Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
ARGOMENTO COMUNE LE SOLITE CAZZATE SULLA CHIUSURA DEI CONFINI E LE RADICI CRISTIANE DI CHI NON LEGGE NEANCHE IL VANGELO… INCASSANO MILIARDI DALL’EUROPA PER POI NON ACCETTARE NEANCHE DI ACCOGLIERE UN PROFUGO ARRIVATO IN ITALIA
“Lotta all’immigrazione incontrollata, difesa delle radici cristiane dell’Europa, revisione dei
trattati europei per dare più sovranità agli Stati sono le questioni che abbiamo discusso stamattina con il premier ungherese Viktor Orbà n, che è anche presidente di turno del gruppo di Visegrad”.
Lo afferma la presidente di fratelli d’Italia e candidato premier Giorgia Meloni al termine dell’incontro di questa mattina con il primo ministro di Ungheria, Viktor Orban. L’incontro, durato un’ora, si è svolto presso la sede del Parlamento Ungherese.
L’Ungheria è il Paese che per primo si ribellò al predominio sovietico sull’Europa dell’est, che per primo abbattè la Cortina di ferro proprio nel nome della libera circolazione delle persone e delle idee e che dopo la caduta del muro di Berlino ha dato il via ad un’interrotta migrazione dei suoi cittadini all’estero, 800.000 solo negli ultimi anni in un Paese di 10 milioni di abitanti.
A 27 anni dalla caduta del muro e della cortina di ferro l’Ungheria dei migranti, prima politici e poi economici, ha costruito un nuovo muro di filo spinato sui suoi confini meridionali, approvato leggi razziste contro i rom, limitato le libertà di stampa, represso l’opposizione, permesso la creazione di milizie filo-naziste e avviato una politica di riavvicinamento alla Russia putiniana, tifando per Donald Trump ma restando ferreamente filo-atlantica e lavorando a demolire i pilastri su cui è stata edificata l’Europa, quellidella libera circolazione degli esseri umani e quelli nuovi come le politiche ambientali.
Orban però vuole — anzi pretende — che l’Europa continui a finanziare munificamente la traballante economia ungherese.
D’altronde è comprensibile che la Meloni preferisca che Orban non accolga neanche un profugo arrivato in Italia, se gli togli i profughi alla Meloni che argomenti restano?
(da agenzie)
argomento: Razzismo | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
LA BATTUTA DI FRANCESCHINI: “IN CINQUE ANNI LA LEGA IN PARLAMENTO SI E’ DISINTERESSATA DELLA CULTURA, DAL CINEMA AI MUSEI”
“Tra un mese sarà già al lavoro il ministro del Tesoro dei Beni culturali, lo chiameremo così. Con la cultura — ha spiegato Salvini — non solo si guadagna ma si danno posti di lavoro.
“Salvini che si occupa di cultura è come Erode che si occupa di asili”. E’ l’attacco del ministro della cultura Dario Franceschini che replica agli annunci del segretario della Lega.
“Peccato che per 5 anni la Lega in Parlamento abbia mostrato il più totale disinteresse per tutte le riforme, dal cinema ai musei, lo spettacolo, l’art bonus che abbiamo approvato”.
E l’interesse di Salvini, aggiunge, “arriva nel giorno in cui abbiamo deliberato al Cipe 740 milioni per i beni culturali, superando i 4 miliardi nella legislatura. E avevamo trovato 37 milioni di euro in tutto”.
Franceschini si riferisce ai soldi stanziati dal Comitato interministeriale per la Programmazione Economica, oltre 360 milioni di euro, per riqualificare 60 siti culturali, tra cui i centri storici di Napoli, Palermo, Cosenza, Taranto, Pompei, Ostia antica e il litorale domizio.
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
2 ANNI E 4 MESI A DANIELE SCINARDI, PERITO INFORMATICO CHE AVEVA ACCUSATO IL MARESCIALLO NUCERA PUR SAPENDOLO INNOCENTE
Condannato e candidato alla Camera. Casapound a Messina punta su Daniele Schinardi, il
consulente tecnico delle intercettazioni finito prima ai domiciliari e poi, nel 2014, in carcere con l’accusa di calunnia aggravata dalle modalità mafiose.
Il processo si è concluso nel febbraio 2015 con la condanna del candidato a 2 anni e 4 mesi di reclusione. In attesa dell’appello, quindi, il Tribunale di Reggio Calabria lo ha giudicato colpevole escludendo però l’aggravante mafiosa per Schinardi.
La storia risale ad alcuni anni fa quando il perito Schinardi ha puntato il dito in un’aula di tribunale contro un maresciallo capo dei carabinieri, Antonio Nucera, accusandolo di aver falsato le prove a carico di Domenico Demetrio Praticò, imputato nel processo antimafia “Piccolo carro” all’esito del quale (Praticò, ndr) è stato condannato a 15 anni e 8 mesi di carcere.
Secondo il pm Sara Amerio, che ha sostenuto in aula l’accusa contro Schinardi, per favorire il suo cliente il perito ha incolpato “il maresciallo capo Antonio Nucera pur sapendolo innocente” e accusandolo “di aver occultato i file relativi a tabulati telefonici acquisiti, omettendo di consegnarli alla difesa di Praticò, che ne aveva fatto richiesta”.
Tutto falso secondo il Tribunale che ha condannato il candidato di Casapound. Nonostante la falsa perizia di Schinardi, infatti, il tentativo di scagionare Praticò non ha retto e la Procura ha dimostrato il coinvolgimento dell’imputato nella vicenda del rinvenimento, il 21 gennaio 2010, di una Fiat Marea carica di armi ed esplosivi lungo il tragitto che a Reggio avrebbe dovuto percorrere l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
In sostanza, le perizie di Schinardi e la sua testimonianza in aula durante il processo “Piccolo Carro” avevano l’obiettivo di screditare l’operato degli investigatori.
Questo non è avvenuto e Schinardi era finito in carcere.
Durante il processo, l’aggravane mafiosa è caduta ma non il reato di calunnia nei confronti del maresciallo che, adesso, deve essere risarcito con 5mila euro da Schinardi.
Il processo d’Appello deve ancora fissato. Intanto il perito calunniatore dei carabinieri si è candidato a Messina con Casapound e, in occasione della presentazione della lista, si è soffermato sull’assenza di sicurezza e certezza della pena che oggi provoca negli italiani una drastica mancanza di fiducia nella giustizia e nelle istituzioni.
“Bisogna tornare — ha affermato nei giorni scorsi Schinardi — ad avere uno Stato presente sul territorio che si faccia carico delle problematiche che derivano dall’ingresso in Italia di nuove mafie straniere in combutta con le organizzazioni criminali Italiane”.
Quello stesso Stato che, almeno in primo grado, lo ha giudicato colpevole.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
FIORAMONTI IL “MINISTRO GRILLINO” CHE BOICOTTA L’AMBASCIATORE ISRAELIANO
Luigi Di Maio ha annunciato ieri che Lorenzon Fioramonti, consulente del MoVimento 5 Stelle per le politiche economiche e candidato a Roma all’uninominale alla Camera, sarà il ministro dello Sviluppo Economico di un eventuale governo a 5 Stelle.
Il docente dell’Università di Pretoria, che abbiamo già avuto modo di ammirare in tutto il suo splendore durante una puntata di Otto e Mezzo ha scritto su Facebook di accettare con orgoglio la candidatura: «Sono cosciente della grande responsabilità che pertiene all’incarico e dell’importanza di un approccio nuovo allo sviluppo sostenibile per il Paese. Finalmente la possibilità di mettere in pratica ricerche che conduco da oltre un decennio».
Fioramonti, che non è un economista, nelle scorse settimane aveva dovuto smentire una serie di voci secondo le quali era al soldo di Soros, dei Rockefeller e di tutta una serie di Poteri Forti.
Pettegolezzi senza fondamento a carattere complottistico. Di tutt’altro tono — e gravità — è invece la questione sollevata oggi dal deputato PD Emaniele Fiano che ha denunciato il fatto che Fioramonti (che lui chiama “Fieramonti”) abbia applicato il “boicottaggio di Israele”. Il canddiato pentastellato si rifiutò infatti, nel febbraio 2016, di partecipare ad un convegno al quale avrebbe parlato anche l’Ambasciatore di Israele.
La notizia è riportata sul quotidiano The Daily Vox che aveva intervistato Fioramonti all’epoca per chiarire le motivazioni che lo avevano spinto a rifiutare di prendere parte al Water Summit 2016.
Fioramonti spiegò che oltre al costo del biglietto che il pubblico avrebbe dovuto pagare per assistere alla conferenza aveva appreso dalla stampa che: «a public official from Israel would be participating on the panel, apparently to present Israel’s advancements in desalination and drip irrigation as a potential best practice for South Africa».
Se da un lato il costo per l’ingresso era visto da Fioramonti come un modo per limitare l’accesso all’evento ai solo benestanti dall’altro il professore dell’Università di Pretoria sottolineava come fosse in atto un boicottaggio accademico nei confronti dei rappresentati di Israele. Boicottaggio che Fioramonti considerava la chiave per poter raggiungere la pace in Medio Oriente.
Fioramonti ritiene che ci siano prove sufficienti che il successo tecnologico israeliano nel campo dell’agricoltura sia in realtà un modo per nascondere il furto di acqua alle comunità palestinesi e spiegava che proprio grazie alla sua decisione di ritirare la partecipazione all’evento il dibattito pubblico sudafricano aveva preso ad interessarsi della situazione. Secondo Fioramonti la partecipazione di Israele al convegno era sospetta, perchè non è l’unico paese arido e semidesertico del Medio Oriente eppure solo gli israeliani furono invitati a parlare.
Alessandro Litta Modignani, Presidente dell’Associazione Milanese Pro Israele (AMPI) e Presidente dell’Unione Associazioni pro Israele (UDAI), ha definito una scelta “pessima, estremista, odiosa” quella di Di Maio di candidare al ruolo di Ministro dello Sviluppo Economico un docente che sostiene il boicottaggio accademico nei confronti di Israele.
Secondo Litta Modignani “si conferma anche da questo episodio il nostro giudizio negativo sul MoVimento 5 Stelle” che viene definito “un partito politico fortemente permeato da pregiudizio e odio contro Israele”
La candidatura a ministro di Fioramonti rischia così di compromettere il percorso di “normalizzazione” della politica estera del M5S. Percorso suggellato ad inizio febbraio, durante un incontro al Link University Campus di Roma, nel quale Luigi Di Maio aveva detto che «Israele deve avere il diritto di vivere in sicurezza, Hamas per noi è una seria minaccia terroristica».
Una frase con la quale il Capo Politico del M5S ha cancellato (o ha sperato di cancellare) posizioni anti-israeliane come quella espressa da Manlio Di Stefano il parlamentare filo-palestinese convinti che Hamas possa essere un interlocutore e qualche tempo fa aveva dichiarato che votando contro alla risoluzione UNESCO su Gerusalemme l’Italia “si fa complice dei danni che Israele sta provocando a monumenti antichi che l’UNESCO non riesce a tutelare per via dell’occupazione israeliana e si fa, infine, complice dell’occupazione stessa e del blocco di Gaza che l’UNESCO ha chiesto di eliminare”.
Di Maio e Di Stefano erano stati i protagonisti di una comica visita in Israele durante la quale avevano lanciato dure accuse, poi smentite dagli stessi Carabinieri, contro le autorità israeliane.
Anche Alessandro Di Battista, qualche anno fa, per giustificare l’uscita improvvida sul “è necessario dialogare con l’ISIS” si era corretto dicendo che “in quel momento non pensavo all’ISIS, pensavo ad Hamas”.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
L’AVVOCATO DELLA MOGLIE: “ERA UNO STALKER, LE FIGLIE ERANO TERRORIZZATE, DIVERSE LE PRECEDENTI AGGRESSIONI”
La tragedia di Cisterna di Latina è cominciata alle 5 di mattina. Quando l’appuntato dei
carabinieri in servizio a Velletri, Luigi Capasso, è rientrato a casa e ha sparato con la pistola d’ordinanza tre colpi allo stomaco della moglie in garage, dove l’aveva aspettata.
L’uomo, poi, le ha rubato le chiavi è salito in casa e si è barricato nell’appartamento tenendo in ostaggio le sue due figlie per ore. Fino al tragico epilogo: prima le ha uccise, poi si è tolto la vita. Le bambine avevano 8 e 14 anni.
La madre e i colleghi dell’uomo hanno tentato di tutto per salvare le bambine. Capasso, per due anni sospeso dal servizio e poi reintegrato, era in causa di separazione dalla moglie da anni. Si racconta fosse legatissimo alle figlie.
La moglie, un’operaia dello stabilimento Findus di Cisterna è stata trasportata in gravissime condizioni con l’eliambulanza all’ospedale San Camillo di Roma. “È stato mio marito”. Questo ha detto Antonietta Gargiulo ai vicini di casa che l’hanno soccorsa
“Temiamo il peggio ma non abbiamo ancora notizie definitive”. Aveva detto il comandante provinciale dei carabinieri di Latina, il colonnello Gabriele Vitagliano, rispondendo alle domande della stampa durante le trattative per liberare le bimbe.
Le figlie erano terrorizzate dal padre. Lui era uno stalker”. Così il legale di Antonia Gargiulo, moglie dell’appuntato scelto Luigi Capasso che ha ucciso le figlie e si è suicidatoà
“Avevo incontrato le bambine qualche tempo fa ed erano terrorizzate dal padre”. Lo ha detto all’Adnkronos Maria Belli, avvocato di Antonia Gargiulo, moglie dell’appuntato scelto Luigi Capasso, che questa mattina presto ha sparato alla donna, che aveva avviato la separazione, con la pistola d’ordinanza ferendola gravemente
“La situazione tra la coppia era tesa e la situazione si era per così dire aggravata quando a settembre lui ha aggredito la moglie davanti alla Findus, suo luogo di lavoro, tanto che sono dovuti intervenire i colleghi di lei a sua difesa. Ed in precedenza l’aveva aggredita anche a casa davanti alle bambine. – ha proseguito Belli – Dopo l’episodio di settembre lei ha deciso di separarsi e lui andò via da casa. Si sono susseguiti diversi tentativi di riavvicinamento ma tutti vani”.
“Lui si faceva trovare sotto casa, la seguiva, uno stalker insomma – ha detto ancora Belli – cercava di incontrarla, ma lei, anche su mio consiglio, ha sempre rifiutato tutti gli incontri. Anche quando lui ha svuotato il conto corrente comune e disse che le avrebbe dato i soldi se acconsentiva ad incontrarlo. Mai avvenuto. E’ sempre stata attentissima, molto prudente”.
(da agenzie)
argomento: violenza sulle donne | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
LA STRANA LEGALITA’ DELL’EX PREMIER: LA PROF ERA FUORI SERVIZIO E RISPONDERA’ DA PRIVATA CITTADINA, NON COME I SINDACI CHE HANNO EMANATO ORDINANZE DA GALERA NELL’ESERCIZIO DELLE LORO FUNZIONI… MATTEO COME DON ABBONDIO: SE UNO IL CORAGGIO NON L’HA…
Lavinia Flavia Cassaro è l’insegnante di Torino che giovedì scorso è stata filmata e fotografata mentre inveiva contro il cordone di sicurezza predisposto dalla questura di Torino per impedire a 500 antagonisti «antifascisti» di raggiungere l’hotel dove era in corso il comizio del leader di CasaPound, Simone Di Stefano.
Lei è stata immortalata in un servizio di Angelo Macchiavello per Matrix in cui urlava “vigliacchi, dovete morire” all’indirizzo della polizia: il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi ne ha chiesto il licenziamento.
Nel video Lavinia Flavia Cassaro parla anche con Machiavello: «Sì, è triste augurare la morte a un poliziotto ma non ho sbagliato. Io mi potrei trovare con il fucile in mano a lottare contro questi individui», dice all’intervistatore che le chiede conto del suo comportamento.
Scrive oggi La Stampa che lei ieri ha risposto così su Facebook a Renzi: «Meno male che Renzi c’èeeeee! Lei, caro Matteo, ancora si affanna per cercare di sembrare un sincero democratico di sinistra? Licenziamento immediato per un’insegnante (antifascista), giustamente delusa dal sistema statale, per il vilipendio quotidiano nei confronti della Costituzione, per le connivenze, ma soprattutto le pratiche fasciste, in questo Paese».
E ancora: «un’insegnante deve essere valutata per la passione, l’amore e la cura che mette nel proprio lavoro e verso i propri studenti e studentesse. A me queste cose, di certo, non mancano».
Poi, rivolgendosi ancora a Renzi, tirando in ballo la Buona Scuola: «Ma lei non vuol brave insegnanti. Solo marionette ubbidienti e fedeli alle proprie dirigenze». Presidi sceriffi, va da sè.
Poi, a difesa dei suoi insulti: «Oltre che un’insegnante, sono una persona e sono antifascista. Non mi vergogno della sana rabbia che tutta questa incomprensibile indifferenza scatena nel mio cuore e nella mia mente. Credo che “Se i giusti non parlano, hanno già torto”».
Lavinia Flavia Cassaro è certa di svolgere bene il suo ruolo: «Il fascismo si combatte, finchè si è in tempo, sul piano culturale e della formazione plurale degli uomini e delle donne. Ed è questo che io cerco di fare, ogni giorno, nel mio lavoro. I miei studenti e le mie studentesse lo sanno. Non faccio propaganda politica a scuola».
Il suo caso è finito, oltre che sul tavolo dei pm torinesi, anche su quello della ministra dell’istruzione, Valeria Fedeli, che ha chiesto chiarimenti all’ufficio di gabinetto sulla posizione della maestra: «Abbiamo attivato l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte – spiegano a Repubblica dal Miur – Il direttore Manca sta acquisendo dalla scuola della docente ulteriori informazioni per avviare i necessari approfondimenti».
Vale la pena ricordare:
1) Siamo distanti e distinti dalla prof., ma Lavinia ha diritto di pensarla come le pare quando è fuori dall’ambito scolastico e agisce da privata cittadina. E come tale risponde eventualmente del reato di ingiurie o quanto altro dovesse prevedere il suo comportamento.
2) Renzi è l’ultima persona al mondo che può permettersi di auspicare il licenziamento, su queste basi ridicole, di una docente per fatti che esulano dall’ambito istituzionale dell’insegnamento stesso. Chi ha permesso decine di delibere razziste, regolarmente dichiarate discriminatorie dall’autorità giudiziaria e di controllo sugli atti degli enti locali, da parte di sindaci xenofobi senza aver MAI PROVVEDUTO A COMMISSARIARE I COMUNI come previsto dalla legge dovrebbe avere il buon gusto di tacere. Renzi porta la responsabilità politica di aver omesso di intervenire a difesa dell’art 3 della Costituzione.
3) I sindaci suddetti , a differenza della prof, hanno agito approfittando e vestendo i “loro panni istituzionali”, cosa ben più grave e perseguibile, non da privati cittadini.
4) Renzi si autodenunci pertanto da solo per omissione d’atti d’ufficio: una docente (come un sindaco) vanno valutati ed eventualmente sanzionati solo per atti inerenti al ruolo che svolgono.
argomento: Renzi | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
UNO CHE HA RIFIUTATO IL POSTO SPIEGA COME E’ ANDATO IL CASTING M5S
Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa racconta una serie di retroscena comici dietro la
presentazione della lista dei ministri M5S via mail al Quirinale che Di Maio ha fatto ieri:
«Lo dico senza puzza sotto il naso nè pregiudizi: lo standard della definizione di questa lista di ministri è stato pari all’organizzazione di una partita di calcetto tra ubriachi».
Così scherza uno dei «competenti della società civile» contattato da Luigi Di Maio per entrare nel «fantastico team».
Il capo politico del Movimento 5 Stelle gioca nell’ultima settimana la carta della squadra di governo con due obiettivi: accreditarsi come l’unico vero candidato premier, simulando non senza forzature un sistema presidenziale; spostare attraverso nomi qualificati e identitari una quota di voti marginali, decisivi nei collegi uninominali.
L’idea era comporre il mosaico per intercettare diverse categorie di elettori: delusi di sinistra, giovani, donne, ambientalisti, professori, establishment.
Operazione non del tutto riuscita, forte la sensazione dello scivolamento sulle seconde linee.
Per giorni è andato in scena il remake della caccia all’assessore della giunta Raggi, a quasi due anni di distanza.
I testimoni raccontano di intermediari improvvisati, approcci sbrigativi, convocazioni da agenzia di lavoro interinale («Lei si deve presentare oggi alle 2». «Ma da chi, scusi?»), una certa opacità nelle comunicazioni: impossibile sapere gli altri nomi della squadra, consegna assoluta del silenzio, divieto di porre domande o condizioni.
Il che, a dispetto della personale cortesia e della buona impressione suscitata da Di Maio nei colloqui, ha indotto parecchi a defilarsi.
O per lo meno a temporeggiare, in attesa degli incerti sviluppi della legislatura.
L’ultimo rifiuto, ieri, è arrivato da Guido Bagatta, giornalista e commentatore (Mediaset, Radio Deejay), con un criptico comunicato ufficiale: «Mancano le condizioni». Era stato Davide Casaleggio, conosciuto a un convegno sul web marketing, a propiziare il contatto con Di Maio. Si videro «piacevolmente», da cosa nacque cosa.
Due giorni fa sembrava fatta, poi la retromarcia: una discesa in campo a pochi giorni dalle elezioni avrebbe comportato incompatibilità professionali, col rischio di finire in fuorigioco in caso di diverso esito elettorale.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
LE RAGIONI DI CHI HA ACCETTATO E I MOTIVI DI CHI HA RIFIUTATO
Lorenzo Fioramonti, Pasquale Tridico e Sergio Costa seguiti da Giuseppe Conte e Alessandra Pesce. Più Alfonso Bonafede e Danilo Toninelli.
Questi alcuni dei nomi della lista dei ministri anticipata via mail da Luigi Di Maio al Quirinale e presentata da Giovanni Floris a DiMartedì con un’operazione di marketing elettorale dal MoVimento 5 Stelle senza alcun valore dal punto di vista giuridico perchè i ministri vengono nominati dal presidente della Repubblica su proposta della presidenza del Consiglio.
In tv ad accompagnare Di Maio sono andati Fioramonti, Pesce, Tridico e Conte: via mail al Quirinale invece sono stati inviati diciassette nomi, tra cui quelli dei ministeri chiave che per ora restano scoperti.
L’economista della scuola Sant’Anna Andrea Roventini dovrebbe comunque accomodarsi, secondo i desiderata di Di Maio, sulla poltrona di via XX Settembre mentre Tomaso Montanari è stato di nuovo contattato per i Beni Culturali ma senza esito.
Quelli che hanno accettato di mostrarsi con Di Maio in tv sono il docente di Roma Tre Pasquale Tridico, che per mostrarsi diverso da un altro “tecnico” come Elsa Fornero dice: «Gli autori stessi della legge Fornero hanno iniziato a cambiarla. Mi sembra ragionevole che una persona, dopo aver lavorato 40 anni, possa andare in pensione» (ma, da ministro del Welfare “in pectore”, non risponde sulle coperture); la dirigente del Crea, l’ente di ricerca del ministero dell’Agricoltura, Alessandra Pesce, proposta da Di Maio per la guida di quello stesso ministero (ora è a capo della segreteria tecnica del viceministro Andrea Olivero).
Mentre per la Pubblica Amministrazione (che con i 5 selle dovrebbe chiamarsi ministero della deburocratizzazione e della meritocrazia) c’è il giurista Giuseppe Conte, che ad Annalisa Cuzzocrea su Repubblica promette internet gratis alle famiglie:
«I 5 stelle — racconta — li ho conosciuti quattro anni fa. Dissi che non li votavo, mi risposero: meglio».
Perchè l’avevano cercata?
«Mi chiesero se ero disponibile a farmi nominare nell’Organo di autogoverno della giustizia amministrativa. Dandomi piena indipendenza».
Lei è di sinistra
«In passato ho votato a sinistra. Oggi penso che gli schemi ideologici del ‘900 non siano più adeguati. A fronte di una realtà ormai globale e delle tante povertà , diseguaglianze e sofferenza sociale esistenti, credo sia più importante valutare l’operato di una forza politica in base a come si posiziona sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. E sulla sua capacità di elaborare programmi utili ai cittadini
Il conduttore tv Guido Bagatta ha invece fatto sapere di aver detto no al dicastero dello Sport «per motivi temporali».
Anche Damiano Tommasi ha rifiutato una poltrona dal M5S e come lui avrebbero fatto Marianna Mazzucato, economista neokeynesiana che aveva partecipato a un convegno del M5S, e di Pierluigi Ciocca, ex vicedirettore della Banca d’Italia. Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa racconta le modalità degli altri no:
Un collega che lo conosce bene sorride: «Non ci avrei creduto nemmeno se lo avessi visto con i miei occhi». Anche Marcello Minenna, alto dirigente Consob, nemico giurato dell’ex presidente Vegas, molto stimato dai Cinquestelle, ha risposto con prudenza.
Scottato dalla fugace e velenosa esperienza nella giunta Raggi (ne ha scritto un libro, ancora in bozze) e teme il bis, sebbene l’ambizione non gli difetti. L’ambasciatrice Laura Mirachian ha rifiutato la Farnesina. Per la Giustizia, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha fatto sapere che non ha nessuna intenzione di buttarsi in politica, ritiene che nessuna maggioranza parlamentare sia in grado di applicare il suo programma.
Salvatore Settis, accademico dei Lincei ed ex direttore della Normale di Pisa, ha declinato l’invito a fare il ministro dell’Istruzione.
Per i Beni culturali hanno detto no Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino, e Maria Pia Guermandi, archeologa dell’Istituto Beni Culturali dell’Emilia Romagna, punto di riferimento per associazioni che si battono per la tutela del paesaggio (Italia Nostra, Emergenza Cultura) e contro le riforme Franceschini.
Tomaso Montanari invece ha chiesto a Di Maio precise garanzie sul vincolo di mandato e sull’immigrazione, chiedendo al capo politico di scongiurare la possibilità di un governo con le destre.
E Di Maio non si è fatto più sentire con lui.
Tra i presentati c’è Sergio Costa, generale dei carabinieri, impegnato nella lotta ai crimini ambientali e contro le ecomafie nella Terra dei Fuochi. È stato comandante regionale in Campania del Corpo forestale dello Stato, fino allo scioglimento del corpo stesso nel 2016. Ha preso una licenza fino al 6 marzo «Non fa parte del Movimento ma è patrimonio del Paese», ha detto Di Maio.
Poi c’è Alessandra Pesce, dirigente del ministero e membro della segreteria tecnica del viceministro Andrea Olivero.
È inoltre membro del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (Crea) e ha curato alcune edizioni del Rapporto di Stato sull’Agricoltura.
C’è Giuseppe Conte, che è anche membro del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa che ha presieduto la commissione del Consiglio di Stato che ha «destituito» Francesco Bellomo, finito nella bufera per i corsi per magistrati conditi da avances e minigonne.
Tridico, in un’intervista rilasciata alla Stampa, promette una revisione robusta per il Jobs Act e il congelamento della riforma Fornero:
«È urgente invertire le politiche di estrema flessibilizzazione del mercato del lavoro approfondite di recente dal decreto Poletti sui contratti a tempo determinato e dal Jobs Act. Le evidenze empiriche mostrano che sono i Paesi con mercati meno flessibili a presentare le migliori performance in termini di produttività del lavoro in Europa».
Più rigidità ? Cioè vuole smantellare quello che è stato fatto fino a oggi. A partire dal Jobs act
«La priorità è la revisione del decreto Poletti sui contratti a tempo determinato che oggi permette alle imprese di rinnovare quelli a termini fino a 5 volte per un massimo di 36 mesi senza indicarne la ragione. Inoltre la deroga del 20% dei contratti a tempo determinato è aggirata grazie alle troppe deroghe. Dobbiamo ridurre questa discrezionalità esagerata»
Reintroduzione dell’articolo 18?
«Valuteremo se tornare alla disciplina precedente per le imprese sopra i 15 dipendenti, per quelle sotto non c’era prima e non crediamo sia utile».
Andrea Oliviero, viceministro alle politiche agricole, rivela invece quanto ha detto a Pesce, che l’aveva informato della possibilità : «Guardi, ho solo detto ad Alessandra di pensarci bene perchè ero, e sono ancora preoccupato, che il Movimento 5 Stelle possa sfruttare nel breve periodo la sua competenza e il fatto che arrivi dalla società civile e poi si dimentichi di lei».
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
“A LIBERARE LE STRADE C’ERANO SOLO I NOSTRI MEZZI”
«Unità di crisi Roma capitale contatta PELETTO Srl per sevizio urgente di sgombero neve…
CERCASI AUTISTI CON PATENTE B o. C. disponibili con partenze da Canale DOMENICA 25/02/2018 alle ore 18:00»: comincia così l’avviso pubblico su Facebook postato sabato 24 febbraio, prima della nevicata programmata per lunedì, dalla ditta che si è occupata di fornire alla città spazzaneve e spargisale.
Senza un responsabile a tempo pieno della Protezione civile comunale (lo fa part-time il comandante dei vigili urbani) e senza investimenti sulla manutenzione dei mezzi, ricorda oggi Mauro Evangelisti sul Messaggero, il Comune si rivolge a una ditta in Piemonte, una impresa specializzata in interventi sulla neve, un anno fa era anche sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano.
La storia raccontata ieri dal Campidoglio era leggermente diversa: «La ricerca dei mezzi disponibili sul mercato, alle condizioni più vantaggiose possibili, è partita con largo anticipo: venerdì erano già pervenute le prime offerte di disponibilità , sabato è stato confermato l’ordine e domenica sono arrivati i primi mezzi».
«Mi hanno contattato venerdì sera e domenica, prima della nevicata sono riuscito a mandare i primi spazzaneve-spargisale, dieci, che sono serviti per sgomberare la neve. Gli altri, arrivati dopo, servivano a spargere sale. Però non è vero che i mezzi non andassero bene per liberare la neve in pianura, poi è la lama al fondo che porta via la neve. A liberare le strade c’erano solo il nostrimezzi», dice il titolare dell’impresa Stefano Peletto al Messaggero.
Così sono arrivati i potenti mezzi antineve che il Comune di Roma ha poi messo in campo con il vanto della maggioranza M5S in Campidoglio.
E i costi? Ieri il Comune ha voluto smentire le cifre circolate nei giorni parlando di 500mila euro di spesa totale.
Ma il contratto non era per 30 mezzi, con un costo di 900 mila euro più Iva? «Sì,però ora stiamo ricalcolando il costo finale — spiega Peletto — tenga conto che ci hanno chiesto di lasciare gli spazzaneve fino a giovedì, non siamo riusciti a spedirne 30, ma 18 in totale, perchè gli altri 8 sono arrivati lunedì e hanno sparso il sale sulle strade. Molti li hanno confusi per i mezzi dell’esercito, perchè sono verdi. Eravamo noi. Ripeto: rispetto ai 900 mila euro più Iva, rivedremo la cifra per i mezzi realmente utilizzati e perchè alcuni non andavano bene o, più correttamente, non hanno fatto tutto il servizio».
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Roma | Commenta »