Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
“LE NOSTRE LEGGI NON ASSEGNANO AL MINISTERO DEGLI INTERNI LA COMPETENZA SUI SOCCORSI IN MARE”… “INAUDITO L’LORDINE DELLA GDF ALLA MARE JONIO DI FERMARE LE MACCHINE, SI SAREBBE RISCHIATA UNA STRAGE”
«Il provvedimento di chiusura del mare territoriale firmato dal ministro Salvini sospinge definitivamente il soccorso in mare nella pura strumentalizzazione politica con il rischio di creare, nella realtà operativa, situazioni ingestibili di confusione e di pericolo».
Il contrammiraglio Vittorio Alessandro non nasconde la preoccupazione, specie dopo aver letto la direttiva di Salvini per fermare le Ong.
«Un testo anomalo, chiaramente illegittimo e viziato di abuso di potere», dice l’ufficiale, ora in congedo.
Temi che Alessandro conosce anche per essere stato a guida del reparto ambientale marino della Guardia Costiera e per 3 anni a capo dell’ufficio relazioni esterne del comando generale, dal 2010 al 2013, gli anni delle primavere arabe e delle migliaia di sbarchi a Lampedusa.
Cosa non la convince?
La premessa della direttiva sta nella paventata ipotesi di “strumentalizzazione” delle convenzioni per la salvaguardia della vita umana in mare al fine di eludere le norme in materia di immigrazione clandestina. Una premessa del genere non vale a sospendere o a ridurre l’obbligo del soccorso (che si conclude con l’assegnazione di un porto sicuro), in quanto ogni principio a tutela dei diritti fondamentali (quello della libertà , per esempio, o il diritto alla salute) può essere strumentalizzato a fini illeciti, ma non per questo può essere ristretto.
Quindi si tratta di un’escamotage per scopi politici?
Tanto più quando, come nel nostro caso, il paventato rischio di un pregiudizio alla «pace, buon ordine, e sicurezza dello Stato costiero» è solo una lontana ipotesi mai constatata, e comunque perfettamente affrontabile allorchè i naufraghi siano giunti a terra.
Perchè ritiene che la direttiva non possa superare l’esame di un eventuale ricorso giudiziario?
Perchè il provvedimento, per i suoi aspetti formali, è illegittimo. L’articolo 83 del codice della navigazione prevede, infatti, l’ipotesi della chiusura del mare territoriale (assai remota in un ordinamento che considera tali spazi aperti alla sosta e al transito inoffensivi delle navi) assegnandola alla esclusiva attribuzione del ministro delle Infrastrutture.
Invece cosa prevedono le nuove indicazioni degli Interni?
Il Viminale si interpone fra il vertice istituzionale dell’organizzazione marittima e del soccorso e la competenza operativa delle Capitanerie di Porto. Non, come giusto, con una missiva al ministro competente, ma con un proprio provvedimento indirizzato alle Forze di polizia e a una Forza armata, come negli stati autoritari.
Però si tratta di ipotesi che dovranno poi misurarsi con la realtà .
Ma è già successo proprio nel caso della Mare Jonio. La Guardia di Finanza ha ordinato, infatti, alla nave italiana di «fermare le macchine» in mezzo al mare agitato. Un ordine inaudito, sotto il profilo nautico: le macchine non servono soltanto a navigare, ma anche a difendersi dal moto ondoso, a mantenere a galla il natante. Non a caso la Guardia Costiera ha subito provveduto ad assegnare alla nave un punto di ancoraggio a ridosso di Lampedusa.
(da “Avvenire“)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
ACCUSATO DI SEQUESTRO DI PERSONA: POTEVA FARSI ELEGGERE IN PARLAMENTO E AVREBBE GODUTO DI IMPUNITA’…I COLLEGHI: “PERSONA TRANQUILLA, MAI DATO PROBLEMI”
È durato 40 minuti il viaggio del terrore di 51 ragazzini a bordo di un bus dirottato nel Milanese
dall’autista, che poi ha dato fuoco al mezzo.
A impedire un disastro l’intervento dei carabinieri avvertiti da uno dei giovani a bordo. Sono riusciti a intercettare il pullman e a bloccarlo, facendo scendere gli studenti
Ousseynou Sy, 47 anni, origini senegalesi e nato in Francia ma con cittadinanza italiana, denunciato in passato per guida in stato di ebbrezza (da molestie sessuali era stato assolto), è stato arrestato.
«Ci ha ammanettati e ci minacciava. Diceva che se ci muovevamo, versava la benzina e accendeva il fuoco. Continuava a dire che le persone in Africa muoiono e la colpa è di Di Maio e di Salvini. Poi i carabinieri ci hanno salvati» è la testimonianza di una ragazzina che era sul bus
È successo sulla Provinciale 44 Paullese, nel Milanese, all’altezza dello svincolo per Peschiera Borromeo.
L’autista ha costretto le insegnanti a legare i polsi dei ragazzini di due classi della scuola media Vailati di Crema con delle fascette da elettricista. La donna ha però stretto i legacci in maniera molto blanda, consentendo agli allievi di liberarsi.
Un dodicenne è riuscito a recuperare uno dei cellulari sequestrati, caduto per terra, e ad avvertire il 112.
I carabinieri, con due pattuglie, hanno individuato il bus e lo hanno speronato per fermarlo. Un militare ha rotto un vetro e la porta posteriore e gli studenti sono riusciti a scappare. Nessuno è rimasto ferito, solo qualche lieve intossicato o contuso. Immediato l’intervento del 118 con un elicottero, 14 ambulanze e automediche. Dodici ragazzi e due adulti sono stati portati per precauzione in ospedale. Altri sono assistiti da uno psicologo.
Tutte le ipotesi sul possibile movente del gesto sono aperte.
L’indagine è coordinata dal pm di turno di Milano Luca Poniz, sul posto per i primi rilievi. Collabora anche il capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili che definito «concretamente ipotizzabile l’aggravante della finalità di terrorismo».
Gli investigatori, che hanno perquisito la sua casa a Crema, stanno scandagliando la sua vita e il suo passato, proprio per risalire alle cause del folle gesto
Greco ha precisato che Ousseynou Sy è stato fermato per strage e sequestro di persona aggravato e rischia fino a 15 anni di carcere.
Ousseynou Sy ha un’ex moglie italiana e due figli. Uno di 12 e uno di 18 anni.
Stamattina era “tranquillissimo” quando è entrato nel bar della stazione di Crema. Racconta il barista che ha semplicemente detto: “Porto i ragazzi in palestra e torno”. Per i colleghi è “inimmaginabile”. Sy è nato in Francia e risiede a Crema da tempo. Era sposato con una donna italiana da cui aveva divorziato ed ha la cittadinanza italiana.
I colleghi aiutano a far luce sui precedenti penali, perchè qualcuno ha tirato in mezzo la storia di una possibile violenza sessuale: “Era stato denunciato da una ragazza per molestie – raccontano – ma era stato assolto con formula piena, tanto che aveva chiesto dei danni ma non aveva mai visto un euro perchè quella ragazza non aveva niente”
Sy, di origine senegalese, era a Milano da almeno 15 anni. Dal 2004 alla guida delle vetture Autoguidovie e italiano a tutti gli effetti dal 2002, quando, fanno sapere in azienda aveva iniziato a “collaborare” con la società .
Dalla società parlano di un uomo che “non aveva mai dato segnali di squilibrio. Mai nessun reclamo sulla sua condotta come autista”.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
SU POLITICA E MORALITA’ IL M5S HA LA FACCIA COME IL CULO
Oggi il Senato ha votato sull’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini in merito alla questione del sequestro di persona dei migranti trattenuti a bordo di Nave Diciotti. Salvini è stato salvato non perchè ha agito per l’interesse dello Stato come ritiene il ministro Bonafede ma perchè ai 5 Stelle fa comodo concedere l’immunità ad un collega di governo.
Eppure proprio oggi il MoVimento 5 Stelle avrebbe dovuto votare a favore per l’autorizzazione a procedere contro la richiesta della Giunta per le immunità e le autorizzazioni a procedere, non fosse altro perchè ha una disperata necessità di affermare (e mostrare all’elettorato) che i valori fondanti del partito sono ancora alla base dell’agire politico dei pentastellati.
Perchè oggi è stato arrestato il Presidente dell’Assemblea Capitolina Marcello De Vito, “mister preferenze” alle elezioni del 2016 e uno dei duri e puri del M5S.
Luigi Di Maio ha rapidamente risolto la questione espellendo De Vito dal partito.
Sul Blog delle Stelle il Capo Politico parla di anticorpi del MoVimento 5 Stelle: «De Vito non lo caccio io, lo caccia la nostra anima, lo cacciano i nostri principi morali, i nostri anticorpi» e mette al bando tutto il garantismo spiegando che «è una questione di responsabilità politica e morale: è evidente che anche solo essere arrivati a questo, essersi presumibilmente avvicinati a certe dinamiche, per un eletto del MoVimento, è inaccettabile».
D’accordo, Salvini non è un eletto del MoVimento. Ma è un politico con cui il M5S ha stretto un’alleanza, fatto quello che fino all’anno scorso si sarebbe chiamato inciucio, firmato un contratto.
E nel famoso contratto di governo non c’è scritto che il ministro dell’Interno (o il governo) potevano chiudere i porti (senza alcun ordine formale da parte del Viminale) o sequestrare dei migranti.
Eppure Di Maio non parla di responsabilità politiche o morali del Senatore Salvini, anzi.
Il governo, dal premier Conte in giù è corso a difendere il ministro dell’Interno spiegando che quella di vietare lo sbarco è stata una decisione presa collegialmente (durante un Consiglio dei Ministri che nessuno è mai stato in grado di indicare).
Non spetta al MoVimento 5 Stelle decidere se Salvini è innocente o meno.
Così come non spetta al M5S stabilire la colpevolezza di Marcello De Vito, che benchè agli arresti è ancora solo un indagato e quindi è innocente fino a prova contraria.
Ma la durezza della decisione pentastellata su De Vito stride con i toni accomodanti e la difesa d’ufficio nei confronti di Salvini.
I reati sono diversi ma nella loro diversità sono ugualmente gravi. Da una parte c’è l’accusa di corruzione e traffico di influenze dall’altra quella di sequestro di persona aggravato, un reato punibile con la detenzione fino a quindici anni.
Oggi più che mai il partito di Di Maio dovrebbe affermare in Aula a Palazzo Madama quello che lo stesso vicepremier scrive su Facebook: «Ciò che ha sempre distinto il MoVimento dagli altri partiti è la reazione di fronte a casi del genere. De Vito potrà e dovrà infatti difendersi in ogni sede, nelle forme previste dalla legge, ma lo farà lontano dal MoVimento 5 Stelle».
Anche Salvini — se fosse stata data l’autorizzazione a procedere — avrebbe potuto e dovuto difendersi in ogni sede.
E fino a qualche tempo era lo stesso leader della Lega a chiedere di essere processato nei video dove si appuntava l’ordinanza del Tribunale al petto dicendo che “era una medaglietta”.
E invece no, Salvini non andrà a processo e il M5S continuerà a sostenere le scelte “politiche” del ministro.
Questa è l’ipocrisia del M5S: prendere le distanze da un uomo accusato (ma non condannato e nemmeno rinviato a giudizio) per corruzione e stare a fianco di un uomo accusato di sequestro di persona. §
E chissà che cosa succederà alle senatrici Paola Nugnes e Elena Fattori che hanno già annunciato di votare a favore della richiesta di autorizzazione a procedere.
Saranno espulse un attimo dopo aver votato (il voto è segreto) in maniera difforme dalle indicazioni del partito?
Se dovessero essere salvate si aprirebbe un’altra crepa, perchè il regolamento del M5S prevede l’espulsionie per «tutte le condotte che vìolino, del tutto o in parte, la linea politica dell’Associazione “MoVimento 5 Stelle”».
E la linea del M5S è concedere l’immunità a Salvini. In netto contrasto con tutto quanto detto in passato contro l’immunità per i parlamentari.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
IL SENSO DEI PENTASTELLATI PER L’ONESTA’ (CHE ANDRA’ DI MODA)
«Non abituiamoci mai ai ladri» così scriveva il Presidente dell’Assemblea Capitolina Marcello De
Vito in un post su Facebook del 2015.
Ed è su Facebook che i simpatizzanti e gli attivisti del M5S commentano la notizia dell’arresto di De Vito con l’accusa di corruzione.
Lo fanno soprattutto nei commenti all’ultimo post pubblicato dal consigliere comunale pentastellato, che con una certa ironia della sorte, è una foto con un cesto di arance.
Ma come hanno preso i grillini la notizia dell’arresto di De Vito?
Come è noto i 5 Stelle hanno generalmente due reazioni pavloviane quando ad essere indagato o arrestato è uno dei loro.
La prima è quella garantista di “leggere le carte”. La seconda è quella di chiedere “la testa” del traditore. Non si è fatta attendere la reazione dei vertici del MoVimento 5 Stelle che hanno prontamente scaricato De Vito.
Vittorio Di Battista ha definito su Facebook “una coltellata” la notizia dell’arresto. Il Capo Politico del M5S Luigi Di Maio invece ha già fatto sapere che il presidente dell’Assemblea Capitolina “è fuori dal M5S“. La vicenda quindi è chiusa, dal momento che De Vito non fa più parte del partito anche oggi le “mele marce” sono state allontanate dal cesto e gli honesti possono dormire sonni tranquilli.
L’allontanamento dell’indagato o dell’arrestato di turno funziona anche come meccanismo di rimozione psicologica perchè consente di poter dire fregnacce come: «noi quando ci accorgiamo che uno dei nostri è corrotto lo cacciamo».
Peccato che ad accorgersene non siano stati i vertici e i meccanismi di controllo interni al MoVimento, e nemmeno gli altri eletti o gli attivisti. Ad accorgersene è stata la magistratura.
In attesa di vedere se De Vito sarà processato ed eventualmente condannato in modo da diventare il primo pentastellato ad essere giudicato in base allo Spazzacorrotti va in scena lo psicodramma grillino.
Di Maio ha già emesso la condanna, anzi forse è convito che lo abbia già fatto la magistratura. La sindaca di Roma Virginia Raggi invece ricorre ancora alla vecchia formula di rito dei 5 Stelle e fa sapere di avere “piena fiducia nella magistratura e nel lavoro dei giudici”.
Curiosamente nessuno dei due aggiunge cose come siamo certi dell’innocenza di Marcello. Che brutta fine.
L’onestà viene prima di tutto, dicevamo. Ma il problema principale sembra essere un altro: il famigerato danno d’immagine per il MoVimento.
Certo, i famosi anticorpi anticorruzione sono entrati in funzione alla perfezione (anche se dopo l’arresto e non prima) ma molti sono preoccupati della guerra mediatica contro il M5S.
Un’altra colpa sul capo di De Vito. Le accuse di corruzione diventano un dettaglio. Proprio oggi che il M5S si appresta a salvare Salvini per la seconda volta? Non ci voleva proprio.
E così mentre Di Maio nel rispetto dei meccanismi della democrazia diretta caccia De Vito senza passare per i probiviri le truppe cercano di tappare il buco.
E scatta subito il “e allora il PD???” d’ordinanza. Quello di chi è sempre pronto a guardare nel campo avversario per sentirsi migliore. E del resto De Vito non è mica del MoVimento 5 Stelle, perchè dovrebbero preoccuparsi? Si capisce quindi la naturale preoccupazione degli onesti per i disonesti altrui.
Eccoli qui, tutti ben allineati e coperti a lamentarsi per i problemi che questa vicenda causerà al MoVimento (quelli per i cittadini di Roma passano rapidamente in secondo piano) e a rivendicare la giusta scelta di Di Maio e a spiegare che “il M5S le mele marce li eliminano, gli altri fanno carriera con questo curriculum”.
Ma oltre al fatto che al momento De Vito è innocente (sempre se vogliamo essere garantisti) non si può dimenticare che De Vito di carriera ne ha fatta.
E ne hanno fatta anche la moglie e la sorella. Vi ricordate cosa è stato detto di quando la moglie di Renzi vinse il concorso per diventare insegnante di ruolo? Ve lo ricordiamo noi.
Ma il problema naturalmente sono i media, i giornaloni (maledetti vi toglieremo i finanziamenti pubblici) che ora non faranno altro che parlare di De Vito.
Involontariamente qualcuno che dice la verità c’è: la differenza tra il M5S e gli altri partiti politici non è l’assenza di corrotti (stupidi noi che pensavamo fosse così) ma il fatto che non appena vengono arrestati dei presunti corrotti il Capo Politico li caccia dopo un paio d’ore.
Ma quindi qual è il vero crimine di De Vito, la corruzione o l’aver sporcato l’immagine del MoVimento?
I grillini hanno le idee chiare, è la seconda.
Scrive un utente sulla pagina di Di Maio che il presidente dell’Assemblea Capitolina «Poteva scegliere la lega il pd o forza Italia invece ha tradito il Movimento ed è per questo che va punito duramente… Come capo politico devi chiedere i danni a questo soggetto».
«Sicuramente farà parte del PD, come quella merda di Pizzarotti.. solo lì possono fare strada le mele marce» scrive un altro grillino mentre fa tintinnare le manette.
Sono passate poche ore e già De Vito viene accusato di essere un infiltrato. Perchè è sempre meglio negare l’evidenza che essere onesti e affrontare le conseguenze.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
NESSUNO LO DIFENDE, NEL MOVIMENTO C’E’ CHI RICORDA MAFIA CAPITALE
“Per noi è una botta pazzesca”. Le parole “arresto” e “tangenti” piombano sul Campidoglio come un fulmine a ciel sereno.
Alle sette del mattino il presidente dell’Assemblea Marcello De Vito, il numero due di palazzo Senatorio, viene arrestato per corruzione nell’ambito di un’inchiesta che coinvolge anche il nuovo stadio della Roma, accusato di essere “a disposizione del gruppo Parnasi”.
Nessuno tra i consiglieri e i parlamentari ci può credere. I cellulari impazziscono. Fin dall’alba la war room di Luigi Di Maio tiene un filo diretto con il Campidoglio.
I contatti con il mondo esterno per qualche decina di minuti vengono interrotti. È la prima volta che il Movimento 5 Stelle fa i conti con una bomba giudiziaria di tale portata. Passano poche ore.
Sono in corso le perquisizioni nell’abitazione di De Vito, nei sui uffici in Campidoglio, in quelli di Acea, Italpol e della SIlvano Toti Holding Spa.
Tra i 5 stelle non si può che prendere atto che qualcosa di grosso, molto grosso stia succedendo. Ed ecco “la botta pazzesca”, così definita da un parlamentare di primo piano, talmente trafelato che dà come l’impressione di averla subita fisicamente. Nessuno lo nega. Primo lo shock, poi la reazione. Luigi Di Maio corre ai ripari: “Mi assumo io la responsabilità , De Vito è fuori dal Movimento”.
Una mossa, quella del capo politico M5s, che prova a stroncare sul nascere la vicenda affinchè si trascini il meno possibile nel tempo. La speranza, ovviamente, è che non si allarghi e rimanga circoscritta al solo De Vito.
Il vicepremier grillino agisce subito, comunicando la sua decisione ai probiviri quando ancora rimbombano le parole pronunciate solo ieri da una carrellata di esponenti M5s contro il segretario del Pd Nicola Zingaretti indagato per finanziamento illecito. “Abbiamo fatto una cagnara infinita per un’indagine. E adesso? Che cosa diciamo per uno di noi che viene arrestato?”, confida a taccuini chiusi un senatore pentastellato che porta su di sè tutto il carico di questa umiliazione subita dall’intero Movimento che in un attimo di vede ritorcere contro anni e anni di battaglie. “Tangenti? Così si torna a Mafia Capitale?”, è l’associazione di idee che fanno in molti.
Il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra è il primo a metterci la faccia: “Non si può rimanere in silenzio. I fatti contestati a De Vito sono gravissimi”. Per questo Di Maio, con l’espulsione di De Vito, prova a mettere una pezza, dentro e fuori il Movimento.
Anche perchè dal Campidoglio sarebbe stato rassicurato: nessuno si aspetta che l’indagine si allarghi, la prima cittadina sarebbe totalmente estranea alla vicenda.
“Per me Marcello De Vito è fuori dal M5S, potrà difendersi come vuole, ma lo deve fare a km di distanza dal M5S – ribadisce Di Maio – noi come forza politica non abbiamo mai pensato di cambiare l’anima delle persone ma sicuramente reagiamo in 30 secondi e sbattiamo fuori chi si macchia di questi atti e questa è la cosa che mi rende anche orgoglioso di stare nel Movimento. Questa persona è fuori, deve stare a km di distanza dal Movimento e mi sono preso la responsabilità io, senza neanche passare dai probiviri, di cancellarlo dal M5S per sempre”.
Virginia Raggi si chiude in ufficio con i suoi più stretti collaboratori. Prima il silenzio e la riflessione. Poi la telefonata con Di Maio.
Il capo politico va come un treno, subito dopo il sindaco scrive: “Nessuno sconto. A Roma non c’è spazio per la corruzione”. Nessuno difende De Vito. Roberta Lombardi, il cui nome veniva soprattutto associato a De Vito in quanto suo fedelissimo, si dice “assolutamente sconvolta”. E chiede che venga fatta subito chiarezza.
Ma nel principale comune a 5 stelle i primi veleni scorrono già tra le fessure degli antichi marmi. “Come l’ha presa la sindaca? Non lo so, starà festeggiando”, dice tra i serio e il faceto un uomo che conosce bene i corridoi che guardano al Marco Aurelio.
Perchè nel 2016 la corsa alla fascia tricolore di De Vito fu bloccata da un dossieraggio interno, fatto dai suoi compagni di partito.
Gli si contestava un eccesso di disinvoltura, fino a spingersi a segnalare un reato negli anni di opposizione in comune. L’esposto che ne seguì finì in un’archiviazione. Una storiaccia mai chiarita fino in fondo, che gli costò qualunque tipo di chance di correre come sindaco e spalancò le porte alla Raggi. Ferita in qualche modo sanata nel corso degli anni, ma che ha lasciato cicatrici su cui oggi si versa del sale. Perchè in fondo De Vito non si è mai scrollato di dosso l’etichetta di lombardiano. E tra la capogruppo in regione Lazio e il sindaco, si sa, non è mai corso buon sangue.
E il caos interno potrebbe essere alimentato man mano che si chiariranno meglio i contorni dell’inchiesta, ancora tutti da definire.
Insieme al presidente dell’assemblea capitolina finisce in carcere anche Camillo Mezzocapo. Un avvocato vicino al presidente dell’Assemblea capitolina: molti dicono di non averlo visto mai visto nelle stanze del Campidoglio, tanti dicono di sapere perfettamente di chi si stia parlando. C’è chi lo descrive come una persona che “si muoveva in modo molto disinvolto, talvolta spregiudicato. Hai presente Lanzalone no? Ecco…”.
È lui che in una telefonata del 4 febbraio scorso ha detto a De Vito: “Questa congiunzione astrale … è tipo l’allineamento della cometa di Halley, hai capito? Cioè è difficile secondo me che si riverifichi così …. e allora noi, Marcè, dobbiamo sfruttarla sta cosa, secondo me, cioè guarda…ci rimangono due anni”. Sfruttare quindi il Movimento 5 Stelle al governo, parole, una volta lette, che mandano Di Maio su tutte le furie: “E’ vergognoso quanto emerge, non lo possiamo accettare”.
Questa intercettazione tra Camillo Mezzacapo e Marcello De Vito sarebbe la dimostrazione del “valore commerciale” che l’incarico pubblico di De Vito “ha assunto in relazione – scrive il gip Maria Paola Tomaselli – alle responsabilità di governo che il M5S ha sia a livello comunale che nazionale”.
Mezzacapo, secondo gli investigatori, è l’avvocato che percepisce le tangenti, che poi spartisce con De Vito, sotto forma di consulenze fittizzie da parte degli imprenditori. Mentre De Vito in Campidoglio si adopera per sbloccare gli iter amministrativi.
Questo è il cuore dell’inchiesta.
Secondo la gip, Marcello De Vito avrebbe messo “a disposizione la sua pubblica funzione di Presidente del Consiglio comunale di Roma Capitale per assecondare, violando i principi di imparzialità e correttezza, interessi di natura privatistica facenti capo al gruppo Parnasi”.Gli aiuti all’imprenditore Luca Parnasi, che secondo le accuse si sarebbe poi ‘sdebitato’ con delle consulenze, erano legati in particolare al progetto relativo alla realizzazione del Nuovo Stadio della Roma e all’intervento urbanistico da eseguirsi presso i terreni dell’ex Fiera di Roma. Nella stessa conversazione viene spiegato che il prezzo delle corruzioni viene custodito per poi essere diviso. Quindi De Vito dice: “Va beh ma diatribuiamoceli questi”. E Mezzacapo risponde: “Ma adesso non mi far toccare niente, lasciali lì. Quando tu finisci il mandato, se vuoi non ci mettiamo altro sopra”.
Non solo. De Vito e Mezzacapo sono indagati anche per traffico di influenze illecite per la riqualificazione degli ex mercati generali di Ostiense, si parla di 110mila euro in cambio per il via libera, e per il rilascio del permesso di costruire un edificio in viale Trastevere.
Fatti che avvalorano ancora di più la decisione di Di Maio dal momento che l’indagine non riguarda solo lo Stadio, attorno a cui ruotano inchieste e pressioni, ma interessi che coinvolgono singole vicende di cui con ogni probabilità si occupava De Vito per facilitare le pratiche in cambio di denaro. E così M5S si scopre vulnerabile come non mai.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
NELLE CARTE DEL GIP LE CONVERSAZIONI TRA I DUE ARRESTATI: “DOBBIAMO SFRUTTARE QUESTA CONGIUNZIONE ASTRALE, CI RIMANGONO DUE ANNI”
“Questa congiunzione astrale … è tipo l’allineamento della cometa di Halley, hai capito? Cioè è
difficile secondo me che si riverifichi così …. e allora noi, Marce’, dobbiamo sfruttarla sta cosa, secondo me, cioè guarda…ci rimangono due anni”. Questa intercettazione tra Camillo Mezzacapo e Marcello De Vito risalente al 4 febbraio scorso è la dimostrazione del “valore commerciale” che l’incarico pubblico di De Vito “ha assunto in relazione – scrive il gip Maria Paola Tomaselli – alle responsabilità di governo che il M5S ha sia a livello comunale che nazionale”. Mezzacapo, secondo gli investigatori, è l’avvocato che percepisce le tangenti (che poi spartisce con De Vito) sotto forma di consulenze fittizie da parte degli imprenditori. Mentre De Vito in Campidoglio si adopera per sbloccare gli iter amministrativi.
In particolare – prosegue il gip – “il suo potere (De Vito, ndr) di influenza e di intervento è stato notevolmente amplificato per il fatto che il Movimento risulta essere non più solo al governo di Roma ma al governo del Paese”. Per questo, la congiuntura astrale favorevole di cui parla Mezzacapo, nell’intercettazione viene paragonata alla cometa di Halley: “presentando – si legge nell’ordinanza- una serie di eventi difficilmente riproponibile e quindi un’occasione da non perdere”.
Nella stessa conversazione viene spiegato come il prezzo delle corruzioni sia dai due (De Vito – Mezzacapo) custodito per poi essere diviso. De Vito “vorrebbe incassare immediatamente la quota del denaro a lui spettante” proveniente dalle erogazioni del gruppo Toti e dall’immobiliarista Statuto, soldi che finivano nella società Mdl, di cui De Vito era titolare di fatto con l’avvocato Camillo Mezzacapo.
“Va beh, ma distribuiamoceli questi”, si legge in un’intercettazione di De Vito con Mezzacapo, il quale però, come emerge ancora dalle parole del gip, “lo convince ad aspettare fino al termine del suo mandato elettorale”. “Cioè la chiudiamo – risponde Mezzacapo a De Vito- distribuiamo, liquidi e sparisce tutta la proprietà … Non c’è più niente e allora però questo lo devi fà quando hai finito quella cosa”.
Per il gip, questa conversazione è “illuminante” perchè chiarisce “in modo inequivocabile il patto scellerato che lega i due dando chiara dimostrazione di come le somme confluite nella società mdl, formalmente riconducibili solo al secondo, siano invece anche del pubblico ufficiale che appare, peraltro, impaziente di entrarne in possesso”.
De Vito – per i pm – sarebbe stato corrotto “per intervenire nell’iter amministrativo relativo alla progetto Stadio della Roma, per favorire l’approvazione di una delibera in consiglio comunale per la realizzazione nella zona della ex Fiera di Roma di un campo da basket e di un polo per la musica, superando le limitazioni poste alla delibera Berdini che aveva limitato la realizzazione delle cubature in quella zona a 44mila metri cubi. In genere per l’asservimento della funzione esercitata agli interessi del Parnasi e del gruppo imprenditoriale a lui riconducibile” attraverso “molteplici utilità e tra queste l’affidamento e la promessa di lucrosi incarichi in favore dello studio legale Mezzacapo (avvocato vicino a De Vito, ndr)”.
Questi gli incarichi che Mezzacapo avrebbe ricevuto da Parnasi: “curare una transazione tra Acea e Ecogena per il quale il costruttore ha corrisposto 95 mila euro”. E ancora Parnasi avrebbe offerto a Mezzacapo di curare un altro accordo transattivo tra Parsitalia e il Comune di Roma del valore di 10 milioni di euro.
La promessa di un incarico per curare il contenzioso tra Parsitalia e la banca delle Marche. Inoltre Parnasi avrebbe chiesto sempre al legale di curare il progetto per lo spostamento il business park del nuovo stadio della Roma e infine la promessa di incarichi relativi alla realizzazione pressola ex Fiera di Roma di un polo di intrattenimento”.
Inoltre De Vito e Mezzacapo sono indagati per traffico di influenze illecite perchè avrebbero sfruttato le realzioni che avevano con soggetti chiamati a intervenire nell’iter amministrativo per il rilascio del permesso di costruire di un edificio in viale Trastevere nell’area dell’ex stazione di interesse della Ippolito Nievo srl società del gruppo Statuto.
In cambio si facevano promettere, De Vito e Mezzacapo, dall’architetto Fortunato Pititto, del gruppo Statuto 20 mila euro e l’ulteriore somma di 100 mila euro in caso di conseguimento del risultato. Soldi da corrispondere attraverso il conferimento di un incarico professionale allo studio legale di Mezzacapo.
Tra gli indagati – traffico di influenze illecite – figurano anche Claudio Toti, attuale presidente della squadra di basket Virtus Roma e Pierluigi Toti. Secondo la procura De Vito sfruttando le relazioni che aveva in Campidoglio si era fatto promettere dai due imprenditori 110mila euro in cambio del suo interessamento con il pubblico ufficiale incaricato di approvare il progetto di riqualificazione degli ex mercati generali di Ostiense. De Vito e l’avvocato Camillo Mezzacapo (anche lui finito in carcere), persona vicina al presidente dall’assemblea capitolina, hanno percepito dalla società Silvano Toti Holding spa 48mila euro.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
IN MANETTE IL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA CAPITOLINA, AVREBBE FAVORITO IL COSTRUTTORE PARNASI
Terremoto giudiziario nel Movimento 5 Stelle romano. Marcello De Vito, presidente dell’assemblea capitolina è stato arrestato all’alba con l’accusa di corruzione: è in carcere.
I carabinieri di Via In Selci hanno perquisito il suo appartamento e alcuni uffici in Campidoglio. Perquisizioni anche all’Acea.
Al suo posto subentra Enrico de Stefano, attuale presidente della commissione Mobilità del comune.
L’esponente grillino avrebbe incassato direttamente o indirettamente delle elargizioni, questa l’ipotesi dei pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, dal costruttore Luca Parnasi. De Vito, in cambio, avrebbe promesso – all’interno dell’amministrazione pentastellata guidata dalla sindaca Virginia Raggi – di favorire il progetto collegato allo stadio della Roma.
La misura cautelare emessa dal dip del tribunale di Roma riguarda in tutto 4 persone (per 2 indagati è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per gli altri i domiciliari). Una misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale riguarda invece due imprenditori.
L’indagine “Congiunzione astrale” si concentra sulle condotte corruttive e il traffico di influenze illecite nell’iter per la realizzazione del nuovo stadio della Roma, la costruzione di un albergo presso la ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere e la riqualificazione dell’area degli ex Mercati generali di Roma Ostiense.
L’inchiesta ha fatto luce su una serie di operazioni corruttive realizzate dagli imprenditori attraverso l’intermediazione di un avvocato e un uomo d’affari, che secondo l’accusa avrebbero interagito con De Vito al fine di ottenere provvedimenti favorevoli alla realizzazione di importanti progetti immobiliari.
Nello specifico De Vito e Mezzacapo si fecero promettere oltre 110mila euro dagli imprenditori Claudio e Pierluigi Toti e ne avevano incassati già 48mila in cambio dell’interessamento per un progetto di riqualificazione degli ex mercati generali di Ostiense.
Il dettaglio emerge dall’ordinanza che ha portato in carcere per corruzione il presidente dell’assemblea capitolina e lo stesso avvocato.
“In concorso tra loro Mezzacapo e De Vito, sfruttando le relazioni di quest’ultimo con soggetti chiamati ad intervenire nell’iter amministrativo relativo all’approvazione del Progetto di riqualificazione degli Ex Mercati Generali di Roma Ostiense di interesse della Lamaro Appalti, società del gruppo Toti, si facevano indebitamente promettere e quindi dare da Pierluigi e Claudio Toti della mediazione illecita finalizzata a ottenere un’interlocuzione diretta con il pubblico ufficiale nell’ambito del progetto immobiliare suindicato la somma di denaro di 110.620 euro corrisposta sotto forma di corrispettivo di incarico professionale conferito dalla società Silvano Toti Holding Spa allo studio legale di Mezzacapo e da quest’ultimo trasferito per l’importo complessivo di 48.800 euro su un conto intestato alla società MDL Srl di fatto riconducibile a Mezzacapo e De Vito”
Tra gli indagati – traffico di influenze illecite – figurano anche Claudio Toti, attuale presidente della squadra di basket Virtus Roma e Pierluigi Toti. Secondo la procura De Vito sfruttando le relazioni che aveva in Campidoglio si era fatto promettere dai due imprenditori 110mila euro in cambio del suo interessamento con il pubblico ufficiale incaricato di approvare il progetto di riqualificazione degli ex mercati generali di Ostiense.
De Vito e l’avvocato Camillo Mezzacapo (anche lui finito in carcere), persona vicina al presidente dall’assemblea capitolina, hanno percepito dalla società Silvano Toti Holding spa 48mila euro.
Oltre a Mezzacapo e De Vito sono stati arrestati (in questo caso ai domiciliari) l’architetto Fortunato Pititto e Gianluca Bardelli.
Mentre risultano indagati a piede libero gli imprenditori Toti, l’avvocato Virginia Vecchiarelli, Sara Scarpari amministratore della società Mdl srl (riconducibile a De Vito e Mezzacapo) e l’immobiliarista Giuseppe Statuto a capo dell’omonimo gruppo imprenditoriale. In questa nuova tranche dell’inchiesta sullo stadio è sempre presente Luca Parnasi.
Gli undici indagati sono accusati a vario titolo di corruzione, traffico di influenze illecite, evasioni di imposte e false fatturazioni.
Il nome di De Vito compariva spesso nell’ordinanza che aveva portato all’arresto di Parnasi e di Luca Lanzalone ex presidente di Acea lo scorso giugno. Da quella inchiesta sono finite a processo 18 persone, accusate di aver messo in piedi un sistema corruttivo per la costruzione dell’impianto del club giallorosso, progetto che dovrebbe sorgere a Tor di Valle. I pm avevano messo nel mirino nomi di spicco dell’imprenditoria e politica romana come il costruttore Parnasi e gli esponenti di Pd e Fi, Pier Michele Civita, Adriano Palozzi e Davide Bordoni.
Il 10 dicembre, in un altro filone della stessa inchiesta, erano finiti alla sbarra altri personaggi di rilievo – sempre coinvolti nell’affaire del tempio giallorosso – tra cui l’avvocato genovese Luca Lanzalone, voluto al vertice di Acea dalla nomenclatura pentastellata. Associazione a delinquere, finanziamento illecito e corruzione i reati contestati a seconda delle posizioni. Gli avvisi di garanzia erano stati notificati all’imprenditore Parnasi ritenuto dagli inquirenti “il capo e organizzatore” dell’associazione a delinquere che ha cercato di pilotare le procedure amministrative legate al masterplan, approvato, nell’ambito della conferenza dei servizi, nel febbraio del 2018.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
TUTTO COME PREVISTO, DA OGGI LA GIUSTIZIA IN ITALIA NON C’E’ PIU’, SI VA VERSO LA GUERRA CIVILE DOVE OGNUNO SI SENTIRA’ LEGITTIMATO A FARSI GIUSTIZIA DA SOLO
L’aula di Palazzo Madama ha respinto a maggioranza assoluta l’autorizzazione a procedere nei
confronti di Matteo Salvini.
Il dato è desumibile dal tabellone elettronico del Senato. La conferma arriva dal presidente del gruppo Pd Andrea Marcucci. “Cinque stelle e Forza Italia sono paladini di Salvini”, commenta.
Il risultato verrà proclamato però solo alla fine delle operazioni di voto, possibili fino alle 19.
“Si sono espressi 232 senatori. Visivamente si deduce che la mia proposta contro l’autorizzazione a procedere è stata accolta. Le lucette verdi erano largamente di più”, aggiunge il presidente della giunta per le immunità Maurizio Gasparri.
Tra le dissidenti nel Movimento 5 stelle, le senatrici Paola Nugnes ed Elena Fattori che hanno annunciato in Aula il proprio voto favorevole all’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini per il caso Diciotti.
“I diritti dei umani – ha detto Nugnes – sono stati compresi e non c’è visione politica che possa fare leva sul diritto di terzi”.
(da agenzie)
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Marzo 20th, 2019 Riccardo Fucile
COSTANTINO SAPORITO DELL’USB: “NON CI HANNO CHIAMATO AL TAVOLO PER IL NUOVO CONTRATTO, FAREMO LO SCIOPERO DELLA FAME”
Aveva denunciato il ministro Salvini che indossava in ogni occasione divise dei pompieri, tra le altre, senza essere veramente un vigile del fuoco.
Ieri Costantino Saporito, coordinatore nazionale Usb dei pompieri, si è ritrovato come dice lui “arrestato” al Viminale.
Per protestare contro la mancava convocazione dell’Unione sindacale di Base (Usb) al tavolo di trattattiva per il nuovo contratto, ha infatti occupato il Viminale ritrovandosi denunciato, seduto in mezzo a poliziotti per ore e deciso a restare lì ad oltranza facendo lo sciopero della fame a rotazione con altri colleghi.
“Mentre a livello nazionale USB viene convocata dal governo ai tavoli confederali, i singoli ministeri — Viminale compreso – escludono dunque quotidianamente il nostro sindacato dai tavoli di trattativa, a causa della mancata firma del contratto nazionale. I vigili del fuoco sono una categoria da anni strapagata con splendide parole, ma nei fatti vilipesa e offesa con trattamenti economici, normativi e previdenziali da ultimo mondo”. Questa la motivazione dell’occupazione, della protesta finita in denuncia.
Costantino Saporito che con l’Usb, nei giorni scorsi, ha anche segnalato la presenza di amianto nel ponte Morandi, era stato protagonista della vicenda delle divise indossate a rotazione dal vicepremier leghista Matteo Salvini.
Codice penale alla mano, il sindacalista aveva infatti scritto una lettera di denuncia indirizzata al ministro, al prefetto Bruno Frattasi, capo del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, e al responsabile dell’ufficio Garanzia dei diritti sindacali.
La denuncia dell’Usb era legata all’articolo 498 del codice penale, secondo cui “chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato” va punito con una multa che varia da 154 euro a 929 euro.
Come dire: chi non è veramente un poliziotto o un pompiere non può indossare in pubblico divise complete di gradi e mostrine, perchè provocherebbe confusione nei cittadini. Scriveva Saporito nella lettera: “Onde evitare che si proseguano atteggiamenti lesivi all’immagine del ministero, bloccate immediatamente questo uso improprio che sta generando azioni estemporanee da parte di chi crede che tutto vale e che la legge non vada rispettata”.
(da agenzie)
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