatriano più masse di uomini semianalfabeti. Nel 2015, quando le opportunità formative sono enormemente aumentate e la disparità di genere si è praticamente azzerata nella mobilità così come nella formazione, mentre in Italia si laureavano circa 300.000 studenti, sono andati via 23.000 laureati: donne e uomini che hanno portato altrove gli investimenti fatti dalle famiglie e dallo Stato per la loro educazione e formazione.
Il rapporto Education at a Glance 2014, stima che, solo per la gestione dei luoghi d’insegnamento e gli stipendi degli insegnanti, chi si istruisce in Italia costi 6.000 dollari l’anno quando frequenta una scuola materna pubblica, 8.000 l’anno alle elementari, 9.000 alle medie e alle superiori e 10.000 all’università .
Per i contribuenti il costo (di base) di produzione di un laureato in Italia sarebbe quindi di circa 180.000 dollari, oltre 150.000 euro.
Confindustria (2017) sarebbe quindi ottimista quando, considerando la spesa media per studente dalla scuola primaria all’università , stima che insieme ai 51mila emigrati under 40 del 2015 siano espatriati “soltanto” 5,6 miliardi.
Ancora secondo Confindustria, e sempre per il solo 2015, ci sarebbero da aggiungere altri 8,4 miliardi circa, calcolati valutando intorno ai 165mila euro la spesa familiare per la crescita e l’educazione di un figlio, dalla nascita fino ai 25 anni. In breve, secondo Confindustria, nel 2015 sarebbe uscito dall’Italia un “capitale umano” valutabile, per il suo solo costo economico, intorno ai 14 miliardi di euro.
Ma c’è un’altra differenza fra la vecchia emigrazione e le nuove mobilità da tenere in conto. In passato, i migranti italiani inviavano una consistente parte del loro guadagno alle famiglie, in Italia.
Queste rimesse — secondo alcuni autori, ad esempio Grubel e Scott (1966) — limitavano e più che compensavano le esternalità negative prodotte dall’emigrazione.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
SEGREGATA PER 10 ANNI, STUPRATA E FERITA DA UNA RISORSA ARIANA, ARRESTATO L’UOMO DI 52 ANNI
Erano costretti a vivere in una baracca fatiscente infestata da ratti e insetti, senza
corrente elettrica. Come letti avevano solo fogli di cartone e come servizi igienici avevano secchi della spazzatura.
Una vita miserabile per una romena di 29 anni e i figli di 9 e 3 anni, completamente in balia di un catanzarese di 52 anni che ieri è stato arrestato dai carabinieri di Lamezia Terme.
L’uomo, finito in manette con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata, è stato fermato all’alba dai carabinieri.
Le condizioni fatiscenti dell’auto sulla quale viaggiava hanno insospettito i militari che hanno deciso di fare un controllo a casa. Qui hanno trovato la famiglia in condizioni pietose e la donna ha rivelato di subire violenze sessuali ripetute.
Viste le condizioni di degrado, donna e bambini sono stati subito trasferiti in una località protetta. Indagando, i carabinieri hanno scoperto che la giovane romena, già badante della precedente compagna dell’arrestato (deceduta), era segregata da circa 10 anni, prima all’interno di diversi appartamenti e poi nella baracca, venendo costretta in schiavitù, subendo reiterate violenze (dalle quali sono nati i due bambini) e inaudite e gravi lesioni (anche alle parti intime e durante i periodi di gravidanza), alcune delle quali suturate con una lenza da pesca direttamente dall’uomo.
Alla donna non è mai stato consentito di avere relazioni sociali e ricevere cure mediche, neppure nei periodi di gravidanza.
Era costretta a non lavarsi da oltre un anno. Molte delle violenze subite dalla donna avvenivano alla presenza dei due minori che erano anche minacciati al fine di farli partecipare alle brutalità .
(da “La Stampa”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“SI FA COSI’ DAL 2005, QUANDO AL GOVERNO C’ERA IL CARROCCIO”
La polemica su Alfano che “è roba da ignoranti leghisti”. E poi l’Italia che “ha fatto la sua parte”, arrivando al punto di contestare quel sistema di voto affidato alla sorte che ci ha beffato: “L’ho fatto io e l’ha fatto l’Olanda, quindi per paradosso la più penalizzata e il più favorito dal sorteggio”.
Parole di Sandro Gozi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega sull’Europa che è stato il coach dell’operazione Ema, il tentativo di aggiudicarsi la sede dell’agenzia europea del farmaco in fuga dalla Brexit coi 900 dipendenti e un valore di 1,7 miliardi di euro per l’economia territoriale.
Tentativo fallito all’ultimo per il sorteggio che doveva sparigliare 13 punti a testa tra Italia e Olanda e infine ha premiato Amsterdam.
Ne è seguita una polemica all’indirizzo di Angelino Alfano, ministro degli Esteri che per Roberto Maroni (e non solo) è risultato il grande assente, mentre i ministri di Paesi Bassi e Danimarca erano a Bruxelles a fare pressing sui paesi per un voto.
Tocca proprio a Gozi dirimere la polemica sulla necessità di “maggiore autorevolezza”. “Dal 2005 in Italia la delega agli Affari generali che è il consesso in cui si è votato spetta alla Presidenza del Consiglio che la esercita tramite il sottosegretario o il ministro delegato che sono poi io dal 2014.
“Quindi anche fosse stato ministro Paolo Gentiloni a Bruxelles sarei andato io. E’ così dal 2005, perfino nei governi dove c’era la Lega. Solo che non se ne erano accorti”.
E il fatto che da quelle parti si vedessero invece i ministri degli Esteri degli altri Paesi? Non hanno un peso maggiore nei negoziati?
“In realtà no. Intanto quello che conta non è che tu negozi e siccome dici che sei il ministro ti ascoltano di più. Quello che conta sono i rapporti consolidati, e lì chi li ha dal 2014 a oggi sono io, non certo Alfano. Chi dà del “tu” a tutti, chi conosce… Ma il punto non è questo: all’Ecofin va Padoan, ai summit degli Interni va Minniti, per gli Affari Generali — cioè le politiche istituzionali orizzontali — ci vado io perchè sono il membro per delega del Consiglio degli Affari Generali. Poi che io oggi abbia una delega identica a quella di un ministro poco interessa in Europa, dove conta altro. Capisco che sia troppo sottile per un leghista”.
Anche la Farnesina rivendica il ruolo di Alfano che c’era, anche se in ruolo defilato e fino all’ultimo.
Tanto che — precisa una nota — anche ieri “il ministro ha trascorso la giornata di ieri, dalle otto del mattino fino a tarda sera, alla Farnesina, per occuparsi costantemente e personalmente della candidatura di Milano a Ema. In quelle ore Alfano è stato in continuo contatto con il Presidente del Consiglio e con i Sottosegretari Gozi e Amendola, assistito dai vertici della Farnesina, e ha avuto nel contempo diversi colloqui telefonici con i suoi omologhi europei per tornare a sensibilizzarli alla candidatura milanese”​. ​
E poi i ​”​circa cento incontri, buona parte dei quali svolti personalmente dal ministro Alfano​” di questi mesi “oltre alle tante bilaterali organizzate alla Farnesina e all’estero, e di cui vi è prova nei resoconti degli uffici del ministero e anche in alcuni comunicati del Servizio Stampa, il Ministro Alfano ha avuto numerosi contatti diretti telefonici con i suoi omologhi europei​”​.
Insomma, abbiamo perso. Ma Alfano c’era.
E sulla procedura che ha beffato l’Italia Gozi ha tanto da dire. “E’ chiaro che se il sorteggio avesse premiato l’Italia parleremmo oggi di un grande successo con un pizzico di fortuna. E invece parliamo di una sconfitta con un po’ di sfortuna, quando il problema è proprio nel metodo, nella procedura. Non ci si può affidare a una competizione aperta sulle caratteristiche, al voto segreto sulla preferenza e alla fortuna per la scelta finale. La prossima volta faremo col televoto”.
La questione, ed è il destino due volte beffardo della vicenda, l’aveva posta proprio l’Italia.
“E’ un sistema del piffero, ma è anche vero che in giugno gli unici due paesi che avevano duramente contestato questo sistema, tanto da bloccarlo a livello di Consiglio di affari generali obbligando i leader a discuterne, siamo stati proprio noi l’Italia e l’altro paese è stato… l’Olanda. Quindi il beneficiario primo e la prima vittima. Eravamo quelli più sicuri della validità della candidatura per cui dicevamo non affidiamoci alla sorte. Poi leader non hanno raccolto la criticità , dicevano che erano 27 e che per questo le ipotesi di pareggio erano solo teoriche e remote ma sono diventate realtà con gli slovacchi che si sono astenuti. Abbiamo contestato anche che ci fossero tre turni, che non ci fosse una short list. Siamo stati quelli che hanno sempre preso più voti, abbiamo rischiato tra il secondo e il terzo voto perchè è chiaro che Amsterdam e Copenaghen si erano messe d’accordo per fare 14 a 12 e noi l’abbiamo sventato facendo 13 a 13. Anche questo commerciare sottobanco coperti dal voto segreto non fa onore a una competizione che si vorrebbe di merito”.
Gozi racconta che “l’Italia ha promesso molto” ma anche gli altri l’hanno fatto. “Poi non è vero che Francia e Portogallo non ci hanno votato. Chi me lo garantisce? Posso solo dire che sono le foto dei colleghi che hanno scattato col telefonino, come si fa nelle peggiori votazioni italiane. Ecco, non possiamo arrivare ad assurdità del genere”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“L’81% DEI LAVORATORI DELL’AGENZIA SI E’ DETTO DISPOSTO A SPOSTARSI”
“Fino all’ultimo minuto l’Italia ha avuto successo” nella votazione per l’attribuzione
della nuova sede Ema, “immagino ci sia ora molta frustrazione, ma i criteri erano stati fissati prima, il sorteggio era nel regolamento“.
Da italiano, il direttore esecutivo dell’Agenzia del Farmaco Guido Rasi ha commentato così la sconfitta di Milano, il giorno dopo la decisione degli Stati europei di assegnare ad Amsterdam il compito di ospitare la sede authority persa da Londra dopo la Brexit.
“Certamente Milano — ha ribadito Rasi — era seriamente preparata per quanto riguarda i requisiti richiesti e infatti è arrivata in fondo. Apprezziamo l’ottima preparazione dell’Italia, simile a quella di pochi altri Stati e siamo comunque felici del fatto che così tanti Paesi abbiano lavorato e investito tanto per ospitare la nostra nuova sede, perchè questo dimostra quanto è importante l’Ema per l’Europa“.
Il numero uno di Ema ricorda anche che la città olandese era al vertice delle preferenze nel questionario fatto compilare ai dipendenti: “Amsterdam vanta il più alto tasso di ‘staff retention’”, cioè la maggiore percentuale di dipendenti Ema disposti a trasferirsi da Londra nella nuova sede.
“L’81% dei lavoratori dell’Agenzia — spiega Rasi -si è detto disposto a traslocare, ma questo significa che comunque perderemo circa 200 dipendenti“. Anche Milano si era affermata tra le prime quattro città preferite dai dipendenti, conquistando il 69%.
Il numero uno dell’Agenzia non prevede ritardi o problemi specifici nel trasloco verso la prescelta Amsterdam, almeno al momento attuale: solo “se qualcosa andasse storto, soprattutto a livello di mantenimento dello staff, ci potrebbero essere problemi nel settore dei dispositivi medici, delle linee guida, degli aggiornamenti e della legislazione veterinaria: potremmo non avere la capacità di affrontarli immediatamente. Ma lavoriamo per evitare qualsiasi carenza di medicinali o ritardo nell’approvazione di nuovi prodotti“.
Rasi ha infine confermato che rimarrà a capo dell’Ema “fino al 2020, successivamente tornerò alla mia carriera universitaria”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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