LA PROCURA HA INDAGATO IL PADRE DI DI BATTISTA PER LE MINACCE A MATTARELLA, ERA ORA
NEL FASCICOLO ANCHE ALTRI INSULTI E MINACCE SUI SOCIAL.. I LEONI DA TASTIERA PASSERANNO DAI TEATRINI DELL’AVANSPETTACOLO ALLE AULE DEI TRIBUNALI
Il procuratore aggiunto Francesco Caporale e il pubblico ministero Eugenio Albamonte hanno aperto un fascicolo per offese al prestigio e all’onore del presidente della Repubblica dopo gli insulti e le minacce di questi giorni a Sergio Mattarella.
In particolare, scrive il Messaggero in un articolo a firma di Valentina Errante e Michela Allegri, il Ros dei carabinieri sta compilando un’informativa sugli insulti comparsi sul web e tra i soggetti all’attenzione c’è anche il padre di Di Battista, Vittorio Di Battista, per lo status sulla presa della Bastiglia poi cancellato da Facebook:
Nel post Vittorio Di Battista, che ha soprannominato Mattarella “mister Allegria”, rievocava addirittura la presa della Bastiglia (anche se forse nel suo caso sarebbe il momento di pensare piuttosto alla presa di una pastiglia) e minacciava il saccheggio del Colle: «Il Quirinale è più di una Bastiglia, ha quadri, arazzi, tappeti e statue, Se il popolo incazzato dovesse assaltarlo, altro che mattoni. Arricchirebbe di democrazia questo povero paese e ridarebbe fiato alle finanze stremate».
Quello che non si capisce è perchè prima il padre di Di Battista si dichiari fascista e poi si arrabbi se Mattarella, secondo lui, fa il dittatore.
Secondo il quotidiano nel fascicolo ci sono anche gli insuti rivolti a Mattarella e il rammarico che non sia stato ucciso al posto del fratello Piersanti, ammazzato dalla mafia nel 1980.
Le minacce e gli insulti potrebbero confluire in un unico fascicolo, ma vista la portata delle ultime intimidazioni non è escluso che i pm ipotizzino un reato più grave. Nell’elenco, racconta il Corriere, figura anche il poliziotto di Catania che ieri ha pubblicato un video sulla sua «pagina». È in divisa, commenta quanto accaduto nelle ultime ore e tra l’altro dice: «La sovranità decade, io non ci sto».
La pena prevista è da uno a cinque anni.
(da agenzie)
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