Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
SPUTTANATO SALVINI: “SPIEGHI PERCHE’ ALL’ECONOMIA HA RIFIUTATO DI METTERE IL SUO BRACCIO DESTRO GIORGETTI”
“Due mesi senza possibili soluzioni. M5s e Lega, ne ho agevolato in ogni modo le intenzioni, ho
atteso i tempi da loro richiesti per raggiungere un programma, pur consapevole che questo mi avrebbe attirato osservazioni critiche. Nessuno può dunque sostenere che io abbia ostacolato la formazione del Governo definito del cambiamento, agendo sempre nel rispetto delle regole della costituzione”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo l’incontro al Quirinale con Giuseppe Conte.
“Ho accolto la proposta” del nome di Conte “ho superato ogni perplessità sulla circostanza che un governo politico fosse guidato da un esponente non eletto in Parlamento. Il professor Conte lo apprezzo e lo ringrazio”, ha dichiarato Mattarella.
“Il presidente della Repubblica non può subire imposizioni, ho condiviso e accettato tutte le nomine, tranne quella del ministro dell’Economia. Ho registrato con mio rammarico l’indisponibilità a ogni altra soluzione, e il presidente del consiglio ha rimesso il suo incarico. Ma sui ministri, il Quirinale non può subire imposizioni.
“Io devo firmare” i decreti per le nomine dei ministri “assumendone la responsabilità istituzionale, in questo caso il presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia che non hai subito nè può subire imposizione”. no a un sostenitore fuoriuscita da euro Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Prima del Presidente era intervenuto il professor Conte: “Ringrazio il Presidente della Repubblica per avermi conferito il mandato il 23 maggio scorso. E anche Matteo Salvini e Luigi Di Maio per aver indicato il mio nome”. Il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, ha rimesso l’incarico al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, senza però non sottolineare “l’impegno profuso” e il suo “massimo sforzo”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
IL QUIRINALE CERTIFICA IL FALLIMENTO, CONTE RIMETTE L’INCARICO
Salta tutto. Il tentativo di Giuseppe Conte è miseramente fallito.
Alle 20 in punto esce dalla porta della sala della vetrata del Quirinale il segretario generale Ugo Zampetti e rilascia alla stampa uno stringato comunicato: “Il presidente del consiglio incaricato rinuncia e rimette l’incarico esplorativo nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella”. Epilogo scontato di una giornata convulsa.
Si era già capito nelle ultime ore prima della salita al quirinale di Conte.
Livido in volto Luigi Di Maio, all’uscita dal colle dove è salito per un ultimo, estremo tentativo, aveva già capito che era finita.
Nello stesso momento Matteo Salvini da Terni fa un discorso che anticipa il fallimento del tentativo di fare il governo, scaricando sul Colle la responsabilità . E, aprendo, di fatto la campagna elettorale.
È un negoziato franato ben prima della salita di Conte al Quirinale. Perchè alla casella dell’Economia non è mai stato proposto un nome alternativo a Savona. Punto.
È l’85esimo giorno di crisi, la più lunga nella storia della Repubblica. E torna l’eventualità del voto anticipato.
Savona o morte, questo il messaggio dei partiti. L’intera operazione per “forzare” e superare le perplessità del Colle o, ad essere maliziosi, per preparare l’esplosione della Santa Barbara in caso di persistenza del veto, ruota attorno a lungo e articolato comunicato che il professor Savona ha pubblicato su Scenarieconomici.it
In nessun passaggio viene esclusa l’uscita dall’euro e negato il famoso “piano B”. Anzi, il comunicato mantiene integralmente l’intera impostazione del “piano B”. Questa: per la stabilità serve la crescita, per la crescita occorre fare debito, il che porta a un piano di riforme in deficit, a costo di far volare lo spread, fino a un momento in cui si pone la questione del “piano B”, di uscita dall’euro, come scritto nel documento analizzato dall’HuffPost.
Perchè Savona non esclude il “piano B” di uscita dall’euro.
È questo il punto su cui di rottura su un nome che, ormai, è diventato sinonimo di “rischio Italia” per i mercati.
Si consuma prima del colloquio, nei contatti informali tra Quirinale e partiti.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
FALLITA OGNI MEDIAZIONE, ORA MATTARELLA DEVE DECIDERE SE ACCONTENTARSI DELLE FRASI DI SAVONA CHE NON DICONO NULLA O FAR RISPETTARE LA COSTITUZIONE E MANDARE I DUE CIALTRONI ALLE URNE
Al Colle, col nome di Paolo Savona. Senza se e senza ma. Alle 19,00 il premier incaricato Giuseppe
Conte incontrerà il capo dello Stato, per discutere la lista dei ministri.
Alla casella dell’Economia c’è il nome del professor Paolo Savona. Punto. Senza subordinate, che pure sono state prese in considerazione dai mediatori dei due partiti, come il cosiddetto “spacchettamento” del super-ministero di XX settembre: Savona alle Finanze, un altro al Tesoro. Ipotesi che, in fondo, avrebbe consentito a tutti di salvare la faccia. Scartata, o meglio infranta sul muro salviniano.
O passa il nome dell’economista euro-scettico o, semplicemente, salta tutto. Siamo al dunque, in questo 85esimo giorno di crisi, la più lunga nella storia della Repubblica. L’intera operazione per “forzare” e superare le perplessità del Colle o, ad essere maliziosi, per preparare l’esplosione della Santa Barbara in caso di persistenza del veto, ruota attorno a un lungo e articolato comunicato che il professor Savona ha pubblicato su Scenarieconomici.it. Coincidenze: lo stesso sito (della Link Campus University) sul quale fu pubblicata la Guida pratica per l’uscita dall’euro, bibbia del sovranismo economico salviniano.
È una dichiarazione, all’apparenza, rassicurante: “Voglio un’Europa più forte ma più equa”. Chi può dire di no? Semmai qualcuno lo facesse, sarebbe tacciato di volere un’Europa iniqua e matrigna che tante sofferenze ai popoli ha inferto in nome dell’ortodossia rigorista.
Non è però affatto detto che questa dichiarazione, comunque condivisibile, possa bastare agli occhi del Quirinale, perchè la frase cruciale non c’è.
In nessun passaggio viene esclusa l’uscita dall’euro e negato il famoso “piano B”. Anzi, il comunicato mantiene integralmente l’intera impostazione del “piano B”. Questa: per la stabilità serve la crescita, per la crescita occorre fare debito, il che porta a un piano di riforme in deficit, a costo di far volare lo spread, fino a un momento in cui si pone la questione del “piano B”, di uscita dall’euro, come scritto nel documento analizzato dall’HuffPost.
Perchè Savona non esclude il “piano B” di uscita dall’euro. È questo il punto su cui verterà il colloquio al Colle.
Sarà in grado Giuseppe Conte di prendere, in forma pubblica, degli impegni che fughino dubbi in tal senso?
E tali da rassicurare il mercati se, quando riapriranno, si troveranno quel nome che, ormai, è diventato sinonimo di “rischio Italia”? Ecco, siamo al dunque.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO SI MANIFESTA IN MONDOVISIONE : FIGURA DI MERDA INTERNAZIONALE CON 22 PAESI COLLEGATI
Più dello sterrato del Colle delle Finestre, più di una discesa impossibile sotto una pioggia torrenziale.
Il Giro più spettacolare e interessante degli ultimi anni si chiude nella maniera più grottesca: del pessimo fondo stradale di Roma se ne accorge quotidianamente chi vive nella Capitale.
Ma anche i ciclisti provenienti da tutte le latitudini ci hanno messo poco ad accorgersene.
I tubolari evoluti e al tempo stesso sottili hanno sviluppato la sensibilità e, perchè no, anche la loro suscettibilità . Una presa di posizione ‘sindacale’ forte e totalmente giustificabile che viene raccolta dall’organizzazione: al terzo passaggio sul traguardo dei Fori Imperiali, il tempo viene neutralizzato incoronando ufficialmente Chris Froome come vincitore della edizione numero 101.
Il sindacalista è stato uno dei più attesi per la volata finale, Elia Viviani, già vincitore di 4 tappe. Lui si è fatto portavoce della volontà del plotone, ha parlottato con la maglia rosa Chris Froome, poi ha comunicato agli ufficiali di gara le preoccupazioni per l’incolumità , propria e degli altri.
In questi casi di solito gli ufficiali di gara sono tosti a cedere, ma probabilmente la volontà di una eclatante protesta – fermarsi sulla linea del traguardo – che avrebbe dato un risalto ancora più eclatante ad una figuraccia comunque di proporzioni storiche, ha portato tutti a miti consigli.
Il ciclismo è uno degli sport in cui il trait d’union tra presente e passato è molto forte. Quest’anno ad esempio è il trentennale del Gavia, la scalata sotto la neve, condizioni estreme per i corridori. Quella volta la tappa, pur con parecchie polemiche, non fu neutralizzata.
Nel corso degli anni la sicurezza dei corridori è stata tenuta maggiormente nel dovuto conto, e di tappe accorciate ce ne sono state tante. Una che ci viene in mente è quella in cui nel Giro di 5 anni or sono, Vincenzo Nibali vinse alle Tre Cime di Lavaredo sotto la bufera.
Ma la neutralizzazione per i sanpietrini (il pavè romano) viscidi e sconnessi mancava all’appello.
Una situazione che, in attesa delle reazioni delle voci ufficiali della politica, fornisce anche un assist per qualche paragone inclemente: la passerella finale di Roma richiama troppo alla grandeur del finale di Tour sui Campi Elisi per non fare pensieri ironici.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
L’INCONTRO IL 26 MARZO 2017 CON LE FIRME DI SALVINI E ZHELEZNYAK: INIZIO’ COSI IL RAPPORTO “UFFICIALE” TRA IL CARROCCIO E IL PARTITO DI PUTIN “RUSSIA UNITA” CHE OGGI SI MANIFESTA CON L’AIUTO DI UNA POTENZA STRANIERA AI SEDICENTI SOVRANISTI ITALICI
Questo è l’accordo sottoscritto tra i due partiti così come riportato nel libro “Da Pontida a Mosca.
Gli accordi tra Putin e la Lega Nord“, scritto da Fabio Sapettini e Andrea Tabacchini ed edito da Samovar.
Accordo sulla cooperazione e collaborazione tra il partito politico nazionale russo “RUSSIA UNITA” e il partito politico “Lega Nord”
Il partito politico nazionale russo “RUSSIA UNITA” rappresentato dal Vice Segretario Generale del Consiglio per le Relazioni Internazionali S.V. Zhelezniak che agisce a titolo dello Statuto del Partito e della deliberazione del Presidium del Consiglio Generale del Partito del “28” Novembre 2016 da una parte, e dall’altra parte il partito politico “Lega Nord”, nella persona di Presidente del partito Matteo Salvini di seguito denominate “Parti”
— basandosi su un partenariato paritario e confidenziale tra la Federazione Russa e la Repubblica Italiana;
— esprimendo la volontà di facilitare l’espansione e l’approfondimento della cooperazione multilaterale e la collaborazione tra la Federazione Russa e la Repubblica Italiana;
— tenendo conto che i rapporti tra i partiti sono una parte importante delle relazioni russo-italiane e sono finalizzate al loro pieno sviluppo;
— sulla base dei principi di sovranità statale, rispetto reciproco, non interferenza reciproca negli affari interni di ciascuno, partenariato paritario, affidabile e reciprocamente vantaggioso;
Hanno concordato quanto segue:
Le Parti si consulteranno e si scambieranno informazioni su temi di attualità della situazione nella Federazione Russa e nella Repubblica Italiana, sulle relazioni bilaterali e internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera della struttura del partito, del lavoro organizzato, delle politiche per i giovani, dello sviluppo economico, così come in altri campi di interesse reciproco.
Le Parti si scambieranno regolarmente delegazioni di partito a vari livelli, per organizzare riunioni di esperti, così come condurre altre attività bilaterali.
Le Parti promuovono attivamente le relazioni tra i partiti e i contatti a livello regionale.
Le Parti promuovono la creazione di relazioni tra i deputati della Duma di Stato dell’Assemblea Federale della Federazione Russa e l’organo legislativo della Repubblica Italiana, eletti dal partito politico nazionale russo “RUSSIA UNITA” e il partito politico “Lega Nord”, e anche organizzano lo scambio di esperienze in attività legislative.
Le Parti organizzeranno sotto gli auspici di seminari bilaterali e multilaterali, convegni, “tavole rotonde” sui temi più attuali delle relazioni russo-italiane, invitando una vasta gamma di professionisti e rappresentanti della società civile.
Le Parti promuovono attivamente lo sviluppo di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa e la collaborazione di organizzazioni giovanili, femminili, culturali, umanitarie, ecc. al fine di rafforzare l’amicizia, la formazione giovanile nello spirito di patriottismo e di operosità .
Le Parti promuovono la cooperazione nei settori dell’economia, del commercio e degli investimenti tra i due Paesi.
Il presente accordo entra in vigore all’atto della firma dei rappresentanti autorizzati delle Parti e ha una validità di 5 anni. L’accordo è automaticamente prorogato per successivi periodi di cinque anni, a meno che una delle Parti notifichi all’altra Parte entro e non oltre 6 mesi prima della scadenza dell’accordo la sua intenzione alla cessazione dello stesso.
L’accordo è concluso a Mosca il “6” marzo 2017, ed è redatto in due copie, in due esemplari autentici, in lingua russa e italiana.
Il presente accordo non è legalmente vincolante ed è solo una manifestazione di interesse delle Parti nella interazione e cooperazione
Il partito politico “Lega Nord”
Salvini
Il partito politico nazionale russo “RUSSIA UNITA”
Zheleznyak
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
SAVONA HA PASSATO UNA VITA AD ATTACCARE IL CARRO DOVE VUOLE IL PADRONE
Stando a quanto riferiscono i miei informatori sul fronte destro-destro della politica italiana, la rottura annunciata su Paolo Savona, ministro o meno, sarebbe semplicemente un pretesto, strumentalizzato per porre fine alla sceneggiata in corso; compreso il tentativo di varare un governo del professor Giuseppe “re Travicello” Conte (con la prospettiva di arrivare rapidamente al capolinea nonostante l’affidamento miracolistico a Padre Pio).
E — così facendo — passare all’appuntamento che più interessa il duo dei politicanti in carriera Salvini & Di Maio: rifare le elezioni a ottobre.
Altrimenti non si capirebbe l’impuntatura leghista, con tanto di like pentastellato, su un ultra-ottuagenario dai mille trascorsi nei palazzi del potere (a memoria: funzionario in Bankitalia, D.G. in Confindustria, presidenza del Credito Industriale Sardo, del Fondo interbancario di tutela dei depositi, della società Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma e Consorzio Venezia Nuova, CdA Tim e così andando); magari con qualche incidente di percorso, come quando da presidente del Consorzio Venezia Nuova dichiarò: «Il Mose? Semplice e affidabile».
Ora in tarda età , dopo una vita passata ad attaccare il carro dove vuole il padrone, questo colosso della scienza economica (ossia, esponente di un genere letterario come un altro) è giunto a maturare sentimenti di maniacale ostilità nei confronti dell’Euro. Da qui l’interesse maturato nei suoi confronti dalle parti di via Bellerio, al punto di rischiare una catastrofe nazionale.
Eppure Salvini aveva già a sua disposizione due odiatori della stessa risma: i pittoreschi Alberto Bagnai e Claudio Borghi.
Perchè allora andare a cercarne un altro nel modernariato accademico/notabilistico nazionale?
La ragione potrebbe essere individuata nella provocazione perseguita: il deliberato intento di creare le condizioni per un’insanabile rottura con il concerto europeo e — simultaneamente — con il tutore dei difficili equilibri nazionali, Sergio Mattarella. Difatti, i due eurofobici cinquantenni che già bazzicano il pollaio leghista sono personaggi eminentemente locali.
Quando l’anziano barone LUISS — già all’orecchio di La Malfa sr. e Cossiga — può vantare ben maggiore riconoscibilità internazionale. Dunque, un certamente maggiore impatto scandalistico.
Per consentire — così — alla strana coppia, propugnatrice di un cambiamento che dimostra di ignorare già dai suoi preliminari (come conferma il programma/contratto assiemato affastellando generiche banalità ), di realizzare quanto effettivamente sta a cuore ad entrambi i partner.
L’operazione speculare di colonizzare i rispettivi territori elettorali di riferimento: l’attuale convergenza di interessi tra Lega e Cinquestelle è la prova palese che l’incontro tra di loro non può che essere temporaneo e opportunistico.
Il primo appuntamento sono le elezioni europee dell’anno prossimo.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
SAVONA ERA PRESIDENTE DEL CONSORZIO VENEZIA NUOVA PER CONTO DI IMPREGILO E DICEVA: “NON CREERA’ ALCUN DANNO ALLA LAGUNA, E’ INDISPENSABILE”… INFATTI LO ERA PER I POLITICI CHE HANNO PERCEPITO TANGENTI, VISTI I PROBLEMI ALLE PARATIE MOBILI
L’opera pubblica più costosa di sempre, ovvero il Mose che dovrebbe salvare Venezia dalle acque
alte, porta l’impronta anche dell’economista Paolo Savona, che ha ricoperto il ruolo-chiave di presidente del Consorzio Venezia Nuova negli anni cruciali in cui il governo decise che andava fatta e sarebbe stata finanziata.
Il ruolo dell’uomo che Matteo Salvini vuole a ogni costo al vertice del ministero dell’Economia è tutto da raccontare, perchè riflette i giochi di potere e gli interessi economici che si sono spartiti una torta che alla fine ha superato abbondantemente quota 5 miliardi di euro.
E ancora il Mose non è realizzato, anzi secondo test e sperimentazioni i problemi di efficienza delle paratie mobili alle bocche di porto e i dubbi sui fenomeni corrosivi del mare sono più che mai attuali.
E pensare che il professor Savona, intervistato nel marzo 2001 dal Corriere della Sera, aveva manifestato grande ottimismo verso un progetto che era ancora in costruzione. “Le paratoie del Mose saranno una macchina semplice da gestire e affidabile nei risultati. Le nuove tecnologìe non lasciano alcun margine agli errori temuti, come quelli di un loro blocco o di un loro cedimento”.
Una dichiarazione di fiducia nella scienza, ma necessitata, visto che Savona occupava la poltrona (che poi sarebbe stata di Giovanni Mazzacurati, il grande tangentiere veneziano) in quanto rappresentante del colosso delle costruzioni Impregilo di cui era presidente.
Non avrebbe potuto dire nulla di diverso, visto che una settimana prima dell’intervista aveva cominciato un quinquennio cruciale per far passare il Mose dalle carte degli ingegneri, all’operatività dei cantieri.
Si può dire che la missione fu compiuta, con l’aggiunta della lucrosa cessione delle quote di Impregilo, soffocata dai debiti, alla padovana Mantovani, diventata poi il crocevia del grande scandalo che si consumò in laguna, sulla pelle dei contribuenti italiani.
Lette oggi, dopo gli arresti che nel 2014 hanno sconvolto il panorama politico e imprenditoriale del Veneto (e non solo), le parole di Savona fanno, comunque, impressione.
Fu presidente dle Consorzio dal 25 febbraio 2001 al 3 giugno 2005, subentrando a Franco Carraro, socialista presidente del Coni e sindaco di Roma, che aveva preso il posto di Luigi Zanda, divenuto poi esponente del Pd.
Il Mose è sempre stato un’opera bipartisan, approvata in successione dai governi Ciampi, Amato e D’Alema. La prima pietra (una lapide lo ricorda) fu poi posata da Silvio Berlusconi il 14 maggio 2003.
Ma la benedizione definitiva venne nel 2008 anche dal governo di Romano Prodi. Cosa disse Savona al quotidiano di via Solferino? “Le critiche sono prive di fondamento, il progetto delle opere mobili è tra i più studiati e più moderni del mondo”.
Potrà causare danni alla Laguna? “Gli esperti ci hanno detto di no” fu la replica, che nel tempo è stata smentita dalle verifiche sul grado di abbassamento dei fondali. E poi l’epilogo: “Il Mose è un’opera indispensabile per la salvaguardia di Venezia”.
Le inchieste penali hanno poi dimostrato che fu un’opera indispensabile per i politici corrotti, per le imprese che facevano parte del Consorzio e per il cerchio magico di Mazzacurati.
Che lo sia anche per salvare Venezia dalle acque alte non è ancora comprovato dai fatti. Comunque la presidenza Savona, se fu indenne dallo scandalo scoppiato dieci anni dopo, fu decisiva per il via alle opere.
Già il 5 marzo 2001 ci fu una prima decisione del consiglio dei ministri presieduto da Giuliano Amato, convalidata poi dal Comitatone del 6 dicembre 2001, quando il premier era Berlusconi.
E Savona, che in alcune intercettazioni telefoniche aveva manifestato ottime entrature nel governo di centrodestra, riuscì a centrare gli obiettivi che si era prefissato. Il Comitatone decise che il Magistrato alle Acque e il Cvn avrebbero redatto il progetto definitivo, non solo delle opere mobili (Mose), ma anche delle opere complementari e della conca di navigazione alla bocca di Malamocco.
La consegna definitiva avvenne il 30 settembre 2002 e fu approvata dal Comitato tecnico del Magistrato alle acque l’8 novembre 2002. Il 29 novembre 2002 il Cipe assegnava un primo finanziamento da 450 milioni di euro per il Mose. Il 20 gennaio 2004 la Commissione per la Salvaguardia di Venezia dava parere favorevole al progetto definitivo, con prescrizioni.
Ed ecco, nell’aprile successivo, la consegna dei lavori per gli interventi alle tre bocche di porto. Intanto il Cipe aveva ritoccato il finanziamento portandolo a 638 milioni di euro e il Tar (20-21 maggio 2004) aveva bocciato i ricorsi degli ambientalisti, sentenza confermata dal Consiglio di Stato il 17 dicembre 2004.
Mentre Savona seguiva lo sviluppo dell’iter, Impregilo, che era gravata dai debiti, realizzò un ottimo colpo nel 2004 quando cedette la sua quota nel Consorzio Venezia Nuova all’Impresa Mantovani della famiglia Chiarotto di Padova.
Vennero pagati 57 milioni e mezzo di euro, che consentirono al gruppo di realizzare una plusvalenza di 55 milioni di euro. Mantovani significò poi Piergiorgio Baita, che ne divenne presidente e che è considerato il grande ideatore, assieme a Mazzacurati, dell’architettura delle tangenti pagate per far procedere la realizzazione del Mose.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
COINVOLTO NELL’INDAGINE SU IMPREGILO, VENNE ACCUSATO DI AGGIOTAGGIO: LE PESANTI ACCUSE NEL TESTO DELLA SENTENZA
Previsioni economiche “dettate a braccio”, ipotesi “azzardate”, mancato rispetto per “i risparmiatori”.
Sono alcuni dei passaggi con cui il giudice di Milano descrive il reato di aggiotaggio per il quale Paolo Savona, “candidato” al ministero dell’Economia, fu mandato a giudizio.
Era il novembre 2009. Il reato, secondo la Procura, fu compiuto quando Savona era presidente di Impregilo, in concorso con l’allora amministratore delegato Piergiorgio Romiti.
Per loro il giudice dispose l’imputazione coatta.
Pochi mesi dopo il reato viene estinto per prescrizione.
Cosa resta allora di quella vicenda? Per capirla è utile sfogliare la sentenza con cui il gip di Milano, Enrico Manzi, sempre nel 2009, proscioglie Impregilo dall’aver avuto una responsabilità “negli illeciti commessi dai suoi vertici”.
Il giudice, spiegando come Impregilo si sia adeguata per tempo ai dettami della legge 231 che regola la responsabilità amministrativa delle società , mette in fila una serie di considerazioni molto gravi sull’operato di Savona.
Al centro ci sono false comunicazioni al mercato e alla Consob.
La vicenda riguarda, in parte, “la liquidazione della controllata Imprepar e i riflessi di tale operazione rispetto agli effetti economici sulla capogruppo”.
Su questo pesano due comunicati di febbraio e marzo 2003 fatti dai due vertici di Impregilo.
Qui si legge, scrive il gip, “che il bilancio di Imprepar, già in liquidazione, si sarebbe chiuso in pareggio”.
Entrambe le note “erano false in quanto contenenti una stima di pareggio del bilancio di liquidazione contrastante con le stime del liquidatore”. Ma non solo: vengono “falsati” anche i crediti della società che passano da “466 milioni” ai 497 comunicati alla Consob da Savona.
“Da notare poi — scrive il giudice — la sopravvalutazione dei crediti verso lo Stato iracheno: 120 milioni nel 2003, mentre l’anno precedente, causa embargo, la posta era stata valutata solo 60 milioni”.
Risultato: “Le previsioni rese al mercato erano veramente basate su ipotesi azzardate”. E che i dati non fossero attendibili, lo dimostra un carteggio tra Savona e un dirigente di Borsa italiana, dopo che la stessa ha chiesto delucidazioni per una comunicazione fatta dall’ad che parlava di “una crescita del 15% sui ricavi”.
Scrive Savona: “La realtà è che noi lavoriamo con l’unico operatore di mercato, lo Stato, che può permettersi il lusso di violare i contratti e pagare quando vuole. Nonostante ciò ce lo teniamo stretto, ma i nostri ricavi sono ballerini”.
Conclude il giudice: “La vicenda dimostra che gli uffici interni di Impregilo erano esclusi da una effettiva partecipazione alla elaborazione dei dati da fornire all’esterno, essendo questi rimessi alla discrezione dei vertici i quali diffondevano previsioni a braccio con il chiaro intento di fornire al mercato una immagine più favorevole del gruppo”.
In via generale, si legge in sentenza, il modo di operare di Savona (e Romiti) “è assolutamente censurabile”.
Inoltre “si è in presenza di un metodo di formazione della contabilità e delle informazioni esterne affidato alla pura e semplice convenienza di immagine”.
Tanto che “l’informazione esterna non tiene conto del vero dato: lo trasforma, lo manipola, diventa frutto di un desiderio e non di un riscontro oggettivo, nel rispetto delle regole del mercato e della trasparenza verso i risparmiatori”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 27th, 2018 Riccardo Fucile
NESSUN CAMBIO DI ROTTA SUL NODO TESORO, MATTARELLA GARANZIA DI RISPETTO DELLA COSTITUZIONE
Nella giornata più lunga dall’inizio della crisi, quella più drammatica, scandita dagli hasthag
contrapposti sui social network (#iostoconMattarella contro #VogliamoSavona) preludio di uno scontro istituzionale che si staglia minaccioso sullo sfondo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha atteso con pazienza un cenno dal presidente del consiglio incaricato.
Chiuso nel Palazzo crocevia in questi 84 giorni di incontri, scontri e tentativi di accordi, ha letto i giornali, seguito la giornata sulle agenzie, ha assistito alle dichiarazioni di chi, da Giorgia Meloni all’ex consigliere di Trump, Steve Bannon, insiste perchè Lega e M5S tengano duro sul nome di Paolo Savona a ministro dell’Economia.
Cioè, vadano allo scontro frontale con lui, o più precisamente con l’istituzione che rappresenta, la presidenza della Repubblica: perchè non solo per le considerazioni anti-tedesche o le tentazioni no euro del professore, ma anche per il metodo che gli azionisti del governo hanno usato, per il tentativo di imporre quel nome come un aut aut («mi rifiuto di andare avanti ancora per giorni con le trattative: o siamo in condizioni di lavorare o qualcuno se ne prenderà la responsabilità », ha ribadito ieri Matteo Salvini), il Colle non può e non farà nessun cambio di rotta.
Non darà il via libera a Savona nel ministero di via XX Settembre: e se questo significherà , come da minaccia leghista, precipitare il Paese verso il voto, allora si considera che quello sarà il destino che le due forze politiche avranno deciso per l’Italia.
Dallo staff ci sono stati contatti informali coi partiti, ma non ci sono stati contatti del presidente con il professor Conte, nè con Salvini o Luigi Di Maio.
Nel chiuso delle stanze del Colle più alto, si ricomincia a ragionare, obbligati dalle circostanze, a un governo neutrale, o balneare, o più semplicemente elettorale, per traghettarci al voto.
Al piano B, insomma, quello che Mattarella aveva sventolato davanti ai partiti indecisi a tutto una ventina di giorni fa, e poi riposto in un cassetto quando Carroccio e Cinque stelle si erano convinti a far cadere qualche veto per formare un governo insieme.
Ora, però, questa battaglia all’ultima dichiarazione per Savona ministro dell’Economia comincia ad assumere quasi più le fattezze di una battaglia contro la presidenza della Repubblica, contro la sua importante funzione di contrappeso e controllo del potere esecutivo.
E se in un primo momento, nell’entourage del capo dello Stato, qualcuno ha sperato che fossero Di Maio e il M5S a riuscire a placare i furori salviniani, le dichiarazioni delle ultime ore, a cominciare da quelle di Alessandro Di Battista, non fanno più sperare in un cambio di rotta.
Difficile — e forse ormai inutile – che il professor Savona, da giorni nell’occhio del ciclone, si presti a fare una dichiarazione pacificatrice, che ammorbidisca le sue posizioni anti-Berlino.
Altrettanto improbabile che l’incaricato Conte lo provi a spostare altrove, magari al suo fianco come consigliere economico, ma insomma in una posizione meno visibile e cruciale di quella da responsabile dell’Economia: il capo dello Stato non commenta naturalmente ipotesi, ma chissà forse quella potrebbe essere una mossa capace di risolvere l’impasse.
Oggi per tutta la giornata tranne la parentesi della messa, il capo dello Stato sarà al Colle ad aspettare. Pronto a ricevere l’incaricato Conte: se però dovesse insistere con Savona all’Economia, se la lista prevedesse per quella casella solo quel nome, allora a Mattarella non rimarrebbe che spiegargli con garbo che no, non può dare il via libera. E predisporsi all’idea delle urne in settembre.
(da “La Stampa”)
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