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LEGA, LA RETE SEGRETA DEI COMMERCIALISTI: DA BERGAMO AGLI EMIRATI, UNA GIRANDOLA DI SOCIETA’ CREATE DOPO LE INDAGINI DELLA MAGISTRATURA

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

ATTIVITA’ FRENETICA DI PROFESSIONISTI E SOCIETA’ ALLA FINE DEL 2018, QUANDO LA GDF INIZIA A INDAGARE SUI 49 MILIONI DI FONDI PUBBLICI

Commercialisti citati nei Panama Papers, colletti bianchi legati a riciclatori argentini, società  che in pochi mesi cambiano nome e proprietari: prima vengono schermate dietro fiduciarie, poi tornano alla casella di partenza.
E ancora aziende che fanno shopping creando clamore nella tranquilla provincia lombarda.
Persone e operazioni legate tra loro e che cominciano ad avere un’attività  più frenetica alla fine del 2018, quando la Guardia di Finanza inizia a indagare sulla Lega di Matteo Salvini e sui 49 milioni di fondi pubblici oggetto di una truffa ai danni dello Stato.
Eccola qui la rete segreta dei professionisti del Carroccio.
Un intreccio di nomi e società  che si muove ai confini del partito del ministro dell’Interno e che ilfattoquotidiano.it è in grado di ricostruire. Con un’avvertenza: mentre scriviamo, manager e aziende continuano a cambiare. Ma andiamo con ordine.
Bergamo, la cassaforte della Lega
C’è una città  che è diventata la capitale economica della Lega. Non è la Milano del segretario e neanche la Varese delle origini: è Bergamo. È qui, in un palazzone al civico 24 di via Angelo Maj, cinque minuti a piedi dalla stazione, che Salvini ha trasferito la cassaforte del partito.
L’idea, per la verità , non è del segretario ma del tesoriere, Giulio Centemero. Commercialista e revisore contabile, nato a Milano nel 1979 ma cresciuto ad Arcore, è cugino di Elena Centemero, ex deputata di Forza Italia.
Nonostante le parentele berlusconiane, Centemero si iscrive alla Lega a 16 anni: vent’anni dopo, nel settembre del 2014, Salvini gli affida la cassa del partito. È uno dei momenti più bui della Lega: a bilancio sono rimasti 17 milioni, mentre solo due anni prima erano più di 40.
“Al mio arrivo i costi di gestione del partito erano molto elevati e all’esito dell’attività  di ristrutturazione sono stati ridotti di oltre il 70 percento”, ha detto lui stesso a un giornale locale qualche tempo fa. Ilfattoquotidiano.it ha già  raccontato quali fossero quei costi di gestione.
La cacciata dei dipendenti. Quasi tutti
L’attività  di ristrutturazione di Centemero colpisce soprattutto i dipendenti storici del Carroccio: tra il 2015 e il 2017 vanno via in 70, alcuni con un accordo (in cambio di 10 mensilità , s’impegnano a non fare causa), altri in mobilità .
“Sembrava che il partito dovesse chiudere. Solo ora rifletto sul fatto che a essere messi alla porta furono soprattutto quelli che si occupavano di bilanci, gestione economica, contabilità . E lo facevano dai primi anni ’90: conosciamo tutta la storia della Lega. Non solo da contabili, ma anche e soprattutto da militanti”, racconta una ex dipendente che ha chiesto di non comparire con nome e cognome. Rimane al suo posto solo Nadia Dagrada, storica responsabile della sede di via Bellerio.
Citata nell’inchiesta su Bossi e Belsito, è la donna che aveva parlato di “soldi in nero” finiti nelle casse ufficiali della Lega. Alla fine del processo per truffa al senatùr, la procura di Genova aveva chiesto alla   corte d’indagare su Dagrada per falsa testimonianza.
Secondo la pm Paola Calleri l’ex segretaria di Bossi aveva “un potere di ricatto sul partito e la prova del suo potere stava nel fatto che fosse ancora dentro la Lega”.
Dagrada è stata risparmiata dall’attività  di “ristrutturazione” di Centemero. Che mentre si liberava dei dipendenti, ha trasferito a Bergamo — la città  dove si è laureato — il cuore economico del partito.
La rete dei professionisti della Lega
La prima a traslocare nella città  orobica è la vecchia Pontida-Fin, storica cassaforte della Lega, proprietaria del palazzo di via Bellerio (dove ha sempre avuto sede sociale) e del pratone di Pontida. La nuova sede della Pontida Fin è proprio in via Angelo Maj, 24.
Il palazzone visitato dai finanzieri nel dicembre scorso ospita la società  dei commercialisti alla quale Centemero ha affidato la gestione dei conti del partito: si chiama, anzi si chiamava, Dea Consulting e appartiene ad Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni.
Coetanei del tesoriere della Lega, grazie a Centemero salgono ai piani alti del Carroccio. Manzoni è oggi revisore dei gruppi parlamentari alla Camera, mentre Di Rubba ha lo stesso incarico ma al Senato. Dal gennaio scorso, poi, Di Rubba è ottenuto la presidenza della Sin spa una società  del ministero dell’Agricoltura guidato dal leghista Gian Marco Centinaio.
La vicinanza dei due commercialisti a Centemero e quindi al Carroccio è sancita anche da un paio di altre società : c’è la Dea spa, che fa da cassaforte di famiglia dei Di Rubba e in cui Centemero ha un incarico.
E poi c’è la Di Rubba e Manzoni srl in cui una piccola quota è direttamente in mano allo stesso tesoriere e a Stefano Borghesi, senatore eletto dalla Lega a Brescia.
Prima di entrare nelle grazie di Salvini, invece, i due bergamaschi acquistano la Dea Consulting: è il 2013 quando rilevano la società  da Laura Balduzzi, sorella di Giorgio Balduzzi. È un altro manager importante, sul quale si è focalizzato più volte il settimanale l’Espresso, e che ricorre spesso negli affari legati in un modo o nell’altro al mondo della Lega.
C’è l’indagine: la girandola di cambi di nome
Il nome della società  è da tenere a mente: Dea Consulting, infatti, è diventata nota nei mesi scorsi perchè la Guardia di finanza è andata a perquisirla, nell’ambito dell’indagine per finanziamento illecito sull’associazione Più Voci, che aveva ricevuto 250mila euro dall’imprenditore Luca Parnasi, per il quale è stato di recente chiesto il processo.
Sarà  anche per questo, per la pressione delle indagini e dei giornali, che Di Rubba ha modificato il nome di Dea Consulting.
Dal 4 febbraio scorso si chiama Partecipazioni srl e al suo interno ha assorbito altre due società : Studio Cld, società  di consulenza, e soprattutto la Taaac, una società  di cui Di Rubba è amministratore unico dal 20 novembre del 2018.
Prima di quella data l’ad era Vanessa Servalli, proprietaria di una bar a Clusone, in provincia di Bergamo. La Taaac si occupa di “sviluppo di progetti immobiliari senza costruzione”. Ha il suo recapito in via delle Stelline 1 a Milano, dove c’è la sede fantasma della nuova Lega per Salvini premier, la versione sovranista del Carroccio, creata materialmente da Di Rubba e Manzoni, che ne hanno depositato il simbolo.
La società  schermata ora è del commercialista della Lega
Quando i giornalisti del fattoquotidiano.it Luigi Franco e Thomas Mackinson vanno in via delle Stelline a caccia della sede del nuovo partito, scoprono che a quell’indirizzo figura anche la sede della Taaac: che però in quel momento è una società  con proprietari fantasma.
È infatti schermata dietro la San Giorgio Fiduciaria di Giorgio Balduzzi. Impossibile in quel momento sapere a chi appartiene.
Centemero aveva assicurato al Fatto che con la Lega quella srl non aveva alcun legame. Otto mesi dopo il commercialista della Carroccio la incorpora nella sua società : apparteneva a lui dunque? E perchè era schermata? Ma soprattutto: a cosa è servita nel frattempo?
La Taaac è nata l’8 agosto del 2017 e da allora — a vedere l’unico bilancio fin qui presentato alla fine di quell’anno — ha totalizzato ricavi per soli due euro e perdite per 1.185. Ha anche acquistato un immobile a Desenzano del Garda da 310mila euro, con 200mila euro di mutuo acceso alla Ubi banca, un istituto bancario dove lo stesso Di Rubba ha lavorato.
Quel rogito è stato firmato dal notaio Alberto Maria Ciambella. Lo stesso che   — secondo l’Espresso — ha registrato sette società  domiciliate negli uffici della Dea Consulting, sulle quali si sono concentrate le indagini della finanza.
Fiduciarie e società  schermo
La storia di quelle sette società  è curiosa. Vengono tutte create tra il 2014 e il 2016, quando cioè Salvini ha già  scalato il partito, a cadenza trimestrale e con identico capitale sociale da 10mila euro. Hanno nomi che non dicono nulla: Biotetto srl, Alchimia, Sasso, Ma.Se. Areapergolesi e Growth and challenge srl Srl.
Della penultima l’amministratore è Manzoni, della Growth (che è inattiva) è invece Centemero.
Hanno tutte sede a Bergamo nella solita via Angelo Maj, 24. Gli investigatori sospettano che quelle sette società  siano state utilizzate in passato per nascondere una parte del denaro riconducibile alla Lega.
A chi appartengono quelle società ? Alla Seven Fiduciaria, che però nel 2015 — e quindi dopo la creazione delle sette società  — viene ceduta alla Sevenbit del finanziere Angelo Lazzari, recentemente indagato per truffa e autoriciclaggio.
Di chi è la Sevenbit? Della lussemburghese Ivad. È dunque impossibile sapere da dove provengono i soldi. Presidente della Seven Fiduciaria è un altro stimato commercialista bergamasco: si chiama Andrea Onorato Cattaneo ed è genero di Gianpaolo Bellavita, ex assessore provinciale di Forza Italia. Condannato a 10 anni e mezzo per truffa aggravata, associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita, Bellavita è attualmente latitante in Romania.
Su di lui pendeva una richiesta di estradizione rigettata dalle autorità : l’ex assessore era stato individuato mentre utilizzava un documento irregolare. Fermato a Oradea era stato rimesso in libertà  perchè la corte d’appello rumena voleva processarlo per quel reato commesso in Romania, prima di restituirlo all’Italia.
L’universo Wic e quel filo che porta agli Emirati Arabi
Prima che Cattaneo diventasse presidente della Seven Fiduciaria, e che quest’ultima venisse ceduta a Lazzari, il procuratore speciale era Giorgio Balduzzi. Un professionista di cui Di Rubba e Manzoni evidentemente si fidano. È il fratello di Laura, la donna che ha ceduto ai commercialisti del Carroccio lo studio Dea Consulting. Ma è anche il titolare della San Giorgio Fiduciaria cioè lo schermo usato per
rendere anonimi i proprietari della Taaac, poi finita in mano a Di Rubba.
Sono sempre gli stessi nomi, le stesse sigle, le stesse pedine tutte collegate tra loro e quindi legate ai commercialisti di Salvini.
Un complicato schema che si ripropone di continuo e al quale si aggiungono nuovi passaggi, volti e nomi. Balduzzi è presidente della Wic private equity spa: è una società  che raccoglie investimenti per piccole e medie imprese. La maggioranza delle azioni è in mano alla sua San Giorgio Fiduciaria. Di Wic ne esistono parecchie, tutte collegate tra loro: Wic Engineering è socia di minoranza della società  principale, e appartiene a sua volta a un’altra Wic, l’Automotive.
È seguendo questa traccia che si arriva nel Golfo Persico: Wic Automotive è controllata dalla Ras Alaistisharat Dwc — Llc, cioè una società  degli Emirati Arabi. Anche qui: impossibile sapere da dove vengono i soldi.
Anche il presidente della Wic automotive è un commercialista attivo a Bergamo, l’ennesimo: si chiama Aldo Ventola ed è di origine lucana. Digitando il suo nome negli archivi di Panama Papers si scopre che fino al 2014 è stato presidente e amministratore di due società  ammesse a beneficiare del cosiddetto regime offshore di Malta: si chiamano Callex limited ed Hecate limited.
L’avvocato argentino e i soldi sulla ruta K
Nel suo studio di via Masone 5 a Bergamo, Ventola ospita la sede sociale di quasi tutte le società  del gruppo Wic (tranne la spa di Balduzzi, la più grande).
Allo stesso indirizzo ha il suo recapito anche l’avvocato italo argentino Nestor Marcelo Ramos. Si tratta di un uomo d’affari che vive e lavora in Svizzera: nel 2017, però, Buenos Aires invia per lui una richiesta d’estradizione. Ramos è accusato di aver riciclato circa 30 milioni di dollari per Là¡zaro Bà¡ez, un imprenditore legato a Nestor e Cristina Kirchner, gli ex presidenti dell’Argentina.
L’inchiesta di Buenos Aires era stata ribattezzata “la ruta del dinero K”, con sospetti che si erano allungati anche sugli inquilini della Casa Rosata.
È per questo motivo che nel 2017 i giornalisti del Clarin vanno direttamente in Svizzera, nella sede della società  di Ramos, la Helvetic service group: le foto dimostrano che quell’ufficio di Lugano è anche il recapito svizzero del dottor Aldo Ventola. Evidentemente molto legato al finanziere che Buenos Aires voleva estradare.
Shopping in provincia
Recentemente il commercialista originario della Basilicata ha fatto parlare di sè nella provincia bergamasca. Tra i suoi svariati incarichi, c’è anche la presidenza di una società  quasi omonima della ricca Wic private equity di Balduzzi: si chiama allo stesso modo ma è una srl. È una società  molto più povera della gemella di Balduzzi, con un capitale sociale minimo: 10mila euro.
A febbraio, però, ha acquistato per quasi 800mila euro le storiche Fonti di Gaverina a Casarsa. Un acquisto che in provincia ha fatto rumore.
Meno scalpore ha fatto l’acquisto di alcuni colossi della stampa da parte di Marzio Carrara, titolare della Cpz. Ha comprato dai tedeschi tre aziende note in tutta Europa: Il Nuovo istituto italiano di arti grafiche, Eurogravure e il gruppo Lediberg, leader nella produzione di agende.
Un’operazione molto ricca e in cui un ruolo importante — sempre secondo l’Espresso — ha avuto anche Di Rubba. Che infatti è stato fino al maggio del 2018 consigliere d’amministrazione di tutte le tre aziende tipografiche. Poi ha ceduto tutto a Carrara, che è diventato praticamente il primo stampatore d’Italia. E anche quello della Lega: dai suoi stabilimenti escono manifesti e brochure elettorali del partito di Salvini.
Il 2018 per Di Rubba è un periodo di dimissioni: oltre agli incarichi e le participazioni nelle società  grafiche, ha lasciato anche la Energy trade, una società  bolognese che si occupa di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi.
Quello che Di Rubba non abbandona è la Non solo auto, società  di noleggio mezzi da 500mila euro di fatturato l’anno, di cui possiede il 70%. Fino a 6 mesi fa l’ad era Vanessa Servalli, la stessa della Taaac. A novembre però il nuovo amministratore è suo marito: Luca Di Rubba, cugino di Alberto.
Il risiko di società  e professionisti della Lega non si ferma mai.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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CHE FARSA INDEGNA: SALVINI E DI MAIO SI EVITANO AL CONSIGLIO DEI MINISTRI, SE C’E’ UNO, NON C’E’ L’ALTRO

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

SEPARATI IN CASA, SALVINI ESCE A RIUNIONE IN CORSO, DI MAIO ENTRA SOLO QUANDO IL LEGHISTA SE N’E’ ANDATO…E OGNUNO RACCONTA UNA VERSIONE OPPOSTA

Separati in casa. O meglio: se c’è uno, non c’è altro. Al consiglio dei ministri che doveva approvare il decreto Crescita va in onda una scena surreale.
La riunione di governo doveva essere l’occasione del primo faccia a faccia tra i leader di Lega e M5s al culmine di uno scontro lungo due settimane.
E invece alle 19 (col Cdm rinviato di un’ora) c’è solo Matteo Salvini, con tutti gli altri ministri leghisti. Per i grillini, invece, vanno solo in tre: Barbara Lezzi, Alberto Bonisoli ed Elisabetta Trenta. Grande assente Luigi Di Maio.
Almeno in un primo momento. Impegnato nella registrazione di Di Martedì, il leader del M5s si è recato al Cdm solo dopo le 21. Quando Salvini era già  andato via.
Una staffetta tra vicepremier che porta allo scoperto i due principali fronti di scontro degli ultimi giorni: il Salva Roma, cioè il provvedimento che taglia il debito della Capitale; e soprattutto il sottosegretario Siri, indagato per corruzione.
Ma andiamo con ordine.
Uscendo da Palazzo Chigi, Salvini blinda di nuovo il suo uomo finito sotto inchiesta,   poi prende le distanze anche da Paolo Arata, socio di Vito Nicastri e responsabile del programma della Lega per l’ambiente: “È venuto una volta ad un convegno — sostiene il ministro dell’Interno — come docente ed esperto in energia. Se ha sbagliato, questo signore suddetto pagherà ”.
E sul contratto di governo, dove secondo i 5 stelle proprio la Lega avrebbe insistito per inserire il “punto sul biometano” (altro favore ad Arata e Nicastri), il titolare del Viminale dice: “Ai 5 stelle ho poco da rispondere, non abbiamo visto una lira.”
Non passa neanche mezz’ora che a piazza Colonna arriva Luigi Di Maio, direttamente dagli studi di La 7. “Qui nessuno sta aprendo una crisi di governo perchè io credo che questo Governo debba ancora fare tante cose. Però sulla vicenda in questione io non posso accettare che una persona in quella indagine con questi dubbi resti lì come sottosegretario”, dice il ministro dello Sviluppo Economico.
Che torna a chiedere il passo indietro del sottosegretario leghista: “Un sottosegretario ai Trasporti che presenta una proposta sull’eolico… non c’entra nulla. Quindi c’è il sospetto politico che questa persona possa aver agito per se stessa, nel suo interesse personale e non generale. Io non dico che qualcuno non può sbagliare ma io De Vito l’ho espulso dopo 30 secondi e noi invece è una settimana che stiamo aspettando che Salvini metta Siri da parte così continuiamo a lavorare”.
E se non fosse chiaro il concetto, il leader del M5s ripete: “Ci sono altri sottosegretari e viceministri leghisti indagati, ma qui stiamo parlando di un caso di membro del governo coinvolto in un’indagine per corruzione che parla di mazzette e in odore di mafia. Quando si parla di queste cose qui, il M5s ha dovere ricordare che se vuoi essere il Governo del cambiamento, Armando Siri che sicuramente sarà  giudicato innocente, mentre si difende deve stare lontano dalle istituzioni del Governo”.
Per Di Maio “questo è un caso in cui è necessario dare un segnale politico ed etico agli agli italiani. Glielo auguro di essere giudicato innocente, ma finchè non è questo si metta in panchina”

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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SUL BLOG DELLE STELLE REQUISITORIA M5S CONTRO ARMANDO SIRI

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

QUATTRO DOMANDE ALLA LEGA SUL SOTTOSEGRETARIO

“La politica deve dare il buon esempio. Nessuno può nascondersi dietro la presunzione di innocenza di fronte all’ipotesi di un reato di corruzione. Non può farlo, a maggior ragione, quando nella stessa inchiesta emergono legami con la mafia”.
Parte da questi presupposti quella che potrebbe essere definita una requisitoria del Movimento 5 stelle contro Armando Siri, il sottosegretario leghista indagato per corruzione.
I pentastellati nei giorni scorsi hanno chiesto a gran voce le sue dimissioni, che non sono arrivate. Sulla vicenda, però, non arretrano. Sul blog di riferimento del Movimento 5 stelle chiedono “un chiarimento necessario e non più rimandabile” e indirizzano quattro interrogativi alla Lega.
“Quali sono i reali rapporti tra Siri, la Lega e Paolo Arata (l’ex parlamentare di Forza Italia, adesso responsabile del programma della Lega per l’ambiente che, secondo l’accusa, sarebbe vicino a Vito Nicastri, imprenditore indicato dai magistrati come “finanziatore” della latitanza del boss Matteo Messina Denaro)?”, è la prima domanda che si legge nel post intitolato – per l’appunto – “Quattro domande alla Lega sul caso Siri”.
Nel secondo quesito si entra ancora di più nel merito della vicenda: “Perchè il sottosegretario Siri ha presentato più volte delle proposte, sempre bloccate e rispedite al mittente dal MoVimento 5 Stelle, per incentivare l’eolico (materie oggetto di interesse proprio di Paolo Arata)? Per quale fine?”
Il sottosegretario, nel rendere conto della vicenda giudiziaria che lo riguarda, ha dato versioni diverse. A questo proposito i 5 stelle chiedono: “Perchè Siri si è contraddetto, cambiando versione più volte? Segue l’elenco delle varie dichiarazioni del sottosegretario leghista: “(quando è uscita la notizia dell’indagine per corruzione ha detto: “Non mi sono mai occupato di eolico in vita mia”. Poi ha ammesso di aver presentato una proposta di modifica alla legge sugli incentivi: “Me l’ha chiesto una filiera di piccoli produttori”. Infine, al Corriere, ha dichiarato: “Arata mi ha fatto una testa così e gli ho detto ‘va bene, mandamelo’)?.
Nell’ultima domanda il Movimento 5 stelle chiama in causa anche il sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio: “Il figlio di Arata è stato assunto da Giorgetti presso il Dipartimento programmazione economica. Giorgetti sapeva che era figlio di Arata e dei rapporti del padre con Nicastri?”, si legge ancora nel post.

(da agenzie)

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“SIRI SPINSE PER INSERIRE IL BIOMETANO NEL CONTRATTO”

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

E “ARATA-NICASTRI AVEVANO GIA’ PRONTA UNA SOCIETA’ AD HOC”

Non solo la lobby del vento.
Fu la Lega a spingere per inserire il “punto sul biometano” nel contratto di governo. “Lo ricordiamo perfettamente, erano Siri e Centinaio a proporlo con insistenza”.
La precisazione arriva da fonti del M5s ascoltate dall’Adnkronos: il motivo è l’articolo di Repubblica che racconta gli interessi di Paolo Arata proprio per il biometano.
Secondo gli elementi raccolti dalla Dia di Trapani, tra cui alcune intercettazioni, il consigliere per l’energia di Matteo Salvini, indagato con l’accusa di aver corrotto il sottosegretario leghista Armando Siri per inserire un emendamento sull’eolico, aveva già  pronta una società  ad hoc insieme al suo socio Vito Nicastri, la Solgesta srl, per lucrare anche in questo settore.
Perciò, sostiene il quotidiano, Arata è riuscito a condizionare la stesura del contratto di governo, ottenendo proprio l’inserimento di un passaggio sul biometano.
“Abbiamo letto anche noi oggi con stupore l’articolo di Repubblica“, riferiscono le fonti M5s. Che forniscono un particolare: stando al loro ricordo, sarebbe stato proprio Siri, indagato per corruzione per una ipotizzata tangente di 30mila euro promessa o consegnata da Arata, a volere quel passaggio nel contratto insieme al ministro Gian Marco Centinaio. “
Noi accettammo — proseguono le stesse fonti ascoltate dall’Adnkronos — perchè in piccoli impianti e ben canalizzati può andare, ma non sappiamo quali fossero i loro reali fini”.
Nel contratto di governo gialloverde si legge: ” Verranno inoltre valutate sperimentazioni sul ciclo vita di impianti a biometano valutando i costi, l’inquinamento e i prodotti reflui”.
“Ho chiesto di inserirlo in quel contratto perchè credo che, con il biogas, rappresentino le due forme energetiche del futuro” replica il ministro dell’Agricoltura, promettendo querele. “Quel che dicono è molto grave — dice — già  ho mandato le dichiarazioni al mio avvocato per chiedere se sussistono le condizioni per sporgere una querela contro ignoti 5 stelle”.
Secondo Repubblica, le intercettazioni della Dia di Trapani raccontano di “un suggerimento” di Arata. L’ex parlamentare di Fi, poi diventato guru dell’energia per Lega, scrisse il programma elettorale per Salvini premier in vista delle politiche dello scorso anno.
Già  allora, come ricostruisce il quotidiano, accanto alla spinta per l’eolico c’era anche quella per il biometano: “Oggi, con il biometano ottenuto ecologicamente dalla fermentazione della parte umida dei rifiuti, siamo in grado di produrre energia pulita per alimentare la rete di trasporto pubblico locale”, si leggeva nel programma del Carroccio.
“Piccolo è bello”, era il mantra di Arata durante la campagna elettorale. Quindi il mini-eolico e le piccole centrali di biometano: “Questo modello è già  una realtà  consolidata negli altri Paesi avanzati d’Europa e del mondo, dove infatti il costo della bolletta è nettamente inferiore al nostro”, diceva. Il consigliere della Lega puntava infine sul fotovoltaico, il terzo settore finito nel suo mirino e in quello di Nicastri, l’uomo accusato di essere uno dei finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro
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(da “il Fatto Quotidiano”)

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“SEGRETO DI STATO” SULLA TESI DI LAUREA DEL GOVERNATORE SOLINAS, IL “TROTA SARDO”

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

DOPO I DUBBI SULLA SUA LAUREA, SOLINAS NEGA L’ACCESSO AGLI ATTI

Il “Trota sardo” colpisce ancora: la sua tesi di laurea è un “segreto di Stato”.
Sul Fatto abbiamo raccontato il rapporto controverso del neoeletto governatore Christian Solinas con l’università : un titolo di studio farlocco (secondo il ministero dell’Istruzione) e poi una recente laurea in giurisprudenza grazie a esami verbalizzati con 10 anni di ritardo.
Ora c’è anche una tesi che nessuno può leggere.
Il presidente della Sardegna infatti “non ha prestato il proprio consenso alla pubblicazione”, come si legge nella risposta dell’università  di Sassari alla richiesta di accesso agli atti presentata dal Fatto.
La motivazione è esposta con lessico e creatività  da azzeccagarbugli: “Esistono giurisprudenza e dottrina che assimilano la tesi di laurea alle opere di ingegno creativo”, spiegano gli avvocati del governatore eletto con il centrodestra il 24 febbraio.
La pregiata trattazione “non può essere consultata nè utilizzata da eventuali soggetti interessati senza il consenso del laureato”.
La saga dell’universitario Solinas è quasi un genere letterario.
Sugli anni di ombre, accuse e documenti cancellati dal web il leader del Partito Sardo d’Azione (eletto anche in Senato con la Lega) non ha mai spiegato nulla. Le ultime parole il 18 febbraio in un comizio: “Lo dico una volta per tutte: mi sono laureato in giurisprudenza a Cagliari”.
Giusta la materia, sbagliato l’ateneo: l’università  è quella di Sassari, dove il governatore in pectore aveva discusso la tesi il 12 dicembre 2018.
Nel percorso di studi però ci sono diverse stranezze: sul libretto universitario di Solinas risultano quattro esami sostenuti il 2 aprile 2008 e verbalizzati solo 10 anni dopo, il 30 novembre 2018, malgrado secondo il regolamento d’ateneo “la firma del verbale deve avvenire (…) entro 15 giorni dalla data di fine appello”. E poi altre due prove sostenute tra il febbraio e l’aprile 2017 quando Solinas non aveva ancora pagato le tasse per regolarizzare la sua iscrizione e quindi non avrebbe neanche potuto sedersi di fronte al professore.
Dopo l’articolo del Fatto, l’università  si era limitata a comunicare che “tutti gli atti di carriera dello studente sono regolari” senza rispondere nel merito.
Ora l’ateneo nega l’accesso alla tesi, e per farlo cita una ricca giurisprudenza: le sentenze di due Tar, Lazio e Puglia, e un pronunciamento del Garante della privacy.
Ma l’epopea del Trota sardo era iniziata molto prima.
Sul sito del Psd’az nel 2011 Solinas figurava come “laureato in sociologia”. Ma l’unico titolo di cui era accreditato era un non meglio specificato “diploma d’eccellenza” consegnatogli con onori e foto di rito il 17 maggio 2006 al centro culturale dell’esercito romeno a Bucarest dalla “Università  Leibnitz di Milano”.
Carta straccia perchè rilasciata da “un’istituzione non ufficiale e non afferente ad alcun sistema nazionale di formazione superiore”, come confermato dal Miur. Eppure pochi giorni dopo, l’8 giugno, in calce al “Bando di concorso per l’attribuzione di borse di studio e di posti alloggio” per l’anno accademico 2006/2007 emesso dall’Ente regionale di cui era presidente, il sardista si firmava così:
“Dott. Christian Solinas”. Dottore.
Foto e documenti sono stati rimossi dal web, ma alla fine il sudato pezzo di carta è arrivato il 12 dicembre, 18 giorni dopo l’annuncio della candidatura in Regione.
Ora l’università  si dichiara disponibile a “consentire l’accesso a tutti i propri atti come il Decreto di nomina della Commissione di Laurea, e il verbale finale della stessa Commissione”.
Il 21 febbraio tuttavia, a tre giorni dal voto, alla richiesta di chiarimenti l’ateneo opponeva “questioni di privacy” e prometteva: “Potrete parlare appena possibile con il responsabile dell’area didattica”. Colloquio che, ovviamente, non è mai avvenuto. D’altronde, si legge ancora nella risposta, Solinas “non ha prestato il proprio assenso alla pubblicazione della propria tesi” neanche “in sede di presentazione della domanda di laurea”.
Insomma, il dottore l’aveva messo subito in chiaro: questa tesi non s’ha da vedere.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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CASSAZIONE: “SE NEL LORO PAESE NON SONO PROTETTI, L’ITALIA DEVE ACCOGLIERE I MIGRANTI GAY”

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

ACCOLTO IL RICORSO DI UN CITTADINO DELLA COSTA D’AVORIO, MINACCIATO DAI PARENTI

Prima di negare lo status di rifugiati ai migranti che dichiarano di essere omosessuali e di rischiare la vita se rimpatriati a causa del loro orientamento sessuale, si deve accertare se nei Paesi d’origine non solo non ci siano leggi discriminatorie ma anche verificare che le autorità  del luogo apprestino “adeguata tutela” per i gay, ad esempio se colpiti da “persecuzioni” di tipo familiare.
Lo sottolinea la Cassazione che ha accolto il ricorso di un cittadino gay della Costa d’Avorio, minacciato dai parenti.
La Commissione territoriale di Crotone, non aveva concesso lo status di rifugiato sottolineando che “in Costa d’Avorio al contrario di altri stati africani, l’omosessualità  non è considerata un reato, nè lo Stato presenta una condizione di conflitto armato o violenza diffusa”.
Per gli ‘ermellini’ questo non basta: serve accertare l’adeguata protezione statale per minacce provenienti da soggetti privati.
Bakayoko Aboubakar S. aveva infatti raccontato che era di religione musulmana, coniugato con due figli, e diventato oggetto “di disprezzo e accuse da parte di sua moglie e di suo padre” che era imam del villaggio, “dopo aver intrattenuto una relazione omosessuale”. Aveva deciso di fuggire quando il suo partner era stato “ucciso in circostanze non note, a suo dire ad opera di suo padre”, l’imam.
Per la Cassazione “non è conforme a diritto” aver negato la protezione a Bakayoko senza accertare se nel suo Paese sarebbe tutelato dalle minacce dei parenti. Il caso si riapre.

(da agenzie)

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RAZZISMO IN REPUBBLICA CECA: AGGRESSIONE AL PRIMO DEPUTATO DI COLORE DELLA STORIA DEL PAESE

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

DOMINIK FERI E’ UN ESPONENTE DEL PARTITO LIBERALE-CONSERVATORE E HA RACCOLTO 15.000 PREFERENZE A PRAGA

La notizia è stata battuta dall’agenzia stampa CTK . Il politico, il primo parlamentare nero nella storia della Repubblica Ceca, è stato attaccato durante una degustazione di vini a Borsice, nella regione della Moravia. Le autorità  hanno aperto un fascicolo sull’accaduto, come ha confermato il portavoce della polizia Vladislav Malcharczik.
Nato nel 1996, ha radici etiopi e si è candidato nel 2017 per il partito liberal-conservatore TOP 09.
Ha scritto su Twitter di essere stato attaccato da due uomini, mostrando nella foto un taglio sulla schiena, la camicia strappata e insanguinata. Uno dei testimoni riferisce che un assalitore avrebbe urlato “i negri non hanno posto in politica”, lui stesso ha confermato la versione.
Feri, il più giovane parlamentare di sempre in Repubblica Ceca, era uscito dalla cantina per fumare una sigaretta. Lo stesso deputato ha pubblicato le foto dei sospetti aggressori su Twitter. “Fortunatamente sono intervenuti i miei amici, entrambi sono stati placati e poi è arrivata la polizia”.
Il giornale Die Welt lo ha definito una delle speranze dei giovani elettori pro-europei e Politico lo ha incluso nella lista dei 28 politici che stanno contribuendo a definire il futuro dell’Europa.
Nella sola Praga ha raccolto più di 15mila voti di preferenza, soprattutto da parte di giovani. Su Instagram è conosciuto come _choco_afro_ e ha più di 100mila follower.
Nel Paese dell’est europeo, il numero di immigrati afroamericani è minimo. Nel 2017 il numero di immigrati è stato di 4.9 per 1000 abitanti, tra i più bassi del continente: il 6.8% del totale della popolazione. Ma la maggior parte di loro viene da Ucraina, Slovacchia, Vietnam, Russia, Germania (Eurostat).
La questione, ha detto Feri a Politico, è che si ha a che fare con “scherno costante e minacce da parte di alcune persone. O, peggio ancora, molte persone non ti prendono nemmeno sul serio”.
Dopo l’episodio, Feri ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere per ferite non gravi. Noto per il suo umorismo, ha pubblicato una foto su Instagram che lo mostra sorridente con i denti insanguinati.

(da agenzie)

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SCONTRO TV TRA I LEADER SPAGNOLI IN VISTA DELLE ELEZIONI

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

IL SOCIALISTA SANCHEZ IN TESTA NEI SONDAGGI CON IL 30%

Il primo assalto si conclude senza danni irreparabili, ma con non poche escoriazioni.
Quattro candidati sul ring televisivo di Tve, la tv pubblica spagnola, con un grande assente, l’ultradestra di Vox, per il veto della giunta elettorale centrale, dovuto al fatto che non ha ancora rappresentanza parlamentare.
A sei giorni dalle legislative anticipate di domenica prossima, si sono affrontati per 90 minuti – come in una partita di calcio, stasera il match di ritorno sul network privato Antena3 – i quattro leader dei due blocchi di destra e sinistra.
E la migliore fotografia è di sicuro quella che dà , nel suo commento, il direttore del digitale El Diario, Ignacio Escolar: “Sà¡nchez resiste, Iglesias rimonta, Rivera rinasce, Casado perde”.
Il leader socialista e premier in carica, forte del netto vantaggio nei sondaggi (è accreditato del 30 per cento circa di consensi) bada soprattutto a non fare passi falsi e a respingere gli assalti delle due destre, che lo accusano di voler sdoganare l’indipendentismo catalano e di essere disposto a scendere a patti, se fosse necessario per formare un governo, anche con la sinistra radicale basca.
Da Pedro Sà¡nchez, mano tesa nei confronti del leader di Podemos, Pablo Iglesias, che ringrazia per l’appoggio garantito ai dieci mesi di governo socialista nato dalla mozione di censura del 1° giugno scorso all’esecutivo conservatore di Mariano Rajoy.
Iglesias, camicia con le maniche rimboccate – a differenza degli altri tre contendenti in abito scuro – si dimostra il più efficace e sicuro di sè.
Con tono pacato, è l’unico a cercare – invano – di portare al centro del dibattito i temi di politica sociale, dal diritto alla casa alle pensioni alla sanità  pubblica. Cita articoli della Costituzione non applicati, mentre gli altri si scambiano fendenti su Catalogna e grandi numeri di macroeconomia. Un discorso con il quale cerca di mobilitare il suo elettorato, presentandosi come unico garante di una vera politica di sinistra, in un momento in cui i sondaggi lo danno in difficoltà .
A Sà¡nchez chiede in due occasioni di chiarire una volta per tutte se esclude la possibilità  di un’alleanza post-elettorale dei socialisti con il centro-destra di Ciudadanos. Ma il leader socialista comprensibilmente glissa: i sondaggi indicano che è in corso un travaso di voti dalla formazione di Albert Rivera verso il Psoe, meglio l’ambiguità  che rischiare un passo falso.
La vera battaglia si svolge però a destra, tra i leader di Pp e Ciudadanos, probabili alleati nel dopo-elezioni, nel caso in cui il fronte conservatore riuscisse a prevalere con l’appoggio dell’ultradestra razzista e xenofoba di Vox.
E alla fine è Pablo Casado, numero uno dei popolari, a uscirne con le ossa rotte.
Ingessato dietro il suo sorriso permanente, spara a zero contro Sà¡nchez trincerandosi dietro dati e informazioni spesso errate (il premier ha buon gioco nell’indicarlo come il campione delle fake news). Si sforza di presentarsi come leader indiscutibile del blocco di destra (i sondaggi gli attribuiscono attualmente intorno al 20 per cento, davanti ad Albert Rivera e al numero uno di Vox, Santiago Abascal) ma risulta poco convincente.
E’ invece proprio Rivera, parecchio sopra le righe, a giocarsi le sue carte per una difficile rimonta con una strategia che, dopo gli attacchi a Sà¡nchez – poco meno che un traditore dell’unità  di Spagna — non
risparmia neppure il Pp, mettendo il dito nella piaga della corruzione e criticando la politica fiscale del governo Rajoy.
Poi, la chiusura è fallimentare. Un “minuto de oro” (come chiamano gli spagnoli l’appello agli elettori) con un leader di Ciudadanos ispirato da rasentare il ridicolo. “Lo sentite? E’ il silenzio”, dice Rivera, richiamando il silenzio “che gela il sangue” davanti allo spettacolo dei catalani che proclamano l’indipendenza. O il silenzio di una coppia che non ha i mezzi per poter avere e mantenere figli.
Sui social, si sprecano meme e battute sul silenzio di Rivera.

(da agenzie)

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I FURBETTI CHE PRENDONO IL REDDITO DI CITTADINANZA MENTRE HANNO UN’ATTIVITA’ COMMERCIALE IN NERO

Aprile 23rd, 2019 Riccardo Fucile

UN ALTRO CASO SU FB: FRUISCE DEL SUSSIDIO MA PUBBLICIZZA VENDITA APPARTAMENTI, SEGNO CHE HA UN’ATTIVITA’ IN NERO

Finalmente è arrivato il Reddito di Cittadinanza e tante persone oneste che hanno difficoltà  a far quadrare i conti avranno un aiuto da parte dello Stato.
I primi beneficiari del RdC hanno già  iniziato a ricevere la card e a veder erogati gli assegni mensili, ma come sempre il problema non sono gli onesti ma quelli che provano a fare i furbetti.
Nonostante i mille paletti del RdC — quelli ad esempio che escludono i nuclei familiari con una persona con disabilità  grave — qualcuno che fa il furbo c’è.
E lo fa con la complicità  dello Stato visto che al momento della presentazione delle domande “processate” e accolte in queste settimane si fa riferimento alla dichiarazione ISEE del 2017 e non a quella del 2018.
A breve, a partire da settembre, debutterà  l’ISEE precompilato e i database verranno aggiornati alla situazione reddituale del 2018.
Se da un lato — in caso di variazioni del reddito — questo comporterà  l’esclusione di alcuni beneficiari attuali del RdC dall’altro consente, ed in maniera perfettamente legittima, di percepire il sussidio anche se non se ne ha diritto.
La cosa naturalmente fa arrabbiare molte persone, soprattutto coloro che ritengono che il Reddito di Cittadinanza sia una forma di assistenzialismo di Stato a tutto vantaggio dei soliti furbetti, quelli che hanno auto, case e attività  commerciali intestate ad altri e che quindi dichiarano un reddito di gran lunga inferiore a quello reale.
Qualcuno per sbaglio è venuto allo scoperto direttamente sulla pagina di Inps per la famiglia.
Si tratta di una utente che ha dichiarato di aver già  ricevuto risposta positiva alla domanda per ottenere il RdC e di essere in attesa delle istruzioni per il ritiro della card e della prima erogazione degli importi. Quando sulla pagina Facebook dell’Inps si abbattè l’uragano di troll a caccia di Candy Candy Forza Napoli e delle sue orecchie da coniglio qualcuno notò quel commento e fece notare che a pochi click di distanza dal profilo della signora era possibile reperire una serie di informazioni riguardo offerte di casa vacanza in Calabria.
Successivamente, quando diversi utenti hanno pubblicato i link all’attività  della signora in questione, il post è stato rimosso e l’utente ha blindato il suo profilo Facebook, ma gli annunci sono ancora tutti lì, su pagine Facebook dedicato sulla sezione Marketplace di Facebook.
Più di qualcuno si è chiesto come mai l’Inps abbia dato il via libera all’erogazione del sussidio.
Le ragioni possono essere molte: la stagionalità  dell’occupazione non genera un reddito oltre la soglia; nella domanda si fa appunto riferimento ai redditi del 2017 oppure gli affitti non vengono regolarmente dichiarati.
Certo, rimane sempre il dubbio riguardante il fatto che la proprietà  di un immobile — ammesso che sia questo il caso — dovrebbe far aumentare la dichiarazione ISEE.
Un altro post che sta generando un certo “scandalo” è quello del video — diventato virale con oltre un migliaio di condivisioni — di un utente che durante il pranzo di Pasqua “benedice” un altarino improvvisato.
Anche qui si festeggia l’arrivo della card per il Reddito di Cittadinanza e si ringrazia Luigi Di Maio. L’uomo protagonista del video sembra voler dire che grazie al ministro del Lavoro finalmente anche lui
potrà  beneficiare del sussidio. Non è chiaro se quella messa accanto alla foto di Di Maio — che l’uomo bacia come se fosse un santino — sia una card del RdC o una normale Postepay.
In teoria le Postepay sono su circuito Visa (tranne le Postepay evolution che sono nere) mentre la card per il RdC è su circuito MasterCard, come quella del video.
Anche in questo caso il profilo pubblico del post ha consentito di recuperare “informazioni” circa l’autore del video.
Criticato non solo perchè indossa una felpa di Armani ed ha molti tatuaggi (“costano”, ripetono in coro nei commenti) ma soprattutto perchè sembra essere il titolare di un’attività  commerciale a carattere artigianale.
Siamo di fronte al solito caso di un giovane imprenditore che non riesce ad arrivare a fine mese (ma che l’anno scorso ha festeggiato il matrimonio con un viaggio di nozze a Santo Domingo) oppure è un nuovo furbetto che non dichiarando i redditi figura come “povero” nullatenente o quasi?
«Adda campa 100 ann Luigi Di Maio» scrive nei commenti un amico dell’uomo.
Poi inizia l’invasione di quelli che se la prendono con i “terroni” e che un po’ per gioco un po’ sull’onda dell’indignazione taggano l’Inps, la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate.
Dopo due giorni però il post è ancora lì, che fosse una presa in giro nei confronti di Di Maio? E del resto, cosa potrebbe fare il ministro?
In fondo per la fretta di far partire il Reddito di Cittadinanza in tempo per le elezioni europee il provvedimento è stato scritto male e l’assunzione per i famosi Navigator, che dovranno occuparsi proprio di seguire i percettori del RdC e verificare che tutto sia in regola deve ancora iniziare.
E se manca chi controlla la colpa è di Di Maio, non dei furbetti o presunti tali che sapendolo ne approfittano.
Perchè sono i cittadini e non le autorità  competenti a dover “vigilare” e scovare i furbetti? Il frutto amaro del RdC è anche questo: creare una classe di delatori che sorvegliano i beneficiari al posto di Inps, Navigator e Agenzia delle Entrate. Con buona pace di quelli che se la prendevano con Candy Candy Forza Napoli perchè non riusciva a trovare il PIN.

(da “NextQuotidiano”)

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