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LA MELONI CHE OGGI ATTACCA LA FRANCIA E’ LA STESSA CHE VOTO’ PER L’INTERVENTO IN LIBIA

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

IL TRASFORMISMO DEI SEDICENTI SOVRANISTI A SECONDA DELLA CONVENIENZA DEL MOMENTO

Giorgia Meloni continua a scaricare sulla sinistra la responsabilità  dell’attacco in Libia del 2011
Ma in maggioranza c’era lei e votava a favore della missione.
C’è un vecchio mantra sovranista, che scarica le responsabilità  per quello che è avvenuto in Libia nel 2011 esclusivamente sulla Francia o su Giorgio Napolitano, allora presidente della Repubblica in Italia. La caduta di Gheddafi e l’intervento delle forze militari europee nel Paese nordafricano, infatti, vengono imputati all’atteggiamento aggressivo della Francia di Nicolas Sarkozy che decise di mandare i militari nel Paese, in pieno clima da primavera araba.
Ovviamente, nemmeno Giorgia Meloni si astiene su questo punto. E anche oggi, quando sembrano sempre più evidenti i legami tra Parigi e il generale Haftar, la leader di Fratelli d’Italia ricorda — con un post sui social network — il comportamento dell’Eliseo sulla crisi nello Stato del nord Africa.
Tuttavia, bisogna ricordare che l’intervento in Libia avvenne nel 2011, quando a guidare il Paese c’era una coalizione di centrodestra, che partiva da Silvio Berlusconi e arrivava proprio a Giorgia Meloni che, nei giorni in cui si decise l’offensiva nei confronti della Libia, era in Parlamento a votare sulle varie mozioni.
Tra questa, quella del forzista Fabrizio Cicchitto, che riteneva indispensabile la partecipazione italiana alla guerra in Libia, visti anche gli interessi economici del nostro Paese che, all’epoca dei fatti, riceveva il 25 per cento del petrolio e il 14 per cento del gas naturale di cui aveva bisogno. Questi dati sono stati inseriti proprio in quella mozione.
Giorgia Meloni votò a favore, permettendo — insieme agli altri parlamentari — il supporto attivo dell’Italia alla missione voluta dalla Francia.

(da agenzie)

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IL TENTATIVO DEI SOVRANISTI DI CREARE UNA SECONDA GAMBA CON MELONI, TOTI E FITTO, SOTTRAENDO ESPONENTI A FORZA ITALIA

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

LA GIRAVOLTA DELLE POLTRONE: FITTO AGISCE AL SUD, TOTI AL NORD PER PORTARE ACQUA ALLA MELONI E DI FATTO A SALVINI… MA NON E’ DETTO CHE L’OPERAZIONE PORTI A UNA QUOTA SUFFICIENTE PER GOVERNARE: CONTA IL VOTO DEGLI ELETTORI, NON QUELLO DEI NOTABILI IN VENDITA

Attenzione, perchè il fenomeno si vede ancora poco, ma è in atto nel centrodestra.
Anche gli ultimi report dell’infallibile Ghisleri dicono che la Meloni “sta crescendo”, perchè sta intercettando non solo il malessere di Forza Italia, ma più in generale una certa opinione pubblica di destra, che vede in quel voto lo strumento per liberare Salvini dai Cinque Stelle.
È cioè un voto non di testimonianza, ma di “prospettiva” politica e generazionale rispetto al partito di Berlusconi, destinato a finire senza eredi e senza eredità .
E se è prematuro scommettere sul “sorpasso” di Forza Italia, è la prima volta che comunque l’eventualità , finora inimmaginabile, va considerata, sia pur come possibilità .
Definiamola così, questa dinamica politica in atto: una sorta di An 2.0, anche sulle ceneri di Forza Italia. Che disegna un nuovo del centrodestra. A due gambe, come va di moda dire.
Quella leghista, e l’altra. Perchè la Meloni, di fatto, è già  “oltre” la fiamma di Fratelli d’Italia. E, se il risultato alle Europee sarà  soddisfacente, questa svolta sarà  compiuta fino in fondo, anche nei simboli. Due foto, per capire.
Giovanni Toti sabato sarà  sul palco della conferenza programmatica di Fdi a Torino, prima uscita in campagna elettorale (non con il suo partito).
L’altra immagine è quella di una emorragia nel sud. Proprio stamattina, Raffele Fitto, che di questo progetto è uno dei motori più attivi, era in Calabria dove quattro consiglieri regionali hanno aderito al suo gruppo e con i due di Fdi, questa “gamba” diventa il primo gruppo regionale.
In Campania, qualche giorno fa sono andati con Fitto due consiglieri regionali e, per la prima volta, Forza Italia ha difficoltà  a presentare le liste in alcuni comuni importanti come Avellino.
Mai si era vista una emorragia di queste dimensioni dal partito di Berlusconi alla vigilia di un voto. Roccaforti che diventano terra straniera. Solo domenica scorsa, per dirne un’altra, alle provinciali di Lecce su 5 eletti del centrodestra, quattro sono di Fitto e uno della Lega.
In Puglia in tutto i consiglieri regionali sono 6, di cui nuovi, intesi come non provenienti da Fdi, 5.
Nel Lazio stessa dinamica. Ha aderito a questa “area” Alfredo Antoniozzi, un macina-preferenze del Pdl che fu. Ci dice Francesco Aracri, ex An, ex Pdl, ex Forza Italia uno dei più radicati sul territorio: “C’è un percorso nuovo, potabile, di politica non urlata all’interno del centrodestra e stanno tutti con la valigia in mano. Quando ci sarà  il contenitore, politicamente definito, il 27 maggio sarà  chiara l’entità  del fenomeno”.
Per ora, quel che è visibile è l’entità  della frana. Reale e potenziale. Perchè dentro Forza Italia è saltata la logica. Non c’è solo la Gardini, volto noto e visibile, che ha lasciato il Cavaliere, secondo le voci maligne dei suoi ex compagni di partito proprio per andare verso il partito della Meloni.
La Sicilia è una polveriera pronta ad esplodere sulle liste per le Europee. Il vicerè forzista Gianfranco Miccichè, presidente dell’assemblea regionale e commissario del partito, ha escluso dalle liste, al momento, il parlamentare di Catania Giovanni Lavia, uno che cinque anni fa prese 56mila voti, per imporre un suo candidato di Palermo, lasciano senza rappresentanza la Sicilia orientale, dove Forza
Italia esprime l’unico sindaco che ha di una città  metropolitana, Salvo Poglise a Catania.
I ben informati già  scommettono che tutto questo nucleo di ex An sarà  pronto ad andarsene. A Siracusa a breve Forza Italia perderà  la deputata Rossana Cannata, il cui fratello si è candidato con Fdi alle Europee.
Anche Luigi Genovese, figlio del chiacchierato Francantonio, è in uscita per i contrasti con Miccichè. E non è cosa di poco di conto, in un partito in cui la soglia di sopravvivenza è fissata al dieci per cento. Per prendere il 10 al livello nazionale, considerata la valanga sovranista nel continente, è necessario il 20 in Sicilia, spiegano gli esperti di flussi. E non è un caso che Antonio Tajani, il coordinatore di Forza Italia, in queste ore stia tentando di “far ragionare Miccichè”.
Il problema è sempre lo stesso: Berlusconi è ormai l’ombra di se stesso, al punto che appare di rado in pubblico, Forza Italia come partito organizzato, anche in termini padronali, non c’è più.
C’è la sua corte, con le sue ambizioni, invidie, pettegolezzi, le sue “badanti”, diventata un centro decisionale a sè stante che ne combina una al giorno.
Come in Calabria, dove ha benedetto come candidato alle prossime regionali il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, proprio nei giorni in cui la corte d’Appello ha condannato il comune a pagare i debiti della sua amministrazione. Altro casino, peggio che in Sicilia.
Insomma, per non tirala troppo per le lunghe, quel che sta accadendo è evidente.
C’è un mondo che finisce e, chi non vuole morire, si proietta dove c’è una prospettiva, per ragioni politiche e generazionali.
E c’è un soggetto che si predispone a fare un salto rispetto alla ridotta identitaria. Non è un caso che, alla conferenza programmatica di Torino, ci saranno parecchi interventi “esterni”, dall’ex ministro Giulio Tremonti al sociologo Alberoni al leader del Family Day Gandolfini, al consigliere Rai Giampaolo Rossi.
Il punto politico che si vedrà  dal 27 maggio in poi è questo: qui siamo di fronte a un caso in cui la “crescita” elettorale determina l’identità , come accadde nel lontano ’93 ai tempi di An.
Furono gli elettori ad anticipare Fiuggi, spingendo quel partito oltre il recinto tradizionale. Ora c’è la campagna elettorale e sarà  tutta sovranista. Ma un processo politico nuovo è innescato.

(da “Huffingtonpost”)

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GIRAVOLTE ELETTORALI: IL GRILLINO TROMBATO A BERGAMO PASSA ALLA LEGA

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

FABIO GREGORELLI NON AVEVA SUPERATO LE EUROPARLAMENTARIE GRILLINE

Quattro meriti su nove non sono bastati a Fabio Gregorelli per superare il doppio turno delle Europarlamentarie a 5 Stelle ed essere messo in lista per le europee di maggio.
E così qualche giorno dopo la bocciatura al primo turno Gregorelli, che è consigliere comunale per il M5S a Bergamo dal 2014 (ed è attivista da nove anni), ha annunciato su Facebook di voler abbandonare il partito di Di Maio e Casaleggio.
«La mia esperienza con il Movimento 5 Stelle finisce qui» scrive nel post d’addio dove ricorda l’impegno profuso in 9 anni per il MoVimento.
Ma l’addio al M5S non è un addio alla politica. «Da oggi sono pronto a scrivere una nuova pagina, continuando il mio impegno per la città  di Bergamo e per il mio quartiere» fa sapere ai suoi amici su Facebook. E la nuova esperienza è quella che alle prossime elezioni comunali lo vedrà  candidato nella lista di centrodestra Bergamo Ideale-Stucchi sindaco. Dove Stucchi è Giacomo Stucchi, storicolo parlamentare della Lega che sfiderà  Giorgio Gori per la poltrona di primo cittadino di Bergamo.
Difficile — spiegano alcuni cittadini accorsi in massa ad insultarlo — che l’accordo sia maturato nei pochi giorni tra l’esclusione dalle Europarlamentarie (31 marzo) e l’annuncio su Facebook (8 aprile). Secondo molti attivisti Gregorelli avrebbe meditato il tradimento già  da qualche mese.
Ma lui nega tutto anzi ammette di aver sempre saputo di non avere mai avuto speranze di passare la selezione per le europee di aver fatto più volte presente ai vertici la “drammatica situazione locale”. Certo — confessa —   «avere quattro Bergamaschi davanti al primo turno è stato motivo di riflessione», segno forse che anche se si fosse candidato sindaco per il M5S non avrebbe avuto speranze. Oppure che gli equilibri locali all’interno del partito erano ormai irrimediabilmente compromessi.
«Delusione e incredulità » sono invece le prime due parole postate dall’altro pentastellato in consiglio comunale, Marcello Zenoni che capisce come «la delusione nata dal non essere riconosciuto come candidato ideale dal suo stesso gruppo sia stata importante» ma che non giustifica il cambio di casacca. E Zenoni ci tiene a far sapere che lui di   casacca indossa solo quella del MoVimento 5 Stelle, con tanto di spilletta “storica”, quella con ancora il nome di Beppe Grillo nel simbolo.
Gongola invece il candidato leghista, che si gode lo spettacolo dell’ennesima frantumazione del M5S e fa sapere che Gregorelli è secondo lui «la parte pensante del Movimento 5 Stelle».
Una definizione che ha fatto andare su tutte le furie la deputata pentastellata Guia Termini che ha deciso che non poteva più stare zitta di fronte alle dichiarazioni del candidato del centrodestra.
La Termini però non perde occasione per rinfacciare a Gregorelli le eventuali conseguenze delle sue scelte e scrive: «chissà  se Gregorelli sosterrà  ancora la campagna aborto al sicuro, chissà  se lo vedremo al Bergamo Pride, chissà  se improvvisamente diventerà  a favore dell’autostrada Treviglio-Bergamo. Chissà  se una delle scelte nazionali che non ha condiviso era la linea sulla gestione dei rifiuti del Ministro Costa e sosterrà  che gli inceneritori sono la scelta migliore di smaltimento».
Domande che la deputata farebbe bene a rivolgere anche alla componente pentastellata della maggioranza giallo-verde, visto che molte di quelle scelte sono analoghe a quelle che deve affrontare il governo dove il M5S va a braccetto con la Lega. È davvero difficile rivendicare una superiorità  morale
rispetto alle scelte di Gregorelli quando in Parlamento il M5S ha salvato Salvini, ha sottoscritto il DDL Pillon e quando il governo ha tradito le promesse su TAP e ILVA.
In fondo Gregorelli potrebbe aver solo anticipato i tempi di un’alleanza giallo-verde a livello locale.

(da agenzie)

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COMICHE SALVINIANE: C’E’ UN AGGUATO CRIMINALE A MILANO E SALVINI IMPROVVISAMENTE SI RICORDA CHE I REATI SONO IN CALO

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

ALLORA PERCHE’ FINO A IERI HA DETTO CHE IN ITALIA C’E’ UN PROBLEMA SICUREZZA?

Matteo Salvini ha voluto commentare l’agguato di Milano e, temendo le critiche, ha affermato che i reati sono in calo del 4,2%. Nessun accenno a situazioni emergenziali come quando a commettere un reato è uno straniero Ci piacerebbe sentirlo anche quando a commettere un delitto è uno straniero. Invece, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ricorda il dato del calo dei reati (del 4,2%) soltanto quando non ci sono gli estremi per rafforzare la sua narrazione sovranista.
Le parole del leader della Lega sono arrivate all’indomani dell’agguato di Milano. Il numero uno del Viminale ha espresso la sua preoccupazione per quanto accaduto, ma ha anche invitato tutti alla calma e alla prudenza: «A Milano sono già  arrivati 88 poliziotti in più da ottobre 2018
Insomma, in città  c’è stato un tentativo di esecuzione al centro, in zona Porta Romana. Gli inquirenti sospettano che possa esserci dietro il traffico di stupefacenti, anche considerando l’identità  della vittima — Enzo Anghinelli — che ha avuto precedenti in questo senso.
Ma Matteo Salvini evita di fare la fenomenologia del terrore
Da tempo si registra una tendenza che va nella direzione di un calo per quanto riguarda i reati commessi nel nostro Paese.
Eppure, il ministro dell’Interno ha rispolverato questo calo proprio per l’occasione, mentre sui suoi canali social continua — anche oggi — il focus su reati di microcrimine commessi da stranieri
A mettere in evidenza questa contraddizione ci ha pensato anche Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali del Comune di Milano e candidato alle elezioni europee con il Partito Democratico — Siamo Europei: «Visto che che l’agguato di oggi a Milano non riguarda gli stranieri ma un italiano — scrive su Twitter -, e una dinamica che chiaramente chiama in causa la criminalità  organizzata, Salvini si ricorda che i reati sono in calo (tendenza in atto da alcuni anni). Che pena».

(da agenzie)

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ORA SALVINI VUOLE SPARARE AI LUPI E AUTORIZZA L’ABBATTIMENTO IN TRENTINO, L’ENPA LO SMENTISCE: “NON C’E’ ALCUNA EMERGENZA LUPI, ZERO AGGRESSIONI NEGLI ULTIMI 200 ANNI”

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

“SE CERCA QUALCHE VOTO CAMBI ARGOMENTO, QUESTO NON ESISTE”

Il Viminale scrive ai prefetti delle province di Trento e Bolzano e al presidente della Regione Val D’Aosta: “C’è allarme lupi, sì all’abbattimento se necessario”. Via libera cioè   “solo a condizione che sia stata verificata l’assenza di altre soluzioni praticabili” all’abbattimento dei lupi, razza tutelata dalla legge 357 del 1997.
Riprende il braccio di ferro tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini il ministro dell’Ambiente Sergio Costa che solo lo scorso 2 aprile ha reso pubblico il “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia” ribadendo che “con questo nuovo piano non servono gli abbattimenti ma una straregia che abbiamo delineato in 22 azioni”.
La circolare, firmato da Matteo Piantedosi capo di Gabinetto di Salvini, rileva che “di recente, in alcune aree del territorio nazionale”, si è registrato “un aumento della presenza di lupi che, avvicinandosi in branco agli abitati, provocano allarme nella popolazione ovvero causano importanti danni economici agli allevatori, attaccando ovini, caprini e talvolta bovini nelle zone di pascolo e di ricovero”. Da qui “l’esigenza di adottare interventi di carattere preventivo ai fini della tutela della pubblica incolumità  e della salvaguardia delle attività  tradizionalmente legate alla montagna, all’agricoltura e alla zootecnia”.
L’Enpa, Ente nazionale protezione animali, non ci sta a quella che definisce “una manovra per reintrodurre le uccisioni di un animale protetto e salvato dall’estinzione e dopo il lavoro tanto autorevole e di solide basi scientifiche portato a termine dal ministro dell’Ambiente con il nuovo Piano lupo”.
E la presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi rincara: “Il ministro dell’Interno dovrebbe spiegare quali criteri scientifici devono essere utilizzati per definire un lupo come “problematico” o “pericoloso” visto che, tra l’altro, l’italia non registra aggressioni da parte di lupi da almeno duecento anni”.
Inoltre “insomma i lupi non rappresentano emergenza di ordine pubblico – nel 2018, dice Eurac Reserach, in Trentino ci sono state 65 predazioni con 76.500 euro di indennizzo – sono invece un preziosissimo equilibratore biologico perchè con la loro attività  predatoria mantengono in equilibrio le popolazioni degli altri selvatici. Dunque, non c’è nessuna emergenza se non quella creata ad arte per guadagnare qualche voto in più alle prossime elezioni”.

(da agenzie)

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POVIA RESPINGE L’OFFERTA DI SALVINI DI CANDIDARSI CON LA LEGA: “NON CI PENSO PROPRIO”

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

“DICONO CHE SIA DI DESTRA? NON CREDO NEI PARTITI E NON HO MAI VOTATO IN VITA MIA”

Il cantante Giuseppe Povia è stato ospite della trasmissione Un Giorno da Pecora su Rai Radio 1 e non ha risparmiato stoccate ad alcuni leader politici. Tra questi il vicepremier Matteo Salvini che gli aveva proposto di candidarsi con la Lega.
Il cantautore e blogger milanese ha rivelato ai microfoni della trasmissione condotta da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro di aver risposto così: “No, ma sei fuori?”.
Il ministro dell’Interno, prima di ricevere il secco rifiuto del vincitore del Festival di Sanremo 2006, aveva provato a “corteggiarlo” con complimenti di ogni genere: “Mi disse: tu sei carismatico, mastichi bene la politica e l’economia”, ha riferito Povia.
L’interprete delle canzoni Vorrei avere il becco, I Bambini fanno ‘ooh’, Luca era gay, ha rivelato di essere stato più volte cercato da esponenti e partiti politici da destra a sinistra.
“Una volta addirittura il Movimento per le Autonomie. A sinistra me lo chiesero nel 2009, nell’anno in cui uscì ‘Luca era Gay’. Non era il Pd, non mi ricordo chi me lo chiese”.
E a destra? “Lega, Forza Italia…di tutto. Non Silvio Berlusconi direttamente”.
Povia, che è sempre stato considerato di destra, rivela un’altra realtà : “Lo dicono, ma io non ho mai avuto le tessere di non nessun partito. E aggiungo: non ho mai votato in vita mia, non credo nei partiti, zero proprio. E finora ho avuto ragione io”.

(da agenzie)

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PORTAVOCE NO TAV: “DELUSO DAL M5S, SONO PAVIDI E INESPERTI”

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

PERINO: “NON HANNO LE PALLE, INUTILE FARE PROMESSE QUANDO SAI CHE NON PUOI MANTENERLE”

I 5 Stelle continuano a perdere consenso nella Val di Susa dopo aver disatteso le aspettative degli abitanti della valle che si oppongono da anni alla realizzazione dell’Alta velocità .
A ribadirlo in un’intervista a Repubblica è stato Alberto Perino, storico portavoce del movimento No Tav, che si dice “deluso dai grillini pavidi e inesperti”.
Il problema, secondo Perino, non è nell’alleanza stretta dai 5 Stelle con la Lega: “Quell’alleato c’era anche quest’estate quando Toninelli scriveva di voler fermare i lavori. Se io so che ho le mani legate, se io so che non posso cambiare la testa dell’alleato, allora perchè promettere?”.
L’esponente No Tav si scaglia ancora contro il ministro delle Infrastrutture: “Toninelli diceva che ‘qualunque avanzamento dei lavori del Tav sarebbe stato considerato un atto ostile’. Invece ha lasciato andare avanti gli appalti. E se li lasci andare avanti, allora significa che accetti che l’opera venga fatta”.
“Volevamo lo spoil system”, continua il portavoce. “Volevamo che cambiassero i vertici di Telt [società  che ha in gestione i lavori per il tunnel, ndr] nominati dal governo italiano” con i 5 Stelle al Governo.
Una speranza disattesa, dato che l’architetto Mario Virano è rimasto al suo posto.
“Se andaste a leggervi bene lo statuto di Telt vedreste che l’Italia poteva farlo senza bisogno di portare nessuna giustificazione e non lo ha fatto”.
Qual è il problema dei 5 Stelle? “Non hanno le palle”, è la risposta di Perino, che punta il dito contro l’inesperienza dei candidati e dei deputati pentastellati, che a suo dire restano comunque “persone generalmente oneste”.
Secondo Perino uno dei problemi del Movimento è anche il limite di due mandati   imposto agli esponenti 5 Stelle: “È una regola che ha vantaggi e svantaggi. Va bene quando sei all’opposizione ma se devi governare devi mediare, e senza esperienza è più dura”.
Intanto si avvicinano le elezioni comunali in Val di Susa: “Io la campagna elettorale per loro non la faccio. Io li ho appoggiati perchè credevo in un progetto che per vari motivi non ha preso forma. Anzi ne ha presa una diversa da quella che mi immaginavo”.

(da agenzie)

argomento: Costume | Commenta »

UMBRIA, INCHIESTA SULLA SANITA’: ARRESTATI SEGRETARIO E ASSESSORE REGIONALE PD

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

INDAGATA ANCHE LA PRESIDENTE DELLA REGIONE MARINI: “MASSIMA COLLABORAZIONE, TRANQUILLA E FIDUCIOSA DELL’OPERATO DELLA MAGISTRATURA”

Il segretario del Pd dell’Umbria Gianpiero Bocci e l’assessore regionale alla Salute e coesione sociale Luca Barberini sono stati arrestati dalla Gdf nell’ambito dell’indagine della procura di Perugia su alcune irregolarità  che sarebbero state commesse in un concorso per assunzioni in ambito sanitario.
Nei confronti dei due sono stati disposti i domiciliari. Stesso provvedimento per il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Emilio Duca e per il direttore amministrativo della stessa azienda.
Anche il presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, Pd, è indagata nell’inchiesta. Al momento non si conoscono gli addebiti nei suoi confronti.
La Guardia di Finanza aveva prima eseguito decreti di perquisizione nei confronti del presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, del segretario regionale del Pd ed ex sottosegretario all’Interno Gianpiero Bocci e dell’assessore regionale alla Sanità  Luca Barberini. L’inchiesta della procura di Perugia riguarda un concorso di una delle aziende sanitarie umbre. Nell’indagine sarebbero coinvolti anche sei dirigenti dell’azienda ospedaliera.
L’indagine è seguita direttamente dal procuratore Luigi De Ficchy e ipotizza, a vario titolo, i reati di abuso d’ufficio, rivelazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento e falso.
I finanzieri, secondo quanto si apprende, hanno perquisito oltre che le abitazioni e gli uffici dei destinatari dei decreti, anche la sede dell’assessorato alla Sanità .
“Quest’oggi mi è stata notificata dalla procura della Repubblica di Perugia una richiesta di acquisizione di atti nell’ambito di una indagine preliminare relativa a procedure concorsuali in capo ad una Azienda sanitaria umbra”: lo ha reso noto la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini. “Ho offerto la mia massima collaborazione personale e istituzionale – ha sottolineato Marini – all’attività  dei rappresentanti dell’autorità  giudiziaria. Sono assolutamente tranquilla e fiduciosa nell’operato della magistratura, nella certezza della mia totale estraneità  ai fatti e ai reati oggetto di indagine”

(da agenzie)

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LA LEZIONE DI CIVILTA’ DELL’ARSENAL SUL RAZZISMO CONTRO KOULIBALY

Aprile 12th, 2019 Riccardo Fucile

LA SOCIETA’ STA CERCANDO DI IDENTIFICARE IL TIFOSO AUTORE DEGLI INSULTI: “NON METTERA’ MAI PIU’ PIEDI ALLO STADIO”

Torniamo un attimo al 26 dicembre 2018.
Boxing day di campionato, con la fondamentale partita Inter-Napoli. Cori razzisti dall’inizio alla fine contro il difensore Kalidou Koulibaly. Non un episodio isolato, ma centinaia di ululati che raggiungevano il campo come una sorta di spada affilata, ogni volta che il calciatore toccava il pallone. Nel corso di quella partita Koulibaly fu espulso, prima del match episodi censurabili di scontri tra tifosi, con una vittima. Ieri, invece, si è disputata la gara di andata del quarto di finale di Europa League tra Arsenal e Napoli.
L’Emirates Stadium è uno dei templi del calcio moderno. A quanto pare, un tifoso della squadra di casa, riprendendosi e pubblicando tutto su Snapchat, avrebbe insultato Kalidou Koulibaly.
Lo avrebbe definito nigger e lo avrebbe scritto anche sui suoi social network. Oggi, la società  ha comunicato che sta conducendo un’indagine nei confronti di quella persona e che, nel caso in cui riuscisse ad accertare la sua responsabilità , lo allontanerebbe dal suo terreno di gioco.
«Condanniamo completamente l’uso di questo tipo di linguaggio razzista, è stata avviata un’indagine per identificare il colpevole — hanno scritto i Gunners in un comunicato ufficiale della società  -. Operiamo con un approccio di tolleranza zero e chiunque si comporti in questo modo non è il benvenuto e sarà  escluso dalle partite. Abbiamo una comunità  di tifosi estremamente variegata che fanno tutti parte della famiglia Arsenal e tali incidenti sono rari all’Emirates Stadium. Incoraggiamo i sostenitori a segnalare eventuali incidenti mentre si verificano».
Capito? In Italia, quando (raramente) ci accorgiamo dei cori razzisti, si prende l’ormai consueta decisione di chiudere le curve. Una sorta di provvedimento civetta che non risolve niente.
Alla partita successiva, i cori razzisti stanno sempre lì. L’Arsenal, invece, quando viene a conoscenza anche di un solo tifoso che si comporta in maniera sbagliata su questo tema, lo individua e gli inbisce la presenza allo stadio.
In questo modo: a) non vengono punite anche le persone che con il razzismo hanno ben poco a che fare; b) si mettono in atto dei provvedimenti che riguardano i singoli individui e che, pertanto, sono percepiti come più credibili ed efficaci.
L’Arsenal, oltre ad aver dato una lezione di calcio al Napoli, ieri sera ha dato anche una lezione all’Italia intera su come si dovrebbe affrontare in maniera intelligente il problema (grave) del razzismo negli stadi.

(da agenzie)

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