Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
AL SENATO INTERVENTI DA SEPARATI IN CASA, DI MAIO ASSENTE… TORNA LA GIUSTIZIA COME TERRENO DI SCONTRO TRA M5S E LEGA
Non sarà crisi, però la fotografia dell’Aula certifica che la luna di miele è finita dentro al governo
gialloverde.
C’era una volta in cui ogni intervento della Lega era applaudito dai banchi dei Cinque stelle. E viceversa.
Raramente era accaduto ciò che è andato in scena sul decreto sicurezza, provvedimento simbolo della svolta securitaria di Salvini. Ognuno si applaude i suoi. E il capogruppo pentastellato Stefano Patuanelli ne parla come se fosse un inciso, nell’ambito di un intervento più ampio: il contratto, il reddito di cittadinanza, gli impegni da onorare per cinque anni…
E se le presenze in questi casi hanno sempre un significato politico, l’assenza di Luigi Di Maio, appena rientrato in Italia, non è dovuta al fuso orario.
Così ci sarà un motivo se anche il premier ha evitato di farsi vedere a palazzo Madama o se il ministro Toninelli ha preferito sedersi tra i banchi del Movimento e non tra quelli del governo, nel Salvini day, con i i ministri leghisti che hanno indossato il vestito delle grandi occasioni e il leader leghista ha celebrato il suo trionfo in tv, nel salotto popolare della D’Urso, nella Terza Camera di Vespa e a da Lilli Gruber a Otto e mezzo.
Quella vecchia volpe di Pier Ferdinando Casini, uno che di Repubbliche ne ha viste nascere e spegnersi parecchie, scatta così la sua istantanea: “È un processo di logoramento, che avviene anche senza l’opposizione. Ma non succederà nulla nel breve periodo. Se si dividessero si suiciderebbero, anche se si schifano sono costretti a stare assieme. Uno sta lì perchè guadagna, l’altro sta lì perchè perde e non può alzarsi”.
Di nuovo c’è che il blocco sovranista, che quando il governo è nato sembrava l’embrione di quasi un partito unico, è diventata una classica coalizione litigiosa segnata, come sempre accade nelle coalizioni, da una guerriglia a bassa intensità .
Solo il Pd continua a vederlo come una “testuggine” autoritaria: “Io — dice Tommaso Cerno — questo tipo di opposizione non la capisco. Dare a Salvini del fascista è come dire a Rodolfo Valentino che ha troppe donne. Così gli fai un regalo. Andrebbe fatta tutt’altra operazione”.
E invece governo e opposizione sono all’interno dello stessa maggioranza. In commissione Giustizia e Affari costituzionali stamattina la Lega prima era assente, poi è uscita di nuovo senza avallare la manovra dei presidenti dei Cinque Stelle, tesa a modificare la materia del provvedimento per rendere possibile l’inserimento del famoso emendamento sulla prescrizione.
Non è un dettaglio, perchè la decisione sarà affidata alla giunta per il regolamento ed è assai complicato che possa andare in Aula lunedì.
Alla fine, detta in modo un po’ grezzo, è rimasto tutto sospeso in attesa che si trovi un accordo politico. Ecco, quando un partito di maggioranza presenta emendamenti “contro” un suo alleato su un tema sensibile significa che scricchiolano i fondamentali.
Basta leggere in controluce gli emendamenti presentati dai Cinque stelle: “Se viene attuata la norma sulla prescrizione — spiega Gennaro Migliore — qualsiasi causa che sarebbe andata in prescrizione non ci va più. Ad esempio potrebbe non andarci quella che riguarda il capogruppo della Lega Riccardo Molinari, condannato in Appello sulla vicenda dei rimborsi”.
E potrebbe, sulla carta, riguardare in futuro anche il viceministro Edoardo Rixi coinvolto nel processo sulle spese pazze in Liguria.
Per i leghisti cioè è irrinunciabile una legislazione più garantista che non affidi solo alla sola magistratura la selezione della classe politica. Non a caso in più di un capannello al Senato qualche alto in grado della Lega parlava di “mettere mano alla Severino”: “Nel momento i cui gli amministratori sono condannanti in primo grado — spiega uno di loro – vengono sospesi, a differenza dei parlamentari per cui si attende il terzo grado. Se, come vogliono i Cinque Stelle, non c’è la prescrizione e il secondo grado può essere celebrato quando vuole il magistrato, un sindaco o un consigliere regionale rischia di rimanere in un limbo infinito. È una “follia””.
Il paradosso della nuova era è proprio questo ritorno all’indietro. Con la Giustizia che torna ad essere il terreno di scontro politico, non più tra Berlusconi e l’opposizione, ma all’interno della stessa maggioranza. Perchè quelle norme, già modificate nella scorsa legislatura allungando i tempi di prescrizioni, per come sono state formulate sono uno strumento di lotta politica.
Ed è chiaro l’incastro micidiale che è stato posto in essere. Perchè Di Maio ha bisogno di un vessillo su un tema a costo zero per arginare l’erosione di consenso, ora che la manovra è stata di fatto svuotata.
E non darà il via libera al pacchetto sicurezza, se prima non riceverà assicurazioni in materia. Per approvarlo, dopo il Senato c’è la Camera dove deve essere convertito entro fine mese, altrimenti “scade”.
Significa che serve un accordo politico robusto, considerati i tempi stretti che impone la sessione di bilancio. Accordo che al momento non c’è perchè le parole di Salvini sono un classico modo di buttare la palla in avanti, rilanciando su una riforma complessiva della Giustizia. E la forzatura sull’emendamento Bonafede, di cui dovrà essere valutata l’ammissibilità , ha prodotto un allungamento dei tempi. Se non fosse stato presentato, i Cinque stelle avrebbero incassato il pacchetto “anticorruzione”, sia pur in versione light come Salvini ha fatto sulla sicurezza, anch’essa annacquata rispetto alla versione originale.
Chissà se è ingenuità o nervosismo. Certo è che quando si comincia smentire l’eventualità del “voto a marzo”, come ha dichiarato Salvini, si è entrati in un’altra dimensione che non è più quella dell’intera legislatura.
Magari dopo il panettone ci sarà la colomba, ma comunque si è innescato un timer.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
REDDITO DI CITTADINANZA E QUOTA 100 SPOSTATE IN AVANTI DI GIORNO IN GIORNO PER LO SCONTRO IN ATTO SU SICUREZZA E GIUSTIZIA
Il principio dei vasi comunicanti – quello che doveva tenere in equilibrio il contenitore e il contenuto della manovra – si è inceppato.
Nel vaso dei contenuti – il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni – il livello è ancora basso.
Il riempimento procede a rilento perchè – spiegano fonti di governo – a fare da tappo sono arrivati i litigi sul decreto Sicurezza e sulla prescrizione e pesano anche questioni calde come la risposta che deve essere data alla lettera di Bruxelles entro il 13 novembre e, più sullo sfondo, i timori per le banche.
Il risultato è che il punto politico sui lavori in corso per dare vita operativamente alle misure-manifesto di Lega e 5 Stelle viene spostato di giorno in giorno. Di conseguenza, i tempi di attuazione rischiano di farsi sempre più lunghi.
La questione temporale è intrecciata al problema dei contenuti.
“Siamo in fase di rincorsa”, sintetizza una fonte dell’esecutivo per spiegare le difficoltà del lavoro che i tecnici di Lega e 5 Stelle stanno portando avanti quotidianamente.
Perchè la legge di bilancio, dopo una gestazione complessa, è arrivata alla Camera con poche indicazioni in merito al reddito e alla quota 100. Con esclusione delle risorse stanziate (16 miliardi in tutto), l’articolo relativo alle due misure spiega la ratio politica, ma è priva dei dettagli operativi.
L’iter è iniziato con il calendario stilato dalla commissione Bilancio: audizioni, esame in commissione, approdo in aula il 28 novembre. Poi il passaggio in Senato e un via libera che dovrebbe arrivare a ridosso di Natale, forse già il 21 dicembre.
Il problema risiede nel disallineamento tra questo timing e il rischio di ritrovarsi con una manovra approvata senza però essere riusciti nel frattempo a scrivere le norme che servono per farle agire.
Luigi Di Maio ha promesso un decreto “magari a Natale o subito dopo”, il premier Giuseppe Conte ha parlato di un’entrata in vigore delle norme “nei primi mesi” del 2019.
Dietro le quinte i tecnici lavorano per provare a rispettare questa scadenza, ma entrambi i piani – quello politico e quello operativo – sono influenzati dalle fibrillazioni tra i due partiti di governo.
Se a questo si aggiunge il fatto che bisogna ancora mettere a punto la strategia per rispondere alla Commissione europea, provando a non fare naufragare definitivamente quello che è rimasto del già debole tentativo di compromesso, si capisce bene l’intreccio che pone la manovra in uno scenario di rallentamento.
La carne al fuoco è tanta e per Lega e 5 Stelle la paura è quella di una cottura con tempi differiti.
Con un distinguo perchè il lavoro sul dossier della quota 100 – assicurano fonti leghiste – è “in fase avanzata, quasi pronto”. Confermato lo schema 62+38, mentre la prima finestra si aprirà ad aprile 2019 (per chi avrà maturato i requisiti a gennaio).
Il Carroccio, secondo quanto apprende Huffpost, potrebbe essere pronto anche a inserire le norme sull’anticipo pensionistico con un emendamento in aula. Solo che così i 5 Stelle resterebbero indietro dato che sul reddito di cittadinanza, ad oggi, è data come altamente improbabile la possibilità di dettagliare le norme operative prima di Natale.
Un disallineamento, questo, che sarebbe foriero di nuove tensioni dentro al governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
ORMAI VANNO AVANTI A DISPETTI E RICATTI: QUANTO POTRANNO DURARE ANCORA?
Francesco Verderami sul Corriere della Sera tasta il polso degli umori della maggioranza Lega-M5S
dopo le liti su decreto sicurezza e prescrizione, notando che ormai tra Carroccio e grillini è difficile trovare un punto d’incontro: agli emendamenti gialli sul Decreto Sicurezza di Salvini i verdi hanno risposto con quelli al decreto anticorruzione, che prendevano di mira Rousseau e la Casaleggio.
Da qui è partita la lotta dei dispettucci incrociati:
Ecco cosa ha scatenato la reazione del Movimento, che ha presentato l’emendamento sulla prescrizione senza avvisare gli alleati. Di qui l’ennesimo braccio di ferro. È vero, ci penseranno i leader a trovare un compromesso ma intanto lo scollamento politico si riverbera nell’assenza di solidarietà tra i parlamentari delle due forze: in Transatlantico i capannelli «misti» di inizio legislatura non ci sono più.
Il distacco (anche fisico) è tale che ieri, in commissione Giustizia a Montecitorio, il leghista Paolini sussurrava ai colleghi di altri partiti: «Si corre verso il voto anticipato. Ma non a giugno, a marzo».
C’è chi ci crede e chi – come il forzista Maran – ritiene sia «un gioco delle parti», utile a M5S e Lega per svolgere contemporaneamente il ruolo di maggioranza e opposizione.
Quindi il governo è in odore di crisi proprio mentre l’Italia va verso la recessione e le elezioni europee sono alle porte? Sembra proprio di sì, a sentire i sussurri di Montecitorio:
Ma se davvero fosse solo una commedia, allora non si capirebbe l’umor nero di Di Maio, che in serata ha riunito la squadra di governo di cui è «insoddisfatto».
Nè si comprenderebbe l’irritazione di Salvini, che ieri confidava di incassare il voto del Senato sul decreto Sicurezza e che invece ha dovuto schivare una trappola ordita dagli alleati.
Perchè questo era l’intento dei grillini, che avevano fatto filtrare la notizia di un vertice notturno a Palazzo Chigi tra Conte e i vicepremier per dirimere la vertenza sulla prescrizione.
Lì sarebbe dovuto avvenire lo «scambio» tra il voto di oggi a Palazzo Madama sul decreto caro al leader del Carroccio e l’intesa a Montecitorio sul ddl Anticorruzione a cui mira Di Maio.
E proprio su questo provvedimento – dopo che Salvini ha fatto saltare il vertice – il leader di M5S ha ordinato la rappresaglia, facendo cassare dai relatori grillini tutte le modifiche presentate dai leghisti.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
SANATORIA ANCHE NELLE ZONE COLPITE DAL TERREMOTO DEL 2016
Il Decreto Genova è il decreto delle meraviglie.
Nel senso che se siete elettori del M5S che hanno creduto alla storiella che tra le cinque stelle ci fossero ambiente e legalità c’è di che meravigliarsi.
Perchè del decreto emergenze scritto da Toninelli e firmato dai ministri del MoVimento c’è l’articolo che consente di utilizzare i fanghi alla diossina per concimare i campi.
C’è c’è il condono edilizio per Ischia e c’è la “mini-sanatoria per le limitate difformità edilizie” (ovvero un condono per abusi edilizi) a favore dei residenti dei comuni colpiti dal sisma del 2016.
Quest’ultimo condono (o condonino) è spuntato fuori grazie ad un emendamento presentato dalla deputata pentastellata Patrizia Terzoni.
L’onorevole Terzoni aveva già presentato un emendamento analogo, che aveva suscitato numerose critiche, che poi era stato ritirato. Ma non è rimasto nel cassetto a lungo perchè nella notte del 22 ottobre in commissione è stato approvato una nuova formulazione del emendamento all’articolo 39 che introduce l’articolo 39 bis che consentirà ai proprietari degli immobili di condonare una vasta serie di “piccoli abusi” e di ottenere così una sanatoria contestualmente alla richiesta di contributo.
A differenza di quanto accade per il condono ad Ischia però in questo caso il contributo per la ricostruzione non spetta per la parte relativa all’incremento di volume.
Insomma se siete proprietari di un immobile in uno dei 140 comuni colpiti dal terremoto del 2016 sarà possibile sanare “piccole difformità ” che rientrano entro il limite del 20% dell’aumento della cubatura originale prevista dai permessi e dalle concessioni edilizie.
Questo significa ad esempio che su una palazzina di quattro piani sarà possibile sanare un eventuale piano aggiuntivo costruito abusivamente.
A differenza della sceneggiata chiamata “operazione verità ” cui assistiamo da giorni riguardo al condono per gli abusi edilizi commessi ad Ischia per quando riguarda questo secondo condono nessuno ne nega l’esistenza.
La stessa Terzoni su Facebook lo presenta come uno dei successi del governo e del MoVimento 5 Stelle. Qualche giorno fa dopo l’approvazione del decreto emergenze da parte della Camera l’onorevole pentastellata scriveva su Facebook che con la mini sanatoria per piccole difformità «finalmente sblocchiamo la ricostruzione» nelle aree colpite dal terremoto di due anni fa.
In un altro post, pubblicato subito dopo l’approvazione dell’emendamento in commissione, l’onorevole Terzoni spiega che senza questa mini sanatoria la ricostruzione non sarebbe potuta partire perchè le limitate difformità edilizie «stavano bloccando di fatto la ricostruzione nei comuni del Sisma 2016» perchè «i comuni dell’entroterra appenninico sono piccoli comuni con centri storici di centinaia di anni e stratificazioni di interventi di modifica degli edifici che si sono succeduti in maniera a volte scoordinata, causando quindi ovvie difformità ». Insomma più che un condono una sanatoria che aspira ad essere un’operazione archeologica e stratigrafica.
Piccoli abusi, piccoli aumenti di volume (per quelli entro il 5% non si dovrà fare nemmeno una richiesta formale) che secondo Terzoni sono gli stessi uffici della ricostruzione, tecnici, sindaci, Presindenti di Regione a indicare come causa del blocco della maggior parte delle pratiche, rendendo così impossibile avviare la ricostruzione.
C’è però da rilevare che già in fase di conversione del Decreto Terremoto (luglio 2018) il governo aveva cercato di sbloccare la ricostruzione in Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria, ma evidentemente non ha funzionato visto che l’emendamento Terzoni va a modificare proprio un articolo di quel provvedimento.
Secondo il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini «è la prima volta che si consente di sanare quanto realizzato in un territorio fino al momento in cui avviene un terremoto. Così si dice: per il passato chiudiamo un occhio».
Ma in questo modo, spiega Zanchini, si riaprono i termini del condono del 2003.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
SE LO STATO DEVE ANTICIPARE AL POSTO DI AUTOSTRADE COME POSSONO BASTARE 360 MILIONI IN 12 RATE DA 30 MILIONI L’ANNO PER 12 ANNI? MISTERI DI TONINELLI… E SPUNTANO 5 VICECOMMISSARI CHE COSTANO UN MILIONE E MEZZO DI EURO L’ANNO PER TRE ANNI
Il Servizio bilancio del Senato ha espresso riserve sulla consistenza economica di alcuni articoli del
decreto Genova e altre emergenze, chiedendo per questo chiarimenti e approfondimenti. Il provvedimento, approvato in prima lettura alla Camera, da lunedì è all’esame delle commissioni di Palazzo Madama
Uno dei nodi centrali riguarda i fondi a disposizione del commissario straordinario e, in senso più largo, il costo per la costruzione del nuovo ponte, dopo il crollo del viadotto Morandi.
Secondo quanto prevede l’articolo 1 del decreto, i fondi concessi al commissario dovrebbero essere a carico del concessionario, alias Autostrade. Ma se la società non pagasse, lo Stato anticiperà quei costi
Da qui il rilievo del Servizio bilancio: “Si evidenzia in generale che non risulta illustrato il metodo di quantificazione dell’importo anticipato dallo Stato – si legge nella relazione – e che non essendo stata ancora quantificata la spesa totale che il Commissario dovrà determinare, risulta difficile ogni stima sull’adeguatezza del contributo statale”.
Un’osservazione, quindi, sui costi totali della ricostruzione, che è stata già fatta dal Servizio bilancio della Camera e sostenuta più volte dalle opposizioni.
Il provvedimento autorizza una spesa di 360 milioni complessivi — 30 milioni annui dal 2018 al 2029 — “per assicurare il celere avvio delle attività del Commissario e a garanzia dell’immediata attivazione del meccanismo di anticipazione“, nel caso di “mancato o ritardato versamento da parte del concessionario” Autostrade. Che come è noto dovrà pagare ma non potrà partecipare alla ricostruzione.
“Non risulta chiaro dal tenore della norma”, notano i tecnici, “se il contributo statale corrisponda ad una stima della garanzia pro solvendo dei crediti verso il concessionario ceduti a terzi oppure ad un finanziamento delle opere più urgenti; sarebbero inoltre opportune valutazioni sull’ammontare di anticipazioni che il Commissario potrà ottenere utilizzando le somme statali”.
Inoltre, riferito all’articolo 1 che disciplina il ruolo e le funzioni del commissario, il Servizio bilancio di Palazzo Madama evidenzia ad esempio che non è stata associata un’adeguata copertura finanziaria per i dirigenti non generali (massimo 5) che potrebbero essere nominati in aggiunta a quello generale, in supporto all’attività del commissario. In particolare – si fa notare – non è stata rimodulata l’autorizzazione di spesa fino a 1.500.000 euro per ogni anno del triennio 2018-2020 prevista inizialmente
Altro punto debole, secondo la relazione, riguarda la possibilità per il commissario di ricorrere a soggetti esterni alle pubbliche amministrazioni: “Si prende atto che non è possibile stimare gli effetti finanziari ma che essi saranno contenuti rispetto al limite massimo delle risorse previsto.”
Tuttavia, continua la relazione “sarebbe opportuna una quantificazione degli oneri per il trattamento economico accessorio del personale dirigenziale e non dirigenziale” .
(da agenzie)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
“BUONA LA PRIMA” IN SENATO… IL SEN PUGLIA DECLAMA E GESTICOLA IN AULA PER “STUDIARE” TONI E INQUADRATURE
«Tutto il mondo è un palcoscenico, e tutti gli uomini e le donne solamente degli attori. Essi hanno le loro uscite e le loro entrate» queste sono le parole che William Shakespeare fa dire a Jacques in As you like it.
E il senatore del M5S Sergio Puglia sembra aver davvero assorbito la lezione del Bardo immortale visto che ieri è stato filmato durante le prove del suo discorso in Aula al Palazzo Madama.
In un video pubblicato da Dagospia e girato durante la seduta da qualche collega (probabilmente di Forza Italia) si vede il senatore Puglia tutto intento a provare il discorso che di lì a poco avrebbe tenuto al Senato.
Il problema è che le prove, con tanto di gesti veementi, si svolgono “in scena”, ovvero all’interno dell’emiciclo mentre a parlare è il senatore — e compagno di maggioranza — Maurizio Campari della Lega, che doveva ancora terminare il suo intervento.
Proprio come gli attori che ripetono la parte dietro le quinte prima di entrare in scena anche Puglia dà un’ultima ripassata al suo discorso, per essere sicuro di accentuare per bene i passaggi più importanti in modo da risultare più incisivo e telegenico.
Un senatore a fianco di Puglia addirittura mima un applauso mentre il nostro eroe sottolinea i passaggi salienti del suo “discorso” con sorrisi e ampi gesti della mano. L’intervento — quello vero, non la simulazione — è poi andato in scena senza alcun errore ed è stato subito riproposto sui canali dedicati del M5S e sulla pagina Facebook del senatore pentastellato.
Fin dal suo arrivo in Parlamento il MoVimento 5 Stelle si è infatti fatto riconoscere per una “raffinata” tecnica di propaganda che consiste nell’utilizzare (e ricaricare sui propri canali social) i video gli interventi fatti in Aula per far vedere quanto si danno da fare o — in questo caso — quanto è bravo il governo visto che Puglia sciorina in tre minuti tutti i successi dell’esecutivo Conte.
Ci sono alcune regole di base che vengono sempre rispettate: i portavoce pentastellati devono sempre dare l’impressione di essere compatti in Aula mentre invece i banchi degli altri partiti sono mostrati deserti, semivuoti, perchè ovviamente sono tutti “fannulloni”.
Anche nel caso di Puglia alla sua destra e alla sua sinistra i banchi sono occupati ma come si vede nell’inquadratura più larga — quella del video “non ufficiale” — al di là dello sparuto gruppo di senatori che circonda l’oratore i banchi sono vuoti.
Niente di male, ovviamente i colleghi magari sono impegnati nelle Commissioni o sono in missione, ma questo è difficile da spiegare agli elettori del M5S.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
GOVERNO LATITANTE MENTRE CENTO FAMIGLIE DELLA STORICA FABBRICA DOLCIARIA RESTANO SENZA REDDITO
Dopo aver parlato nelle scorse settimane di un piano di rilancio della storica azienda dolciaria della
Pernigotti è arrivata la notizia della chiusura dello stabilimento di Novi Ligure.
Una doccia fredda per i 100 lavoratori e le loro famiglie che hanno annunciato una mobilitazione per cercare di salvare i posti di lavoro.
La Pernigotti, uno dei simboli della manifattura alessandrina, non interessa più al gruppo turco Toksoz, che l’aveva rilevata nel 2013 dalla Averna.
I rappresentanti del gruppo lo hanno detto chiaramente nell’incontro di ieri con i sindacati.
“Chiude lo stabilimento produttivo della Pernigotti di Novi Ligure – ha annunciato dopo l’incontro Tiziano Crocco della Uila – ciò significa 100 lavoratori a casa e altrettante famiglie in difficoltà “.
“L’amministratore delegato – ha aggiunto Crocco – era accompagnato dai legali e ci ha comunicato che non sono interessati allo stabilimento. I pochi impiegati del settore commerciale che rimarranno saranno trasferiti a Milano”.
I sindacati incontreranno oggi i lavoratori e poi saranno ricevuti dal sindaco di Novi Ligure Rocchino Muliere in Municipio. In programma un’assemblea con i lavoratori per decidere la mobilitazione.
E annunciano un’iniziativa forte per rimarcare il duro colpo che subiranno la città e l’economia della provincia.
(da agenzie)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
TROVATO IL SUO CORPO TRA LE VITTIME… DUE LAUREE, 30 ANNI, SI ERA TRASFERITA PER REALIZZARE I SUOI PROGETTI LAVORATIVI
C’è anche il corpo di Simona Carpignano, la 30enne tarantina emigrata in Francia, tra i cadaveri recuperati finora dalle macerie dei due palazzi crollati la mattina di martedì 6 novembre nel centro di Marsiglia. ‘E’ stato trovato il corpo di Simona. L’hanno vista, purtroppo.
L’attesa dei genitori, della famiglia, degli amici è finita: Simona è stata ritrovata senza vita sotto le macerie, quelle maledette macerie al 65 di rue d’ Aubagne, a Marsiglia, dove Simona sperava di trovare lavoro.
Lei che in tasca aveva due lauree e il sorriso dei suoi trent’anni pieni di sogni e voglia di fare’, riportano alcuni post del gruppo ‘Italiani a Marsiglia’ su Facebook.
La speranza che la 30enne, due lauree – una conseguita all’Università del Salento e l’altra a Marsiglia – la passione per l’arabo e il cinese e un lavoro da interprete, potesse essere ancora in vita è così svanita. E sono gli amici sui social network a dirle addio. ‘Combini sempre qualcosa. E adesso hai combinato pure questo. Ti voglio bene’ è la conclusione del lungo post in cui Vanessa parla della sua amica Simona, mentre alcuni commentano il post scrivendo che il suo ‘sorriso brillerà sempre, anche da lassù’ e altri aggiungono che ‘non ci sono parole, non ci credo ancora’ e che ‘ho pregato fino all’ultimo per una buona notizia, ma non è stato così’.
‘Non so davvero cosa dire’, scrive Vanessa rimarcando di non aver voluto parlare con i giornalisti in questi giorni per ‘rispetto nei confronti della famiglia’, ma ‘adesso sì che ho voglia di parlare di Simona’.
Vanessa la descrive come ‘una ragazza con una gioia di vivere insormontabile. Una ragazza che si pone gli obiettivi, li raggiunge e li supera brillantemente. Indipendente. Determinata. Plurilaureata’.
E spiega che Simona, con il ‘suo sorrisetto e il suo sguardo di sfida’, ha sempre detto che ‘le cose facili le lascio agli altri. Le cose impossibili sono per me’.
‘Ed è proprio vero – ricorda Vanessa – Ha raggiunto traguardi stimabili. Ha vinto un concorso con un progetto che ha studiato interamente da sola. Un progetto che è la sua speranza, la sua luce per Taranto, la nostra città . Lei è avanti. Lei è tosta. Testarda. È un’illuminata’.
E ancora: ‘Dove noi vediamo campi abbandonati a sè stessi, lei vede il futuro del suo progetto. La possibilità di dare una dignità e un alternativa a Taranto. Lei è umana. Ha un cuore grandissimo, si è sempre data al volontariato”.
“In ogni città in cui lei ha vissuto – dice ancota Vanessa – è entrata nel cuore di tutti, amata da tutti. Siamo nate e cresciute nella stessa via. Io lei e tanti altri nostri amici. Siamo cresciuti e ci siamo persi – aggiunge – chi vive sempre qui e chi, come me e lei, è partito”.
La 30enne tarantina aveva trovato casa da qualche mese in rue d’Aubagne. Aveva deciso di trasferirsi nella città francese ‘perchè purtroppo a Taranto non posso realizzare i miei progetti lavorativi’.
In Puglia, però, voleva tornare. E di progetti ne aveva tanti. Fra questi, l’idea della coltivazione e della lavorazione della canapa. E ancora, quella di realizzare una guida interattiva e multilingue della Puglia.
A Taranto due anni fa aveva collaborato in maniera volontaria a progetti per la valorizzazione dell’antica chiesa Sant’Andrea degli Armeni, un piccolo gioiello architettonico nel cuore della città vecchia.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 7th, 2018 Riccardo Fucile
UCCISA DOPO 20 ORE DI AGONIA DAL CONVIVENTE CHE HA COSPARSO DI BENZINA LA CASA CON LEI DENTRO… NESSUN CORTEO DI SEDICENTI SOVRANISTI O FASCI DA AVANSPETTACOLO PER LEI
Sabato scorso, 4 novembre, una donna è stata uccisa a Sala Consilina, nel Salernitano. Il suo nome
era Violeta Senchiu, aveva 32 anni ed è stata uccisa dal convivente, un 48enne del posto che è stato fermato con l’accusa di omicidio pluri-aggravato per futili motivi, crudeltà e premeditazione nonchè di incendio doloso.
Sì, proprio incendio doloso perchè Violeta è stata uccisa dopo che il convivente ha cosparso di benzina la casa, con lei dentro.
Violeta è rimasta gravemente ustionata su tutto il corpo ed è morta dopo quasi venti ore di agonia nel centro grandi ustionati dell’ospedale Cardarelli di Napoli.
Una morte terrificante. Secondo i Carabinieri l’uomo, un italiano già noto alle forze dell’ordine, è uscito appositamente di casa per acquistare da un distributore di carburanti le due taniche di benzina che poi sono state utilizzate per appiccare l’incendio.
Violeta Senchiu viveva da anni a Sala Consilina ed era conosciuta, oltre che dai suoi connazionali, anche dai salesi come una donna seria e lavoratrice.
La Consulta delle Donne Amministratrici del Vallo di Diano e Tanagro ha scritto una lettera aperta Violeta, per chiederle scusa «per non aver ascoltato le tue grida, siamo rimaste indifferenti in attesa che fossi tu a trovare la forza di cercarci».
La notizia è passata quasi del tutto sotto silenzio ad esclusione di alcuni articoli sui giornali locali, eppure la questione dei femminicidi nel salernitano sta assumendo contorni drammatici.
Tre degli ultimi quattro omicidi commessi nel Vallo di Diano hanno infatti come vittime delle donne, i loro nomi erano Olena, Isabella e Violeta.
Sempre sabato scorso poi un altro episodio di violenza ai danni di una donna si è verificato a Napoli. In questo caso un 52enne pregiudicato di San Pietro a Patierno, italiano, ha imprigionato nel proprio appartamento per circa 12 ore l’ex convivente, colpendola ripetutamente con calci e pugni, tentando più volte di soffocarla con una coperta e sbattendole la testa contro la testata del letto.
Il caso di Violeta è emblematico.
Per lei non ci sono stati cortei, visite istituzionali di ministri o post indignati contro la feccia che uccide le nostre donne o ronde organizzate dai cazzari di turno.
Il motivo? Violeta Senchiu era di origine romena. Il suo omicida invece è italianissimo.
Ecco quindi che quella morte diventa di serie B.
Prendiamo ad esempio il caso del nostro coraggioso ministro dell’Interno. In questi giorni Matteo Salvini, oltre ad occuparsi delle sue vicende sentimentali, ha avuto modo di esprimere le sue condoglianze per la morte di un Carabiniere travolto da un treno mentre stava inseguendo un delinquente.
Salvini in quel caso non dice che il delinquente in questione faceva parte di una banda di quattro uomini, tutti del Napoletano.
Ieri Salvini ha avuto il tempo di dare notizia che la Polizia di Stato aveva eseguito sette arresti a carico di individui accusati di spaccio di sostanze stupefacenti e — in caps lock — organizzazione di combattimenti clandestini tra cani. «Che vigliacci, le bestie siete voi» chiosa il ministro prima del «in galera e via le chiavi» che piace tanto ai piccolifan che hanno sete di giustizia medievale.
Scorrendo la pagina Facebook di Salvini non si trova nessun post — tra oggi e il 4 novembre — dove annuncia pene severe nei confronti dell’assassino di Violeta, dell’uomo che l’ha bruciata viva.
Il giorno prima dell’omicidio di Violeta Salvini dava in pasto ai suoi la notizia del pestaggio e della tentata violenza ai danni di una 52 enne a Grosseto. Manco a dirlo l’aggressore è un ragazzo di origini egiziane di 20 anni per il quale Salvini chiede «pena certa e poi espulsione» perchè «certi VERMI devono capire che la pacchia è finita!».
Certi vermi, appunto non tutti. Solo quelli di origine straniera.
Salvini non ha trovato un minuto per fare un post dove chiede pene certe per l’assassino di Violeta Senchiu
Violeta Senchiu non era abbastanza degna del pensiero di Salvini, era romena anche se è morta in Italia per mano di un italiano.
(da “NextQuotidiano”)
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