Destra di Popolo.net

L’OMBRA DELLA SCISSIONE NEL M5S: SI INIZIA A PRONUNCIARE LA PAROLA TABU’

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

IL VOTO SULLA DICIOTTI SPACCA IL MOVIMENTO, ORMAI DIVISO IN DUE…     E ORA I DISSIDENTI SONO DIVENTATI TANTI

Quando Mario Giarrusso esce dal portone dello stabile in cui il Movimento 5 stelle ha appena votato No al mandare alla sbarra Matteo Salvini, viene investito da un’onda.
È un gruppo di senatori del Partito democratico che alzano il coro “onestà  onestà ” e sventolano cartelli con l’hashtag #decidecasaleggio. È un’immagine che fa male.
Ed è il paradigma che spiega meglio di ogni altra cosa perchè nel Movimento è iniziata a circolare una parola che anche nei momenti più bui è rimasta un tabù: scissione.
Non perchè, al momento, qualcuno la stia organizzando, non perchè, tra i più, sia un auspicio concreto. Ma è inevitabilmente entrata nei discorsi tra i capannelli dei parlamentari.
Più della rivoluzione verticistica dei 5 stelle annunciata negli ultimi giorni da Luigi Di Maio, è stato il caso Diciotti a far deflagrare una bomba all’interno di quell’universo.
Un senatore spiega: “Ma tu ti rendi conto? Lui ieri ha detto che Travaglio ha strumentalizzato i nostri sindaci. Questo più di tutto ti fa capire di che casino stiamo vivendo”.
Perchè il direttore del Fatto quotidiano è un punto di riferimento del mondo pentastellato. Uno scontro così duro fra stelle di universi tangenti non si era mai visto.
Così ecco che un altro onorevole di Palazzo Madama si sgancia da un capannello di colleghi: “Qui non si capisce più niente, se continuiamo così dopo le europee ci dividiamo, o magari anche prima, tra chi vuole stare al governo e ingoia qualunque cosa dalla Lega e chi vuole tornare a essere il M5s di una volta”.
Poi osserva sospettoso: “Sta registrando? Ah no, allora se mi cita la querelo”.
Una situazione liquida, magmatica.
I dissidenti ai quali Paola Taverna ha indicato la porta in una tesa riunione di gruppo sono più di quanti non siano mai stati.
Guardano a Roberto Fico più che a Beppe Grillo: solo il presidente della Camera potrebbe orchestrare un’operazione politica che abbia un respiro, magari con il fondatore come nume tutelare. Fantapolitica, certo.
Ma è un fatto che fino ad appena una settimana fa ragionamenti del genere non erano di casa da queste parti. E che i Movimenti 5 stelle mai come oggi siano due, che vivono quasi da separati in casa.
“L’etica è anzitutto un avvenimento”, scriveva Alain Finkielkraut.
E il voto sulla Diciotti è stato il fatto che ha polverizzato i principi su cui il 33% degli italiani ha dato fiducia ai 5 stelle, almeno a sentire chi critica le scelte del capo politico.
Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura della Camera e uomo considerato vicino a Fico, esce allo scoperto: “C’è qualcuno che dice che il 41% (dei voti sul blog favorevoli al processo per Salvini, n.d.r.) deve andarsene, qualcun altro vuole etichettare il 41% come dissidenza. Io so invece che il 41% e pronto a mobilitarsi e vuole chiedere conto della direzione di questo governo, vuole più coerenza”.
“Qualcuno dice che deve andarsene”, “mobilitazione”.
Beppe Grillo che porta il suo spettacolo a Roma, al Brancaccio, è atteso da un gruppo di attivisti che si sono sentiti traditi. Gianluca Cancelleri, influente colonnello siciliano, ribadisce la fiducia alla leadership ma si rammarica: “Avremmo dovuto votare l’autorizzazione a procedere
Nel Transatlantico del Senato c’è chi gira con sguardo attonito, e parla di “percentuali che non ci faranno superare la soglia di sbarramento se continuiamo così”, iperboli che non certificano la realtà  ma uno stato d’animo da impazzimento sì, mentre il leader è chiuso a Palazzo Chigi per l’ennesimo vertice su reddito di cittadinanza e quota 100.
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è costretto a giocare sulla difensiva, a spiegare che il voto in Giunta non costituisce “una svolta garantista”.
Giarrusso va in giro a spiegare che rimane manettaro. Se non bastasse la parola quando passa davanti ai senatori del Pd che lo contestano alza le mani e mima il gesto delle manette ai polsi. “L’etica è anzitutto un avvenimento”, scriveva Alain Finkielkraut.

(da “Huffingtonpost”)

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GRILLO CONTESTATO IN SERATA A ROMA DA ATTIVISTI M5S: “CI AVETE TRADITO, SIETE DIVENTATI I PORTAVOCE DI SALVINI”

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

LA PROTESTA DAVANTI AL TEATRO BRANCACCIO: CHIEDONO CHE IL FONDATORE DEL M5S SI DIMETTA DA GARANTE

“Ci avete tradito, Grillo si dimetta da Garante”. Con tanto di cartelli un gruppo di attivisti, che fanno riferimento all’associazione del M5S del 2009, attende Beppe Grillo al teatro Brancaccio, dove il Garante terrà  il suo show Insomnia.
A guidare la protesta Francesca Benevento, consigliera del Municipio XII di Roma.
“Hanno tradito i nostri valori per le poltrone, sono diventati dei portavoce di Salvini”, spiega Benevento esponendo un cartello con un elenco di dossier dove, a suo parere, il M5S ha voltato faccia ai suoi elettori: dalla Tav al Tap, dalla libertà  vaccinale al “no” all’immunità  fino al “no” alla lottizzazione della Rai”.
“No Casaleggio, No Di Maio dal M5S”, recita un cartello mentre un’altra attivista, su un foglio, esprime il proprio dissenso sul voto online sul caso Diciotti: “Rousseau-Trouffeau”.
“Da mai con i partiti ad alleati di governo della Lega padrona”, dicono
Davanti al teatro arrivano anche militanti con le bandiere del Movimento. E nasce un battibecco tra i due gruppi: “Ma non vi vergognate?”. La replica: “Lecchini”.
Una divisione emersa nelle ultime ore sullo stesso blog delle Stelle. Con tante manifestazioni di scoramento da parte degli iscritti.
Ai due fronti contrapposti del Movimento si aggiunge la protesta degli Ncc. “A causa vostra 80mila persone resteranno senza lavoro. Vergognatevi, vi siete calati le braghe col sindacato taxi!”, grida un manifestante.

(da agenzie)

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DOVE C’E’ LA LEGGE SALVINI PERDE: LA CASSAZIONE STABILISCE CHE IL DECRETO SICUREZZA NON PUO’ ESSERE RETROATTIVO

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

LE DOMANDE PER I PERMESSI DI SOGGIORNO INOLTRATE PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL DECRETO DEVONO ESSERE GIUDICATE SECONDO LA NORMATIVA PRECEDENTE

La Corte di Cassazione ha stabilito che il decreto sicurezza Salvini è irretroattivo: ossia, le domande per i permessi di soggiorno presentate prima del decreto dovranno essere giudicate secondo la normativa precedente.
Se rilasciato, il permesso avrà  la dicitura ‘casi speciali’, della durata di due anni: dopodichè, opererà  il nuovo regime.
La portata del provvedimento Salvini viene quindi in qualche modo ridimensionata, anche se sono temporaneamente.
La Corte è giunta al verdetto partendo dal ricorso di un cittadino della Guinea cui il tribunale di Napoli aveva detto no alla domanda di protezione internazionale o umanitaria. Si è posto per la Cassazione il problema di quale normativa applicare, visto che la nuova legge, al momento dell’udienza era già  entrata in vigore.
Per arrivare alla decisione, la Cassazione ha preso atto che il decreto sicurezza ha previsto espressamente due commi che disciplinano i permessi già  rilasciati (che rimangono in vigore, anche se alla scadenza saranno applicate le nuove disposizioni) e quelli non ancora rilasciati, ma per i quali la commissione territoriale ha già  accertato i presupposti per il rilascio del permesso umanitario (in questo caso, visto che tale permesso non è più previsto, al termine dell’iter sarà  rilasciato il permesso per ‘casi speciali’).
Rimangono dunque fuori i casi ancora da decidere o per i quali c’è stata una prima decisione negativa per il migrante.
La prima sezione civile della Cassazione ha quindi applicato il principio giuridico che “la legge non dispone che per l’avvenire” anche a questo caso, per non creare “disparità  ingiustificate e irragionevoli di trattamento dovute esclusivamente ad un fattore del tutto estrinseco e accidentale quale la durata del procedimento di accertamento”.
Il cittadino straniero, sulla base delle norme modificate dal decreto del 2018 – scrive la Corte – “ha diritto a un titolo di soggiorno fondato su ‘seri motivi umanitari’ desumibili dal quadro degli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dallo Stato, che sorge contestualmente al verificarsi delle condizioni di vulnerabilita’, delle quali ha chiesto l’accertamento con la domanda. La domanda, di conseguenza, cristallizza il paradigma legale sulla base del quale deve essere scrutinato”.
Precisa inoltre, che “il potere-dovere delle commissioni territoriali di accertare le ragioni che possano residuare dal diniego delle cosiddetti protezioni maggiori”, come lo status di rifugiato, resta, “ancorche’ rimodulato alla luce della significativa compressione delle ragioni umanitarie realizzata dal decreto legge 113 del 2018”.

(da agenzie)

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SALVINI E’ SALVO, IL M5S NON ESISTE PIU’, ORMAI E’ PEGGIO DEI VECCHI NOTABILI DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

IL POTERE PUZZA, MA CI SI ABITUA PRESTO

Dai, non era mica un referendum, ci siete cascati, e avete dato la risposta esatta. Bravi. Bene. Bis. Il montepremi è il potere. Certo il potere puzza, è vero, ma ci si abitua in fretta.
Così il fantastico sistema Rosseau anche oggi ha fatto la sua porca figura: si e incrinato un paio di volte, si è attorcigliato in una domanda in cui per votare no dovevi scrivere sì e per votare sì dovevi scrivere no (nemmeno Grillo è riuscito a trattenersi da una sana presa per il culo per un quesito che avrebbe scombussolato gli ormoni ai tempi di Cirino Pomicino) e poi, per il dubbio di non avere incasinato abbastanza il tutto hanno detto che c’era da difendere la Ragion di Stato, mica Salvini.
Peccato che la Ragion di Stato non abbia personalità  giuridica, nemmeno partita iva e quasi sempre nella storia nemmeno dei mandanti che non fossero oscuri.
E così Salvini è salvo e il Movimento 5 Stelle non esiste più: esiste un partito che ha imparato a impastare il potere con la scaltrezza di qualche vecchio democristiano rivestendo tutto di un sotto vuoto spinto 2.0 che funziona sempre in questi tempi di rete, di social e di piccoli meme che ci inondano dappertutto.
C’è un piccolo problema, però: il sistema innanzitutto fa acqua da tutte le parti. Ci sono state elezioni in qualche sperduta isola del mondo che hanno avuto meno falle informatiche di un sistema che invece costa come la NASA sotto forma di contributo volontario dei portavoce (ma voce di chi?) parlamentari.
Poi c’è il 41 per cento di persone che ha votato no. E quel 41 per cento, c’è da scommetterci, sarà  incazzato nero perchè in realtà  ha rispettato lo statuto, pensa te che inutili sognatori, e invece si ritrova il ministro nutellaro pronto a festeggiare con qualche selfie udibile domani mattina.
Una domanda faziosa, un appunto a metà  giornata che invitava a dare la risposta giusta, una masnada di servi che hanno specificato che si dovesse votare contro il processo a Salvini, un incredibile Di Maio che si è ricordato di essere portavoce e ancora una volta il sistema Rosseau che è stato pompato dalla solita propaganda grillina che ha martellato su tutti i social.
Bravi, la risposta è giusta. Il problema è che qui ha vinto di sicuro Salvini e sarà  difficile immaginare cosa succederà  al Movimento.
Certo, ora tutti diranno che bisogna rispettare il volere popolare, anche se per la prima volta il Movimento 5 Stelle si ritrova a dover avere a che fare con una numerosa minoranza. E non sono abituati, eh, no.
Che ne faranno? Spereranno (invano) di avere iscritti disposti a discutere?
E se sì, dove discuteranno, visto che non ci sono mai stati luoghi di discussione?
E soprattutto come comunicare un dato che, come sempre, comprende una complessità  che andrebbe rispettata? Di certo, per l’ennesima volta Salvini gode. Contenti voi.

(da “TPI”)

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“DOVEVAMO ESSERE IL CAMBIAMENTO, SIAMO DIVENTATI PEGGIO DEGLI ALTRI”

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

PAOLO BARROS, ATTIVISTA M5S E CONSIGLIERE AL IX MUNICIPIO DI ROMA: “COME MAI PER TAV E TAP NESSUNO HA INDETTO CONSULTAZIONI SU ROUSSEAU? O SI CHIEDE IL PARERE DELLA BASE SOLO QUANDO FA COMODO?”

“È stata una mossa completamente sbagliata, contro i valori del Movimento Cinque Stelle”. Paolo Barros, attivista romano M5S e consigliere del IX municipio della Capitale, è molto critico sia verso l’esito del voto online sul caso Diciotti, sia verso la scelta di sottoporre agli elettori la questione sulla piattaforma Rousseau.
“Da una parte mi aspettavo questo risultato, ma non possiamo pensare di ricorrere alla piattaforma solo per quello che ci fa comodo”, dice Barros a TPI.it.
“Per altre decisioni, come quelle su trivelle, Tav e altro, non si è chiesto niente a nessuno: qualcuno ha scelto per tutti. Quando fa comodo invece le tattiche cambiano”.
“Inoltre, la piattaforma Rousseau aveva un senso fintanto che non stavamo al governo. Ora che siamo stati votati da 11 milioni di italiani, rimettersi al voto di 52mila persone su Rousseau non è democratico”, sottolinea.
Paolo Barros, che si è espresso in passato contro il decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini, alla fine di gennaio ha subito quello che lui ha definito un “atto intimidatorio” dal M5S, venendo rimosso dalla commissione Scuola, cultura e sport del IX municipio per essere trasferito a quella sull’urbanistica, materia su cui — per sua stessa ammissione — non ha nessuna competenza.
Ora non nasconde la sua amarezza: “Noi dovevamo essere il cambiamento, ora siamo diventati come gli altri, se non peggio. Dovevamo azzerare la vecchia politica, invece ci siamo alleati con il partito più vecchio in Italia, la Lega, per andare a fare danni con questo contratto di governo. Io sono stato coerente dall’inizio, esprimendo il mio dissenso verso quest’alleanza e verso il decreto Salvini in particolare”.
“Il Movimento Cinque Stelle con questa votazione ha mostrato di essere diventato qualcos’altro”, aggiunge Barros. “La battaglia contro l’immunità  era uno dei nostri cavalli di battaglia, il prossimo a cadere quale sarà ? Manca solo la regola dei due mandati!”
Insieme agli altri attivisti M5S ha pensato a un gesto per dissociarsi da questa scelta?, gli chiediamo.
“Prima di fare qualsiasi cosa aspetterò il voto politico in Aula, lì si vedrà  se c’è ancora speranza o se il Movimento Cinque Stelle ha perso i suoi valori di partenza”, risponde Barros. “Salvini non è sopra la legge. E se fosse capitato a uno di noi del Movimento? Cosa sarebbe successo?”
Le conseguenze della scelta di fare da scudo a Salvini, secondo l’attivista M5S, saranno pesanti: “Con questa mossa abbiamo perso una grossa fetta di elettori. Stiamo già  perdendo molti consensi, che stanno andando all’alleato di governo. Secondo me non ci si difende dal processo, ma ci si difende nel processo. Guardiamo il caso della Raggi e gli altri”.
“Io non ho votato, non partecipo a questo giochetto”, conclude netto. “Bisogna prendersi le proprie responsabilità , e non fare lo scaricabarile. Se è stata una decisione politica di tenere quelle persone in mare, andando contro la legge, la politica si deve prendere le proprie responsabilità ”.

(da “TPI”)

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GALLO (M5S): “C’E’ UN 41% DI GRILLINI CHE E’ PRONTO A MOBILITARSI”

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

“NON LIQUIDEREI FACILMENTE LA VOTAZIONE SUL CASO DICIOTTI”

A Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura della Camera, viene attribuita grande prossimità  con il presidente della Camera, Roberto Fico.
Diventa quindi particolarmente significativo il suo richiamo al Movimento 5 Stelle dopo la votazione su Rousseau che ha deciso di approvare l’immunità  a Matteo Salvini nel caso Diciotti.
“Non liquiderei così facilmente questa votazione” dice Gallo in un post su Facebook, sottolineando che oltre al 59% dei favorevoli all’immunità  per Salvini c’è un 41% che chiede di cambiare ed è pronto a mobilitarsi per un ritorno ai valori fondanti del Movimento.
“Il 41% degli iscritti al M5S chiede ai vertici un cambio di passo e il ritorno ai principi del M5S. Il 41% è un numero enorme – sottolinea Gallo – E’ un 41% fatta di persone diffuse in tutto il paese, sono carne e vita di cittadini attivi che credono in un sogno da almeno 10 anni, sono cittadini che ogni giorno si impegnano, sono consiglieri comunali che dedicano la loro vita al bene comune, sono sindaci che rischiano ogni giorno. Questi cittadini si sono innamorati di un programma votato da 11 milioni di cittadini. Programma, valori e principi che il M5S è chiamato a realizzare, a raccontare, a rivendicare in modo trasparente nel Paese ma anche al suo partner di governo. La Lega fa la Lega, il M5S deve fare il M5S”.
Proprio il ritorno al Movimento delle origini è il cuore del ragionamento di Gallo. “Il M5S ha un suo programma su immigrazione e deve rivendicarlo, ha una sua idea di solidarietà , ha dei suoi valori sull’incontro tra diversità  e deve rivendicarla, poi alcuni punti si raggiungeranno, altri no ma dobbiamo chiarire dove abbiamo ceduto e dove siamo riusciti a realizzare la nostra visione. Non si può abdicare ad avere una visione politica per i nostri cittadini su ogni singolo tema, ad avere un messaggio culturale per il Paese. Tante sono le cose fatte bene ma ci sono anche gravi errori. C’è qualcuno che dice che il 41% deve andarsene, qualcun altro vuole etichettare il 41% come dissidenza. Io so invece – conclude Gallo – che il 41% è pronto a mobilitarsi e vuole chiedere conto della direzione di questo governo, vuole più coerenza”.
Non mancano altre voci critiche dentro il Movimento 5 stelle. Gregorio De Falco è stato molto critico negli ultimi mesi sulla linea politica del Movimento, al punto da essere stato espulso dal gruppo: “Il voto online è stato un errore politico della dirigenza che ha tentato di coprirsi le spalle – dice oggi il senatore – Credo che il parlamentare del Movimento debba seguire il programma, che prevede l’eliminazione delle garanzie”.
Secondo De Falco “l’unico risultato conseguito con il voto on line è stato quello di spaccare il Movimento”.
Altra voce tradizionalmente molto critica con i vertici è Ugo Forello, consigliere comunale M5S di Palermo. “Il risultato delle consultazioni rappresenta un risultato sorprendente” dice, “oltre il 40% dei voti, nonostante la costruzione tendenziosa ed errata del quesito, nonostante l’indirizzo e le pressioni espresse dai vertici del Movimento, hanno difeso uno dei principi fondamentali per cui i 5 stelle sono nati – dice Forello – Paola Nugnes, Elena Fattori, il Presidente Roberto Fico, i sindaci Raggi, Appendino e Nogarin e tantissimi altri portavoce nazionali e locali rappresentano oggi la vera e genuina faccia dei 5 stelle”.

(da “Huffingtonpost“)

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IL GESTO DELLE MANETTE CHE GIARRUSSO DOVEVA FARE AI LEGHISTI INVECE CHE AI DEM

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

COSA NON SI FA PER MANTENERE UNA POLTRONA

Il senatore del M5S Mario Michele Giarrusso ha fatto il gesto delle “manette”, incrociando i polsi, verso i senatori dem che lo stavano contestando fuori dell’Aula della Giunta per le Immunità  a Sant’Ivo alla Sapienza.
E la protesta, contro il pentastellato che poco prima aveva detto “Io non ho i miei genitori agli arresti domiciliari”, si è subito accesa.
“Un secondo dopo aver salvato Salvini, Giarrusso dei 5Stelle riscopre il più becero giustizialismo e ci mostra il segno delle manette, l’idea più barbara possibile che esista del confronto politico. Gli alleati sono sempre innocenti, gli altri in galera. Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, scrive su Twitter Emanuele Fiano, della presidenza del Gruppo Pd della Camera. Oggi anche il consigliere laziale del MoVimento 5 Stelle Davide Barillari ha pubblicato una vignetta con le manette in riferimento ai genitori di Renzi.
Il clima ha cominciato a surriscaldarsi con l’arrivo, intorno alle 15, di una pattuglia di senatori del Pd. Sono venuti per attaccare vis a vis i senatori grillini che a loro detta stanno salvando Salvini per ordine di Casaleggio.
A guidare il plotone ci sono Simona Malpezzi e Teresa Bellanova, gli altri le seguono a qualche metro di distanza. Col passare dei minuti i senatori democratici diventano tanti, una trentina almeno. Le parti sono ribaltate.
I dem sono in piazza a gridare ‘onesta’, onesta”; i grillini sono dentro che votano e salvano Salvini dal processo Diciotti. Quando i senatori cominciano a uscire alla spicciolata, i senatori del Pd alzano voce e cartelli. Risparmiano Gasparri, De Poli, perfino Pillon. La loro protesta e le loro urla sono tutte per i pentastellati e in particolare per Mario Giarrusso.
Il senatore siciliano attende sull’uscio che si liberino le telecamere, alle prese con Gasparri. Attende di entrare in scena e intanto si accorge dei democratici che lo insultano. “Sei un burattino”, “vergognati”, “ti piace la poltrona eh?”, “restituisci tutto lo stipendio”.
E tanto altro. Lui sorride, spavaldo. Poi si volta e fa il gesto delle manette verso i colleghi del Pd.
Un gesto squallido da parte di chi ha la coda di paglia: con un sequestratore di persone aveva avuto l’occasione di schierarsi per la legalità  e non lo ha fatto.
Con i familiari di un esponente politico di minoranza è facile fare i bulli, con un vicepremier ci vogliono le palle e una coerenza che pochi hanno.
Più facile fare i servi sciocchi.

(da agenzie)

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MOVIMENTO CINQUESTALLE

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

L’ANALISI IMPIETOSA DI MARCO TRAVAGLIO

Siccome qualcuno aveva evocato il primo referendum processuale della storia, quello indetto da Ponzio Pilato fra Gesù e Barabba, possiamo tranquillamente dire che qui mancava Gesù. Ma ha rivinto Barabba.
E non perchè Matteo Salvini sia un bandito, anche se è (anzi ormai era) indagato per sequestro di persona aggravato di 177 migranti appena salvati dal naufragio.
Ma perchè, quando si chiede al “popolo” di pronunciarsi non su questioni di principio, ma su casi penali dei quali non sa nulla, la risposta che arriva di solito è sbagliata. E quella data ieri dalla maggioranza degli iscritti 5Stelle non è solo sbagliatissima: è suicida.
La stessa, peraltro, che auspicavano i vertici, terrorizzati dalla reazione di Salvini, cioè dalle ripercussioni sul governo e dunque sulle proprie poltrone.
Chi aveva sperato che gli iscritti dessero una lezione agli eletti, anzi ai “dipendenti” come li chiamava un tempo Grillo, facendoli rinsavire e rammentando loro i valori fondativi della legalità , dell’uguaglianza, della lotta ai privilegi di Casta, è rimasto deluso.
Per salvare Salvini, i 5Stelle dannano se stessi.
Nemmeno le parole sagge e oneste dei tre sindaci di punta — Appendino, Nogarin e Raggi — raccolte ieri dal Fatto sono servite a restituire la memoria alla maggioranza della “base”.
È bastato meno di un anno di governo perchè il virus del berlusconismo infettasse un po’ tutto il mondo 5Stelle.
E l’impietoso referto del contagio è facilmente rintracciabile nelle dichiarazioni dei senatori che già  da giorni volevano a tutti i costi salvare Salvini e nei commenti sul Blog delle Stelle dei loro degni iscritti che li hanno seguiti anzichè fermarli sulla strada dell’impunità .
Dicono più o meno tutti la stessa cosa: siccome ora governiamo noi e la Lega, decidiamo noi chi va processato e chi no, alla faccia dei giudici politicizzati che vorrebbero giudicare le nostre scelte unanimi per rovesciare il governo.
Questo, in fondo, era il messaggio in bottiglia mal nascosto nella decisione di affidare agli iscritti una scelta che avrebbero dovuto assumere, senza esitazione alcuna, il capo politico Di Maio e il suo staff. Una scelta naturale, quasi scontata, quella dell’autorizzazione a procedere, che era stata annunciata fin da subito, quando arrivò in Parlamento la richiesta del Tribunale dei ministri su Salvini: “Vuole il processo? Lo avrà ”. Ma poi era stata prontamente ribaltata, peraltro senza mai essere ufficializzata, quando Salvini aveva cambiato idea intimando con un fischio ai partner di salvarlo dal processo. Riuscendo nell’impresa di spaccarli a metà .
Ergo, a decidere la linea del primo partito d’Italia, sono i capricci dell’alleato-rivale.
Che ha imposto ai 5Stelle un voltafaccia pronunciato a mezza bocca, senza nessuno che se ne assumesse la paternità  e la responsabilità .
Un atto non dovuto, gratuito (il governo non sarebbe certo caduto sulla Diciotti) di sottomissione a Salvini: lo stesso che prende i 5Stelle a pesci in faccia sul Tav, le trivelle e prossimamente sull’acqua pubblica, straccia spudoratamente il Contratto di governo e poi pretende l’asservimento totale degli alleati senza restituire nemmeno un pizzico di lealtà . Così le storiche parole d’ordine di Beppe Grillo e la lezione di Gianroberto Casaleggio — “Ogni volta che deroghi a una regola, praticamente la cancelli” — sono finite nel dimenticatoio, con la scusa che “questa volta è diversa”, “non è come con gli altri governi”, “non ci sono di mezzo le tangenti”.
Ma “solo” un sequestro di persona, che sarà  mai. E tanti saluti a quei fresconi dei sindaci Raggi, Appendino e Nogarin, più volte indagati o imputati non certo per storie di vil denaro, ma per atti compiuti nell’esercizio delle funzioni di governo, che mai hanno detto una parola contro i magistrati e si sono sempre difesi nei, non dai processi.
Certo, qualcuno avrebbe votato diversamente se il caso Diciotti fosse stato presentato sul blog in maniera corretta e veritiera, e non nel modo menzognero e truffaldino studiato apposta per subornare gli iscritti (il No per il Sì al processo, e viceversa; il quesito cambiato in corsa ieri mattina per blindare ancora meglio il Sì all’impunità ; il sequestro di persona spacciato per un banale “ritardo nello sbarco”; l’invocazione del salvacondotto per “l’interesse dello Stato”, del tutto sconosciuto alla norma costituzionale, che consente il no al processo solo in caso di “interesse pubblico preminente” o “costituzionalmente rilevante”).
Ma la perfetta identità  di vedute fra la maggioranza degli eletti e il quasi 60% degli iscritti votanti è un dato di fatto da prendere in considerazione per quello che è: i vertici hanno ormai la base che si meritano, e viceversa.
Però, da ieri, il M5S non è più il movimento fondato dieci anni fa da Grillo, Casaleggio e decine di migliaia di militanti.
È qualcosa di radicalmente diverso, che ancora non conosciamo appieno e di cui dunque non possiamo immaginare il destino.
Ma che non promette nulla di buono, se la maggioranza emersa ieri dal blog resterà  tale, scoraggiando e allontanando la pur cospicua minoranza di pentastellati rimasti coerenti e fedeli ai valori originari.
Qui non è questione di presunte svolte a destra o a sinistra. E non è in ballo l’eterno giochino tra ortodossi e dissidenti, o fra dimaiani, fichiani e dibattistiani.
Ma qualcosa di ben più profondo. Se il M5S perde la stella polare della legge uguale per tutti, gratta gratta gli resta ben poco, perchè quello era il fondamento di tutte le altre battaglie, l’ubi consistam della sua diversità , anzi della sua alterità  rispetto ai vecchi partiti. I quali non mancheranno di rinfacciarglielo a ogni occasione: “Visto? Ora siete come noi. Benvenuti nel club”.
Dalle stelle alle stalle.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LATTE, LA CONTROPROPOSTA DEI PASTORI SARDI: “SUBITO 80 CENTESIMI AL LITRO”

Febbraio 19th, 2019 Riccardo Fucile

IL DOCUMENTO IN 12 PUNTI VOTATO A TRAMATZA DA MILLE PASTORI

Prezzo del latte ovino subito a 80 centesimi e poi 1 euro a regime, azzeramento dei Consorzi di tutela, distribuzione più equa dei profitti all’interno della filiera: sono alcune delle proposte rilanciate dai pastori sardi riuniti a Tramatza (Oristano) e contenute in un documento suddiviso in 12 punti e approvato all’unanimità  per alzata di mano.
Una controproposta che dovrebbe andare ad integrare l’accordo siglato sabato scorso a Cagliari col ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio, che ha raggiunto una prima intesa su 72 centesimi al litro e ha stabilito una tregua di tre giorni alle proteste. Tregua che però è durata soltanto una notte.
Tra i punti principali l’attivazione di “tutte le procedure capaci di portare il prezzo del latte ovino da subito a 80 centesimi fino ad 1 euro + iva” per coprire i costi di produzione. Richieste quindi, “le dimissioni volontarie ed irrevocabili di tutti i membri del consiglio di amministrazione del Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop da depositare in prefettura contestualmente alla firma dell’accordo”.
Analoga procedura viene richiesta per il Consorzio del Pecorino sardo e per il Consorzio del Consorzio di tutela del Fiore Sardo.
Nel loro documento i pastori contestano alle amministrazioni dei consorzi “incapacità  di tutelare e vigilare sulla produzione e sui livelli produttivi del prodotto finito; assenza di partecipazione dei soci conferitori di latte (soprattutto conferitori di latte e industriali) all’attività  sociale; scarsa trasparenza nel consiglio di amministrazione; scarsa trasparenza nella documentazione dei singoli produttori di latte depositata presso il consorzio”.
Infine la richiesta di una “distribuzione più equa dei profitti all’interno della filiera dei prodotti lattiero caseari”.
Un obiettivo da raggiungere, spiegano gli allevatori, “facendo firmare al soggetto venditore (industriali della trasformazione) all’atto della vendita del formaggio, clausole nelle quali venga dichiarato che il livello di remunerazione della materia prima utilizzata è tale da coprire i costi di produzione”.
Prevista poi “la nomina di un prefetto con compiti di analisi, sorveglianza e monitoraggio delle attività  di filiera”.
“Non ci stiamo abbassando i pantaloni: abbiamo iniziato la trattativa parlando di un’euro al litro e all’euro dobbiamo arrivare a fine campagna”.
È quanto spiegato dal palco dell’assemblea a Tramatza dai pastori che hanno studiato la controproposta insieme a un gruppo di “tecnici”. Una sottolineatura per risponde alle perplessità  espresse da alcuni allevatori.
“Il prezzo del Pecorino Romano – hanno detto – è salito in pochi giorni di 1,50 euro. E ora anche la grande distribuzione ci potrebbe dare una mano: questo aiuterebbe il prezzo a salire”.
La Regione si dice disposta a garantire attraverso la Sfirs (Società  Finanziaria Regione Sardegna) fino a 18 milioni di euro per ritirare le eccedenze pari a 30mila quintali di pecorino romano. Nello stesso tempo l’associazione delle Banche italiane (Abi), per voce del rappresentante sardo Giuseppe Cuccurese, ha annunciato la proroga dei fidi in essere ai trasformatori fino a dicembre 2019. Questo consentirà  alle imprese lattiero casearie di avere maggiore liquidità  per evitare che siano costretti a smaltire in fretta il pecorino e quindi a svenderlo.
Il terzo punto fondamentale riguarda gli istituti di credito che concederanno un anno di tempo in più ai pastori per pagare le rate dei prestiti personali.

(da agenzie)

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