Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
NEL CAMBIO DI PLATEA DANNEGGIATI I POVERI DEL NORD
Dal primo marzo non è più possibile chiedere il reddito di inclusione.
Chi oggi lo sta prendendo continuerà a riceverlo per tutta la durata prevista, cioè fino alla fine dei 18 mesi, rinnovabili per altri 12.
Se fa domanda di reddito di cittadinanza, una volta ottenuto ci sarà una sostituzione.
Ma, spiega oggi Roberto Rotunno sul Fatto Quotidiano, circa centomila soggetti rimarranno senza l’uno e senza l’altro.
L’Istituto nazionale di analisi delle politiche pubbliche (Inapp) stima che 116 mila persone (80 mila famiglie), per il 90% stranieri, si troveranno in questa situazione. Il dato è in uno studio firmato dal professor Stefano Sacchi, presidente dell’istituto, e dal ricercatore Giovanni Gallo. Diverse le ragioni.
Prima: per il Rei bastavano due anni di residenza in Italia, ora invece ne serviranno dieci.
Mentre l’aiuto del governo Gentiloni ha una platea potenziale formata dal 71% di italiani, 8,8% di provenienti da altri Paesi dell’Unione europea e 19,6% di extracomunitari, le nuove proporzioni cambieranno così: 81,9% italiani, 4,3% dall’Ue e 13,9% extra-Ue.
Secondo il quotidiano saranno colpite le famiglie povere delle Regioni settentrionali, dove i prezzi delle case sono più alti.
Nel Nord e nel Centro, secondo le stime dell’Inapp, il numero totale di poveri oggi sussidiati con il Rei è più alto rispetto al numero di quanti prenderanno il reddito di cittadinanza. Al Sud, invece, è il contrario: il passaggio alla nuova misura aumenterà la quantità di beneficiari.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
PADRONI A CASA DI ALTRI: 2.990 EURO DI CONTRIBUTO PUBBLICO PER UNA MANIFESTAZIONE DI PROPAGANDA PARTITICA
I due ministri Matteo Salvini e Gian Marco Centinaio; Armando Siri (sottosegretario al
ministero dei Trasporti); Susanna Ceccardi (la sindaca leghista di Cascina) la senatrice Rosellina Sbrana e come se non bastasse anche l’ex concorrente di Ballando con le Stelle Emanuele Filiberto di Savoia.
Questo il parterre delle conferenze promosse e organizzate dal MUT il Movimento Universitario Toscano di Pisa che è a sua volta un’emanazione del MUP, il Movimento Universitario Padano. Ovvero gli universitari leghisti.
Il MUT ha deciso di invitare Salvini a parlare del “ruolo dell’Italia in Europa”, il ministro delle Politiche Agricole invece parlerà di “Ipotesi agricole, alimentari e forestali”, Siri — già condannato per bancarotta — parlerà di “Flat tax — La rivoluzione fiscale in Italia, è possibile?” mentre la sindaca di Cascina — che vedeva in Imagine un pericoloso inno comunista — affronterà lo scottante tema della “sicurezza in Italia — Traguardi e obiettivi” dove probabilmente il traguardo è il Decreto Sicurezza e l’obiettivo è l’inutile riforma della legittima difesa.
Ciliegina sulla torta: Emanuele Filiberto di Savoia con una conferenza dal titolo inquietante per chiunque creda nella Repubblica Italiana: “Monarchia e futuro — contrapposizioni o analogie?”.
Sono soddisfatti quelli del MUT, felici perchè finalmente siamo ad un punto di una svolta per l’ambiente universitario «da anni monopolizzato inutilmente dai movimenti di sinistra».
Il ciclo di conferenze è infatti finanziato dall’Università di Pisa con i fondi per i contributi per le attività studentesche relativi al 2019.
Non c’è nulla di illegale ovviamente, ed è tutto alla luce del sole. Le associazioni di studenti universitari possono accedere ai fondi messi a disposizione dagli atenei per organizzare conferenze, cicli di incontri, concerti e attività per gli studenti.
Ecco ad esempio una lista delle pericolose attività sovversive di sinistra finanziate nel 2018 dall’Università di Pisa.
Per il 2019 l’Ateneo ha stanziato 155mila euro ripartite tra mostre, workshop, cineforum, conferenze, seminari, spettacoli teatrali e concerti. L’unica associazione di studenti universitari che ha invitato dei politici (e tutti di una sola parte politica) è stato il Movimento Universitario Toscano. Insomma uno si immagina che l’Università di Pisa finanzi convegni con Rizzo, Landini o Renzi e invece si scopre che la cosa più “pericolosa” dal punto di vista dell’agenda leghista sono un ciclo di conferenze sul caporalato, le migrazioni e le mafie e uno sui diritti delle persone omosessuali.
Quanto costa il pacchetto? Il MUT aveva chiesto un contributo di 1.000 euro per le conferenze di Siri, Sbrana, Emanuele Filiberto e Centinaio, 1.050 per Salvini e 800 per la Ceccardi. Ne ha ottenuti in totale 2.990, 390 euro a incontro.
Qualcuno si chiede a cosa servano quei soldi, in fondo i politici hanno a loro disposizione fondi per i rimborsi spese.
Probabilmente non serviranno per pagare la trasferta ai leghisti ma per altri costi organizzativi. Ma in ogni caso questo massiccio ingresso della politica nell’Università fa storcere il naso a molti. Curiosamente poi all’evento con Emanuele Filiberto parteciperà anche Pietro Orso Baiardo Virgadamo (rappresentante della Lega Nord di Milano molto attivo in Lega Giovani, il fu “Giovani Padani” del quale non esiste più nemmeno il sito) il cui nome è stato eliminato dal post su Facebook (ma è in ogni caso visibile nella cronologia modifiche e sul sito dell’Ateneo). Perchè? Spulciando il profilo Facebook risulta essere fidanzato di Chiara Cini, la coordinatrice regionale del MUT.
A nulla sono valse le proteste di molti studenti: «Non possiamo che indignarci di fronte al fatto che le nostre tasse vengano utilizzate per sostenere la campagna elettorale del capo di un partito di governo» hanno scritto ieri su Facebook, ed in effetti è strano che la Lega di Pisa non sia riuscita a trovare i soldi per pagare le conferenze dei leghisti coi propri fondi.
Padroni a casa nostra? Solo quando comoda.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
“NON BASTAVA IL SORRISO DI TONINELLI SUL PLASTICO DA VESPA, ORA SI FESTEGGIA UNA TRAGEDIA PURE CON LA TORTA”
Sui social scoppia la polemica e a Genova un forte malumore tra le famiglie delle vittime e gli sfollati per il crollo di Ponte Morandi, dopo che è cominciata a circolare una foto che ritrae il premier Giuseppe Conte mentre taglia una torta a forma del ponte in occasione del primo taglio della prima lamiera destinata alla costruzione del nuovo viadotto nello stabilimento di Valeggio sul Mincio di Fincantieri.
“Prima il plastico di Toninelli, ora la torta: c’è poco da festeggiare, una scena davvero di cattivo gusto visto che ci sono stati 43 morti, centinaia di persone che hanno perso la casa _ interviene Franco Ravera, portavoce del Comitato Sfollati di via Porro _. Una brutta scena perchè va a toccare i sentimenti della gente che ha sofferto e che tra pochi giorni dovrà ricordare il settimo mese dalla tragedia: i politici spesso si dimenticano cosa è la sensibilità “.
Paola Vicini, mamma di Mirko, una delle 43 vittime. “Complimenti davvero. Preferisco non commentare, preferirei tacere davanti a cose di così cattivo gusto, si fa solo una figura migliore. Niente di nuovo, in realtà , dopo tutte le cose di cattivo gusto, le passerelle, la tragedia trasformata in show di questi mesi. Ogni volta che vediamo le immagini del ponte ci vengono i brividi, potete immaginare come ci sentiamo ora”.
Conte è ritratto nella foto insieme al sindaco di Valeggio sul Mincio, Angelo Tosoni, e l’ad di Fincantieri, Giuseppe Bono,
Dallo staff del presidente del Consiglio si tenta di minimizzare. “La torta ce la siamo trovata davanti, dopo la cerimonia del taglio della lamiera”.
Certo, ma bastava rifiutarsi di partecipare alla sceneggiata.
(da agenzie)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
PARE CHE IL M5S NON VOLESSE FAR SAPERE PRIMA DELLE EUROPEE CHE PAGAVA GLI AEREI, MA POI LA LOCKHEED SI E’ INCAZZATA E MINACCIATO AZIONI LEGALI… E ORA SI TEME UN DANNO ERARIALE PER GLI INTERESSI MATURATI
C’è un’altra bella figura che l’Italia ha fatto sugli F35, il cui acquisto è stato contestato dal
MoVimento 5 Stelle quando era all’opposizione ma dopo una manovra acrobatica i ragazzi hanno cambiato idea.
Ebbene, a quanto pare il ministero della Difesa non ha autorizzato i pagamenti finchè Lockheed e Usa non si sono arrabbiati. Tutto parte dall’ufficio di rappresentanza di Intesa San Paolo a Washington:
In quell’ufficio ormai da qualche mese giacciono su un conto governativo ben 370 milioni di euro del contribuente italiano. Si tratta di fondi che il governo avrebbe dovuto già liquidare alla Lockheed per onorare la fornitura di parti degli ultimi caccia F35 consegnati all’Italia. Nonostante alcune di quelle fatture risalgano al governo Gentiloni, non è stato versato nemmeno un euro.
Nessun intoppo burocratico, nessuna sottrazione di fondi. Semplicemente la Difesa non ha mai ordinato i pagamenti. Fonti del ministero ammettono la circostanza: «Adempieremo immediatamente per quanto dovuto. Nel giro di pochi giorni il ministro Elisabetta Trenta firmerà il decreto che autorizza la spesa».
Cosa è accaduto nel frattempo? Qual è l’origine dell’ennesima cattiva figura rimediata dall’Italia all’estero?
Voi starete pensando che no, non è possibile che qualcuno abbia deciso di ritardare i pagamenti per non far uscire la notizia sui giornali prima delle elezioni europee. E invece è possibile, scrive oggi La Stampa in un retroscena di Alessandro Barbera:
È vero — come sostengono fonti riservate interpellate dalla Stampa — che la richiesta di sospendere i pagamenti sia arrivata dal Movimento Cinque Stelle — partito di riferimento del ministro — e da Palazzo Chigi?
Ed è vero che se Lockheed non avesse fatto trapelare la sua irritazione quei fondi sarebbero stati congelati fino alle elezioni europee?
Chi ha avallato il mancato pagamento si è esposto all’accusa di danno erariale: su cifre del genere il fornitore potrebbe pretendere gli interessi di mora. Basti dire che in attesa del bonifico i vertici di Lockheed hanno intimato al Joint Program Officer dell’azienda di sospendere ogni rapporto con l’Italia.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL REGISTRO DEI PORTATORI DI INTERESSE CHE AVEVA ANNUNCIATO? DOPO OTTO MESI ANCORA NON ESISTE
In un video postato il 6 luglio sulla sua pagina Facebook il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli prometteva trasparenza come una Raggi qualsiasi e faceva sapere che avrebbe portato al ministero un registro degli interessi:
«Appena arrivato ho chiesto, “con la trasparenza come siamo messi? C’è un registro dei portatori di interesse?”. No, non c’era», spiegava Toninelli.
Il suo racconto continuava: «Voi ricorderete vero la cricca degli appalti?, vi ricorderete quanto è stata danneggiata l’immagine di uno dei più importanti ministeri, dove si parla di trasporti, viaggi, infrastrutture, è la spina dorsale del nostro Paese».
Però ora sarebbe cambiato tutto: «Da adesso potete sapere chiunque entri qua, a che ora, in che giorno, di che cosa abbiamo parlato e quando se n’è andato, perchè quando ci sono delle zone grigie, senza sapere cosa accade, poi parte anche la corruzione…».
Oltre otto mesi dopo, però, quel registro con gli incontri fatti dal ministro, annunciato e dato per cosa fatta, non esiste.
E non che fosse una invenzione del M5S, perchè il viceministro del governo passato, il socialista Riccardo Nencini, metteva regolarmente in rete i propri appuntamenti dal febbraio 2015.
Insomma, Toninelli si è dimenticato di fare quello che aveva promesso e che già facevano i suoi predecessori
Primo in Italia, poi si aggiunse anche Carlo Calenda al Mise.
Cosa è accaduto quindi? «Stiamo chiudendo l’accordo con il ministero dello Sviluppo economico — è la risposta che arriva dal Mit — purtroppo sono cambiati gli interlocutori tecnici con la rotazione di febbraio. Il lavoro comunque è quasi completato, andrà tutto online fra tre o quattro settimane».
Ed è talmente tutto a posto che ci vorrà un mese per fare tutto. Danilo Toninelli, un uomo, una garanzia.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL SOLITO VIDEO CONTRO IL GIORNALISTA… MA ACCANTO AGLI INSULTI ANTISEMITI DEGLI PSICOPATICI SOVRANISTI PIOVONO LE CRITICHE AL CAPITONE
La sua abitudine di mettere alla gogna social l’avversario di turno è nota. Del resto cosa ci si
può aspettare da un gradasso che grazie ai camerieri a 5 stelle è diventato una sorta di Sultanetto che punta i piedi e ordina?
Però il ministro della Nutella e maniaco dei selfie sta stufando. E adesso, altre al coro reazionario dei commenti, arrivano le pernacchie
E capitato così che, a scoppio ritardato, Salvini abbia rilanciato una dichiarazione fatta alcuni giorni fa da Gad Lerner a Piazza Pulita quando, provocatoriamente, ha detto: “Viva Soros”, in risposta a tutti i sovranisti che nel magnate ebreo ungherese hanno individuato la causa di tutti i mali e utilizzano quella figura per cavalcare l’antisemitismo.
Salvini o chi per lui ha manipolato il video trasformandolo in una spot sovranista per denunciare la pericolosità di Lerner e accompagnato dalla scritta:
Gad Lerner: “Viva Soros!”. Contento lui….. Io dico: viva gli italiani!.
I soliti applausi deI razzisti ma anche commenti negativi:
“Video ad alto livello di contenuti, i miei complimenti al taglia e cuci.
“Lercio a confronto è ilsole24ore.”
E ancora:
“Questi montaggi sembrano usciti da Striscia la notizia. E non fanno ridere.
“Dicevi anche “Padania is not Italy”
“Ma è a scoppio ritardato..Anche sul pezzo…..È di giorni fa … Finiti pizza ……..e immigrati?”
Ovviamente accanto alle voci critiche è inutile dire che nei commenti emerge anche un odio antisemita contro Lerner e Soros.
Ma notoriamente il razzismo in Italia non esiste…
(da Globalist”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
ZINGARETTI VUOLE LASCIARE LA TROPPO COSTOSA SEDE DEL NAZARENO… E POTREBBE FINIRE SULLA TIBURTINA IN UNA VIA CHE SA DI SBERLEFFO
Una nuova sede in un quartiere semi-periferico. Nicola Zingaretti, appena eletto segretario del Partito Democratico, ha lanciato l’idea dell’addio al Nazareno, “sporcato” dal Patto del Nazareno tra Renzi e Berlusconi e anche troppo costoso (600mila euro l’anno) come affitto.
L’idea alternativa è quella di spostarsi sulla Tiburtina, in un luogo che però ha qualche problema dal punto di vista mediatico.
Spiega oggi Giovanna Vitale su Repubblica:
Si tratterebbe del complesso “Città del sole”, nome che è tutto un programma, come la strada dove sorgeva l’ex deposito Atac accanto alla stazione Tiburtina, demolito e ricostruito grazie a un poderoso intervento di rigenerazione urbana (lo stesso che serve al partito): via della Lega Lombarda, intitolata all’alleanza militare tra alcuni comuni del Nord stretta a Pontida nel Medioevo.
Un trasloco che sa di rinascita dopo la stagione delle sconfitte renziane e anche un po’ di sberleffo ai danni del leader padano, quel Matteo Salvini primo obiettivo dell’opposizione al governo gialloverde.
Una scelta dettata anche dalla tempistica, mai tanto propizia. Il 30 giugno scade infatti il quindicennale contratto stipulato nel 2004 dall’allora tesoriere della Margherita Luigi Lusi: nel 2010, dopo la fusione coi Ds, i 3.400 metri quadri di uffici in via Sant’Andrea delle Fratte vennero subaffittati ai dem per 600mila euro l’anno.
Troppi soldi e una eredità scomoda da lasciarsi per sempre alle spalle. Inclusa la “guerra dei cacciavite”, a lungo si narra combattuta intorno alla targa Dl-Margherita: sparita dall’ingresso principale senza preavviso, poi riapparsa e di nuovo scomparsa, a riprova della difficile coabitazione tra i due gemelli diversi del centrosinistra.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
“MI FACCIO DA PARTE, SE CAMBIATE IDEA FATEMI SAPERE”
Dibba il Sommergibile s’è offeso tra il 10 e l’11 febbraio. Quello è stato il giorno in cui Dibba
l’Anguilla ha mollato (provvisoriamente) il MoVimento 5 Stelle e si è rinchiuso nel suo silenzio offeso come racconta oggi Tommaso Labate sul Corriere della Sera:
È successo tutto nella notte tra il 10 e l’u febbraio, mentre in Abruzzo si scrutinavano le schede che certificavano il primo successo del 2019 leghista e la prima disfatta dell’anno per il Movimento.
Tempo qualche ora e Di Battista, a colloquio con Di Maio e con il gotha della comunicazione pentastellata, si ritrovava «fuori linea». Anzi, addirittura, artefice di una «comunicazione che ci ha mandato a sbattere».
A sentire le testimonianze dirette a un mese di distanza da quella riunione, alla fine del summit il ragionamento opposto dal leader dell’ala barricadera del Movimento è più o meno questo: «Ho una presenza in televisione già fissata e mi adeguo a quello che chiedete. Dopodiche, mi faccio da parte. Se cambiate idea, fatemi sapere».
L’intervista in questione era quella a Giovanni Floris per Di Martedì, su La7, rimasta celebre per gli applausi del pubblico invocati da un Di Battista rimasto anni luce distante dagli attacchi a Salvini. Ed è, a oggi, l’ultimo suo segnale di vita pubblica, reale e sui social network. Dopo di quella, il nulla.
«Simul stabunt, simul cadenti», si diceva già nel 2013 di Grillo e Di Battista, che da subito avevano incarnato un Movimento più intransigente che votato al dialogo, più ideologico che pragmatico, decisamente tutto di lotta e per nulla di governo. Adesso sono nella fase in cui «simul cadenti».
l primo in giro col suo show, spesso oggetto di fischi e contestazioni in realtà rivolti a un governo in cui non crede. Il secondo desaparecido, ormai con un piede e mezzo di nuovo fuori dalla contesa politica, disposto a cambiare i piani del suo avvenire solo nel caso in cui il Movimento decidesse di divorziare da Salvini.
Il problema è anche stavolta Salvini, che è diventato l’unica speranza di salvezza per chi è al governo e un problema per chi non c’è all’interno del M5S.
Alessandro Di Battista ha rifiutato anche di partecipare al piano di emergenza, quello di ignorare Salvini per concentrarsi esclusivamente sul tamponare l’emorragia di voti verso il Pd. Ad esempio è rimasto in silenzio sull’arresto dei genitori di Renzi. E chissà quanto deve essergli costato.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL DRAMMA E’ CHE NON NEANCHE IL PERCHE’… GLI STAFF DEI VICEPREMIER COSTANO DUE MILIONI IN PIU’
Qualche giorno fa durante una conferenza stampa una giornalista di Quarta Repubblica ha chiesto al vicepremier e bisministro Luigi Di Maio come mai il bilancio di Palazzo Chigi è cresciuto di 600 milioni rispetto allo scorso anno.
La risposta del ministro dà tutta la misura della preparazione di Di Maio in materia «forse perchè ci sono due vicepremier che prima non c’erano? Però verifichiamo».
Non solo Di Maio non sa perchè il bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri è aumentato ma addirittura la sua prima ipotesi è che l’aumento delle spese sia dovuto al fatto che il governo del Cambiamento ha due vicepremier (ovvero il Capo Politico del M5S e Matteo Salvini) mentre prima di vicepremier ce n’era solo uno.
Insomma secondo il vicepresidente del Consiglio, ovvero il “vice” di quel premier che il 19 dicembre 2018 ha approvato il bilancio di previsione 2019 il solo fatto di avere due vicepresidenti del Consiglio costerebbe agli italiani ben 600 milioni di euro in più.
Per quanto infatti gli staff di Salvini e Di Maio siano costosi (per le tasche degli italiani s’intende) è davvero difficile immaginare che un solo vicepresidente del consiglio possa costare così tanto.
Tanto per essere chiari il bilancio di previsione 2019 (perchè stiamo parlando di bilanci di previsione e non consuntivi) è pari a poco più di 2 miliardi e 141 milioni di euro. Ritenere — come sembra fare Di Maio — che circa un quarto di quel bilancio se ne vada perchè “ci sono due vicepremier” non ha senso.
Ma è vero che le spese sono aumentate?
Verificarlo è semplice, è sufficiente andare sul portale amministrazione trasparente della Presidenza del Consiglio dei Minisitri e selezionare la voce “bilanci di previsione e conto finanziario” dove sono pubblicati tutti i bilanci di Palazzo Chigi dal 2011 ad oggi.
Da una rapida occhiata si nota come il costo della macchina della Presidenza sia passata dal miliardo e 495 milioni di spesa previsti per il 2018 ai due miliardi del 2019 (non è ancora stato pubblicato il consuntivo del 2018).
A sua volta il bilancio di previsione del 2018 era già aumentato di poco più di 100 milioni di euro rispetto a quello del 2017 (1.377.750.680 euro).
Quindi la risposta è sì, per il 2019 Palazzo Chigi ha previsto un aumento della spesa.
Come spende i soldi Palazzo Chigi?
La domanda davvero interessante però è quali sono le voci di spesa che sono aumentate. Checchè ne pensi Di Maio Palazzo Chigi non serve solo per pagare gli stipendi degli uffici del premier e dei due vicepremier. In attesa delle verifiche da parte di Di Maio ve lo spieghiamo noi.
Il bilancio della Presidenza del Consiglio consiste ad esempio, oltre alle spese di funzionamento “del Palazzo”, le diverse strutture e “missioni” di Palazzo Chigi a cui fanno capo la Protezione Civile, il fondo per gli interventi a sostegno delle famiglie o per il fondo per le emergenze e le calamità naturali.
Per quanto riguarda gli uffici dei vicepremier alla voce “trattamento economico fondamentale del personale non proveniente da pubbliche amministrazioni, degli uffici di diretta collaborazione del presidente, degli eventuali vice presidenti e del sottosegretario di Stato” rispetto al 2018 il bilancio prevede un aumento di 1 milione e 722 mila euro. Questa è all’incirca la differenza di costo dovuto al fatto che oggi ci sono due vicepremier che prima non c’erano.
E il resto? Sono sprechi come suggerisce qualcuno? Per farlo bisognerebbe andare a guardare le singole voci di spesa del bilancio di previsione e confrontare cosa è stato tagliato (perchè sì, sono previsti dei tagli) e invece cosa è aumentato.
Il confronto con i “governi precedenti”
Qualcuno ha colto la palla al balzo per “dimostrare” che con il M5S e la Lega al governo le spese per il mantenimento del Palazzo sono aumentate e che quindi quelli che oggi sono al potere costano di più agli italiani (e sottointeso: si portano a casa più soldi). L’aumento delle spese risulterebbe evidente confrontando i bilanci di previsione dell’ultima legislatura (2013-2018) con gli ultimi due bilanci di previsione.
C’è però da sottolineare che un conto è confrontare le previsioni di spesa un altro è invece confrontare quanto poi risulta al bilancio consuntivo.
Ad esempio per il 2017 il conto finanziario (ovvero quanto effettivamente speso) di Palazzo Chigi si discosta notevolmente da quanto previsto inizialmente.
Lo stesso si può dire per il conto finanziario 2016 e per quello del 2015.
Al limite si può dire che i famigerati governi precedenti sono stati più bravi a mettere a preventivo una spesa inferiore a quanto preventivato per il 2019 (e a fare qualche economia a fine anno) ma un confronto del genere lascia il tempo che trova.
(da “NextQuotidiano”)
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