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#SALVINIRISPONDI: L’ESPRESSO INCALZA SALVINI CHE SCAPPA COME SEMPRE

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

LA TRATTATIVA CON LA RUSSIA, IL RUOLO DELL’ASSOCIAZIONE PIU’ VOCI, LA RICERCA DEI SOLDI PER IL FINANZIAMENTO DELLA LEGA: TUTTI I BUCHI NERI CHE SONO EMERSI DALL’INCHIESTA DEL SETTIMANALE

Matteo Salvini ama presentarsi come un leader che parla chiaro, senza artifici retorici che ne nascondono il pensiero.
E sui social informa puntualmente su ogni sua azione, spostamento, pranzo, cena, vacanza.
Eppure dalle nostre inchieste emergono punti oscuri, che il capo del più importante partito di governo non vuole illuminare.
La sua visita ufficiale a Mosca nello scorso ottobre è un altro buco nero di Salvini e si somma alla struttura parallela chiamata a reggere economicamente la Lega, su cui abbiamo scritto in questi mesi.
LA CASSA PIÙ VOCI
Salvini deve spiegare il ruolo dell’associazione “Più Voci”. Una onlus usata per ricevere finanziamenti da aziende e girarli a società  controllate dalla Lega. La porta girevole è stata creata da commercialisti fedelissimi a Salvini nel 2015, nel pieno del processo per truffa che ha poi mandato sul lastrico il partito imponendo il sequestro dei conti correnti. Ma questo non è l’unico segreto finanziario del leader leghista.
I documenti ottenuti dall’Espresso permettono di andare oltre i bilanci ufficiali e ricostruire un pezzo delle trame finanziarie architettate dal Carroccio, che vanno dalla cacciata di Umberto Bossi ai primi passi della segreteria di Salvini.
Il risultato è che alla narrazione “legalitaria” sostenuta pubblicamente da Salvini si sovrappone una gestione economica opaca, che richiama il passato bossiano.
Secondo Giulio Centemero, tesoriere della Lega, i soldi ricevuti dalla Più Voci «non sono stati trasferiti al partito o utilizzati in attività  di carattere politico, come ad esempio la campagna elettorale». Su tutto questo Salvini continua a tacere.
SPONSOR ANONIMI
Il tesoriere Centemero amministra una società  controllata da una fiduciaria che fa capo ad una holding lussemburghese. Sostiene che la Più Voci «ha raccolto qualche centinaia di migliaia di euro da aziende e privati».
L’Espresso, dopo aver scoperto due finanziatori, gli ha chiesto se poteva elencare gli altri nomi dei donatori con le relative cifre, ma il commercialista preferito da Salvini ha scelto il riserbo.
Chissà  cosa pensa Luigi Di Maio di questa riservatezza di Salvini, dopo che ha proposto un’operazione di trasparenza che obbliga partiti e fondazioni a rendere completamente pubblici i loro bilanci. Una linea sostenuta apertamente anche dal presidente della Camera Roberto Fico che chiedeva una legge anche sulle fondazioni legate ai partiti.
IL BLACK OUT DI 12 ORE A MOSCA
Il 17 ottobre 2018 Salvini è a Mosca per partecipare ufficialmente al convegno organizzato da Confindustria Russia al Lotte Hotel. Chi ha visto dopo il convegno?
A L’Espresso risulta che abbia incontrato riservatamente il vicepremier russo, Dmitry Kozak, delegato agli affari energetici, uomo della stretta cerchia di Putin.
Salvini non ha smentito, anzi ha dichiarato che contatti di questo tipo sono per lui doverosi. Perchè allora non ha reso noto questo incontro? Di cosa ha parlato con Kozak, e in quale ruolo? Da ministro, vicepremier o leader della Lega?
Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo competente per l’energia, è stato informato?
LO SHERPA SAVOINI
Di certo lo sherpa del leader leghista Gianluca Savoini, la mattina successiva, il 18 ottobre incontra all’hotel Metropol uomini legati al Cremlino per organizzare la vendita di gasolio che ha come scopo quello di incassare 3 milioni di euro per finanziare la campagna elettorale della Lega.
Come dimostrano i documenti in possesso de L’Espresso, Savoini con i suoi interlocutori russi introduce la questione politica e poi lascia ai propri “partner tecnici” i dettagli della trattativa economica.
La semplice circostanza che Savoini abbia trovato posto ad un tavolo d’affari russo per cercare denaro per finanziare la Lega è un fatto politicamente grave su cui Salvini deve pronunciarsi. Savoini parla a suo titolo? O prende iniziative personali?
Savoini non ha incarichi ufficiali, ma nel board della sua associazione Lombardia-Russia c’è Claudio D’Amico, consigliere strategico di Salvini a Palazzo Chigi. Anche su di lui il vice-premier non ha niente da dire? E gli alleati di governo del Movimento 5 Stelle?
I FINANZIATORI RUSSI
La ricerca di soldi da parte della Lega coincide con il provvedimento di sequestro dei conti correnti del partito dello scorso luglio. Salvini, che non ha mai negato di avere simpatie per Putin, deve spiegare perchè il suo uomo fidato, Savoini, possa avviare nello stesso periodo trattative di cui beneficia la Lega.
Savoini, come dimostrano i documenti in possesso de L’Espresso, lo dice chiaro: l’obiettivo politico è la costruzione di una nuova Europa, un modello russo organizzato a favore delle forze politiche nazionaliste in Europa. Mosca appare il centro sovranista disposto a offrire denaro e opportunità  di affari ai principali attori europei che lavorano per indebolire l’Unione europea.
I sovranisti, insomma, chiedono aiuto a una potenza straniera. Ancora una volta: M5S ha qualcosa da dire su questo?

(da “L’Espresso”)

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ALTRO CHE ALLEANZA PPE COI SOVRANISTI, PERSINO TRUMP NON LA VORREBBE PERCHE’ HA CAPITO CHE SONO AL SERVIZIO DELLA RUSSIA

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

I COLLOQUI A WASHINGTON DI TAJANI…   C’E UNA MAGGIORANZA PER CACCIARE IL RAZZISTA ORBAN

Quando il rischio diventa davvero concreto, di solito si corre ai ripari per non schiantarsi.
E così il Ppe, in extremis, a tre mesi dalle europee, mette in agenda seriamente l’espulsione di Viktor Orban, il premier ungherese condannato dall’Europarlamento per violazioni dello stato di diritto. Nel gruppo dei Popolari ormai c’è la maggioranza per espellere Orban (7 partiti di almeno 5 Stati membri).
Ma si lavora per andare oltre: si lavora ad un’alleanza europeista senza i leghisti di Matteo Salvini e senza nemmeno i nazionalisti polacchi di Jaroslaw Kaszynski, al momento alleato del Ppe.
Se ne è convinto anche il presidente dell’Eurocamera Antonio Tajani, finora molto riservato sulla questione: è stato tre giorni negli Usa e dai colloqui di alto livello istituzionale che ha avuto oltreoceano ha appreso che un’alleanza del Ppe con i sovranisti non la vuole nemmeno Donald Trump.
Strano? Fino a un certo punto. Anche a Washington, come nelle maggiori capitali europee da Parigi a Berlino, guardano all’ondata sovranista in Europa come ad un cavallo di Troia della Russia e della Cina, potenze pur sempre antagoniste degli Stati Uniti.
Ed è per questo che il disegno disgregatore dell’Unione Europea, contenuto nelle formule dei nazionalisti, non fa comodo nemmeno a Trump: lui, che insieme a Putin è uno dei maggiori indiziati per le tendenze euroscettiche in crescita nell’Unione, preferisce mantenere l’Ue nella sfera di influenza atlantica.
Il che spiega anche perchè quasi tutti i paesi europei, tranne l’Italia e pochissimi altri, non abbiano avuto problemi a schierarsi con Guaidò e gli Stati Uniti nella crisi venezuelana contro Maduro, per dire.
Oltreoceano la pensano così e Tajani ha avuto modo di parlarne con diversi interlocutori molto vicini al presidente degli Stati Uniti. Tra loro anche il Direttore della National Intelligence, Dan Coats. “L’intelligence americana ha confermato che esiste il rischio concreto di interferenze esterne per influenzare il risultato delle prossime elezioni europee”, dice Tajani. “Il Parlamento europeo lavorerà  a stretto contatto con i nostri alleati per bloccare qualunque attacco alla nostra democrazia”.
l Ppe dunque serra le fila per tentare a tutti i costi di costruire un’alleanza europeista dopo il voto di maggio: con i socialisti, i liberali dell’Alde e altri gruppi che lo Spitzenkandidat dei Popolari Manfred Weber vorrebbe riunire intorno ad un tavolo programmatico alla ricerca di affinità  (ci proverà  anche con i Verdi).
Uno schema che evidentemente lascia Silvio Berlusconi in minoranza: unico a sostenere un’alleanza con i sovranisti (intervista di oggi a La Stampa) quando la maggioranza del suo gruppo europeo si schiera sull’opzione contraria.
Tattica finalizzata al tentativo di non offrire sponde a Salvini nelle urne di maggio, spiegano in ambienti di Forza Italia. Ma il punto è che, Silvio o non Silvio, il quadro europeo viaggia in tutt’altra direzione o almeno la cerca.
Come Berlusconi, fino a qualche tempo fa, Tajani sosteneva che la sua aspirazione era costruire un’alleanza tra Ppe, Liberali e Conservatori e Riformisti, gruppo che include i polacchi di Kaszynski, il leader che ha portato il suo paese in procedura di infrazione europea per violazione dello stato di diritto.
Insomma, uno che ha molto in comune con Orban. Si tratta dell’alleanza che ha eletto Tajani alla presidenza del Parlamento europeo a gennaio 2017. Ma ora, complice la visita negli Usa, la direzione non sembra più così scontata. Nel Ppe si lavora ufficialmente per espellere Orban e lasciare ai margini Salvini e Kaszynski.
Lo Spitzenkandidat del Ppe Weber ormai mette esplicitamente nel conto un’espulsione di Orban e, anzi, lo relega nella stessa categoria di Salvini e Kaszynski.
Vale a dire: con loro non ci si allea.
Ecco le sue parole in un’intervista al settimanale tedesco Der Spiegel: “Orban va nella direzione sbagliata: quando si tratta di questioni di stile o di ordine democratico, ci sono delle intersezioni con il leader della Lega Salvini e con il leader del PiS, Kaczynski. Non è la mia strada nè quella del Ppe. Ora, tutte le opzioni sono sul tavolo: Orban ha danneggiato il Ppe con le sue dichiarazioni e i suoi manifesti. Gli appelli non sono più sufficienti, prenderemo presto misure concrete”.
Goccia che ha fatto traboccare il vaso: la campagna elettorale ufficiale del governo ungherese contro il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker.
Da statuto del Ppe, per ‘cacciare’ un componente del gruppo sono necessari 7 partiti nazionali di almeno 5 Stati membri. Una soglia che in teoria è stata già  raggiunta.
Ai tre partiti cristiano-democratici di Belgio e Lussemburgo, si è aggiunto il partito conservatore finlandese Kokoomus, che lo scorso novembre ha ospitato il congresso del Ppe a Helsinki, congresso che ha eletto Weber Spitzenkandidat. Poi ci sono il partito portoghese Cds-Pp, i Moderati svedesi e la Cda olandese.
La discussione su Orban potrebbe arrivare a maturazione già  la prossima settimana o al massimo all’assemblea del Ppe convocata per il 20 marzo, vigilia del Consiglio europeo, l’ultimo prima del voto di maggio.
Certo, poi c’è da vedere come andranno le elezioni: ma se la Lega cresce, secondo le ultime rilevazioni, Marine Le Pen invece cala.
All’Europarlamento un’alleanza europeista ancora vacilla, ma le diplomazie sono al lavoro per costruirla, come da indicazioni d’oltreoceano nonchè francesi, tedesche, spagnole.
L’Italia dovrà  accodarsi, come Berlusconi.

(da “Huffingtonpost”)

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LA TENSIONE SULLA TAV IN EUROVISIONE

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

IL MINISTRO FRANCESE CHIEDE GIUSTAMENTE DECISIONI RAPIDE, TRIA DICE SI’, TONINELLI RISPONDE NO

Parigi-Roma e dintorni. La tensione sulla Tav va in scena in Eurovisione.
Dalla Francia il ministro ai Trasporti Elisabeth Borne, che avrebbe già  dovuto incontrare il suo omologo italiano Danilo Toninelli, lancia la stoccata che dà  l’idea di ciò che sta succedendo: “Si fa fatica – dice – a comprendere la posizione del governo italiano sulla Tav. Il Movimento 5 Stelle è contrario alle grandi opere, la Lega è favorevole”.
Poi parlando a FranceInfo ecco il suo ultimatum, che poi è quello della Ue: “Servono decisioni rapide”. Rapide e chiare.
La pubblicazione dei bandi di gara sembra ormai la strada obbligata ma attorno a questo ruota tutta la confusione di queste ore, con un governo italiano in preda a una crisi di nervi, spaccato tra favorevoli all’Alta velocità  e contrari, come ormai è noto a tutti.
Come in un ping pong le immagini rimbalzano da una parte all’altra delle Alpi con dichiarazioni contrapposte.
E il culmine arriverà  domenica sera quando il presidente Emmanuel Macron sarà  ospite da Fabio Fazio su Rai 1, senza aver prima incontrato il premier Giuseppe Conte nonostante i tentativi di avvicinamento da parte dell’Italia dopo il ritiro dell’ambasciatore.
I bandi che sbloccano le gare d’appalto della Tav saranno pubblicati entro marzo.
Questo è l’unico punto fermo per non per non perdere i finanziamenti europei e aprire una crisi senza precedenti sulle grandi opere sia con la Francia sia con l’Ue.
L’avvio delle gare, in teoria, è già  un passo avanti verso la realizzazione dell’opera. Se non fosse che il ministro Toninelli continua a dirsi contrario e sottolinea che questi bandi possono essere annullati entro sei mesi senza incorrere in penali dal momento verrebbe svolta solo una ricognizione tra le aziende che mostrano interesse nella realizzazione dell’opera.
Perchè allora pubblicare i bandi per poi annullarli? È la domanda che in tanti, e sicuramente anche Oltralpe si pongono quando mancano appena dieci giorni allo scadere del termine. Perchè un accordo dentro il governo ancora non è stato raggiunto e difficilmente lo si troverà  nel breve termine e quando la campagna delle Europee sta per entrare nel vivo.
Questa, quindi, appare l’unica strada per prendere tempo, superare il voto di maggio e rimandare tutto.
Nei fatti però non si può certo parlare di stop alla grande opera. Quindi il Movimento 5 Stelle ribolle. Alessandro Di Battista, tra i più duri e puri contro la Tav, è sparito dai radar e di tornare sulla scena non ne vuole sapere se prima non sarà  detto un ‘no’ forte e chiaro.
Le parole del ministro del Tesoro, Giovanni Tria, che arrivano dal forum economico di Parigi, nelle stesse ore in cui parla il ministro Borne, sembrano andare in tutt’altra direzione rispetto alle vecchie promesse M5s: “Credo si stia andando verso il proseguimento del cantiere. Ci sono posizioni diverse nel governo ma ci sarà  un’evoluzione positiva. Del resto c’è una legge e per cambiare idea ci vorrebbe bisogno di un’altra legge”.
Tria fa riferimento ai trattati internazionali e al voto a favore che a suo tempo aveva espresso il Parlamento. Quindi ecco Toninelli a marcare la distanza: “L’Alta velocità  non va fatta e i soldi devono essere destinati altrove”.
Nel caos generale gli M5s diffondono voci sulla possibilità  di destinare i soldi della Tav alla seconda canna del traforo del Frejus, così da calmare gli elettori e i più arrabbiati.
In sostanza voglio far passare l’idea che i bandi saranno pubblicati, poi annullati e i finanziamenti della Ue saranno destinati ad altre opere. Ragionamento che trova pochi riscontri sul lato pratico.
Dall’altro lato la Lega, che dal canto suo non può far sparire il nome ‘Tav’ perchè i suoi elettori non glielo perdonerebbero, parla di ‘mini-tav’, di una riduzione dell’opera.
E a questo punto, a completare questo spettacolo che va in onda a reti unificate Francia-Italia, Conte è costretto a intervenire: “Da parte mia nessuna apertura alla mini-Tav. La decisione politica sarà  presa in totale trasparenza”.
Adesso in campo c’è il premier che, come spesso è avvenuto in questi mesi, anche sul Tap, ha preso in mano il dossier a costo di dover prendere una decisione scomoda per gli M5s.

(da “Huffingtonpost”)

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L’ONU DENUNCIA L’EVIDENZA: “L’ITALIA VIOLA I DIRITTI UMANI E GLI OBBLIGHI INTERNAZIONALI”

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

“RIPETUTI EPISODI DI XENOFOBIA, ATTACCHI DEL GOVERNO ALLE ONG E ALLE ASSOCIAZIONI DEI DIRITTI DEGLI IMMIGRATI”… SAREBBE ORA CHE ALLE PAROLE SEGUISSERO I FATTI: FUORI I RAZZISTI DALL’ONU

“Riconosciamo il ruolo importante ed esemplare che l’Italia ha giocato salvando i migranti in mare negli ultimi anni e riconosciamo le sfide del paese in assenza di una politica globale dell’Unione europea di solidarietà  con gli Stati membri alle frontiere esterne dell’Unione europea. Tuttavia, crediamo che queste circostanze non possono essere usate come una giustificazione per violare i diritti umani dei migranti e mancare di rispetto agli obblighi internazionali”.
Per gli ‘Special rapporteurs’ dell’Onu, dunque, l’Italia viola i diritti umani dei migranti e le norme internazionali.
Conclusioni dell’ultima relazione che adesso pone l’Italia sotto la cosiddetta “revisione universale periodica” dell’Unhcr.
Una posizione particolarmente imbarazzante alla luce del fatto che da pochi mesi il nostro Paese è entrato a far parte del Consiglio Onu sui diritti umani per i prossimi tre anni.
Gli esperti delle Nazioni unite esprimono grande preoccupazione per la situazione italiana sui temi della criminalizzazione dei migranti, sul razzismo dilagante e sugli attacchi che arrivano dal governo ai difensori dei diritti umani, dalla campagna contro le Ong ai giornalisti e agli opinionisti impegnati in questo settore e citano esplicitamente il caso di Roberto Saviano. “Diversi difensori dei diritti umani che difendono i diritti dei migranti – si legge nella relazione – sono stati anche sottoposti ad attacchi verbali e minacce, in particolare sui social media. Roberto Saviano, scrittore e difensore dei diritti umani, che è sotto la protezione della polizia da più di dieci anni per il suo giornalismo investigativo e per aver pubblicamente denunciato la criminalità  organizzata in Italia, ha ricevuto minacce verbali da parte del ministro dell’Interno relativo alla possibile perdita della protezione subito dopo aver espresso le sue critiche sulla politica anti-immigrazione del governo”.
Gli Special rapporteurs esprimono parere negativo sul “rifiuto di consentire lo sbarco alle navi Ong, come così come le navi appartenenti alla Guardia costiera italiana, nei porti italiani. Inoltre, abbiamo anche ricevuto informazioni riferite alle implicazioni negative del applicazione del nuovo decreto sull’immigrazione e la sicurezza sui diritti di migranti, comprese le vittime o potenziali vittime della tratta di persone”.
E sottolineano altrettanto negativamente le parole di Luigi Di Maio che ha etichettato le Ong come “taxi del mare” e quelle di Matteo Salvini che ha descritto gli operatori umanitari come “vicecontrabbandieri.
“Questo racconto – aggiungono – è stato amplificato dai media ostili diffondendo rapporti falsi e accusando le Ong di aiutare e favorire i contrabbandieri e i trafficanti”.
“Come conseguenza della campagna diffamatoria contro le Ong – si legge ancora nella relazione – le organizzazioni hanno assistito a una drastica riduzione delle donazioni pubbliche e private, che sta presumibilmente influenzando la loro operabilità  sia in mare (ricerca e salvataggio operazioni) ea terra (fornendo protezione e assistenza salva-vita a migranti), aumentando le vulnerabilità  dei migranti alla tratta e ad altre forme di sfruttamento”.
Lo scorso anno l’Italia è stata destinataria di altre cinque comunicazioni su casi relativi a discriminazioni, razzismo e xenofobia ma non ha mai risposto.
Davanti a queste nuove contestazioni gli ispettori concludono: “In attesa di una risposta, invitiamo a prendere tutte le misure provvisorie necessarie ad interrompere le presunte violazioni e impedire la loro ripetizione”.

(da agenzie)

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“LO STATO NON E’ CAPACE DI PROTEGGERE I PROPRI FIGLI”: PARLA CUTRO’, TESTIMONE DI GIUSTIZIA A CUI E’ STATA TOLTA LA SCORTA

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

E’ IL PRESIDENTE NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE TESTIMONI DI GIUSTIZIA: “MI HANNO LASCIATO IN MEZZO A UNA STRADA, GIA’ PUZZO DI CADAVERE”

“La morte di Rocco Greco getta un’ombra su come le nostre Istituzioni intendono sostenere gli imprenditori che resistono alle mafie”.
È molto netto Ignazio Cutrò, imprenditore di Bivona, nell’agrigentino, diventato testimone di giustizia dopo essersi ribellato a Cosa Nostra e aver denunciato i suoi estorsori.
Cutrò, al quale da pochi giorni è stata annunciata la revoca della scorta, è molto preoccupato anche per la sua situazione personale: “Questo è quello che succede in Italia. E se questa è l’Italia del cambiamento credo che non ci siamo”, dice a proposito della decisione di interrompere la protezione, nonostante alcune intercettazioni sembrino indicare che lui sia ancora a rischio.
Ma il suo pensiero oggi è rivolto a Rocco Greco, l’imprenditore antiracket che si è tolto la vita a Gela il 27 febbraio dopo che la sua azienda era stata privata di importanti appalti per una decisione del ministero dell’Interno.
L’azienda di Greco, la “Cosiam srl” era stata infatti esclusa dalla white list del ministero per i lavori di ricostruzione dopo il terremoto nel Centro Italia. Una decisione dovuta alle precedenti accuse che i boss gli avevano rivolto, sostenendo che fosse loro socio: affermazioni poi smentite nei processi in cui Greco è stato assolto.
“Non conoscevo Rocco Greco, l’avevo sentito parlare ma non avevo mai avuto occasione di incontrarlo”, dice a TPI Ignazio Cutrò, che oggi è presidente dell’Associazione nazionale testimoni di giustizia.
“Lo Stato non è capace di proteggere i propri figli”, è il commento di Cutrò, che parla di un vero e proprio “voltafaccia” delle istituzioni, a cui l’imprenditore non ha retto.
“Rocco Greco ha avuto il coraggio civile di interrompere, in un territorio come quello di Gela devastato dalla violenza e prepotenza della Stidda e di Cosa Nostra, l’odiosa catena del pagamento del pizzo”, ricorda. “Il suo coraggio e la sua dignità  di padre e di imprenditore ha dovuto prima subire l’onta delle accuse, poi dimostratesi false, dei suoi carnefici per poi vedersi negare dallo Stato quel doveroso sostegno che si deve a coloro che denunciano le mafie. Ma noi sappiamo che nel momento in cui vengono denunciati i mafiosi tenteranno di buttarti fango addosso. Non cadiamo in questi giochetti”.
“Secondo me Greco alla fine ha pensato che la sua stessa vita fosse di ostacolo al futuro dei figli, invece non è così”, dice Cutrò a TPI.
“Rimanendo a combattere poteva proteggerli, come sto cercando di fare io. Ma qui subentra la fragilità  umana e l’incapacità  delle Istituzioni a sostenere pienamente gli imprenditori e commercianti. Si muore perchè le mafie vogliono rubarti la speranza ma si muore anche perchè ci si sente schiacciati da uno Stato incapace di comprendere e sostenere fino in fondo la tua scelta di ribellione alle mafie”.
Dopo aver denunciato i suoi estorsori nel 2006, Ignazio Cutrò è diventato testimone di giustizia, ma piuttosto che recarsi in una località  protetta ha deciso di restare a vivere a Bivona (in provincia di Agrigento) per non darla vinta ai mafiosi che lo minacciavano.
Oggi è preoccupato per la situazione personale che si trova a vivere, dopo la decisione del ministero dell’Interno di revocare la sua scorta.
“Mi hanno detto che nell’ultimo anno non ho subito attentati e che quindi, secondo le loro valutazioni, non rischio più la vita”, racconta Cutrò a TPI. Ma dalle intercettazioni telefoniche dell’operazione antimafia “Montagna”, scattata a Palermo il 22 gennaio 2018, con 56 arresti, sembra delinearsi un altro quadro.
“Proprio quei presunti mafiosi nelle intercettazioni dicono l’esatto contrario: che i mafiosi aspettano che lo Stato si stanchi di me per ammazzarmi. Quelle conversazioni telefoniche non sono state valutate, anche se io le ho segnalate”, dice Cutrò.
Ieri l’imprenditore ha partecipato alla presentazione del libro di Emanuele Cavallaro che racconta la sua storia, “In culo alla Mafia”, ad Agrigento, alla presenza del procuratore aggiunto Salvatore Vella, che si è detto stupito della decisione di revocare la scorta a Cutrò.
“C’è stata anche un’interrogazione parlamentare dell’on. Piera Aiello, durante la quale il prefetto competente ha comunicato di non essere a conoscenza di quelle intercettazioni, che sarebbero frutto delle invenzioni dei giornalisti”, prosegue Cutrò. “Mi spiega allora come mai, all’inizio del processo, io sono stato ammesso come parte civile offesa, proprio in virtù di quelle intercettazioni?”.
Perchè allora la decisione di revocare la scorta?
“Secondo me è stato soprattutto un atto politico: hanno dato fastidio le mie lotte per l’approvazione delle leggi sui testimoni di giustizia, per cui mi sono speso. Ma di questo io ne sono fiero, non si scherza con la vita delle persone”.
La questione della revoca della scorta a Cutrò va contestualizzata. Il 9 aprile 2018 l’imprenditore ha rifiutato di usufruirne in un atto di protesta, dopo che la protezione era stata tolta ai suoi familiari e l’automobile a cui lui aveva diritto, quella blindata, era stata sostituita con una non protetta.
“Come padre di famiglia mi sono sentito responsabile verso i miei figli e mia moglie. Loro giravano per le strade di Bivona senza tutele e io con due carabinieri. Allora ho preferito offrire il mio petto ai mafiosi. Se devono fare del male almeno lo fanno a me”, racconta Cutrò.
Il servizio di protezione nei suoi confronti, nei mesi successivi, era stato garantito, ma lui non ne usufruiva. Fino allo scorso 20 febbraio 2019, quando è stato convocato dai carabinieri di Bivona e informato che la misura di protezione nei suoi confronti è stata revocata e che le telecamere che sorvegliano l’area della sua abitazione saranno rimosse.
“Mi hanno lasciato in mutande in mezzo a una strada, in balìa del mio destino. La mattina quando esco di casa mi faccio il segno della croce, e quando torno ringrazio Dio di essere tornato e avere la possibilità  di riabbracciare i miei cari. Questo è quello che succede in Italia, e se questa è l’Italia del cambiamento credo che non ci siamo. Si dice di denunciare perchè lo Stato è vicino, poi invece se alzi la voce ti tolgono la scorta, nonostante le intercettazioni abbastanza pesanti”.
“Mi hanno anche detto che avrei dovuto pagare io la corrente delle telecamere e sostenere l’eventuale manutenzione”, racconta Cutrò allibito.
“È assurdo: quando ho sostenuto le istituzioni nelle aule giudiziarie ho perso tutto. Non ho guardato ai soldi. Ho perso un’azienda. E ora mi chiedono di pagare quelle spese, ma io per quella lotta ho perso tutto”.
Ma com’è possibile che il Movimento Cinque Stelle, che ha fatto del sostegno ai testimoni di giustizia una lotta, culminata nell’elezione di Piera Aiello alla Camera dei deputati, oggi lascia che Cutrò sia lasciato senza protezione?
“Mentre erano all’opposizione hanno difeso le nostre istanze e quando hanno tolto la scorta alla mia famiglia alcuni parlamentari hanno preso una posizione ferma. Dovevano esserci una serie di interrogazioni parlamentari, ma poi c’è stata solo quella di Piera Aiello”, dice Cutrò.
“Penso che se una persona è in pericolo è in pericolo. Così invece hanno dato un messaggio devastante in questo territorio. Io andrò avanti, sto lottando per liberare la nostra terra. Però qualcuno si deve assumere questa responsabilità . Perchè già  ero un morto che camminava, ma credo che faccio anche un po’ di puzza di cadavere”.

(da TPI)

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INTERVISTA A ILARIA CUCCHI: “LA RAGGI NON MANTIENE LE PROMESSE, AL COMUNE DI ROMA INTERESSANO SOLO I SOLDI, NON LA GIUSTIZIA”

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

“SALVINI? NON MI HA MAI CHIAMATA”

Ora è ufficiale, si può scrivere: sul caso Cucchi, nel 2009, l’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano ha mentito davanti al Parlamento perchè la filiera di depistaggi messa in piedi dai carabinieri ha prodotto carte false a cui inconsapevolmente il ministro si è affidato.
Raccontano che nelle stanze della Procura di Roma il procuratore capo Pignatone voglia andare fino in fondo per scoprire le responsabilità  di ogni singolo carabinieri, fino al più alto in grado, per capire esattamente cosa sia successo. E il processo sul depistaggio per la morte di Stefano Cucchi probabilmente riserverà  altre sorprese.
Ilaria Cucchi, com’è la situazione?
La situazione è a dir poco disgustosa. Mette i brividi. Già  dopo pochi minuti dalla morte di mio fratello si mettevano in moto terribili depistaggi che non solo abbiamo pagato noi come famiglia ma che hanno condotto lo Stato e la Giustizia a sperperare tantissimo denaro pubblico. Del resto erano quelli i giorni dello scandalo Marrazzo e non ci si poteva fare carico di un ulteriore scandalo. Io so solo che ben 6 mesi prima i carabinieri scrivevano di fatto le conclusioni che sarebbero poi state depositate sulla morte di mio fratello. E questo è indecente.
Tutte bugie?
Tutte bugie basate sulle false testimonianze dei cinque carabinieri imputati nel processo-bis.
Perchè sul caso di tuo fratello, va ricordato, ci sono in piedi ben due processi.
Sì, è in corso il Cucchi-bis grazie alla cura del dottor Pignatone e della Squadra Mobile, in cui stanno emergendo tutte le verità  sui depistaggi, ma il primo processo, quello che potremmo definire sbagliato, rimane ancora in piedi. Rimangono i medici come imputati, con la Cassazione che ha respinto entrambe le sentenze d’assoluzione d’appello, sebbene siano già  maturati i tempi della prescrizione. Le dico qualcosa che non sa nessuno: quel processo si regge in piedi solo per il Comune di Roma, che si è costituito parte civile. Noi ovviamente ce ne siamo andati e insieme a noi anche all’associazione Cittadinanza Attiva.
E quindi?
E quindi i carabinieri tifano per il primo processo. A giorni verrà  depositata l’ennesima perizia. Ormai sono abituata a tutto: mio fratello è morto per le cause più bizzarre. Sono pronta a tutto. Nonostante la promessa che personalmente mi aveva fatto la sindaca di Roma, Virginia Raggi, il Comune di Roma non si tira indietro perchè conta sul risarcimento economico che potrebbe ricavarne. Al Comune di Roma non importa nulla della giustizia e dei cittadini. Interessa solo il denaro.
Questo processo “sbagliato” per voi pesa molto anche in termini di spese processuali.
Stiamo pagando non solo in termini di energie ma anche in termini economici. Pagheremo per il danno ricevuto dalla morte di mio fratello. A costo di andare a vivere sotto i ponti. Però di una cosa sono sicura: invierò una richiesta formale per conoscere gli atti presso il Comune. La sindaca Raggi un anno fa fece promesse mai mantenute. Il processo va avanti solo per il Campidoglio, altrimenti i medici rinuncino alla prescrizione, andiamo fino in fondo e accertiamo la verità . No?
Cosa vorrebbe dire alla Raggi?
Nulla. Vorrei solo vederla annunciare ufficialmente lunedì l’uscita da quell’assurdo processo rimasto in piedi solo grazie a lei.
Il ministro Salvini alla fine l’ha invitata?
Mai ricevuto nessuna convocazione da Salvini. Il problema, però, non è solo lui ma il suo messaggio e i tanti che gli credono. Un messaggio pericolosissimo, che non contempla il tema dei diritti umani e secondo cui c’è gente sacrificabile per vivere meglio. Se si legittima la privazione dei diritti degli altri domani arriveranno a toccare i nostri. Com’è capitato a noi.

(da “TPI“)

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RITRATTO DELL’ODIATORE SERIALE SU FACEBOOK

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

SONO MEDICI, INSEGNANTI, CASALINGHE, ANZIANI ELEGANTI CHE INSULTANO E MINACCIANO: RAZZISTI E MOSTRI DI CINISMO

Prince Jerry aveva 25 anni, veniva dalla Nigeria, era laureato in Biochimica e continuava a studiare qui, in Italia, dove era arrivato nel 2016 dopo due anni di odissea tra il deserto, i lager libici e la roulette russa del mar Mediterraneo sul barcone.
Parlava un italiano fluente, e tutti lo ricordano come allegro e buono. A lungo ha atteso che gli venisse concesso l’asilo; a dicembre, invece, gli è stato protocollato il rifiuto. Il ragazzo è stato assalito dalla disperazione, non era più lo stesso. Il suo corpo è stato trovato senza vita sui binari di una stazione, travolto da un treno. Un suicidio, molto probabilmente.
La notizia è rimbalzata su Facebook. «Hai fatto più che bene» ha esultato il ventenne Danilo R., di origine calabrese, che ascolta Vasco e segue pagine dedicate a Forza Nuova e Matteo Salvini, quest’ultimo celebrato in tutte le salse.
«A fatto bene, uno di meno» gli ha fatto eco, omettendo la h, la signora Fioralba M., una settantenne di Vasto dall’aspetto soave come il suo nome, la sua bacheca è una sfilata di ricette e immagini dei nipotini, mette il like a pagine come “associazione Sacro Cuore di Gesù” e in più è devota della “mistica Natuzza Evolo”, oltre che del suo idolo assoluto, il ministro dell’Interno.
«Povero… treno» ha commentato Marian R, un giovane di nascita romena che lavora nei trasporti funebri. Sguardo limpido, adora talmente il nostro paese da essersi fatto tatuare il Colosseo sulla nuca.
Per Roberta A. si tratta, semplicemente, di «Uno in meno». Bionda e appassionata dei film della Disney, attacca con virulenza papa Bergoglio, che ha osato definire i rifugiati “Gesù d’oggi”, e scrive «ti amo Salvini» un giorno sì e l’altro pure.
Un clima di intolleranza e violenza strisciante, un’alta marea di fango scorre sui social, a cominciare da   Facebook, divenuto una specie di poligono di tiro verbale.
Bersaglio fisso, sempre loro: i migranti, rei di sottrarre serenità  e posti di lavoro agli italiani «brava gente».
La “legittima offesa” colpisce anche il Pd, il solito George Soros, l’ex ministro Cècile Kyenge, Saviano, i “sinistri”, i “professoroni” e gli “accoglioni”.
Minimo comun denominatore, il cibarsi di luoghi comuni alimentati dal sottobosco di fake news e dalla galassia dei media razzisti.
Ecco allora «i migranti che sbarcano palestrati, col cellulare d’ultima generazione carico». Ecco lo stillicidio, il propagandistico inferno perpetuo di connazionali ridotti alla fame o a dormire per strada «mentre un richiedente asilo ha abusato di decine di bambini» e noi «rischiamo la pelle ogni volta che usciamo di casa», specie se incontriamo uomini di colore (“negri”) che se la spassano a spese dei contribuenti.
Ecco il senso indotto e autoindotto di insicurezza permanente, a cui non c’è decreto che tenga.
Ma chi sono queste persone che passano il tempo libero a postare contenuti e meme rancorosi e xenofobi, misogini, radunandosi sul profilo del leader della Lega o in pagine come Rialzati Italia, Io sto con Salvini, L’Italia è degli Italiani, Movimento 9 dicembre Forconi, Dalla vostra parte?
E non mancano i gruppi chiusi. Per farsi approvare la domanda di iscrizione a Prima gli italiani, L’Espresso ha dovuto rispondere esclusivamente a queste due domande: 1) «Sei contrario agli immigrati?» (risposta, «sì») 2) «Ti senti insicuro/a dove risiedi?» (Ancora un «sì»). Dopo pochi minuti la richiesta è stata accettata.
È la stessa gente che affolla i comizi del vicepremier leghista nel suo tour elettorale senza fine, e che piange, va in deliquio quando il Capitano si materializza sul palco sulle musiche del Gladiatore e intona la sua filastrocca populista.
Sono gli stessi che incontriamo tutti i giorni al bar, al supermercato, al cinema, nel nostro condominio. Perfetti insospettabili, individui anonimi e in apparenza pacifici che quando aprono bocca su Facebook si trasformano in mostri di cinismo e cattiveria razzista.
«Basta con l’invasione africana». D’altronde, per lui i migranti sono «scimpanzè, che si arrampicano sugli alberi».
La piattaforma di Mark Zuckerberg continua a rivelarsi facilmente permeabile dai nostalgici del Ku Klux Klan.
Carlo C, un azzimato signore di mezza metà  con gli occhiali, e col culto della personalità  di Matteo Salvini, a proposito della Sea Watch sibila: «Ma gettateli in mare».
Maurizio D., un ciociaro appassionato dei Pink Floyd, non ha dubbi: «Sono menti inferiori».
Samuel C, palestrato e tatuato ventenne di Cagliari, puntualizza: «Io, che non sono razzista, prima li prenderei a badilate sui denti, poi gli darei fuoco. E con le ceneri passerei il fertilizzante alle piante».
Il dottor Francesco F, che sarebbe un importante dirigente medico, impegnato per giunta in campo oncologico, mostra la sua soluzione finale: «Blocco navale e cannonate quando entrano in acque nazionali».
Riccardo D.M., elegante settantenne pugliese minaccia: «Questi africani proliferano come topi. Cominciamo col castrare questi bastardi e poi mandiamo a fare in culo gli ipocriti e i falsi buonisti, i vagabondi e parassiti di sinistra».
Chiara F. è una 23enne della provincia di Como. Pare dolcissima, innamorata del suo ragazzo e col gattino in braccio. Però sentenzia: «Pensano solo a scopare. Ciò che distingue l’umano dall’animale è la capacità  di razionalizzare: traete voi le conclusioni».
Persino le quotazioni del fà¼hrer stanno tornando di gran moda ultimamente.   Ferdinando P., in posa con figlio e fidanzata: «Ci vorrebbe, per questi emigrati, un bell’Hitler di nuovo».
E Salvatore B., un millenial napoletano che fa il pizzaiolo in Germania: «Dategli fuoco a ‘sti neri di merda». Sergio M. lancia un auspicio: «A quando il prossimo Traini?».
Anche i sessisti si sono adeguati al clima, e continuano a molestare a stormi sulla sua pagina Fb Laura Boldrini, nonostante la sua battaglia culturale e legale contro gli odiatori seriali.
Ai loro occhi, l’ex presidente della Camera è colpevole due volte: è una donna bella e intelligente, ed è fautrice dell’accoglienza.
Simone F, un ragazzo di Como cultore della trap, posta: «Visto che vi piacciono così tanto gli immigrati, a te e Valentina Nappi, potete fare una gang bang con loro?».
Un certo Alfredo D. dalla Sicilia si infiamma: «Non ho paura se mi porti in tribunale. Chiamami! Sei una latrina! Essere ignobile ignorante! Neanche appartieni alla razza umana». Lui, che è un vero campione di umanità , lascia il suo numero di telefono vero.
Alle volte, l’ultrà  è una donna. «Vaffanculo stronza, ti dovrebbero stuprare» è l’invettiva pronunciata dall’abruzzese Maria D.P.,   casalinga; all’indirizzo di un’avvocatessa di Sulmona che si era permessa di criticare il politico più osannato del momento con una frase di Ovidio («Empio è colui che non accoglie lo straniero»).
Franca B., di Foggia sfoggia, a mo’ di immagine di copertina, un cuore verde diviso a metà : in una delle due parti sbuca “il Capitano” .
Da Bolzano a Canicattì, è un tripudio di pasionarie dell’uomo forte in divisa cangiante. «Salvini ti adoro», «Non mollare, noi non molliamo», «Sei bello come il sole». Impiegate, commesse, infermiere, insegnanti, professioniste.
Hanno tutte nel demiurgo della chiusura dei porti il proprio eroe personale. Soraya G. è una modella ligure, e la sua passerella social è un monocolore di “frasi celebri” e foto-video salviniani.
Barbara S., una bancaria del centro Italia amante dei cammini religiosi, indica la via: «Il nostro Capitano è troppo buono, direi io. I veri discriminati siamo noi italiani. A mali estremi, estremi rimedi. Ruspa! E non solo…”.

(da “L’Espresso”)

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“NOI SIAMO NAZISTI, I NEGRI SONO INFERIORI”: ECCO LA MELEGNANO CHE APPOGGIA SALVINI

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

UN SERVIZIO DI PIAZZA PULITA SULLE SCRITTE RAZZISTE NELLA CITTADINA SCOPERCHIA LA CONNIVENZA TRA PSICOPATICI XENOFOBI E LA POLITICA DELLA LEGA

È un servizio agghiacciante quello di Piazza Pulita su Melegnano, la cittadina alle porte di Milano dove negli scorsi giorni alcune scritte razziste e minacciose sono state tracciate sotto casa della famiglia che ha adottato Bakary, un immigrato 22enne da anni ormai in Italia.
Il gruppetto di poco più che ventenni intervistato è assolutamente d’accordo con quelle scritte: “i negri” dicono, “vengono tutti qui per stuprare e ammazzare. A noi non ci piacciono, fosse per noi li bruceremmo tutti, daremmo fuoco a tutti i barconi”.
“Vengono qui, vogliono i 20 euro, il wi-fi, le scarpe, eh no, così non va bene” dice una ragazza, che poi, all’inevitabile domanda ‘vi piace Matteo Salvini?’ risponde convinta “sì”. E gli altri le fanno eco: “è il migliore, ha le idee migliori”. Lo dice lo stesso che sfoggia due tatuaggi, uno delle SS e un altro con una croce celtica: “tu ti definisci come, fascista?” “No, io sono nazista fin da piccolo. I negri per me sono una razza inferiore”.
È un legame pericoloso quello con Matteo Salvini, un legame non detto, taciuto dal vicepremier che, come afferma il sindaco di Parma Pizzarotti – ospite in studio – è “molto scaltro: lui non parla mai nemmeno di destra, parla solo di tematiche Ma quando governi hai delle responsabilità  su quello che dici ma anche su quello che non dici. Ecco, il fatto che Salvini non condanni questi delinquenti, non dica con forza che lui, con questa gente non c’entra niente e poi nella sua pagina twitter, tolta la Nutella, si trovano soltanto articoli che parlano di migranti arrestati quando, numericamente, gli italiani che delinquono sono di più, allora c’è un racconto in corso, una storia di connivenza con queste realtà  che non si può negare”.

(da TPI)

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NEL VARESINO DEVASTATA SEDE DELLA LEGA, SUL MURO LA SCRITTA: “LA PACCHIA E’ FINITA”

Marzo 1st, 2019 Riccardo Fucile

L’ODIO GENERA ODIO, E’ IL PREZZO CHE SI PAGA A FOMENTARLO E A PRETENDERE DI RIMANERE IMPUNITI

Devastata la sede della Lega di Fagnano Olona, in provincia di Varese. È accaduto nella notte tra giovedì 27 febbraio e venerdì 1 marzo.
La vetrina della sede è stata sfondata. Sul muro esterno, come una firma, la scritta: “La pacchia è finita”.
A denunciare l’accaduto sono stati, intorno alle 7 di mattina, i residenti della zona che hanno immediatamente avvisato Fausto Bossi, segretario della sezione, che a sua volta ha allertato i carabinieri.
Un gesto, denuncia il segretario regionale Grimoldi, che “non farà  altro che alzare la tensione anche in paese”.
Fagnano Olona, infatti, è in piena campagna elettorale, a maggio si vota per il rinnovo del sindaco e questo brutto “rischia di esasperare le prossime settimane dove non già  non mancheranno le polemiche”.
“È da inizio estate che in Lombardia si ripetono attentati contro le nostre sedi, a Cremona, a Varese, a Bergamo, in Brianza o a Milano dove lo scorso 22 gennaio è stata incendiata la saracinesca della sede di via Carcano. Qui si sta scherzando con il fuoco, questa caccia al leghista rischia di degenerare in tragedia: auguriamoci che non ci scappi il morto.
Fa sorridere che ora gli istigatori all’odio si accorgano che “si sta scherzando con il fuoco” e facciano dichiarazioni vittimistiche.
La caccia all’immigrato nel nostro Paese, con decine di episodi che hanno fatto intervenire persino l’Onu, quando la Lega sosteneva che non esiste razzismo in Italia, non ha visto dichiarazioni di condanna dei vertici della Lega.
All’odio la gente risponderà  con l’odio e purtroppo la situazione è destinata a degenerare, lo insegna la Storia. Fatevene una ragione.

(da agenzie)

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