Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
GHEDINI E BRUNETTA RIVELANO: “BERLUSCONI HA REAGITO QUANDO HA SAPUTO CHE SALVINI HA GARANTITO A DI MAIO UN PATTO DI NON BELLIGERANZA PER LE ELEZIONI EUROPEE, RINUNCIANDO DI FATTO AL PROGETTO CENTRODESTRA”… GIORGETTI ORA TEME “CHE BERLUSCONI CI SCATENERA’ CONTRO TV E GIORNALI”… TRANQUILLO, CI PENSERANNO GLI ITALIANI A CACCIARVI CON I FORCONI
L’alleanza tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è tutt’altro che “contingente”.
Il leader della Lega, infatti, nonostante i sondaggi dicano che nel giro di sei mesi con i centrodestra unito potrebbe raggiungere la maggioranza assoluta, scrive Augusto Minzolini sul Giornale, preferisce “sposarsi” con il grillino.
“La verità è l’analisi di Renato Brunetta è che questa è un’alleanza strutturale, un nuovo polo: il Pup, polo unito dei populisti. E noi dovremo inventarci qualcos’altro”.
Niccolò Ghedini conferma: “Sapevamo che Salvini quest’operazione la meditava da tempo. Addirittura nel contratto c’è un punto in cui i due partiti siglano una sorta di patto di non aggressione: si impegnano, già per le elezioni europee, al reciproco rispetto. E cos’è questo, se non un tradimento del centrodestra?!”.
Così, alla fine, conclude Minzolini “arriva giustamente l’accusa di tradimento, quella che Salvini avrebbe voluto ad ogni costo evitare.
Suffragata dalla dichiarazione di Di Maio: “Salvini non ci ha chiesto di inserire alcuna norma in rappresentenza dei suoi alleati e, come riporta il Corriere della Sera in un retroscena, per Berlusconi (ma anche per la Meloni) è la “pistola fumante” che prova il suo “tradimento”.
E ora nella Lega c’è il timore che il Cav possa mettergli contro le tv e i giornali. Del resto il centrodestra è a un passo dalla rottura definitiva. L’ambizione di Salvini è di riuscire nel giro di due anni a superare il berlusconismo e a pareggiare nei consensi il Movimento cinque Stelle.
Berlusconi lo sa e per questo si augura che il governo giallo-verde fallisca.
Giancarlo Giorgetti, scrive Francesco Verderami, avrebbe detto: “Forza Italia ci addosserà la responsabilità della rottura” e “Berlusconi ci metterà contro i suoi giornali e le sue tv”,
E ora Salvini isolato rischia di andarsi a schiantare.
(da agenzie)
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Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
VALERIO TACCHINI: “LA MIA AMICA ROSI MAURO MI AVEVA AVVERTITO DI STARE ATTENTO A SALVINI”
Valerio Tacchini, notaio anche dell’Isola dei Famosi, ieri ha certificato il voto su Rousseau che ha dato il via libera plebiscitariamente al contratto Lega-M5S.
Tacchini, candidato con il M5S nel collegio 1 di Milano e non eletto, non sembra entusiasta dell’accordo raggiunto e punta il dito in particolare contro il leghista Claudio Borghi e la sua performance sul Monte dei Paschi di Siena:
«Si farà un governo con la Lega che dura quattro mesi e tutti a casa».
Perchè è così pessimista?
«Perchè hanno programmi diversi, strategie diverse, come mettere un carnivoro e un vegetariano in cucina, vien fuori un minestrone».
Indigeribile per chi?
«Per il Movimento innanzitutto, che corre il pericolo di snaturarsi e farsi molto male. Io parlo da esterno: per me non si dovevano fare alleanze».
Un esterno qualificato, visto che è amico di Grillo ed è stato candidato alle politiche coi 5S. Quale rischio intravede?
«Un governo con 6 voti di scarto al Senato è un azzardo, ti possono far cadere quando vogliono».
Non si fida della Lega?
«Ma ha visto Borghi che con le sue uscite su Mps ha bruciato 90 milioni? Quelli son tutti soldi nostri, eh. Siamo in mano a ‘ste persone»
Di Maio ha commesso errori?
«Io al tavolo ci avrei messo gente più esperta, gli storici del Movimento, invece c’era Spadafora che sta lì da poco, Casalino che non è neanche un politico».
Pensa che il leader del Carroccio stia giocando sporco?
«Lui secondo me è furbissimo e ci farà schiantare, mentre noi siamo in buona fede. D’altronde la mia amica Rosi Mauro mi aveva avvertito di stare attenti a Salvini. Speriamo…»
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
INCONTRO DOMANI CON SALVINI, SALGONO QUOTAZIONI DI CONTE E FRACCARO
È a Ivrea, terra tanto cara a Gianroberto Casaleggio, che Luigi Di Maio dice in chiaro quel che è filtrato
nelle scorse ore.
Quasi tradendosi di fronte ai cronisti che gli chiedono seccamente quanto gli sia costato il passo indietro: “Non era una questione personale. Mi sembra di averlo dimostrato”.
L’abbandono del presente, del periodo ipotetico nella costruzione delle frasi, non è un lapsus. Poco dopo, davanti alle telecamere che lo assaltano, pondera la battuta: “Ragazzi, potete fare tutti un passo indietro? L’ho fatto pure io”.
La giornata passa tra il Piemonte, Imola, Ancona e una fitta girandola di telefonate con Matteo Salvini.
Il punto di caduta è vicinissimo. Gli indizi portano a Giuseppe Conte, professore amministrativista, già indicato nel fantagoverno pre elettorale come ministro alla Pubblica Amministrazione.
“D’altronde nella nostra squadra presentata prima del voto è l’unico che può farlo”, commenta chi è stato con lui nelle ultime ore, depennando con decisione, Andrea Roventini, ministro ombra pentastellato dell’Economia.
I due leader dovrebbero registrare l’intesa definitiva domenica. “Noi un buco di qualche ora ce l’abbiamo – spiega lo staff del capo politico M5s – vediamo che succede”. In effetti tutti gli indizi portano a domenica mattina, e prendono la strada dell’Abruzzo, dove approderà il pulmino 5 Stelle.
Anche dal Carroccio filtra che sarebbe proprio domani il giorno buono. Ed è lì che Di Maio proverà un ultimo assalto. Provare a forzare la mano su un nome politico. Malgrado le ultime dichiarazioni, insisterà ancora sul suo nome, ma anche le quotazioni di Riccardo Fraccaro sono in salita.
Più di quelle di Alfonso Bonafede, molto più di quelle di Emilio Carelli e Vincenzo Spadafora, questi ultimi due affossati dai mugugni di chi, nel Movimento, li ritiene “ultimi arrivati”.
Domenica notte tutti gli stati maggiori convergeranno su Roma, preallertati dai capi politici in vista di una possibile convocazione al Quirinale.
Venerdì sera Di Maio ha fatto il punto con Davide Casaleggio.
Un vertice a tre, insieme proprio a Fraccaro, in un ristorante di Ivrea. È lo stesso figlio del co-fondatore che arriva all’hotel, saluta i due e li carica in macchina, destinazione cena.
Il leader stellato ha illustrato davanti a un risotto alle erbe lo stato dell’arte e l’avanzamento della trattativa con i leghisti, definiti pubblicamente come “leali”, spiegando, con evidente riferimento a Silvio Berlusconi, che “non hanno mai chiesto niente per terzi al tavolo delle trattative”.
Ottenendo il pieno sostegno dell’amministratore di Rousseau. Anche il portale è stato a tema della serata. Tra le nuove implementazioni del prossimo futuro e la soddisfazione dei 44mila votanti, “il numero più alto in una votazione tenuta in un unico giorno”.
Di mattina, davanti agli attivisti, lo spartito cambia, con il leader che davanti agli attivisti e al candidato sindaco eporediese torna sulla musica del “non so se farò il premier”, e Casaleggio che dice che il suo “premier ideale è Luigi Di Maio”. La chiusura è comunque a un passo.
Nonostante l’estremo tentativo di una militante del Pd che distribuisce volantini a un gazebo di Ivrea: “Ciao Di Maio, ci facciamo un selfie?”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
RINVIATO IL NODO SEGRETERIA-CONGRESSO…PD DIVISO, PARTE DELL’ASSEMBLEA ACCLAMA MARTINA
È il giorno dell’assemblea nazionale del Pd con il partito che si presenta diviso.
Un segnale che all’interno del Pd si è cercata una mediazione fino all’ultimo, è che i lavori sono cominciati con un ritardo di più di un’ora e mezza. A prendere la parola per primo è stato il presidente Matteo Orfini, non Matteo Renzi come era previsto.
Con un voto a maggioranza l’assemblea Pd ha deciso di cambiare l’ordine del giorno e non discutere oggi sulla guida del partito e il congresso, ma rinviare a una successiva riunione.
Sono stati 397 i voti a favore, 221 i contrari e sei gli astenuti.
Contro la proposta si sono levate proteste dalla platea, che in precedenza aveva fischiato. “Capiamoci, anche basta”, ha detto Orfini a chi lo interrompeva. L’assemblea si è poi aperta con la relazione di Maurizio Martina.
Niente da fare dunque per i sostenitori del reggente Martina che avevano raccolto le firme a un ordine del giorno per il congresso anticipato, ma con l’elezione del segretario in assemblea “per non lasciare il partito senza guida in una fase delicata per il Paese”.
Il documento prevedeva che si procedesse “all’elezione di un segretario in Assemblea ai sensi dell’articolo 3 comma 2 dello Statuto nazionale del partito” e “di riconvocarsi per procedere all’indizione del congresso anticipato che si dovrà svolgere entro quest’anno”.
La relazione di Martina. “Cari Di Maio e Salvini voi non arrivate dal futuro, voi state riportando l’Italia nel passato e noi non ve lo consentiremo. Altro che governo del cambiamento. Questa è la restaurazione”, dice Martina dal palco dell’assemblea Pd.
Il reggente spiega: “Quale idea di democrazia hanno M5S e Lega, se riducono tutto a un contratto di natura privatistica? Mai l’Italia ha visto una cosa simile”. Martina aggiunge: “Rimango convinto che fosse giusto sfidare il M5S in un confronto di merito: avremmo evidenziato le contraddizioni”.
“Vi ringrazio per la vostra presenza qui, ora è il momento di far fronte alle sfide politiche e a quelle del lavoro, come ci testimoniano le recenti morti bianche. – prosegue -. C’è qualcosa di molto profondo che dobbiamo capire per costruire l’alternativa”.
Sulle future decisioni del partito, Martina spiega: “Faremo un congresso anticipato, chiedo di poter lavorare insieme a tutti voi per portare in maniera unitaria, forte, al congresso, senza la fatica dei detti e non detti che hanno generato ambiguità . Non ho l’arroganza di fare questo lavoro da solo. So che nella transizione questo mestiere si fa così. Ma se tocca a me, anche se per poche settimane, tocca a me. Ve lo chiedo con la massima sincerità . Tocca a me con tutti voi”.
“Il congresso può essere la grande occasione per noi, così le primarie, guai se vi rinunciassimo – continua -. Ma credo che non ci basta una domenica ai gazebo, abbiamo bisogno di un congresso profondo, costituente. Ma profondità e apertura si tengono. E si può fare anche superando tante diversità che ci attraversano, e lo si fa nella consapevolezza che non si debba essere autoreferenziali”.
“Occorre ricordare le ragioni fondative del Pd – prosegue -. Non credo che il Pd debba essere superato, che si debba andare oltre o indietro. Chiedo in un nuovo centrosinistra alternativo a Lega e M5s e alternativo a Fi. Una delle ragioni di questi problemi politici che l’Italia vive oggi è nelle responsabilità di FI ad assecondare quei populismi”.
“Quando dico collegialità – dice ancora Martina – so benissimo che costa fatica. Ma so che questo è il lavoro da fare. Se tocca a me questo lavoro lo faccio assieme a tutti, e introduco anche novità nei gruppi dirigenti. Non per rivincite, ma nella consapevolezza che in una situazione difficile così di deve fare. Se avete voglia questo lavoro lo facciamo insieme”.
Nel passaggio finale dell’intervento del reggente, che dice “tocca a me, tocca a me”, una parte della platea lo applaude fragorosamente e lo acclama: “Segretario, segretario”. Sono per lo più gli stessi delegati, in prevalenza della minoranza, che avevano votato contro l’inversione dell’ordine del giorno per rinviare la discussione sulla segreteria.
Discussione se votare o meno la relazione di Martina. Ancora non si sa se la relazione del reggente Martina sarà messa in votazione al termine dell’assemblea. A quanto si apprende, un primo accordo prevedeva il voto sulla relazione, con i passaggi sull’opposizione a M5s e Lega. Ma alla fine la scelta potrebbe essere quella di chiudere l’assise senza un voto. Non solo, infatti, trapela il malumore dei renziani per alcuni dei passaggi della relazione, ma c’è anche il fatto che alcuni dei delegati stanno lasciando l’assemblea dopo che si è capito che non si voterà oggi sul nuovo segretario. Ad ogni modo dal banco della presidenza viene annunciato: “Al termine degli interventi si voterà la relazione di Martina”.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL DELEGATO DEL COMITATO TAV FRANCESE
Stèphane Guggino è il delegato generale del comitato per la Transalpina, che riunisce tutti gli attori,
pubblici e privati, della TAV francese.
In un’intervista rilasciata oggi a Francesca Pierantozzi per il Messaggero si scaglia contro le ipotesi di ridiscussione del progetto dell’Alta Velocità Lione-Torino.
Nel contratto di governo Lega e 5 Stelle s’impegnano a ridiscutere integralmente il progetto della Linea ad Alta Velocità Lione-Torino. C’è spazio per nuove discussioni?
Intanto bisognerebbe chiarire se si parla del tunnel internazionale o delle vie di accesso al tunnel. Sinceramente non si capisce. Per il momento noto che la chiusura del cantiere che si evocava in un primo momento non c’è più. E’ già un passo avanti. Esistono dei trattati internazionali che sono stati firmati dall’Italia e dalla Francia. Non vedo davvero che cosa ci sia da discutere.
Per uscire dalla TAV l’Italia dovrebbe pagare?
Se mai l’Italia dovesse ritirarsi, sarebbe una pessima notizia innanzitutto per l’economia, per l’occupazione e per l’ambiente. Ricordiamo che l’essenziale di questo progetto è far circolare le merci sui binari e limitare il traffico dei mezzi pesanti, altamente inquinanti. E ricordiamo che si tratta di un progetto europeo, no soltanto franco-italiano. Poi naturalmente si può sempre discutere e dialogare. Mi sorprende che questa coalizione, eletta anche per mettere fine agli sprechi, pensi di buttare via un miliardo e mezzo di euro già spesi, 23 chilometri di tunnel già scavati e anche 800 posti di lavoro. Non portare a termine questo cantiere sarebbe il più grosso degli sprechi. Non mi pare coerente.
Poi c’è anche la questione della credibilità
Sicuro. E del prezzo da pagare. Quando si costruisce un progetto tra partner — in questo caso Francia, Italia e Europa — è difficile immaginare che ci si possa ritirare unilateralmente dal progetto senza rispettare gli impegni. Mi pare ovvio che ci saranno somme da rimborsare, soldi per chiudere i cantieri e ripristinare le aree, licenziamenti da fare.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
SINO A 20.000 EURO SI PAGHEREBBERO PIU’ TASSE… VANTAGGI DA 35.000 EURO IN SU… IL CETO MEDIO DOVRA’ CACCIARE 60.000 EURO PER FARE PAGARE MENO TASSE AI RICCHI… SOLO UN LEGHISTA CONDANNATO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA POTEVA PROPORRE UNA STRONZATA DEL GENERE SENZA COPERTURE
La flat tax? Sarà solo per pochi.
Cifre alla mano la riforma fiscale messa a punto da Lega e 5 Stelle avvantaggerà solo i redditi più alti e non comporterà alcun tipo di vantaggio per quelli più bassi.
Secondo uno studio di Lef, Associazione per la legalità e l’equità fiscale, infatti, solo 4 contribuenti su 10 avranno uno sconto significativo sulle tasse per effetto di questa riforma: si tratta di circa 16,4 milioni di persone su un totale di 41 milioni.
Ad essere esclusi da ogni tipo di beneficio sarebbe chi dichiara meno di 20 mila euro l’anno, mentre il vantaggio inizia a prendere consistenza solo dai 35 mila in su (4,9 milioni di contribuenti) per diventare poi molto importante sopra quota 100 mila.
Come cambia il prelievo
Il meccanismo della tassa piatta prevede due sole aliquote fiscali contro le cinque attuali (che vanno dal 23 al 43%): la prima è fissata al 15% per redditi sino a 80 mila euro, mentre la seconda (da 80 mila euro in su) è stata fissata al 20%.
Al posto dell’attuale sistema di detrazioni e deduzioni che verrebbe cancellato, e che in base alle dichiarazioni del 2016 valgono rispettivamente 67,6 e 35 miliardi di euro, vengono introdotte due nuove tipologie di deduzioni in maniera tale da assicurare una certa progressività all’intero nuovo sistema di prelievo.
La prima deduzione è di tipo personale ed è pari a 3 mila euro per ogni componente del nucleo famigliare sino a un reddito complessivo di 35 mila euro l’anno, mentre la seconda vale per i soli carichi di famiglia a cui avrebbero diritto i contribuenti con famigliari a carico che dichiarano un reddito compreso fra 35 mila e 50 mila euro. Sopra i 50mila euro non vi sarebbe invece alcuna deduzione.
Molto probabile che resti il bonus da 80 euro. Verrebbe poi confermata l’attuale no tax area a favore dei redditi più bassi. E comunque, a tutela di tutti una clausola, è prevista una specifica clausola di salvaguardia per evitare a tutti anche il minimo aggravio di imposta.
Sino a 20 mila euro, infatti, la flat tax in via teorica produce un aumento delle tasse: chi oggi dichiara sino a 7.500 euro, secondo le simulazioni di Lef, pagherebbe 551 euro anzichè 58, a 10 mila se ne dovrebbero versare 876 anzichè 106, a 20 mila 2.405 invece di 2.265.
Di qui in avanti poi la curva si inverte, le cose cambiano: e così con 30mila euro di reddito si risparmiano 1.662 euro di tasse all’anno (se si dovranno versare 3.874 euro anzichè 5.536), a 40mila il risparmio sale a 3.457 euro, a 50 mila si arriva a 6.062, con 75 mila a 11.591, con 100mila il vantaggio sale a 17.436 euro e a 200 mila addirittura a 40.988 euro l’anno.
Non solo i redditi più bassi non avranno vantaggi ma non avranno nemmeno il vantaggio della semplificazione annunciata: per non pagare di più dovranno infatti attivare specifiche procedure per beneficiare della clausola di salvaguardia.
Le detrazioni calcolate sui base famigliare comportano – altra novità di rilievo – che anche il prelievo venga calcolato in questo modo.
Cosa che pone due ordini di problemi: un rischio di incostituzionalità , posto che già nel 1976 la Consulta ha bocciato quello che allora si chiamava «cumulo dei redditi»; e la necessità di definire in maniera precisa cosa si intenda per nucleo famigliare, visto che non è precisato se si debba utilizzare la definizione anagrafica o quella utilizzata per l’Isee.
Torna il cumulo, ma si può?
Su lavoce.info Massimo Baldini e Leonzio Rizzo hanno simulato come può cambiare la tassazione delle famiglie (vedere grafico in alto).
Ad esempio, moglie e marito che presentano un reddito totale di 30mila euro ed oggi versano al Fisco 210 euro con la flat tax ne pagherebbero invece 780 , salvo avvalersi della clausola salvaguardia e non subire salassi.
A 40mila euro c’è invece un primo guadagno: è pari a 268 euro l’anno che corrisponde a un incremento del reddito netto dello 0,7%. Sopra questa soglia il guadagno cresce poi velocemente: circa 2mila euro (+5%) con 50mila euro di reddito famigliare, 3.247 (+7%) a 60mila, quasi 9mila (+15%) a 80mila euro, oltre 15.800 (+21%) a 110mila e quasi 69mila euro a quota 300mila con un balzo del 39% del reddito disponibile.
Ricchi e felici
Segmentando la popolazione italiana in decili i due esperti spiegano così che circa metà del risparmio andrebbe al decimo decile, ovvero alla fetta più ricca dei contribuenti che presenta un reddito famigliare medio di 104.537 euro e che godrebbero di un risparmio medio annuo di 10.172 euro. Alla classe media ( 33- 48mila euro) andrebbe invece un risparmio di circa 1.500 euro l’anno per famiglia.
Il problema è che tutta l’operazione comporta, come è noto, un fabbisogno molto elevato che rischia di mettere davvero in pericolo i conti pubblici. Si tratta infatti di reperire oltre 50 miliardi di euro se non addirittura 57/65,5 come ipotizza l’ex viceministro all’Economia Enrico Zanetti, secondo il quale sarebbe difficile pensare di cancellare le deduzioni e le detrazioni «più sensibili» come mutuo casa, spese mediche e contributi previdenziali.
(da “La Stampa”)
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Maggio 19th, 2018 Riccardo Fucile
SERMONE-SHOW DEL PASTORE USA, POI IL GOSPEL… LEI NON HA PRONUNCIATO LA RITUALE FORMULA DI OBBEDIENZA AL MARITO
È una giornata per sognare oggi. Principi e principesse, eredi al trono, regine e reginette di Hollywood,
attori, star della tv. Paggetti. Milioni di persone in tutto il mondo hanno seguito in diretta le nozze reali del principe Harry e di Meghan Markle, da poche ore nominati da Elisabetta II duca e duchessa di Sussex.
“Sei meravigliosa”.
Sono state le prime parole che Harry ha rivolto a Meghan, quando l’ha raggiunto all’altare. Si guardavano e sorridevano. Così come gli invitati, quando il principe si è lasciato sfuggire il suo “I will” prima del tempo.
Una cerimonia felice, di famiglia, piena di colori. Harry aveva raccolto venerdì i fiori dal giardino privato di Kensington Palace da aggiungere al bouquet della sua futura moglie.
Alla cappella di St. George, Meghan Markle è arrivata in una Rolls Royce d’epoca, accompagnata dalla mamma Doria Ragland. In chiesa è entrata da sola, con un lunghissimo velo bianco e la tiara tra i capelli, i dieci piccoli paggi dietro. Il principe Carlo, erede al trono che ha preso il posto del padre assente – l’ha attesa a metà navata per accompagnala all’altare solo nell’ultimo tratto.
Harry, come William, in alta uniforme dei Blues and Royals, quella del suo reggimento di cavalleria di cui ha il grado di capitano, l’unica che consente la barba. Kate in un discreto abito-cappotto di Sarah Burton per Alexander McQueen, che teneva a bada i bambini che hanno accompagnato la sposa, tra i quali i suoi due figli, George e Charlotte.
E per finire la regina Elisabetta. Nessuno sapeva quale colore avrebbe scelto e lei ha indossato un giallo canarino, con uno spruzzo di viola sul cappellino, accanto
A celebrare la cerimonia il Decano di Windsor con Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury e Capo spirituale della Chiesa anglicana. Il vescovo americano, Michael Bruce Curry, ha fatto un lungo sermone agli sposi. The power of love.
“Dobbiamo scoprire il potere dell’amore, il potere redentore dell’amore e, quando lo faremo, saremo in grado di fare di questo vecchio mondo un nuovo mondo. L’amore è l’unica via”, ha detto citando Martin Luther King Jr. il primo vescovo e primate afro-americano della Chiesa episcopale, propaggine americana della Chiesa d’Inghilterra e parte della comunione anglicana. Un sermone lungo, movimentato, che ha smosso i più britannici degli ospiti.
“My brother, my sister, God love you, God bless you. My brothers, my sisters, God love you, God bless you. And may God hold us all In those almighty hands of love. Amen” ha concluso il vescovo.
Un Regno vestito a festa. Come arterie che pompano al contrario, i treni hanno trasportato sudditi verso il cuore dell’Inghilterra, oltre 100 mila persone. Il sole splendente, cielo azzurro, una bellissima giornata, ma stanotte la temperatura è stata fredda e umida. Sfidando gli otto gradi migliaia di persone sono arrivate lo stesso.
Si sono accampate lungo il percorso del corteo nuziale, partito da un’uscita secondaria del castello per attraversare l’abitato di Windsor e quindi imboccare il lungo rettilineo di due miglia e mezzo verso l’ingresso di St. George. I posti migliori da dove guardare il passaggio della carrozza subito dopo la cerimonia
L’abito di Meghan è firmato da Clare Waight Keller, direttrice creativa di Givenchy. La scelta dell’attrice è caduta sulla stilista britannica, fa sapere Kensington Palace, per “l’estetica elegante e senza tempo e la fattura impeccabile” del suo stile. Meghan aveva espresso inoltre il desiderio di avere tutti e 53 paesi del Commonwealth con sè nel suo giorno più importante per cui la Waight Keller ha scelto per ogni singolo Paese un fiore distintivo e li ha uniti in una grande composizione floreal
Trainata da cavalli è passata attraverso le strade, affiancata da ufficiali dell’esercito britannico a cavallo. Tra la gente. Perchè oggi è la loro festa.
Quel mondo nobile che celebrano è il loro, gli appartiene, esisterà finchè loro lo immagineranno. Una folla composta, che ha sorriso felice, gli uomini avvolti nelle bandiere, le donne con i cappellini, in giro adesivi, immagini degli sposi, poster, entusiasmo, fierezza. Tutti sono restati di lato, sventolano fazzoletti, salutando.
Tra i primi ospiti ad arrivare nella cappella di st George, Oprah Winfrey fasciata in un abito rosa pallido, la anchor-woman, amica personale della coppia, ha preso posto tra i banchi della cappella gotica, accompagnata dall’attore e Dj britannico, Idris Elba. Nella lista degli ospiti anche George Clooney, con la moglie Amal, David e Victoria Beckham, James Blunt, Ed Sheeran, Elton John e suo marito David Furnish.
Il cast di Suits, la serie in cui recitava Meghan, è arrivato al completo: c’è Gabriel Match (l’avvocato Harvey Specter), sex symbol della serie, in tight con cravatta bordeaux e occhiali neri, accompagnato dalla moglie Jacinda Barrett. Ci sono Gina Torres e Sarah Rafferty, che interpreta Donna Paulsen, la ‘rossa’ della serie tv, in abito blu con enormi maniche a sbuffo e microcappellino con veletta blu. E poi Patrick J. Adams, il Mike Ross sposato con Meghan quando era Rachel Zane. E ancora, Rick Hoffmann, Louiss Litt nella serie, anche lui in un elegante tight grigio
Dalla sua Harry ha invitato anche due ex fidanzate, Cressida Bonas, con la quale ebbe una relazione fra il 2012 e il 2014, e Chelsy Davy sua compagna dal 2004 al 2010. Tra i parenti, il duca di Spencer, fratello di lady Diana, la principessa del popolo e la cugina di Harry, Zara Tindall col marito.
Oltre la tradizione il principe Harry ha deciso che terrà la fede al dito dopo il matrimonio, una fascia di platino decorata. La fede di Meghan d’oro gallese è un dono della regina Elisabetta, come la tiara appartenuta alla regina Mary e realizzata in Inghilterra nel 1932.
Nella cappella di St. George c’erano 600 invitati e la lista è rimasta riservata fino all’ultimo. Circa 2.600 sudditi di Sua Maestà – 1.200 giovani, 200 membri di associazioni benefiche, 100 studenti di scuole locali, 610 impiegati del castello e 530 dipendenti della casa reale – hanno avuto il privilegio di seguire le nozze dai giardini del castello. Due i ricevimenti di gala in programma, uno nel primo pomeriggio, dalla regina, con finger food, vino e champagne. Il secondo, più piccolo, organizzato da Carlo.
Inutile dire che Harry e Meghan non hanno voluto regali di nozze, ma opere di bene, e hanno chiesto chiedono donazioni per una serie di enti benefici. La lista di sette associazioni è stata diffusa il 9 aprile da Kensington Palace, che ha sottolineato come nessuna di queste sia direttamente collegata agli sposi. “Molte sono piccole organizzazioni e gli sposi sono contenti di poter mettere in luce il loro lavoro”, ha rimarcato il palazzo.
La colonna sonora della cerimonia è stata lunga cinque secoli. Dal compositore inglese Thomas Tallis, tra i più importanti del ‘500, fino a Stand by me, di Ben E. King (1962), passando per Bach, Haendel, Schubert, Faurè e Widor, senza trascurare le glorie musicali inglesi come Ralph Vaughan Williams, Edward Elgar e Gustav Holst. Tutti eseguiti da una compagine di musicisti diversi, dal Coro della Cappella di St.George sotto la direzione di James Vivian, con gli organisti Luke Bond e Jason Richards, il violoncellista Sheku Kanneh-Mason, un’orchestra formata da elementi dell’Orchestra nazionale della BBC, della English Chamber Orchestra e della Filarmonica diretta da Christopher Warren-Green. E dall’America, un coro di musica gospel.
(da “La Repubblica”)
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