Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
MA DI MAIO QUANDO MAI IMPARERA’ A CONIUGARE I VERBI? E’ MAI POSSIBILE CHE UN SOGGETTO DEL GENERE SI CANDIDI A PREMIER?
In uan intervista rilasciata ieri a Primocanale (emittente genovese) Luigi Di Maio
spiega, usando la raffinata tecnica comunicativa dello stream of consciousness and congiuntivness (una sua versione migliorata di quella di Joyce), la posizione DEFINITIVA del MoVimento 5 Stelle sull’euro.
Testualmente: “Io da sempre ho sempre detto che… il MoVimento ha sempre detto che noi volessimo fare un referendum sull’euro”.
La domanda e la risposta completa è visibile sul video della emittente intorno al minuto 26,40: “Io credo che l’euro si viva come una partita di calcio: sei contro o a favore di quella squadra? L’euro è uno strumento, una moneta. Il problema sono tutte le regole che girano intorno all’euro… nel 2013 tutte le regole che oggi impediscono alle imprese di accedere al credito e allo Stato di fare investimenti erano regole che giravano intorno all’UE e all’euro e che Germania e Francia non volevano saperne nulla di modificarle. Cinque anni dopo, nel 2018, la Germania non riesce a fare un governo, la Francia non ha più i partiti tradizionali, il Portogallo e la Spagna hanno un governo di minoranza: io credo che questo sia il momento in cui andare ai tavoli europei e contrattare migliori condizioni sia per l’unione monetaria che per quella europea. Io da sempre ho detto che…il MoVimento ha sempre detto che noi volessimo fare un referendum sull’euro…io la definisco un’extrema ratio. Però il sentiment sull’euro degli italiani non è che sia cambiato molto ma la maggior parte degli italiani ha sempre pensato che vanno modificate le regole, non uscire dall’euro; l’Italia è più forte ma la deve usare questa forza”.
(da “Nex Quotidiano”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO ALLA COMMISSIONE ESTERI DEL SENATO AMERICANO E’ DI 206 PAGINE, L’ACCUSA A PAGINA 138
“Alcuni osservatori sospettano che la Lega Nord possa aver ricevuto fondi dai servizi di sicurezza del Cremlino». L’accusa compare alla pagina 138 del rapporto che la componente democratica nella commissione Esteri del Senato americano ha appena pubblicato, per denunciare le ingerenze politiche di Mosca.
Il documento di 206 pagine è basato soprattutto su fonti aperte e articoli di giornali, e si intitola «L’assalto di Putin alla democrazia in Russia e in Europa: le implicazioni per la sicurezza nazionale americana». È firmato da Ben Cardin, vicepresidente della commissione, e ha lo scopo di denunciare l’offensiva lanciata dal Cremlino in tutto il mondo, per influenzare i risultati elettorali e spingere i Paesi occidentali a fare i suoi interessi.
Che sono fondamentalmente tre: minare l’Unione Europa, dividere la Nato, e ottenere la cancellazione delle sanzioni per l’attacco all’Ucraina e l’annessione della Crimea.
La parte dedicata al nostro Paese è lunga tre pagine, e comincia con questo allarme: «Negli ultimi anni, l’Italia ha visto il rilancio dei partiti populisti anti establishment, che hanno guadagnato appeal nella popolazione e ottenuto un certo successo elettorale. Alcuni di questi partiti sono forti sostenitori della politica estera favorevole al Cremlino, e hanno fatto un uso esteso delle fake news e le teorie cospirative nelle loro campagne mediatiche, spesso prendendole dai media di stato russi. Con le elezioni in arrivo nel 2018, l’Italia potrebbe essere un target per l’interferenza elettorale del Cremlino, che probabilmente cercherà di promuovere i partiti contrari a rinnovare le sanzioni europea per l’aggressione russa in Ucraina».
Il testo sottolinea che il Movimento 5 Stelle vuole la fine di queste misure, propone di normalizzare le relazioni col dittatore siriano Assad, si oppone alla partecipazione dell’Italia alle esercitazioni Nato, e ha chiesto un referendum sulla permanenza di Roma nell’euro.
Manlio Di Stefano, responsabile degli affari internazionali, si è spinto a dire che l’Alleanza Atlantica prepara l’assalto finale a Mosca, e c’è un limite all’alleanza tra Italia e Usa. Il rapporto poi ricorda che M5S ha usato un network di siti e social media per diffondere fake news favorevoli al Cremlino durante il referendum costituzionale del 2016, prendendo contenuti direttamente dai media russi come RT.
Il documento dice che «il Cremlino ha lavorato per stabilire legami politici formali e influenza con partiti estremisti italiani. Ad esempio Russia Unita e Lega Nord, partito populista della destra radicale, hanno firmato un accordo di cooperazione nel 2017». Da qui il sospetto, ripreso da un articolo del Telegraph, che i leghisti abbiano preso anche soldi.
«Mentre non ci sono prove conosciute – prosegue il rapporto – che M5S abbia ricevuto fondi da fonti legate al Cremlino, un funzionario della sicurezza italiana ha detto a Business Insider che “alcuni dei nostri partiti sono vulnerabili alle infiltrazioni. Non hanno l’esperienza, gli anticorpi, per contrastare servizi di intelligence così formidabili”».
Il testo nota che «le compagnie statali russe dell’energia esercitano anche influenza attraverso l’Eni, che è partner di Gazprom nell’oleodotto Nord Stream 2», e preferisce il gas di Mosca a quello algerino.
Il documento denuncia che una sussidiaria dell’Eni ha organizzato una conferenza presso una think tank italiana su richiesta di Gazprom, senza che i partecipanti lo sapessero, per sostenere che il Cremlino «può essere un alleato importante per la Ue».
Quindi ricorda le iniziative della presidentessa della Camera Laura Boldrini contro le fake news.
Il rapporto è firmato dai democratici, ma la linea è bipartisan.
Infatti cita una dichiarazione scritta di Lew Eisenberg, in cui l’ambasciatore a Roma dell’amministrazione Trump dice che l’Italia è a conoscenza delle tattiche del Cremlino, e «condivide le nostre preoccupazioni riguardo l’aggressione russa in Europa, incluse le campagne di disinformazione e le attività di influenza maligna».
Eisenberg ha promesso proprio alla Commissione Esteri del Senato che «lavorerà per rafforzare il coordinamento con i partner italiani, attraverso le agenzie rilevanti, per individuare e contrastare queste attività che cercano di minare le istituzioni e i principi democratici», e «fare una priorità della cooperazione tra Usa e Italia, in particolare in vista delle elezioni del 2018».
(da “La Stampa”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
UN SERVIZIO DI MATTINO CINQUE AVEVA DIFFUSO LA FALSA NOTIZIA, ORA 4 GIORNALISTI DOVRANNO RISPONDERNE
La procura di Milano ha chiesto il processo per quattro giornalisti di Mediaset e un
uomo di Pioltello per la diffusione di una falsa notizia sull’attentato di Manchester festeggiato in un bar di Pioltello (Milano), il Marrakesh Lounge.
Qualche giorno dopo l’attentato di Manchester venne infatti appiccato un incendio nel bar perchè un servizio di Mattino Cinque aveva diffuso la falsa notizia che alcuni musulmani avevano festeggiato l’attentato alla Manchester Arena che aveva provocato 22 morti.
I cinque hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagini, che prelude il rinvio a giudizio,
Nel servizio di Francesco De Luca per Mattino 5 si parlava di una “segnalazione” a Mattino 5 in cui si sosteneva che qualcuno avesse festeggiato per l’attentato di Manchester.
Il servizio proseguiva con una serie di smentite da parte di tutte le persone che venivano intervistate, e si chiudeva con una persona che diceva: “Se è vero che hanno festeggiato significa che sono fanatici. Oggi hanno festeggiato, domani poi boh”.
In realtà la sindaca di Pioltello, Ivonne Cosciotti, ha smentito tutto: “È l’esempio di come un fatto mai avvenuto, una non notizia — ha commentato con l’agenzia ANSA -, riferito da qualcuno a un giornalista, possa fare danni in una città in cui si sta facendo il massimo sforzo per l’integrazione”.
Il sindaco ha riferito che anche le forze dell’ordine hanno verificato che non ci sono stati festeggiamenti per l’eccidio della città inglese.
Ivonne Cosciotti, eletta a capo di una lista di centrosinistra, non nega che esistano problemi “in una città di 37 mila abitanti dei quali 10 mila sono stranieri”.
“Nel 2016, però, abbiamo anche vinto il bando per le periferie — racconta — e le etnie che vivono a Pioltello, tra di loro, parlano in italiano, e questo è importante”.
“Ora — spiega -, gli stessi titolari del bar, in cui non c’è stato nessun festeggiamento, hanno paura a uscire”.
I danni sono stati limitati, secondo il sindaco, ma “quell’episodio — conclude — ha fatto davvero male”.
Il sito internet La Martesana ha sentito all’epoca il titolare del bar: “Ma quali festeggiamenti per gli attentati, lunedì nel bar non c’era nessuno, solo un paio di persone fuori che si facevano i fatti loro — ha spiegato Adil — Hanno detto che sono arrivati i carabinieri, ma non è assolutamente vero. Un sacco di falsità che hanno avuto il risultato solo di infangare il nostro nome”.
Ieri diversi giornalisti hanno girato per il quartiere a caccia dei presunti musulmani che hanno festeggiato e anche le Forze dell’ordine si sono mosse in forza, con i carabinieri, la Digos e la Polizia locale che hanno voluto incontrare i proprietari del bar. “Sono andata in caserma e mi hanno fatto un sacco di domande — ha detto ancora a La Martesana Elvira, proprietaria dei muri — Quando sono rientrata c’era una giornalista che mi aspettava e mi ha tempestato di domande. Abbiamo intenzione di chiedere i danni morali per quello che è successo”.
(da “NextQuotidiano“)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
INCASTRATA DALLA RELAZIONE DELL’AUTISTA… ERA GIA’ FINITA NELLE POLEMICHE PER L’AFFITTO NON PAGATO NELLA CASA POPOLARE E MAXI-RIMBORSI DI TAXI
Prima la questione degli arretrati dell’affitto, ora l’uso improprio della macchina di servizio del Comune.
Pochi mesi dopo l’insediamento di Chiara Appendino era scoppiato il primo problema: gli affitti della casa popolare alle Vallette non pagati.
Al centro della questione la consigliera pentastellata Deborah Montalbano e gli arretrati della pigione sistemati con un piano di rientro concordato con l’Atc. Montalbano è attivista storica del Movimento di Beppe Grillo, rappresentante dei comitati per la casa, militante nel quartiere popolare torinese delle Vallette dove ha fatto campagna pancia a terra per Appendino e i Cinque Stelle.
Ora scoppia un altro caso: l’uso per questioni private dell’auto di servizio del Comune: una macchia, per una Cinque Stelle doc.
Insomma, si può chiudere un occhio sugli affitti della casa popolare non pagati prima di diventare consigliera comunale (per quanto la pratica di saltare le rate sia continuata anche nei primi mesi di mandato), ma è difficile che i colleghi di partito e gli attivisti possano perdonare a Montalbano un viaggio senza un valido motivo su un’auto pagata dai cittadini.
Montalbano negli ultimi giorni è già balzata all’onore delle cronache per 250 euro di taxi rimborsati dal gruppo. Questione su cui però la consigliera non ha nulla da dire: le ricevute e i rimborsi sono stati autorizzati dal gruppo M5s stesso e dai tecnici del Comune.
Ora, invece, sarà più complicato per la consigliera pentastellata giustificarsi.
Anche perchè molti dei suoi compagni non sono più indulgenti come un tempo: l’era dei 5 Stelle compatti e coesi è finita.
Montalbano rappresenta una delle anime più forti dell’area dei “duri e puri”, degli ortodossi del Movimento, distanti dall’area lealista e moderata fedele alla sindaca Appendino.
La questione è venuta fuori perchè è stato lo stesso autista, insospettito dal viaggio, a scrivere una dichiarazione per mettere nero su bianco quello che aveva fatto e chi lo aveva autorizzato.
Forse perchè D.C., queste le iniziali dell’autista di Palazzo Civico, sapeva che il giro non aveva nulla di istituzionale. “Il giorno 7/11/2017, a seguito della disposizione del coordinatore, trasportavo la consigliera Montalbano in via…..”. E poi: “All’arrivo mi disse di attenderla, passati dieci minuti tornava con una bambina, facendola salire sull’auto mi chiedeva di fare ritorno a Palazzo Civico, perchè aveva impegni istituzionali. Il servizio si concludeva alle ore 16.45”.
Senza commenti. Una nota di cronaca a futura memoria. Quella nota però ha iniziato a circolare. E alcuni consiglieri e attivisti chiedono conto della questione e del viaggio. Riusciranno a perdonare alla consigliera la debolezza di essere andata a prendere a casa la figlia piccola rimasta da sola?
Oppure sarà la scusa per mettere fuori dal gruppo e dal movimento la consigliera grillina?
Domani sera si sarebbe dovuta tenere una riunione degli attivisti con la questione dei rimborsi dei taxi all’ordine del giorno. Poi, non essendo nulla di illecito e tutto autorizzato, la cosa è stata rinviata a dopo le elezioni.
Ora c’è l’uso della macchina di servizio per questioni personali. Questione su cui qualcuno potrebbe sindacare.
“Ne abbiamo già discusso a novembre nel gruppo, i miei colleghi sanno”, dice la consigliera Montalbano raggiunta telefonicamente. E poi: “Il martedì io presiedo la commissione. Mi ha chiamato un’amica che mi ha detto alle 16 che non poteva tenere mia figlia. Non sapevo come fare. Ho chiesto ai miei colleghi un passaggio. Nulla. Dovevo arrangiarmi”.
Così è venuta in mente l’idea della macchina di servizio: “Ho chiesto al coordinatore degli autisti. Mi ha detto di sì. Ho preso la macchina, sono andata, ho preso mia figlia e sono tornata. L’ho fatto perchè poi dovevo partecipare ad una riunione in via Meucci, all’Area commercio, per la riapertura del supermercato delle Vallette”. Montalbano si dice amareggiata: “Ho usato alcune volte l’auto di servizio per questioni di rappresentanza, solo una volta per questioni personali”, aggiunge.
E sul piano politico aggiunge: “Vogliono cacciarmi, mi caccino. Io non me ne vado”.
(da agenzie)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
AMMESSI I RICORSI: IN 40 FURONO FERMATI A VENTIMIGLIA E RIPORTATI IN SUDAN DOPO UN ACCORDO RITENUTO ILLECITO TRA GABRIELLI E IL CAPO DELLA POLIZIA DI KHARTOUM
Era il 24 agosto 2016 quando 40 cittadini sudanesi, fermati dalla polizia a Ventimiglia,
vennero espulsi e rimpatriati a seguito di un accordo di cooperazione firmato dal capo della Polizia Gabrielli con il suo omologo sudanese.
Ora la Corte europea dei diritti dell’uomo vuol vederci chiaro, ha dichiarato ammissibili i ricorsi presentati dagli espulsi assistiti da avvocati dell’Asgi e dell’Arci, e ha chiesto al governo italiano di fornire giustificazioni al proprio operato entro il prossimo 30 marzo.
Allora, si era nel piano caos accoglienza a Ventimiglia, l’espulsione dei 40 sudanesi suscitò accese proteste e venne interpretata come una sorta di respingimento collettivo e illegittimo.
Alcuni cittadini sudanesi che, in quell’agosto riuscirono a sfuggire al rimpatrio, hanno poi ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale in Italia “in quanto soggetti a persecuzioni e discriminazioni nel Paese da cui provenivano”.
I ricorsi presentati dai rimpatriati hanno denunciato la violazione di diverse norme della Convenzione di Ginevra e la corte europea per i diritti dell’uomo li ha adesso ritenuti ammissibili.
(da “La Stampa”)
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