Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
“HO GIA’ IL FAZZOLETTO VERDE NEL TASCHINO DELLA GIACCA, NEL PROGRAMMA RIAPERTURA DELLE CASE CHIUSE CON PRIORITA’ AI PUTTANIERI ITALIANI”
La lista, a quanto pare, si sarebbe. I punti di programma, magari un po’ sui generis, pure. “Io sono pronto, nella vita bisogna essere sempre pronti. Ci sono tantissime possibilita’ che mi candidi con la Lega di Salvini”, annuncia Antonio Razzi a ECG su Radio Cusano Campus.
L’ex senatore FI chiarisce: “Sostengo sempre Berlusconi, ma chiedo sempre di chiamarlo e di incontrarlo senza ricevere risposta. Per fare del bene ai cittadini posso scegliere la Lega”.
Salvini, a quato spiega Razzi, “mi conosce molto bene, sa quanto valgo, è stato con me in Corea. Tra me e Salvini è scattato subito un feeling di amicizia, da quando siamo partiti insieme per la Corea” e del resto “la Lega potrebbe approfittare della mia amicizia con la Corea del Nord”.
Per dire, “ieri avevo un fazzoletto verde nel taschino della giacca. Col mio vestito ci va a pennello. Mi chiedete di dire ‘prima gli italiani’? Lo dico convintamente. Prima gli italiani! Ci mancherebbe altro”.
“Per me — rincara — è sempre stato così e sarà sempre così. I tedeschi ci hanno dato degli scrocconi? Si sciacquassero la bocca prima di parlare degli italiani. si dovrebbero stare zitti, ne hanno combinate di cotte e di crude in tutto il mondo. Mio padre e’ stato prigioniero in Germania”.
Il programma, si diceva: “Un’altra battaglia che accomuna me e Salvini è quella per la riapertura delle case chiuse. Io e Salvini la faremo insieme, per il bene del Paese, per il bene di tutti”, garantisce Razzi.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
OGGI DICE “MAI PENSATO DI USCIRE DALL’EURO, SONO CRITICO MA SENZA ECCESSI”, MA DIECI MESI FA SCRIVEVA L’OPPOSTO: “SE DICESSERO DI NO ALLE NOSTRE PROPOSTE NON CI FAREMO CERTO UMILIARE”
Oggi Giancarlo Giorgetti, capogruppo e vicesegretario della Lega, rilascia un’intervista a Carmelo
Lopapa di Repubblica in cui spiega che c’è un equivoco, signori, la Lega è stata oggetto di una campagna di stampa con “allarmi strumentali” sulle sue posizioni riguardo l’euro.
Giorgetti assicura all’intervistatore che se la strategia del governo fosse stata quella che portava all’uscita dall’euro lui non l’avrebbe sostenuta perchè il capogruppo del Carroccio è per una critica all’Europa, sì, ma senza eccessi.
«Io non credo che il mio nome sia mai stato fatto dal Colle per l’Economia. Forse il presidente ha tracciato un identikit che è stato liberamente interpretato, ma non mi risulta»
Ha condiviso la soluzione “Savona o morte” di Salvini?
«Il professor Savona rappresenta il dna di questo governo. E vorrei spazzare via il campo dagli equivoci. Se la strategia fosse stata quella che portava all’uscita dall’euro, io non l’avrei sostenuta, nè avrei condiviso il contratto che lo prevedesse».
A dire il vero gli scritti e le dichiarazioni dell’economista non lasciano margini di incertezza.
«Qui sta l’errore. È un falso che fossimo pronti a uscire dall’Euro. Non avevamo alcun piano B. Allarmi strumentali. Io per primo sono sempre stato per una critica all’Europa, ma senza eccessi».
Chiaro, chiarissimo. Si vede proprio che Giancarlo Giorgetti è la mente della Lega.
E giusto per chiarire che Giorgetti non è mai stato uno cattivo e ha sempre criticato l’Europa “senza eccessi” si può andare a rileggere quello che ha scritto dieci mesi fa (non dieci anni fa, dieci mesi fa) in un articolo pubblicato su Il Populista, organo web della Lega Nord:
L’articolo, spiegano lo stesso Giorgetti e Claudio borghi Aquilini, ovvero responsabile politica estera e politica economica Lega Nord, sosteneva che su UE ed euro “la nostra posizione, democraticamente discussa e approvata a maggio all’ultimo Congresso di Parma con due nostre mozioni, è chiarissima, scritta e coerente da sempre. La riepiloghiamo in due righe per chi non avesse voglia di leggere i nostri documenti e per chi, magari, fa finta di non capire”.
E qual è la posizione, secondo quanto scrivevano i due?
Questa:
Gli altri Stati Europei sono partner naturali e fondamentali per l’Italia ma l’Unione Europea dopo Maastricht è diventata un mostro che danneggia tutti e soprattutto noi. Quindi noi vogliamo riscrivere tutti i trattati con l’obiettivo di tornare allo status di cooperazione pre-Maastricht che ha imposto moneta, parametri inventati di finanza pubblica e che col fiscal compact è diventato ancora più assurdo. Pensiamo che uno smantellamento controllato e concordato di Euro e trattati capestro sia nell’interesse di tutti. Se però dovessero dirci di no, non ci faremo umiliare come invece capita al Pd in ogni situazione, vedi beffa dei migranti.
Tutto chiaro quello che pensava dieci mesi fa il “moderato” Giorgetti che non ha mai cambiato idea, no?
Senza eccessi, l’Unione Europea è un mostro e, sempre senza eccessi per carità , l’euro bisogna smantellarlo; se ci dicono di no, non abbasseremo la testa (e che significa? Se sei per la modifica dei trattati e la modifica viene bocciata che fai? Mica abbandonerai l’euro unilateralmente, no?).
E speriamo che adesso sia chiaro a tutti quello che a Mattarella forse è stato ben chiaro fin dall’inizio.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
VISCO CONCORDA CON LE ANSIE DI MATTARELLA E SMONTA LA PATACCA DEL CONTRATTO M5S-LEGA
C’è una presenza costante, anche se non citata direttamente, nella Relazione annuale del governatore della Banca d’Italia: Sergio Mattarella.
Ci sono tutte le preoccupazioni del capo dello Stato nelle Considerazioni finali di Ignazio Visco, che smonta, pezzo per pezzo, la teoria economica e i provvedimenti previsti nel contratto per il governo del cambiamento di M5S e Lega.
A cominciare dal ricorso al maggior deficit come copertura finanziaria e dalla sfida ai vincoli europei.
Per guadagnare la fiducia degli investitori serve molto tempo, ma per perderla basta poco. E questi “reagirebbero fuggendo” dinanzi a una gestione allegra dei conti e questo “macchierebbe in modo indelebile la reputazione dell’Italia nel mondo”.
La ripresa c’è, incalza Visco, ma i rischi al ribasso e il disagio sociale sono “aumentati” e soprattutto l’Italia rischia di perdere “credibilità ” e “fiducia” se si compiono scelte azzardate.
Nel giorno in cui lo spread schizza ai livelli del 2013 e con Salvini e Di Maio sulle barricate contro il capo dello Stato, il governatore lancia un messaggio chiaro: via Nazionale sta con il capo dello Stato. Condivide le sue preoccupazioni.
Il governatore affronta di petto il momento che definisce “delicato” e “straordinario”. Lo fa puntellando il suo intervento con gli stessi temi che Mattarella ha posto al centro della sua riflessione per spiegare lo stop al governo carioca, a iniziare dalla necessità di tutelare il risparmio degli italiani. Una perfetta corrispondenza di due visioni che emerge chiaramente quando Visco dice: “Non possiamo prescindere dai vincoli costituzionali, la tutela del risparmio, l’equilibrio dei conti, il rispetto dei Trattati”.
La linea di Bankitalia passa per una strada con segnali stradali chiari: Europa, equilibrio dei conti, riduzione del debito, deficit sotto controllo, riforme strutturali come la Fornero da non stravolgere.
L’esatto opposto della linea di Salvini e Di Maio. E anche se i due leader non vengono citati direttamente, i riferimenti sono evidenti quando si passano in rassegna tutti i temi su cui la Banca d’Italia pone l’alert.
Compatibilità finanziarie, cioè le coperture dei provvedimenti, punto debole del programma giallo-verde.
“Non possono essere ignorate”, incalza Visco, e non per le “minacce speculative” o per le “rigidità a livello europeo”, ma perchè i programmi sono “i segnali che orientano l’allocazione delle risorse”. Insomma, se si vuole migliorare lo stato dell’economia le politiche hanno bisogno di “credibilità “.
Altro punto di rottura rispetto al governo del cambiamento: l’utilizzo del deficit.
Da usare con ampi margini per 5 Stelle e Lega, da non aumentare secondo la Banca d’Italia. Ragionamento che poggia le sue basi sul fatto che un disavanzo contenuto è condizione imprescindibile per ridurre il debito pubblico, che resta “obiettivo irrinunciabile”.
L’equilibrio dei conti passa per scelte attente. Niente passi indietro sulle riforme strutturali, a iniziare dalla Fornero, perchè “sarebbe rischioso”. E soprattutto nessuna “scorciatoia” per ridurre il debito.
Qui l’allarme raggiunge il suo apice: gli investitori prima e gli italiani subito dopo, sottolinea il governatore, fuggirebbero se venisse messo a repentaglio il valore della loro ricchezza. Un fuggi fuggi che darebbe vita a una crisi finanziaria così forte da macchiare “in modo indelebile” la reputazione dell’Italia nel mondo.
L’operazione di smontaggio del programma di Lega e 5 Stelle passa anche dal reddito di cittadinanza. Occhio alle conseguenze sui conti pubblici e al pericolo di scoraggiare la ricerca di un lavoro regolare, avverte il governatore.
La cornice del ragionamento di Visco è l’Europa, altro punto di contatto con Mattarella. “Il destino dell’Italia è quello dell’Europa”, sottolinea il governatore respingendo le spinte antieuropeiste che stanno infiammando la politica.
Il treno passa e l’Italia deve avere una “voce autorevole” per decidere il futuro dell’Unione europea. Altro che uscita dall’euro, altro che Europa matrigna.
“Non sono le regole europee il nostro vincolo”, prosegue Visco, parlando di un Paese che non può permettersi passi falsi. La disoccupazione resta “elevata”, la ripresa è “lenta”. Di fronte a questo scenario, l’Italia ha “le sue carte da giocare”, ma le carte vanno scelte bene.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
AVRA’ TIMORE CHE SALTINO I CONTI DELL’ITALIA E I SUOI SOLDI IN BANCA SI POLVERIZZINO
“Sento definire quello che è successo come drammatico, incredibile e un gravissimo scontro
istituzionale, in un crescendo di allarmati e allarmanti squittii. Era così radicata l’idea che parlare di politica significasse solo inseguire nipoti e orchestrare dibattiti sul nulla che assistiamo al disorientamento assoluto di fronte alla ripresa del confronto politico, anche duro”.
Lo scrive Beppe Grillo in un intervento sul Fatto Quotidiano.
“L’establishment è riuscito a bloccarci? Ok, fa parte del gioco! Non siamo certo affetti dalla sindrome dell’adolescente ribelle che spera che, alla fine, il padre gli dia ragione.
Mattarella ha intortato le cose oppure ha fatto lo sgambetto alla democrazia? Lo vedremo, ma quello che invece è sicuro – sottolinea Grillo – riguarda il cuore della contesa: c’è chi vorrebbe continuare a consegnarci alla speculazione e chi no”.
“Quello che ne seguirà si chiama semplicemente politica: il confronto fra interessi diversi combattuto con mezzi diversi dalla violenza”, rileva Grillo. “Sarebbe stato meglio non perdere altro tempo a cottarellarci al sole filtrato da un’aria così difficile da respirare, ma il confronto proseguirà : questa è la politica, bellezze! In alto i cuori”.
Un chiaro invito a Di Maio ad abbassare i toni
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
PER TEMPI TECNICI SALTEREBBERO LE CLAUSOLE DI SALVANGUARDIA E OGNI FAMIGLIA SPENDERA’ 1000 EURO L’ANNO IN PIU’
Primo aut aut dal presidente del Consiglio dei ministri incaricato, Carlo Cottarelli: “Se otterrò la fiducia del Parlamento, vareremo la legge di Bilancio e andremo a votare all’inizio dell’anno prossimo. Altrimenti si tornerà alle urne dopo agosto”.
Tradotto: senza la fiducia, dal primo gennaio dell’anno prossimo scatterà l’aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina.
L’aliquota intermedia passerebbe dal 10 all’11,5%, quella ordinaria dal 22 al 24,2%. In pratica, si salverebbero solo le aliquote più basse, quella al 5% (di impatto marginale) e quella al 4%, che si applica per lo più su alimentari di prima necessità : pane, pasta, latte e formaggi, frutta e verdura fresca.
I carburanti, invece, aumenterebbe nella misura necessaria a garantire allo Stato introiti per 350 milioni di euro l’anno.
La spiegazione del corto circuito è semplice, ma ha radici nel passato: sulla testa degli italiani pesano dal 2011 una serie di complesse clausole di salvaguardia attivate — nel pieno della crisi che portò alla caduta del governo Berlusconi — per tutelare i saldi di finanza pubblica. Con la manovra estiva di quell’anno, il governo Berlusconi dispose l’aumento dell’Iva dal 20 al 21% se l’esecutivo non avesse trovato, entro il 30 settembre 2012, 20 miliardi attraverso la “razionalizzazione della spesa”.
Alla fine di quell’anno, il governo Monti blindò la clausola con un aumento dell’imposta di 2 punti a partire da ottobre 2012: da 10 a 12 l’aliquota ridotta e da 21 a 23 l’aliquota ordinaria; con un ulteriore aumento di 0,5 punti dal 2014 per arrivare a regime a 12,5 e 23,5%.
Il rischio di acuire ulteriormente la recessione, deprimendo i consumi, convinse Monti a far slittare di qualche mese l’aumento dell’imposta.
I successivi governi Letta, Renzi e Gentiloni, riescirono — ma solo parzialmente — a sterilizzare gli aumenti che sono ora rimandati all’inizio dell’anno prossimo. Per evitarli servono 12,5 miliardi per il 2019 e 20 miliardi per il 2020.
Ovviamente, nel programma di governo di tutti i partiti c’è il rinvio dell’aumento, proprio per non pesare sulla domanda interna e sui consumi degli italiani che ancora vacillano, ma senza un governo con pieni poteri le speranze sono ridotte al lumicino.
Cottarelli ha quindi messo in guardia il Parlamento.
D’altra parte difficilmente ci sarebbero i tempi tecnici per varare la nota di aggiornamento al Def e la conseguente legge di Bilancio.
Votando tra metà settembre e inizio ottobre, non si avrebbe un governo prima della fine di ottobre o l’inizio di novembre. Una tempistica inconciliabile con l’approvazione di una legge di bilancio completa.
L’Italia andrebbe così incontro all’esercizio provvisorio facendo scattare, immediatamente, l’aumento dell’Iva: un salasso da oltre 300 euro l’anno a famiglia.
Secondo Confesercenti l’impatto sui consumi sarebbe enorme: 23 miliardi di minori spese in tre anni; uno stop alla domanda interna che — secondo gli esercenti — farebbe rallentare anche il Pil di 0,3 punti nel 2019, 0,4 nel 2020 e nel 2021.
Per il Codacons, invece, le famiglie andrebbero incontro a una stangata da 791 euro l’anno di costi diretti che sfiorerebbe i mille euro con l’aumento dei prezzi.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
IL NERVOSISMO STA CONTAGIANDO ANCHE LE SCADENZE PIU’ BREVI
Lo spread, il termometro della crisi ricordato dallo stesso presidente della repubblica Sergio
Mattarella, segnala il forte momento di tensione che vive l’Italia anche nella distanza più “tranquilla”, quella a due anni, salita oggi sopra quota 210 punti.
E’ un indicatore in genere meno usato: nei momenti di normalità sui mercati per misurare la differenza di rendimenti tra due Paesi si guarda al medio-lungo periodo, non alle contorsioni di breve dei tassi di interesse, in quanto i 24 mesi sono ritenuti un indicatore meno rappresentativo dell’andamento dei tassi
In piena crisi finanziaria (dettata dalla politica), il quadro cambia.
Lo spread a due anni con la Germania ha registrato un incremento di oltre 60 punti base nella sola mattinata odierna, ben più di quanto abbia fatto lo spread “classico” a dieci anni, salito a 260 punti per un incremento di una trentina di punti.
Cosa vuol dire questo diverso movimento delle due forbici?
Significa che la tensione sui mercati sta salendo davvero molto, ed è arrivata ad interessare in modo massiccio anche la parte “breve” dell’andamento dei tassi di interesse (la cosiddetta curva dei tassi).
In poche parole, gli investitori stanno alzando rapidamente la richiesta di “premio al rischio” (ovvero rendimento) per dare fiducia all’Italia acquistando il suo debito a breve termine, vedendo potenziali pericoli molto vicini.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
UN COLPO DA 600.000 EURO: E POI DICONO CHE FARE IL CONSIGLIERE NON RENDE, IN FONDO VOLEVA IL “CAMBIAMENTO” PURE LUI
Alla fine le manette sono scattate attorno ai polsi di un ex consigliere comunale della minoranza di centrodestra, guidata dall’attuale sindaco di Campione d’Italia, Roberto Salmoiraghi.
Secondo i carabinieri dell’enclave italiana in Svizzera, sarebbe lui il “basista” della rapina che il 28 marzo scorso fruttò un bottino di 756 mila franchi (quasi 600 mila euro), portati via dal caveau del casinò alle 7 del mattino.
Non a caso, Roberto Bernasconi, questo il suo nome, era diventato un mese e mezzo fa, il responsabile delle slot machine ai tavoli.
La rapina era stata particolare e per nulla cruenta.
Un unico uomo, armato e con un paio di baffi finti, quella mattina di marzo, entrò a volto scoperto dalla porta principale del Casinò, all’altezza del “parcheggio Vip” , che qualcuno gli aveva aperto.
Poi s’infilò in un’ascensore scese dal quinto piano al secondo, dove si trova l’ufficio cassa, dimostrando di conoscere alla perfezione il percorso e soprattutto gli orari del personale.
Trovò infatti due dipendenti che stavano contando i soldi per le slot machine e dopo averli minacciati con una pistola, si fece consegnare in uno zainetto i soldi.
Risalì con l’ascensore e se andò indisturbato.
*Le telecamere ripresero tutto senza tuttavia permettere l’immediata identificazione completa del rapinatore.
Alcuni dettagli, analizzati dagli uomini del maggiore Natale Grasso, comandante del nucleo di Campione, permisero però agli investigatori di mettere a fuoco alcuni sospetti. Intercettazioni e appostamenti hanno fatto il resto.
Alle 9 di stamattina, su richiesta del pm Daniela Moroni della Procura di Como, i militari hanno fermato Bernasconi, perquisendo la sua abitazione di Mendrisio e un altro appartamento a Cernobbio. E adesso, a quanto pare, anche per l’autore materiale della rapina, le ore sarebbero contate: si tratterebbe di un altro ex dipendente del Casinò.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
NEL FASCICOLO ANCHE ALTRI INSULTI E MINACCE SUI SOCIAL.. I LEONI DA TASTIERA PASSERANNO DAI TEATRINI DELL’AVANSPETTACOLO ALLE AULE DEI TRIBUNALI
Il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il pubblico ministero Eugenio Albamonte hanno
aperto un fascicolo per offese al prestigio e all’onore del presidente della Repubblica dopo gli insulti e le minacce di questi giorni a Sergio Mattarella.
In particolare, scrive il Messaggero in un articolo a firma di Valentina Errante e Michela Allegri, il Ros dei carabinieri sta compilando un’informativa sugli insulti comparsi sul web e tra i soggetti all’attenzione c’è anche il padre di Di Battista, Vittorio Di Battista, per lo status sulla presa della Bastiglia poi cancellato da Facebook:
Nel post Vittorio Di Battista, che ha soprannominato Mattarella “mister Allegria”, rievocava addirittura la presa della Bastiglia (anche se forse nel suo caso sarebbe il momento di pensare piuttosto alla presa di una pastiglia) e minacciava il saccheggio del Colle: «Il Quirinale è più di una Bastiglia, ha quadri, arazzi, tappeti e statue, Se il popolo incazzato dovesse assaltarlo, altro che mattoni. Arricchirebbe di democrazia questo povero paese e ridarebbe fiato alle finanze stremate».
Quello che non si capisce è perchè prima il padre di Di Battista si dichiari fascista e poi si arrabbi se Mattarella, secondo lui, fa il dittatore.
Secondo il quotidiano nel fascicolo ci sono anche gli insuti rivolti a Mattarella e il rammarico che non sia stato ucciso al posto del fratello Piersanti, ammazzato dalla mafia nel 1980.
Le minacce e gli insulti potrebbero confluire in un unico fascicolo, ma vista la portata delle ultime intimidazioni non è escluso che i pm ipotizzino un reato più grave. Nell’elenco, racconta il Corriere, figura anche il poliziotto di Catania che ieri ha pubblicato un video sulla sua «pagina». È in divisa, commenta quanto accaduto nelle ultime ore e tra l’altro dice: «La sovranità decade, io non ci sto».
La pena prevista è da uno a cinque anni.
(da agenzie)
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Maggio 29th, 2018 Riccardo Fucile
L’EUROPA CON IL 7% DELLA POPOLAZIONE MONDIALE PRODUCE IL 25% DELLA RICCHEZZA E CONSUMA IL 50% DELLA SPESA SOCIALE… UN DISEGNO EVERSIVO CHE HA MANDANTI E UTILI IDIOTI
Ciascuno ha il dovere della chiarezza, come di misurare i toni. La Repubblica ha vissuto momenti di alta tensione istituzionale (quelli del “mai come ora”, per lo più, non hanno mai studiato storia), ma non è un buon motivo per lasciare che uno diventi fatale.
Diciamoci alcune cose.
1) Il presidente della Repubblica ha agito nel pieno rispetto della lettera e dello spirito della Costituzione. In una condizione di totale solitudine politica. Ogni ipotesi di messa in stato d’accusa (dicono “impeachment”, perchè formatisi con i telefilm americani) è grottesca.
2) Non si tratta di Sergio Mattarella, ma del fatto che, per giorni e giorni, il presidente della Repubblica è stato oggetto di provocazioni e ricatti. Salvini e Di Maio, in ordine d’importanza, sono comparsi al Quirinali rispettosi e divenuti irrispettosi non appena varcato il portone. Irrispettosi non di una persona, ma della Costituzione.
3) Intestarsi il veto su una persona, confermando le provocazioni altrui, e farlo con riferimento ai mercati, da parte del presidente della Repubblica, è stato un errore. Ha ragione, ma è stato un errore. Ed è questo il punto che ci coinvolge tutti, pesantemente.
I mercati non sono solo lo spread e i complotti oscuri di gnomi malefici, sono anche gli italiani. Che stanno portando soldi all’estero come non succedeva da più di venti anni. Uscire dall’euro è un suicidio, ma annunciarlo, metterlo in conto in questo modo, scrivere in una bozza (e diffonderla) che non si rimborseranno 240 miliardi di debiti, non è solo una palese manifestazione d’incoscienza e incompetenza, ma l’inizio di un supplizio per ottenere un suicidio lento e doloroso. Che sta succedendo? Come è possibile?
I nostri giganti dell’arroganza, qualche settimana addietro, neanche sapevano dell’esistenza di un professore di nome Paolo Savona. L’avessero incrociato lo avrebbero schifato, quale incarnazione dei poteri forti, finanziari, inciuciato con la politica, complice di chi ha venduto l’Italia e incappucciato. Avrebbero avuto torto, marcio, ma così sarebbe andata. Qualche settimana appresso, invece, sul nome di Savona s’immolano.
Che sta succedendo? Succede che:
a. Salvini ha puntato tutto sulla rottura, sapendo che in caso di riuscita sarebbe divenuto il trionfatore, per demolizione di tutti gli altri, nell’altro caso, il più probabile, confidando in un premio elettorale (la sola cosa che interessa a questi);
b. quel nome è stato dato da altri, per i quali l’Italia è il più potente ed efficace strumento per colpire l’Unione monetaria europea, l’area più ricca del mondo, il mercato più forte, dove risiede il 7% della popolazione globale, si produce il 25% della ricchezza annua globale e si consuma il 50% della spesa sociale, ma dove la forza militare aggressiva è stata sterilizzata dalla storia.
Abbiamo il dovere di capirlo. E di dirlo.
Davide Giacalone blog
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