Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
ALTRO CHE ONG, IL VERO SCAFISTA DEI POLITICI TRAFFICONI E’ DI MAIO: DAL CONSULENTE GIURIDICO DI ALFANO AL MILITANTE LEGHISTA, DECINE DI RICICLATI
Per il 4 marzo è stata messa in funzione una lavatrice che lava i panni di molte biografie di candidati M5s.
Le centrifuga e le fa risultare nuove ma nuove non sono.
Molti aspiranti deputati e senatori nella squadra di Luigi Di Maio hanno un passato partitico alle spalle, chi viene da destra, chi da sinistra, chi come Claudio Consolo, lo sfidante di Emma Bonino in Senato nel Lazio, faceva il consulente giuridico per il guardasigilli Angelino Alfano nel governo Berlusconi.
Alcune tracce vengono cancellate, come vecchi post e foto, ma spesso non basta a far dimenticare tessere di partito, candidature e assessorati ricevuti prima della folgorazione pentastellata.
In mezzi ai nomi della società civile, presentati in pompa magna dal candidato premier M5s, ci sono quelli che Di Maio in altri tempi li avrebbe definiti sprezzantemente “politici di professione”.
I casi eclatanti sono in Toscana e a lungo se ne è discusso.
A sfidare Luca Lotti ci sarà Renato Scalia, ex ispettore capo della Dia, candidato nel 2014 per il consiglio comunale di Firenze con la lista a sostegno dell’attuale sindaco Pd Dario Nardella.
Contro Matteo Renzi ci sarà , ironia della sorte, un ex renziano Nicola Cecchi, tessera Pd 2016.
È infatti le tessere di altri partiti nel Movimento 5 Stelle non mancano.
Nel collegio di Siena appare il nome di Leonardo Fracci, iscritto alla Lega Nord – dice – a sua insaputa: “Nel 2017 a Montevarchi ho dato 20 euro a un mio caro amico. Non pensavo fosse la modalità per iscriversi a un partito”.
Militanti dunque, ma anche assessori ed ex candidati, che adesso ci riprovano salendo sul “taxi per arrivare in Parlamento” targato 5Stelle nonostante Di Maio si affatichi a dire che M5s non lo sia.
Ma basta guardare alcune biografie e scavare un po’ nella cronaca locale per scoprire che ad esempio, Francesco Mollame, ingegnere candidato a Marsala per il Senato, come rivela il sito Live Sicilia, nel 2008 ha corso per diventare sindaco di Partinico sotto la bandiera del Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo e nel 2013 è stato accanto al candidato primo cittadino Gianfranco Bonnì come assessore designato.
La Sicilia, culla della politica intesa anche come cambi di casacca, è la regione che regala più giri di lavatrice.
Nel 2009 con il PdL si è candidato Gaspare Marinello alle amministrative di Sciacca.
A Palermo corre invece l’ex socialista Aldo Penna.
Sull’Isola, appena andata al voto con Giancarlo Cancelleri candidato presidente, i casi non finiscono qui.
A Bagheria si candida per la Camera Vittoria Casa, ex coordinatrice Pd e nel 2011 assessore alle Politiche sociali nella giunta guidata da Vincenzo Lo Meo, sindaco eletto con il Terzo Polo (Udc e Futuro e libertà ) e due liste civiche.
In questo caso la candidatura di Casa entra in conflitto con il regolamento M5s poichè, è stato messo nero su bianco, che non si può candidare chi a partire dall’ottobre 2009 si è candidati o ha ricoperto ruoli all’interno di amministrazioni con forze politiche diverse da M5s.
Dalla Sicilia si passa in Calabria e a Catanzaro-Vibo Valentia compare per il Senato Silvia Vono, assessore nel 2014 nella giunta di Soverato guidata da Ernesto Alecci, a sua volta candidato alle politiche con il Pd.
Tocca anche alla Puglia. Sui social circola uno screenshot di un post del 9 giugno 2014 scritto Paolo Lattanzio, candidato grillino nel collegio di Bari per la Camera, in cui con tanto di foto davanti al comitato di Antonio Decaro sindaco di Bari esulta: “Il mio sindaco, fiero di far parte del tuo gruppo”.
Non è passato inosservato neanche il passato nel centrodestra di Paolo Turati, candidato grillino a Torino.
Prima di lui si era detto che fa parte dell’associazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello e che insieme ad Angelo Burzi, ex assessore regionale di Forza Italia, ha fondato l’associazione Magellano.
Adesso Marco Grimaldi, candidato di LeU in Piemonte, ci mette il carico: “Turati nel 2014 afferma di rinnovare ‘convintamente’ il suo sostegno ‘all’amica Claudia Porchietto, punta di diamante di Forza Italia’ e di suggerire ‘il voto utile’ per Forza Italia – Gilberto Pichetto Presidente.
Per Claudia Porchietto organizza un appuntamento del suo think tank; poi partecipa al convegno di Forza Italia ‘Piemonte Italia 2.0’ a Oropao. Infine appare in una bella foto abbracciato all’onnipresente Porchietto davanti a una campeggiante bandiera del Nuovo Centro Destra.
Soprattutto: sul suo sito ci sono passaggi illuminanti in cui fa riferimento alle persecuzioni della magistratura nei confronti di Silvio Berlusconi”.
Quindi, Grimaldi si chiede: “Perchè non rivendicarlo allora? Perchè cancellare le tracce?”. Perchè il purismo nel mondo 5Stelle è sempre stato un dogma. Ormai diventato flessibile.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
LA LEGA SI E’ SPACCATA, A RISCHIO ANCHE LA PRESENTAZIONE DEL SIMBOLO… LA MELONI CANDIDA LA NIPOTE DEL DUCE E LA FIGLIA DI RAUTI (OLTRE SUO COGNATO)
C’è Antonio Angelucci, potentissimo e intoccabile editore di Libero e Il Tempo, signore delle
cliniche e plurindagato padre politico dell’accordo fra Denis Verdini e Matteo Renzi.
C’è anche il “re di Fondi”, Claudio Fazzone, colui che si oppose a spada tratta allo scioglimento per mafia del comune dal quale da 20 anni trae decine di migliaia di preferenze e che nel frattempo si è fatto sequestrare una villa lussuosissima intestata alla moglie.
Nel frattempo, bussa alle porte di Montecitorio e Palazzo Madama la cosiddetta “generazione Polverini” — guidata dall’ex governatrice, ricandidata e “blindata” — ovvero ex assessori e consiglieri sopravvissuti (o riesumati) dopo la disastrosa esperienza in Regione Lazio fra il 2010 e il 2012, quando il centrodestra affondò sotto il peso delle spese pazze guidate da “Batman” Fiorito.
Il centrodestra nel Lazio si prepara alle elezioni politiche del 4 marzo e, specie per quanto riguarda Forza Italia, non si lascia alle spalle indagini, processi e fallimenti politici, in nome del garantismo estremo e “della lotta di civiltà all’antipolitica”.
Tutto ciò mentre la nave della Lega di Matteo Salvini, approdata nella regione che ospita la Capitale grazie supporto di tanti ex Msi rimasti senza casacca, sembra già irreparabilmente alla deriva.
IL SIGNORE DELLE CLINICHE
Recordman di assenze in Parlamento con il 99,59% delle sedute saltate, quello di Angelucci è sicuramente il nome che necessita di minori presentazioni.
I guadagni provenienti dall’impero Tosinvest lo hanno portato, nel 2016, a denunciare un reddito annuo imponibile superiore ai 4 milioni di euro.
Nella holding di famiglia, le cliniche San Raffaele, che a Roma hanno ormai soppiantato il monopolio dell’ex reuccio Giuseppe Ciarrapico, ma anche i quotidiani, su tutti Libero e, dal 2016, Il Tempo.
Di inchieste e processi a carico suo e del gruppo ce ne sono diversi. Fra i principali — e più recenti — c’è la condanna a 1 anno 4 mesi per falso e tentata truffa (l’accusa di truffa è caduta in prescrizione) da parte del Tribunale di Roma per la vicenda dei doppi finanziamenti ai giornali (all’epoca Libero e Il Riformista).
È iniziata dieci mesi fa, invece, l’indagine per traffico di influenze e false attestazioni nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma nella sanità laziale.
Leggenda (politica) vuole che sia stato proprio “Tonino” a spingere il suo amico Denis Verdini — i due sono legati anche da vecchie questioni economiche — fra le braccia di Matteo Renzi (e viceversa) nei giorni dell’accordo in cui il segretario Dem sfondò il muro delle alleanze alla sua destra.
RIECCO “MISTER FONDI”
Dal basso Lazio — ma ormai in Parlamento da 13 anni — arriva Claudio Fazzone. Poliziotto in aspettativa ed ex autista di Nicola Mancino, si è costruito un impero politico a Fondi, cittadina nota per ospitare il mercato ortofrutticolo più grande d’Europa ma, anche, per essere stata sciolta per infiltrazioni mafiose nel 2009 su iniziativa dell’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
Il provvedimento trovò la ferma opposizione di Fazzone — già senatore di maggioranza — il quale minacciò di querela il prefetto di Latina, Bruno Frattasi. D’altronde, fu proprio la sua città — di cui fu sindaco negli anni ’90 — a spingerlo a suon di voti, nel 2000, direttamente alla presidenza del Consiglio regionale e poi, nel 2005, in Senato.
Nel 2015 la sua lussuosa villa sulla splendida Piana di Fondi viene considerata abusiva dalla Procura di Latina e confiscata, nonostante il sindaco del comune pontino, a lui vicino, avesse tentato una sanatoria. L’edificio era intestato alla moglie, e il senatore non risulta nemmeno indagato nel procedimento.
LA “GENERAZIONE POLVERINI”
Dietro Angelucci e Fazzone, (ri)emerge una generazione di politici rimasta nell’ombra dopo i disastri dell’era Polverini in Regione Lazio.
Ricandidata come capolista a Viterbo proprio l’ex governatrice, espulsa lo scorso anno dall’Ugl — di cui è stata deus ex machina per anni — in virtù dell’inchiesta sulle spese folli con la carta di credito del sindacato.
Di quella stagione facevano parte anche il ciociaro Mario Abbruzzese — presidente del Consiglio regionale travolto dallo scandalo delle spese pazze e oggi candidato all’uninominale per la Camera, dopo 5 anni passati all’opposizione alla Pisana — e il montefiasconese Francesco Battistoni, che di “Batman” Fiorito fu grande accusatore, prima che il vaso di Pandora fosse scoperchiato.
ESPLODE LA LEGA NEL LAZIO
Intanto, mentre in Forza Italia si fanno i conti con i curriculum dei propri candidati, la Lega di Salvini nel Lazio è sull’orlo di una crisi di nervi.
All’origine dei mali, la totale assenza di corrispondenze fra i candidati e i territori.
Dietro il leader Matteo e la capolista Giulia Bongiorno, infatti, prevale la ragion di partito.
A Fiumicino, fatto fuori William De Vecchis in favore di Reggimenti. A Guidonia, la necessità di candidare Barbara Saltamartini in un territorio non ostile all’ex marito — e capo corrente — Pietro Di Paolo, ha tolto dai giochi un arrabbiatissimo Alessandro Messa. Ma soprattutto, a Frosinone il coordinatore regionale Luigi Zicchieri (di Latina) si auto-candida lasciando a piedi il coordinatore provinciale Fabio Forte.
Che non l’ha presa bene: ha convocato una conferenza stampa e annunciato che non solo non voterà per la Lega, ma anche l’intenzione di ritirare il simbolo di Noi Con Salvini alle regionali a sostegno di Stefano Parisi.
Un disastro, dato che — come si mormora da più parti — porterebbe la neonata base del Carroccio a spostarsi in massa su Sergio Pirozzi, così come ci si auspicava prima della discesa in campo dell’ex ad di Fastweb. Con buona pace della tanto acclamata “candidatura unitaria”.
MUSSOLINI, DINASTIA INFINITA
Difficilmente verrà eletta, ma va segnalato che nelle liste di Fratelli d’Italia è presente anche Rachele Mussolini, sorellastra di Alessandra — è figlia del jazzista Romano e dell’attrice Carla Maria Puccini — e a tutti gli effetti nipote del Duce.
Sempre per restare in tema, la Lega schiera a Tor Bella Monaca, seppur con poche velleità — è territorio della pentastellata Paola Taverna — Barbara Mannucci, che nel 2011 si definì “la Claretta Petacci di Silvio Berlusconi”, alludendo al fatto di voler restare al fianco del Cavaliere “fino alla morte”, salvo poi passare tre anni dopo con il Carroccio. Con Fratelli d’Italia, poi, ha buone chance di entrare in Senato, Isabella Rauti, figlia del dirigente Msi Pino e ormai quasi ex moglie del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Quest’ultimo, invece, è destinato a saltare un giro, impegnato insieme a Francesco Storace con il Movimento Nazionale Sovranista (i due hanno annunciato di voler votare Salvini).
Infine, curioso il confronto al collegio Gianicolense: lì il Pd schiera la radicale Emma Bonino. Fdi risponde con il pro-Life Federico Iadicicco, fra gli organizzatori del family-day.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
DA FORMIGONI A DE LUCA, DA COLUCCI A BOSSI, DA BERLATO A CARRETTA (FDI), DA TALLINI AD ALLI (PD)
Nessuno è colpevole fino a che non è stata emessa una condanna definitiva. Questo è certo. Ma senza tirare in ballo la “questione morale” ragioni di opportunità politica dovrebbero scoraggiare i partiti dal candidare indagati e condannati.
Il MoVimento 5 Stelle da anni va ripetendo che i vecchi partiti candidano indagati e condannati mentre le loro liste sono pulite. Ci sarebbe un modo molto semplice per disinnescare questo argomento: evitare quanto meno di candidare condannati (in primo o secondo grado) per reati contro la Pubblica Amministrazione.
E anche a coloro che sono imputati in processi per abuso d’ufficio si potrebbe chiedere un passo indietro.
Siamo tutti garantisti, e nessuno pretende di equiparare un avviso di garanzia ad una condanna in Cassazione. Però è necessario anche essere realisti. §
Se una parte consistente del Paese chiede e pretende candidati non solo con la fedina penale immacolata ma anche senza processi pendenti sul capo, qualcosa vorrà pur dire. Eppure il centrodestra ha deciso di candidare l’ex Presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, nonostante una una condanna in primo grado per corruzione a 6 anni con interdizione dai pubblici uffici.
Formigoni, senatore uscente per Alternativa Popolare — Centristi per l’Europa — NCD, sarà capolista per il Senato in Lombardia con “Noi con l’Italia- UDC”, in alleanza con il centrodestra.
Anche Alessandro Colucci, consigliere regionale lombardo ed esponente del partito di Formigoni, correrà per la Camera all’uninominale di Palazzolo sull’Oglio.
Colucci, già presidente della Commissione Bilancio della Regione, è sotto accusa per peculato in merito alle cosiddette “spese pazze” del Pirellone.
I PM gli contestano 27mila euro di rimborsi non dovuti che secondo la difesa invece quelle cene erano incontri di lavoro.
Sempre in Lombardia la Lega (non più Nord) candida Umberto Bossi già condannato in primo grado per truffa e appropriazione indebita.
Per la cronaca la truffa è quella da 56 milioni di euro ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali della Lega Nord.
In Veneto Fratelli d’Italia schiera Sergio Berlato e Maria Carretta, sotto processo per una vicenda legata a tesseramenti gonfiati (i Carabinieri ritengono siano circa 8 mila) nel PDL. Evidente FdI crede nell’innocenza dei due imputati.
I problemi però non sono solo al Nord.
In Calabria Forza Italia candida il consigliere regionale Domenico Tallini rinviato a giudizio nell’inchiesta “Multopoli” partita per l’annullamento di alcune contravvenzioni al codice della strada che secondo l’accusa è servito ad “acquisire consenso elettorale e per ottenere prestigio in ambito politico”.
Qualche settimana fa ha preso il via il processo scaturito dall’inchiesta denominata “Catanzaropoli” che vede tra gli imputati di nuovo lo stesso Tallini (che a Catanzaro è stato consigliere comunale).
Sempre in Lombardia il centrosinistra schiera Paolo Alli, che corre per il partito petaloso della Lorenzin e che è stato il braccio destro di Formigoni in Regione.
Attualmente Alli è imputato per tentato abuso d’ufficio in una vicenda legata alla sanità . Alli è stato rinviato a giudizio ad ottobre proprio assieme a Formigoni nell’ambito di un’inchiesta su presunte tangenti nella sanità per i suoi rapporti con il presunto intermediario ed ex consigliere lombardo Massimo Gianluca Guarischi, già condannato a cinque anni in appello.
In Calabria il PD ha candidato Piero De Luca, noto alle cronache per essere il figlio di Vincenzo, Presidente della Regione. De Luca Junior sarà nel listino bloccato a Salerno, dove il padre è stato a lungo sindaco.
Piero De Luca è imputato nel processo sul crac dell’immobiliare Ifil con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Non è l’unico imputato tra le fila del Partito Democratico.
Nicola Marrazzo consigliere regionale (e zio di un altro candidato, Stefano Graziano, la cui indagine è stata archiviata) sotto processo per peculato nell’ambito dell’inchiesta sulla “rimborsopoli” campana con l’accusa di essersi appropriato indebitamente di circa 42mila euro di soldi pubblici.
L’ex deputato di Scelta Civica ed ex presidente dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici Angelo D’Agostino, candidato ad Avellino, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver partecipato a un giro di mazzette pagate alla società di certificazione Axsoa da una serie di società interessate a ottenere certificati per poter partecipare ad appalti pubblici. Tutti innocenti fino a prova contraria, senza dubbio, e per molti è così visto che il processo deve ancora arrivare a sentenza.
Ma cosa succederà se verranno condannati durante la legislatura?
In base alla Severino le camere dovranno votare la decadenza degli eletti. E la questione a quel punto potrebbe esplodere davvero.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
PAOLO TURATI SI PRESENTA A TORINO: HA RESO INACCESSIBILI SUL SUO SITO TUTTI I POST A FAVORE DI FORZA ITALIA FATTI NEGLI ANNI
Paolo Turati, sessant’anni, esperto di economia e professore a contratto dell’Università , candidato
nel collegio Torino 1 alla Camera con il MoVimento 5 Stelle, fa parte della galassia di supercompetenti scelti con poca competenza da Luigi Di Maio per correre con i grillini.
§Nel suo passato, però, come racconta oggi Andrea Rossi nella cronaca di Torino della Stampa, c’è anche altro.
Non candidature e neppure elezioni, come nel caso di Vittoria Casa o Rinaldo Veri, ma una certa vicinanza (è stato sostenitore e militante) a Forza Italia.
Il che non è un reato, si sa. Ma allora perchè Paolo Turati se ne vergogna talmente tanto da volerlo cancellare?
Turati non ha trascorsi da candidato ma non si può dire che sia a digiuno di politica. Anzi. Nelle ultime ventiquattr’ore — dopo l’annuncio delle liste Cinquestelle — su Internet è diventato un fantasma: inaccessibile il suo blog, e così le sue pagine personali, con tutto quel che vi è contenuto.
Che non è poco: per anni è stato attivo sostenitore e militante di Forza Italia, si è speso durante le campagne elettorali di esponenti di spicco come Claudia Porchietto e Gilberto Pichetto (entrambi adesso in rampa di lancio verso il Parlamento). Ha organizzato eventi, promosso convegni.
Dei suoi post di endorsement alle punte di diamante di Forza Italia è rimasta traccia su Google, e nella relativa cache:
Ma questi contenuti, che non sono in alcun modo prove di nulla di male, sono stati invece oscurati dalla lettura sul web all’utente del suo sito, evidentemente per decisione dello stesso docente di economia a causa dell’atteggiamento talebano di molti piccolifà ns a 5 Stelle:
Insomma, non uno che sta a guardare. Nè solo un uomo d’area senza ruoli diretti, come si potrebbe pensare se ci si limitasse a considerare la sua storica amicizia con un altro ex big di Forza Italia come Angelo Burzi, con cui ha dato vita alla fondazione Magellano, o l’attivismo nella fondazione Magna Charta dell’ex ministro Gaetano Quagliariello. Tra i contenuti da ieri inaccessibili, ma recuperabili nei meandri del web, c’è un lungo endorsement a Forza Italia e «all’amica Claudia Porchietto, punta di diamante di Forza Italia» per le regionali del 2014.
E poi un convegno a Oropa, sempre nel 2014, organizzato con diversi esponenti del partito: oltre ai soliti Porchietto e Pichetto, anche Daniela Ruffino, Massimo Berutti, Giovanni Toti, Diego Sozzani, Francesco Graglia, Gian Luca Vignale. E ancora, una manifestazione dell’allora Nuovo Centrodestra, in cui sempre Porchietto era migrata per un breve periodo.
Il professore non sembra essersi reso conto che è difficile far sparire il proprio passato quando lo si è pubblicato su Internet.
Ma soprattutto: sembra vergognarsi del suo impegno politico anche se non ha alcun motivo per farlo. Il che non è certo il modo migliore per cominciare una carriera politica.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
DALLE URNE POTREBBE USCIRE UN RISULTATO CHE ACCONTENTEREBBE TUTTE E TRE LE FORZE IN CAMPO, ECCO PERCHE’
E se le elezioni le vincessero tutti?
Marco Galluzzo sul Corriere della Sera si fa una domanda non peregrina su quello che potrebbe accadere il 4 marzo, ovvero che dalle urne esca, grazie al Rosatellum, un risultato che accontenta in qualche modo i tre grandi schieramenti in campo (centrodestra, centrosinistra, MoVimento 5 Stelle).
Un risultato plausibile, anche se non molto probabile, in cui il centrodestra è la prima coalizione del Paese, il Movimento 5 Stelle è il partito con più voti e infine il Pd è il partito con più parlamentari.
La simulazione del voto alla Camera con il Rosatellum fatta da IPSOS su dati del 10-11 gennaio aiuta a descrivere questo scenario in cui a giovare di più sarebbe il partito di Renzi, dato come vittima sacrificale di questa tornata elettorale:
Nel Pd, fra i collaboratori di Matteo Renzi, è una tesi che autorizza un pizzico di orgoglio eventuale per la trovata tecnico-elettorale, e che permette di difendersi dalle critiche recenti: «Il Rosatellum, vedrete,ci darà una mano, non abbiamo sbagliato una virgola».
La parola magica è bonus: i piccoli movimenti coalizzati nel centrosinistra (la lista +Europa,Civica Popolare e Insieme) possono costituire un grosso bonus, che può andare dal 4 al 6%, per il solo Pd.
Mentre nel centrodestra c’e di fatto solo un piccolo alleato, Noi con l’Italia, che se finisse fra l’1 e il 3%, in base alla legge, porterebbe voti sia a Salvini che a Berlusconi, oltre che al partito di Giorgia Meloni.
In sintesi: il Pd ha una sorta di gratta e vinci che il 5 marzo potrebbe anche consentirgli di finire intorno al 30% e persino superare quota 200 seggi alla Camera.
Sarebbe forse una magra consolazione, ma forse anche no. Se per caso dovesse nascere un governo di coalizione, e se il Pd ne facesse parte, sarebbe il partito che dà le carte.
E visto che la legge è omogenea per Camera e Senato la stessa cosa potrebbe succedere a Palazzo Madama.
Lo scenario sarebbe da incubo per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e da sogno per i contendenti che potrebbero dire ciascuno di aver ottenuto un buon risultato (e sarà difficile per Emiliano “indurre Renzi a lasciare la segreteria” del PD).
Soprattutto: ricalcherebbe quello che succedeva la notte delle elezioni all’epoca del pentapartito, quando ciascun leader si presentava in tv per dire che aveva vinto: la sospirata Terza Repubblica verrebbe di colpo sostituita dalla Prima.
Il giorno dopo poi toccherebbe mettersi d’accordo per fare un governo.
Ma quella sarebbe un’altra storia.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
NELLA SUA UNICA PERSONA COINCIDONO ASSEMBLEA, PRESIDENTE, CDA E TESORIERE
L’Associazione Rousseau, che controlla i voti online del Movimento 5 stelle, è una sola persona, in
cui coincidono l’assemblea, il presidente, il consiglio d’amministrazione e il tesoriere.
Si tratta di Davide Casaleggio, figlio del fondatore Gianroberto morto il 12 aprile 2016. A riportare il contenuto dello statuto in esclusiva è il quotidiano il Foglio.
L’atto costitutivo dell’associazione Rousseau viene firmato pochi giorni prima della morte di Gianroberto nella clinica dove è ricoverato.
L’associazione Rousseau, che ha lo scopo di “promuovere lo sviluppo della democrazia digitale nonchè di coadiuvare il Movimento 5 stelle” nella sua azione politica, è u’associazione composta da due persone: Gianroberto Casaleggio, che è in fin di vita e il figlio Davide. Versano due quote da 150 euro, che costituiscono il fondo iniziale, e sono rispettivamente presidente e vicepresidente, entrambi componenti dell’Assemblea e membri del consiglio direttivo, mentre Davide è anche tesoriere. Ma l’iobiettivo dello statuto, date le condizioni di salute del padre, è assicurare al figlio il controllo perpetuo e assoluto su Rousseau.
Il potere del giovane Casaleggio viene blindato dagli articoli 6 e 13 che consegnano eternamente i ruoli e le funzioni più importanti ai “fondatori.
Ma di fondatori ce ne sono due e dopo appena quattro giorni, in seguito alla morte di Gianroberto, ne resta solo uno: Davide. L’art. 6 dello statuto sancisce che possono entrare nell’associazione persone “la cui ammissione è deliberata dal Consiglio direttivo”-
Ma secondo l’art.13 “il presidente del consiglio direttivo è nominato dall’Assemblea tra i soci fondatori”.
Il 12 aprile, il giorno della scomparsa di Gianroberto, tutte queste distinzioni non contano. L’Associazione Rousseau è una sola persona, in cui coincidono l’assemblea, il presidente, il consiglio direttivo e il tesoriere.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
“ECONOMISTA CHE LAVORA CON LA CDU” LA DEFINISCE, MA E’ LA STESSA INTERESSATA A SMENTIRLO
«Abbiamo fatto un appello pubblico alle migliori energie del paese. Hanno risposto persone come la dottoressa Alessia D’Alessandro, che lavora con la CDU in Germania, è un economista, l’abbiamo candidata contro il PD, contro quello delle fritture e ci vengono a dire che siamo pericolosi?»:
Luigi Di Maio nell’intervista rilasciata ieri a Giovanni Floris per Ballarò dimostra di non essere pericoloso ma di avere ancora una relazione complicata con la realtà dei fatti.
Abbiamo infatti spiegato ieri perchè Alessia D’Alessandro non è un’economista e non lavora con la CDU in Germania.
La D’Alessandro sarà candidata in Campania, ad Agropoli, dove sfiderà l’ex sindaco di Agropoli Francesco Alfieri (salito agli onori delle cronache per la battuta di De Luca sulle fritture) e Marzia Ferraioli, docente di procedura penale all’Università Tor Vergata e candidata per il centrodestra.
Perchè di fatto non faceva parte dello staff della Cancelliera mentre lavorava come assistente al marketing di un’organizzazione imprenditoriale.
In qualità di assistente al marketing, è improprio quindi anche definirla “economista”, semmai è laureata in “Global economics and Management” (alla Jacobs Univesity di Brema, un’università privata fondata nel 2001).
Non risulta che la pentastellata abbia conseguito un dottorato in materie economiche.
Il solo fatto di essersi laureata in scienze economiche non la rende un’economista. Così come avere conseguito una laurea triennale e una specialistica non consente di definirla “plurilaureata”.
Ma se questo non bastasse, dopo essersi fatto ridere dietro da tutta internet con il titolo sull’«economista strappata alla Merkel», il Corriere della Sera oggi sente dalla viva voce di Alessia D’Alessandro la verità (anche se le chiede ‘Che compiti ha nella CDU’, dimostrando di non aver ancora capito di che stiamo parlando:
Alessia D’Alessandro, ha mai incontrato Angela Merkel? Cosa pensa di lei?
«L’ho vista una sola volta, mi ha colpito molto la presenza della cancelliera, anche se spesso messa in discussione, ha un’aura che riesce a zittire un’intera platea».
Su Twitter dicono che lei è una stagista. Che compiti ha nella Cdu?
«Fungo da intermediario tra le imprese tedesche e il mondo politico. Coordino 22 commissioni che trattano temi che vanno dalle energie rinnovabili, alla ricerca e sviluppo fino alle politiche monetarie europee».
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
OGGI PRECISA: “VOTERO’ CENTROSINISTRA, MA NON E’ DETTO CHE VOTI PD”
Ieri Romano Prodi è finito nella campagna elettorale a causa di alcune sue dichiarazioni in cui
diceva che avrebbe votato per il centrosinistra e criticava chi era fuori dall’alleanza (ovvero, Liberi e Uguali).
Oggi il professore in un’intervista rilasciata a Tommaso Ciriaco su Repubblica spiega meglio il suo pensiero, ribadendo di non aver ancora deciso per chi votare:
«Scusi, ma dov’è la sorpresa? È ovvio che guardo alla coalizione. Io sono da sempre quello della logica di coalizione. E quindi, dico che Liberi e Uguali in questo momento non è per l’unità del centrosinistra. Mentre Renzi e il gruppo che gli sta attorno, il Pd e chi ha fatto gli accordi con il Pd, lo sono».
Parla anche d’altro, naturalmente.
Non fa sconti a Matteo Renzi per la grande epurazione delle liste elettorali: «Non ha aiutato l’unità ». Peggio, non sa neanche se sceglierà il partito dell’ex premier o i suoi alleati: «Non so se voterò Pd, devo decidere».
E guarda al 4 marzo con ansia: «Non sono ottimista sul risultato».
Impossibile tirare il sasso e nascondere la mano. Di certo, il Professore non intende farlo. Sa bene che Piero Grasso e Pierluigi Bersani vivono il suo schierarsi come un affronto.
Di più, come qualcosa che lambisce pericolosamente la categoria del tradimento.
Roberto Speranza, per dire, lo accusa di essersi schierato con chi lavora alle larghe intese con il nemico Silvio Berlusconi. «Se fossero rimasti nel partito — replica ai vertici di Leu senza esitare un secondo — oggi il Pd sarebbe diverso».
«Lo sanno tutti che ho un ottimo rapporto con Emma. E ottimo pure con Giulio Santagata, ovviamente».
Si può scegliere insomma di sostenere +Europa, oppure la lista ulivista Insieme.
E lei, Professore, voterà per la sua amica Bonino o per Renzi? «Non ci sono solo loro due, c’è anche la lista di Santagata…».
Riformuliamo: voterà per il Pd o per uno dei suoi due alleati di sinistra? «Non so se voterò Pd. Non so chi tra loro sceglierò, lo dirò tra qualche giorno. O forse non lo dirò affatto…»
Insomma, la posizione del professor Prodi per ora è chiara: ritiene sbagliato l’abbandono della coalizione di centrosinistra e del Partito Democratico da parte dei parlamentari come Bersani, Grasso e Speranza e critica il metodo che ha seguito Renzi nella composizione delle liste, sostenendo di non aver ancora scelto chi votare tra PD, + Europa o Insieme.
Il resto è solo propaganda elettorale.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
“ASSUMETEVI RESPONSABILITA’, ANDATE A VOTARE”, L’IMPEGNO POLITICO NON E’ UN LIKE”
“Cari ragazzi italiani, voi non siete stati bravi a nascere in Italia. Non siete stati talentuosi a vivere in una famiglia che vi compra i vestiti e vi manda a scuola. Avete avuto solo fortuna. Il minimo che possiate fare è assumervi qualche responsabilità , compresa quella di votare”.
Il messaggio ai più giovani, Emma Bonino lo rilascia su Vanity Fair.
La rivista ha intervistato la radicale, che guiderà alle prossime elezioni la sua lista +Europa.
Sul settimanale, Bonino ha parlato della sua lotta contro il cancro, ha ricordato il compagno di battaglie, Marco Pannella – “È stato molto amato, da morto. Da vivo, un po’ meno. È stato dileggiato e tenuto distante, come un corpo estraneo” – e ha rivolto un pensiero ai suoi sfidanti, i pentastellati di Luigi Di Maio.
Si legge su Vanity Fair:
“Non apprezzo il programma dei 5 stelle nè la loro presunta democrazia. Non si capisce chi controlla e chi decide. L’impegno politico non è un like. Dobbiamo riportare le persone nelle piazze, recuperare una fisicità che sta sparendo”
Emma Bonino negli ultimi tre anni ha lottato contro un tumore, una battaglia che, dice lei, ha “appaltato” ai medici, affinchè non le impedisse di mettere da parte le altre questioni, quelle che la appassionano da sempre.
“Non sono l’unica vittima di questo mondo. Quando andavo a fare terapie in ospedale, ne ho incontrate molte altre. Ho insegnato a decine di donne a fare il turbante. La parrucca mi prudeva. Hai voglia a mettere la crema. Preferisco questo”
Rilasciare interviste non sembra far troppo piacere alla politica, ma con Vanity Fair si apre, parla del rapporto con il padre, si rimprovera l’incapacità di spiegargli perchè scelse di andarsene di casa: non poteva accettare di rimanere nel paese e sposare il figlio di una famiglia conosciuta, consuetudine, ai tempi, per le ragazze delle famiglie contadine di Bra, in Piemonte.
“Potessi tornare indietro gli direi: ‘Mamma, papà , vi voglio un sacco bene, ma mi state stretti'”.
(da “Huffingtonpost”)
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