Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
AL NETTO DEL GIOCO MEDIATICO SALVINI NON PUO’ PERMETTERSI UNA CAMPAGNA ELETTORALE DOVE I GRILLINI POSSANO ACCUSARLO DI ESSERE AMICO DI CORROTTI E MAFIOSI
Al netto degli schiamazzi, al netto del gioco mediatico dell’unica campagna per le europee al mondo in cui non si parla d’Europa, e dell’unica campagna in cui il governo fa due parti in commedia — maggioranza, appunto, e opposizione — al netto di tutto questo, dicevamo, il copione sul caso Siri è già scritto.
E potrebbe essere titolato, senza grande fantasia, “una Diciotti rovesciata”, con la Lega costretta a bere l’amaro calice, come accadde allora per i Cinque Stelle perchè altro non si poteva fare, altrimenti sarebbe venuto giù tutto, governo o teatro che sia di questa sceneggiata.
Allora, al bivio tra perdere l’anima entrando in conflitto con i principi costitutivi e perdere il governo, Di Maio e soci scelsero di perdere l’anima consentendo a Salvini, indagato, di fuggire “dal” processo. E non inchiodandolo, a una difesa “nel” processo.
In questo caso, è Salvini al bivio.
E, di fronte alla scelta se tra difendere Siri fino alla morte (del governo), ovvero trasformando le sue dimissioni nella pistola di Sarajevo dell’era gialloverde, o difenderlo fino al minuto prima, sceglie la seconda, ovvero sparare a salve.
Sparare tanto, come è accaduto finora e come accadrà fino a lunedì, utilizzando ogni circostanza, come l’articolo della Verità in cui si sostiene che l’intercettazione che riguarda Siri non esisterebbe, ma a salve.
Senza dire, cose che parecchi, nel suo partito, vorrebbero ascoltare: signori cari, io mi fermo qui, altro che contratto e chiacchiere, perchè non potete cacciare uno dei miei, appena indagato, per rifarvi una verginità e qualche punto nei sondaggi, peraltro uno che ha chiesto di essere ascoltato dai giudici perchè non c’è nulla da nascondere. Ma non accadrà .
Il che è la conferma che, in questo governo che molto cede alla spettacolarizzazione, non c’è nulla di non negoziabile, inteso come principio di fondo in nome del quale rinunciare al tutto.
Perchè come andranno le cose, di qui a lunedì, è ormai abbastanza chiaro.
Lo spiega Luigi Di Maio, tornato allo spirito delle origini dopo la fase garantista sulla Diciotti e la fase ancor più garantista sulle inchieste che riguardano la Raggi: “Siri — dice il vicepremier — si deve dimettere da sottosegretario e se non lo fa chiederemo a nome del governo che lo faccia, anche al presidente del Consiglio, perchè noi lo abbiamo disinnescato togliendogli le deleghe, ma quella è un’indagine di corruzione che riguarda anche i fatti di mafia”.
E dunque, se dopo il colloquio guardandosi negli occhi con Conte, Siri non si dimetterà , la revoca del sottosegretario sarà proposta da Conte al consiglio dei ministri secondo la procedura prevista all’articolo 10.1 della legge 400 del 1988 e, in caso di disaccordo, messa ai voti del cdm.
Perchè i Cinque Stelle hanno bisogno dello scalpo di Siri in questa campagna elettorale basata tutta sulla contrapposizione alla Lega.
È una decisione già presa, irrinunciabile, in cui i tempi sono tutto. Perchè se lo scalpo sarà esibito la prossima settimana, Di Maio potrà rivendicarlo come un suo successo, se invece si arriverà a ridosso
della mozione di sfiducia del Pd inevitabilmente rischia di essere un successo di Zingaretti.
E a quel punto Salvini, al bivio, metterà l’episodio nel suo cahiers de dolèances in vista del dopo voto, ma non farà saltare il tavolo.
Anche se Siri rappresenta il cuore pulsante della sua Lega sovranista, l’uomo dell’incontro con Bannon, l’ideologo della flat tax, insomma un simbolo del nuovo corso salviniano. E anche se in parecchi lo sollecitano a rompere perchè, come tutti amano ripetere “così non si va avanti”.
Più di una fonte degna di questo nome vicina a Salvini spiega che “non ci sarà alcun fallo di reazione” che metta in discussione il governo.
Certo, toni e modalità saranno di chi non porge l’altra guancia e l’episodio è destinato a segnare un ulteriore inasprimento dei rapporti, ma, il vicepremier leghista ha già spiegato ai suoi che non è il terreno adatto per andare fino in fondo, perchè consegnerebbe ai Cinque Stelle un tema perfetto per la campagna elettorale: “quelli dei 49 milioni”, “gli amici dei corrotti”, “quelli che sono stati 20 anni con Berlusconi”. Insomma, di tutti i terreni, è il peggiore perchè è il più favorevole all’avversario. Sia come sia, al netto delle chiacchiere, una “Diciotti rovesciata” ¸ con il Capitano, per una volta, costretto a subire, sia pur schiumante di rabbia.
Rovesciata nelle parti, ma anche nell’approccio dei Cinque Stelle, tornati ad agitare la forca per cui, alla notizia dell’indagine, hanno immediatamente chiesto le dimissioni di Siri a favor di telecamera, senza leggere un solo atto e senza un solo approfondimento.
Plastico esempio di una doppia morale o di un doppio standard, per cui nessuno sollevò problemi di etica pubblica quando Siri entrò al governo, pur avendo patteggiato una condanna a un anno e otto mesi per bancarotta, anzi di quel governo è diventato uno degli uomini chiave.
Per non parlare, per carità di patria, delle indagini sulla Raggi, rimasta al suo posto quando fu indagata per abuso, imputata per falso e poi assolta.
E adesso indagata sempre per abuso di ufficio, nell’ambito dell’inchiesta sulla costruzione dello stadio della Roma a Tor di Valle.
E invece la moralità pubblica è a la carte, come il goffo recupero dell’antifascismo il 25 aprile, dopo aver votato i provvedimenti della più grande svolta reazionaria degli ultimi decenni sul terreno dell’immigrazione e della sicurezza.
Ma questo è un altro discorso.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
“LA VERITA’” CITA UNA FONTE ANONIMA CHE COME TALE HA ATTENDIBILITA’ PARI A ZERO… CHISSA COME MAI UN GIORNALE LEGHISTA HA CREATO UN ASSIST ALLA LEGA
“Ci è costato 30mila euro”. L’intercettazione che inchioderebbe il sottosegretario Armando
Siri, nell’inchiesta per corruzione sull’eolico, non esisterebbe.
A sostenerlo è il quotidiano La Verità , secondo il quale la frase che nel racconto dei giornali si riferirebbe al compenso dell’esponente della Lega per il suo presunto tentativo di modifica di provvedimenti legislativi, attraverso emendamenti, per accontentare l’imprenditore Paolo Arata, figlio di Francesco, nel settore dell’eolico non è presente negli atti.
Il giornale diretto da Maurizio Belpietro ha raccolto le parole di una fonte all’interno della Procura di Roma, che sarebbe rimasta incredula quando ha appreso dalla stampa di una dichiarazione captata dalla Dia sul sottosegretario leghista, di cui non avevano però memoria.
Un inquirente dice quindi alla Verità che “le intercettazioni sui giornali sono false. Quelle frasi non ci sono nel fascicolo”. Secondo le stessi fonti del quotidiano, “la sensazione è che fosse un modo per spingere” il lavoro dei magistrati, e che dietro gli articoli apparsi sulla stampa ci siano “spinte e controspinte”.
Il Corriere della Sera, che per primo ha dato la notizia del presunto (e tentato) scambio di soldi tra Arata e Siri, ha confermato invece quanto ha scritto una settimana fa.
E, pubblicando le immagini degli atti, cita un intero passaggio del provvedimento scritto dal pubblico ministero Mario Palazzi:
“Armando Siri è indagato del reato previsto dagli articoli 318, 321 c.p. perchè senatore della Repubblica e sottosegretario di Stato, in tale duplice qualità di pubblico ufficiale, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, asservendoli a interessi privati – tra l’altro proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia – l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare e di iniziativa governativa di rango legislativo, ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto «minieolico» – riceveva indebitamente la promessa e/o la dazione di 30.000 € da parte di Paolo Franco Arata amministratore della Etnea srl, della Alqantara Srl, dominus della Solcara srl (amministrata dal figlio Francesco Arata) e dalla Solgesta srl (amministrata dalla moglie Alessandra Rollino) imprenditore che da tali provvedimenti avrebbe tratto benefici di carattere economico»
Al tempo stesso, continua il Corriere:
I magistrati hanno formulato l’accusa dopo aver ascoltato le intercettazioni delle conversazioni tra Paolo Arata e il figlio Francesco. A destare l’attenzione è in particolare un colloquio captato in macchina durante il quale l’imprenditore spiega che cosa è stato fatto per cercare di far passare i provvedimenti e parla di un’operazione che è costata 30 mila euro, riferendosi a Siri.
Il resto lo hanno fatto le verifiche degli investigatori della Dia che hanno individuato le proposte di legge presentate da Siri e che invece sono state bloccate sia al Mise, sia in Parlamento.
La conferma è arrivata dagli interrogatori del capo di gabinetto del ministro per lo Sviluppo Economico Vito Cozzoli, della sua vice Elena Lorenzini, del sottosegretario Davide Crippa che sono stati
interrogati dal pubblico ministero e hanno confermato le «pressioni» di Siri.
(da agenzie)
argomento: Giustizia | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
“SE SIETE I NUOVI PARTIGIANI PERCHE’ NON FATE CADERE IL GOVERNO?”
Benvenuti, nuovi Partigiani: il Presidente Conte, il Vicepremier Luigi di Maio, la sindaca Raggi, e un buon numero di ministri M5s.
Sono stati con la loro presenza e parole, i veri protagonisti di questo giorno fondativo della Repubblica Italiana, il 25 aprile.
Il Presidente del Consiglio Conte, al fianco del Presidente della Repubblica, ha ricordato, in una intervista a Repubblica, che “non è il giorno in cui è prevalsa una ideologia rispetto a un’altra, una fazione politica rispetto a un’altra”, piuttosto “è la data da cui origina l’affermazione dei valori della libertà , della dignità , della democrazia, della pace”.
La sindaca Raggi, apparsa istituzionalmente impeccabile, nonostante alcune contestazioni, ha condannato con chiarezza ogni ambiguità attuale nei confronti del neofascismo ricordando in varie interviste che lei da tempo chiede la chiusura di Casa Pound.
Il Vicepremier Di Maio si è unito invece, con folta delegazione di suoi ministri, alla comunità ebraica per onorare i caduti della brigata ebraica durante la Resistenza, alla sinagoga di Via Balbo. E dopo ha raggiunto per identica celebrazione i poverelli di San Francesco alla Basilica di Assisi.
I Pentastellati guadagnano così patente piena di difensori della democrazia, contro l’onda nera che minaccia l’Italia e l’Europa.
Ok. Ho fatto il riassunto della versione ufficiale che gira intorno a questo 25 aprile. La domanda è: ci credete?
In questo caso, è impossibile non avere qualche dubbio sulla serietà di questo “improvviso” sfoggio di antifascismo. Applicando infatti ai 5S il metodo da loro portato in politica, cioè l’analisi del sangue delle intenzioni, il loro antifascismo di queste ore non regge.
Val la pena dunque ricordare qui alcuni dei passaggi attraverso cui si è costruita nei mesi scorsi la identità politica — e quale identità ! — di questo governo.
Torniamo indietro di pochi mesi, torniamo a novembre scorso, il 27 esattamente, quando, con un applauso di gioia, viene approvato
Il Decreto Sicurezza, approvato, dopo il Senato, alla Camera con 396 sì e 99 no. Approvato dunque da Lega, Cinque stelle insieme a Fratelli d’Italia e Forza Italia. E’ uno dei gioielli della corona del Salvinismo, abolisce la protezione umanitaria e chiude gli SPRAR, che è il vero colpo alla integrazione, rilasciando per altro sul territorio senza sistemazione migliaia di immigranti. Altro che maggiore Sicurezza!
L’attuale nuovo partigiano Giuseppe Conte twitta orgoglioso alle 22.18: “Il decreto sicurezza è stato definitivamente approvato alla Camera dei Deputati. Un altro pezzo del contratto di governo è stato realizzato. Abbiamo assunto precisi impegni di fronte agli italiani e continueremo a rispettarli. Proseguiamo così.”
La nuova legge è tuttavia solo un altro passo di un percorso salviniano verso la ristrutturazione di quello che si potrebbe chiamare l’habeas corpus della nostra Repubblica. Il 28 Marzo di quest’anno diventa legge anche la Legittima Difesa, con 201 sì, 38 no e 6 astenuti. E’ subito ribattezzata “Legge del turbamento”, perchè non può essere punito “chi ha agito perchè turbato dalla situazione.” Il nuovo
dispositivo introduce in Italia il principio che la difesa è sempre legittima. Si amplia così in maniera infinita il campo dell’impunità per gli omicidi in nome della difesa.
La Associazione Nazionale Magistati ( Anm) boccia il provvedimento “la nuova legge sulla legittima difesa non tutelerà i cittadini più di quanto erano già tutelati fino ad oggi. Al contrario introduce concetti che poco hanno a che fare con il diritto, prevede pericolosi automatismi e restringe gli spazi di valutazione dei magistrati, oltre a portare con sè grandi difficoltà di interpretazione: tutto ciò significa che tutti saranno meno garantiti”. Ancora oggi il provvedimento giace sul tavolo di Mattarella senza firma finale.
E’ il percorso di Matteo Salvini che stiamo raccontando. Ma non lo capiremmo se non tornassimo indietro al momento formativo della sua forza, il caso Diciotti, la nave della Guardia Costiera Italiana che raccoglie nella notte fra il 14 e il 15 agosto un barcone proveniente dalla Libia con a bordo 190 migranti, e arriva poi a Messina con 177 di questi, il 20 agosto.
I drammatici 5 giorni che seguono li ricordiamo tutti – il ministro dell’Interno non dà il permesso ai migranti di sbarcare, il braccio di ferro con l’Europa, infine lo sbarco. E poi la messa sotto inchiesta di Salvini per sequestro di persona, , arresto illegale e abuso d’ufficio.
Fu quello un momento decisivo.
Il governo poteva cadere, e il ministro rischiava dai 3 ai 15 anni di carcere. Lo scontro sui principi in quel momento si fece forte e anche chiaro. Ma gli alleati M5S lo difesero, autodenunciandosi come governo tutto, dichiarandosi partecipi delle scelte del ministro degli Interni. Il 20 marzo l’aula vota contro il processo a Salvini.
Riepiloghiamo, dunque le date: 27 novembre 2018 (decreto sicurezza), 20 marzo (no al processo a Salvini), 28 marzo (legittima difesa). Siamo lontani poche settimane, dalla approvazione di un sistema di leggi e di protezioni politiche che hanno cambiato drasticamente le base della nostra Repubblica. Diventata grazie a questi provvedimenti la casa di un governo conservatore, protervo, che ha legittimato un vero e proprio Far West sociale prima ancora che legale, colpendo al cuore ogni parità di diritto.
Il tutto con la piena, felice, e volontaria concordia fra Salvini e Di Maio, e Conte; fra Lega e Cinquestelle.
Come sono arrivate da questa concordia autoritaria alla attuale difesa alla celebrazione della Resistenza, le attuali anime belle pentastellate?
Lo sappiamo. E’ una giravolta fondata sui numeri dei poll, sulle sconfitte alle regionali e il dissanguamento dei consensi interni della famosa maggioranza del 33 per cento di solo un anno fa.
I Pentastellati hanno cominciato a perdere quota nell’elettorato generale rispetto a Salvini, e hanno malamente sbagliato anche l’applicazione della loro (forse unica) idea che doveva dargli grande peso sociale, il reddito di cittadinanza.
E con mossa tipica della politica più vecchia, si sono ricollocati prontamente là dove possono attaccare il loro vecchio alleato accusandolo di decisioni che invece hanno preso insieme. E là dove possono immaginare di trovare alleati e un nuovo bacino di voti.
Il progetto che la giravolta sulla Resistenza svela è quello molto semplice: è la speranza di prendere voti a quel Pd che è ancora in difficoltà , ancora al di sotto di ogni possibilità di reagire, in cambio della offerta alla sinistra della testa di Salvini, via crisi di governo.
Permetterà la sinistra, pur di avere la testa del Leghista questo cambio di pelle dei Cinque Stelle? Si fiderà di queste scelte fatte da una forza politica che finora ha condiviso tutto con Salvini?
Ovviamente non è in sè sbagliato cambiare opinione. Ma prima di rendersi credibili i 5 stelle devono fare vari passaggi.
Il primo è molto vicino. Lunedì il Premier Conte dovrà decidere se ritirare o meno le deleghe al sottosegretario Siri, sotto inchiesta per corruzione. Se davvero vuole provare la differenza maturata dall’alleato questa è una buona occasione: confermi il ritiro delle deleghe, e chieda le dimissioni a Matteo Salvini. Mettendo fine con un gesto di coraggio a questa farsa della rottura/non rottura, degli amici/nemici, del contratto rotto ma mantenuto in piedi.
Faccia cadere il governo, ora, subito, a elezioni europee in corso. E avvii finalmente un chiarimento per tutto il Paese, oltre che per i Cinque Stelle.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
SI CHIAMA BELA KOVACS IL DEPUTATO UNGHERESE USCENTE ACCUSATO DI SPIONAGGIO, ELETTO CON JOBBIK, SOTTO PROCESSO PER AVER PASSATO A MOSCA IN FORMAZIONI RISERVATE
Per i giornali, in Ungheria, è semplicemente KgBela. Deputato uscente del parlamento
europeo, eletto nel 2014 con i voti della formazione di estrema destra Jobbik, Bèla Kovacs lascia Strasburgo con il peso di un’accusa senza precedenti, quella di essere una spia al servizio di Putin.
Nel 2015 ha perso l’immunità su richiesta della procura di Budapest e da qualche mese sta affrontando il processo dove è accusato di aver passato informazioni riservate sull’Unione europea a Mosca.
Lui si è difeso in Tribunale sostenendo che si trattava di una normale attività di lobbing.
Un dossier pesante, che confermerebbe — se provato — quell’influenza della Russia attraverso le organizzazioni neofasciste.
In Italia KGBela è un nome molto noto in via Napoleone III numero 8, la sede abusiva di Casapound. Grazie al suo appoggio il partito di Di Stefano e Iannone ha potuto presentare il proprio simbolo alle prossime elezioni europee, senza raccogliere le firme chieste dalla legge.
Nel simbolo hanno inserito la sigla AEMN, il gruppo europeo di estrema destra fondato e presieduto per molti anni da Kovacs.
Alla fine del 2014 al parlamento europeo è giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare per Bèla Kovacs.
L’atto di accusa pubblicato nei documenti ufficiali parla di “reato di spionaggio ai danni del Parlamento europeo, della Commissione europea o del Consiglio dell’Unione europea per conto di un paese extra-Unione”.
Un reato con pene pesantissime: “Chiunque effettui attività di intelligence ai danni dell’Ungheria per conto di una potenza straniera o di un’organizzazione straniera – si legge nel documento pubblicato sul sito del parlamento europeo – è colpevole di un reato sanzionabile con una pena detentiva compresa tra i due e gli otto anni”.
I contatti tra lo sponsor di Casapound e l’intelligence russa risalirebbero, secondo le indagini, al 2010, ovvero all’inizio dell’attività politica dell’Aemn.
Secondo la ricostruzione del giornalista ungherese Andras Deszo KgBela avrebbe avuto una vita degna di una spy story novecentesca: l’eurodeputato sarebbe il figlio segreto di un soldato sovietico di stanza in Ungheria e sarebbe entrato in contatto fin dagli anni ’80 con una donna legata al Kgb in Giappone. Dal 2003 Kovacs, rientrato in Ungheria, inizia la sua vita da politico, partecipando direttamente alla creazione del movimento di estrema destra Jobbik. Sei anni dopo nasceva il partito europeo che oggi sponsorizza Casapound per le prossime elezioni.
Il partito AEMN in realtà non ha più uno status ufficiale da nove mesi. Nell’agosto dello scorso anno l’autorità del parlamento europeo che si occupa del riconoscimento dei movimenti politici lo ha radiato dall’elenco.
La stessa sorte è toccata all’APF, il partito che ha sponsorizzato la presentazione della lista di Forza Nuova per le prossime elezioni di maggio. Senza il riconoscimento degli uffici di Strasburgo le due formazioni politiche europee valgono come semplici associazioni, poco più di una bocciofila. Sono
alleanze, però, che permettono di disegnare il network nero europeo
I partiti politici europei hanno un ruolo di peso all’interno dell’architettura istituzionale dell’Unione. Previsti dall’ultimo trattato di Lisbona, svolgono un ruolo primario, partecipando anche alle consultazioni per le nomine dei membri della commissione.
Come avviene per i gruppi parlamentari — non necessariamente collegati — ricevono fondi pubblici dal parlamento. Un canale di finanziamento che ha garantito negli anni passati alle formazioni dell’estrema destra di mantenere fondazioni, uffici a Bruxelles, funzionari ben retribuiti.
Nel maggio del 2018 il regolamento del parlamento di Strasburgo è cambiato, prevedendo la presenza all’interno dei partiti europei di formazioni politiche rappresentative di almeno sette paesi membri per ottenere il riconoscimento. Dopo una verifica le due sigle legate a Casapound e Forza Nuova sono state escluse.
L’Aemn si è costituito come partito a Budapest nel 2009. I membri fondatori erano il Fronte nazionale francese, lo Jobbik ungherese, il Fronte nazionale belga, la Fiamma tricolore italiana e l’ND svedese. Successivamente aderirono anche il BNF inglese, il PNR portoghese e lo Svoboda ucraino. Bèla Kovacs è diventato presidente nel 2011.
Il partito dell’ultradestra europea ha contatti stretti anche con Fratelli d’Italia. Uno dei candidati di punta del partito di Giorgia Meloni alle prossime elezioni europee ha avuto rapporti con il gruppo guidato da Bèla Kovacs.
Luca Romagnoli, già leader della Fiamma Tricolore, oggi candidato per le prossime elezioni di maggio, è stato per diversi anni nel board dell’Aemn. Ancora oggi risulta presidente della fondazione Identitès & Traditions Europèennes collegata direttamente con il partito dell’estrema destra europeo, mentre tra gli amministratori dell’associazione vi è lo stesso Kovacs, secondo le informazioni pubblicate dalla camera di commercio belga.
Fino allo scorso anno la fondazione di Kovacs e Romagnoli condivideva lo stesso indirizzo di Charleroi con il partito europeo fondato da Giorgia Meloni, l’Alliance pour l’Europe des Nations (Aen).
(da “L’Espresso”)
argomento: elezioni | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
IL CAPOGRUPPO IN REGIONE LIGURIA DENUNCIA LA “MINACCIA TERRORISTICA” IN UNO STRISCIONE CHE INNEGGIA ALLA RESISTENZA, SALVINI RIPRENDE LA NOTIZIA FARLOCCA E LA FIGURA DI MERDA E’ COMPLETA
Nell’ansia di trovare un impossibile collegamento fra Resistenza e Brigate Rosse oggi i vertici della Lega Ligure e lo stesso vicepremier Matteo Salvini sono incappati in una clamorosa gaffe storica.
Uno striscione con scritto “Salvini attento ancora fischia il vento. Onore alla resistenza” accompagnato da una stella a cinque punte è stato appeso nel centro di Uscio.
Ma come racconta un’agenzia Ansa la stella è stata identificata come il “simbolo dei terroristi delle Br. Lo denuncia Franco Senarega, capogruppo regionale ligure della Lega Nord Liguria-Salvini”.”I democratici seminano odio – si legge in una nota del consigliere -. Non ci fate paura, ci fate solo pena. I carabinieri hanno rimosso lo striscione. Sul posto sono intervenuti anche gli investigatori della Digos che hanno avviato un’indagine per risalire ai responsabili”
Il fatto è che quella stella disegnata in uno striscione che si rifà alla Resistenza non è quella delle Br bensì quella delle Brigate Garibaldi che sono stati artefici insieme ad altri gruppi partigiani di varie ideologie, della Liberazione
Naturalmente Salvini si è fidato del suo capogruppo in regione e ha subito utilizzato lo striscione come fosse una minaccia terroristica. Sbagliando clamorosamente bersaglio
D’altra parte, se Senarega fosse stato oggi al corteo e alla celebrazione del 25 Aprile in piazza Matteotti avrebbe notato in cima alle aste delle bandiere partigiane molte stelle a cinque punte.
E non erano quelle delle Brigate Rosse.
(da agenzie)
argomento: Costume | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
L’ITALIA E’ SOLO DUE GRADINI SOPRA IL LIVELLO DI “SPAZZATURA”
Si infiamma di nuovo lo spread, che torna a toccare quota 270, un livello che non si vedeva
da febbraio. A pesare sul differenziale tra Btp e Bund il clima di incertezza politica del Paese, i nuovi avvertimenti della Bce, ma anche le attese per la pagella di Standard & Poor’s attesa per domani.
Appare comunque difficile che l’agenzia di rating decida di tagliare il giudizio sull’Italia che è attualmente due soli gradini sopra il livello ‘spazzatura’.
Il Ftse Mib ha chiuso in lieve calo oggi (-0,02% a quota 21.720 punti).
I mercati non hanno colto la sponda delle buone trimestrali delle Big Tech statunitensi e le indicazioni che continuano a pervenire dalle banche centrali. La Bank of Japan ha indicato che i tassi rimarranno ai minimi per almeno un altro anno e anche la Riksbank svedese ha allontanato nel tempo il timing del prossimo rialzo dei tassi.
Miglior performer di giornata è stato il titolo Juventus che è balzato di oltre l’8%, recuperando in parte i cali delle ultime settimane a seguito dell’eliminazione in Champions League.
Buoni rialzi peràŸ alcuni titoli bancari (+1,63% Bper e +0,55% Ubi). Buoni intanto i riscontri arrivati oggi da Ubs con utili trimestrali oltre le attese. Spicca poi il rally dei titoli del risparmio gestito in particolare Azimut (+2%) che dai minimi di dicembre ha accumulato una performance di +90%.
A spingere il titolo in Borsa nelle ultime sedute l’attesa per i conti del primo trimestre 2019, che saranno pubblicati il 9 maggio. Questo ancora di più dopo le dichiarazioni del Presidente Pietro Giuliani che ha preannunciato risultati record. In affanno invece il settore oil con Tenaris a -2,12%, -0,24% invece Eni che conferma la debolezza di ieri a seguito della diffusione dei conti trimestrali sotto le attese. Male anche Saipem (-0,7%) nonostante le commesse da complessivi 500 mln di euro arrivate da Russia e Serbia.
(da agenzie)
argomento: economia | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
SOCIALISTI, POPOLARI, PODEMOS E CIUDADANOS SI DIVIDERANNO I CONSENSI, MA LA MAGGIORANZA ASSOLUTA E’ LONTANA
La destra ha bisogno dei secessionisti catalani, per presentarsi come la salvatrice della Spagna. E ai secessionisti catalani sotto sotto non dispiacerebbe che vincesse la destra.
Il premier uscente Pedro Sà¡nchez (Madrid, 1972), socialista, offre il dialogo. Ma loro non vogliono il dialogo; vogliono la rottura. Lo strappo. L’indipendenza: un sogno forse impossibile, certo pericoloso.
Si vota domenica. Sono le terze elezioni generali in tre anni e mezzo.
Arriverà primo il Psoe di Sà¡nchez, cui il re dovrebbe affidare l’incarico di formare il governo; ma resterà lontano dalla maggioranza assoluta, anche sommando i seggi di Podemos, sempre in mano a Pablo Iglesias (Madrid, 1978), passato dalla rivoluzione chavista all’appoggio esterno.
Sarebbero allora i catalani – e i baschi – a consentire la nascita di un esecutivo di sinistra, più morbido nella gestione della crisi indipendentista.
La destra è divisa in tre partiti. I popolari escono stremati da sette anni di governo, finiti il primo giugno scorso con la caduta di Mariano Rajoy (Santiago de Compostela, 1955), tornato a fare il notaio nella sua Galizia.
Il Pp non si è rivelato incorruttibile: otto ex presidenti di Regione, dodici ex ministri sono finiti in galera. Alle primarie ha prevalso il candidato dell’ala dura del partito, Pablo Casado (Palencia, 1981), uno scialbo figuro con bella moglie bionda e padrino illustre: l’ex primo ministro Josè Maria Aznar (Madrid, 1953).
Aznar è il vero regista dell’alleanza di destra. Anzichè tingersi i baffi ha preferito tagliarli e passa da un comizio all’altro, talora indossando un vezzoso maglioncino rosa.
Parla spesso con il fondatore di Ciudadanos, Albert Rivera (Barcellona, 1979). E ha incluso nel gioco i populisti di Vox, che saranno la rivelazione del voto. I sondaggi li danno sopra il 10%; ma potrebbero salire ancora.
Rappresentano la rottura di un tabù: mai, da quando esiste la democrazia spagnola, è entrato in Parlamento un partito di estrema destra. Vox non è franchista; semmai è anti-antifranchista.
La guida un ex dirigente del Pp, Santiago Abascal (Bilbao, 1976), che gira con la pistola in tasca e la bandiera spagnola nel pugno. Accusa i popolari di non aver manganellato abbastanza i separatisti catalani. E fa campagna contro gli sbarchi dei migranti, in aumento negli ultimi mesi.
Nei due dibattiti tv, Abascal non è stato ammesso. Un’arma in meno per Sà¡nchez, impegnato a evocare il fantasma del franchismo.
Va detto che Sà¡nchez è riuscito a rivitalizzare un partito morto, sottraendolo ai baroni corrottissimi e al Grande Vecchio Felipe Gonzà¡lez (Siviglia, 1942), che lo detesta.
Albert Rivera – che sarebbe l’alleato naturale di Sà¡nchez, in un centrosinistra di stampo europeo – lo ha attaccato senza pietà , additandolo come complice di coloro che vogliono dividere la Spagna, e mostrando sull’iPad una foto in cui il premier conversa amabilmente con Quim Torra (Blanes, 1962), il capo della Generalitat, sullo sfondo della Senyera, il vessillo catalano.
Figlio di un pescatore di Barceloneta e di un’immigrata andalusa, Rivera difende però l’unità nazionale. Il Nobel Mario Vargas-Llosa e in genere l’intellighentsia lo adorano; in tv è brillante, nei sondaggi sempre altissimo; poi però arriva il voto vero.
Per smarcarsi dall’estrema destra, Rivera ha proposto di legalizzare l’eutanasia e l’utero in affitto, affinchè gli omosessuali – oltre ad adottare – possano avere «un figlio tutto loro».
Modestissima la prova tv di Pablo Casado. Iglesias con il codone da tanguero e la felpa pareva il tecnico del suono (secondo El Mundo).
In Catalogna la situazione è sospesa. I due leader separatisti hanno fatto scelte diverse. Carle
Puigdemont (Amer, 1962) è in comodo esilio a Bruxelles; Oriol Junqueras (Barcellona, 1969) è in galera.
Non a caso, il partito di Puigdemont sta crollando, quello di Junqueras è ai massimi storici.
Si chiama Erc: Esquerra (sinistra) republicana de Catalunya. Fu fondato da Lluàs Companys, il primo presidente a proclamare l’indipendenza: fuggito in Francia dopo la sconfitta nella guerra civile, catturato dalla Gestapo, consegnato a Franco, che si affrettò a farlo fucilare. Lo stadio olimpico di Barcellona porta il suo nome. Il palazzetto di fronte è stato affittato dal postfranchista Abascal per un grande comizio: all’ultimo momento il Comune gliel’ha negato, il malcapitato ha dovuto sgolarsi per strada con il megafono.
I catalani si distinguono dai turisti perchè portano all’occhiello il nastrino giallo, segno di solidarietà con i «prigionieri politici».
Per Junqueras il procuratore ha chiesto 25 anni di carcere, con l’accusa di sedizione («Seditio» era scritto sulla croce di Gesù, è stato fatto notare nell’infuocata settimana santa elettorale). Vox, cui è stato curiosamente consentito di costituirsi parte civile, ha rilanciato: Junqueras dovrebbe stare in cella 74 anni, in quanto «capo di un’organizzazione criminale». Sà¡nchez ha lasciato intendere che, se si fa l’accordo sul federalismo, subito dopo ci sarà l’indulto.
Il processo prosegue al Tribunale supremo di Madrid con rituale borbonico, tra tappezzerie rosse e toghe nere. Il re Felipe VI (Madrid, 1968) tace, dopo essersi molto esposto contro la secessione.
Nel Valle de los Caàdos, l’abate franchista si batte come un leone per evitare l’esumazione delle spoglie del Caudillo, che qui si fece costruire dai prigionieri repubblicani una tomba degna di Achille. Domenica si vota anche sulla guerra della memoria, che ha infranto il patto dell’oblio.
Ci sono luoghi e momenti in cui il passato ritorna; eppure non riesce ad affievolire la forza dello slancio vitale della gente di Spagna, e neanche a consolare la profondità della sua malinconia.
(da “Il Corriere della Sera”)
argomento: elezioni | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
I SONDAGGI LO DANNO OTTO PUNTI AVANTI
L’ex vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden lancia oggi la sua terza candidatura per la
presidenza Usa. Lo riferiscono i media Usa. Il 76enne Biden scende così in campo nella folta schiera di democratici che ambiscono alla nomination del partito in vista delle presidenziali del 2020.
Secondo un sondaggio di Morning Consult/Politico, l’ex vice presidente democratico risulta in vantaggio su Donald Trump di 8 punti percentuali in vista delle elezioni per la Cssa Bianca del 2020. Biden gode del sostegno del 42% dei votanti registrati contro il 34% di Trump.
Il 19% si è dichiarato indeciso mentre il 5% ha detto che non voterà .
Il vantaggio di Biden su Trump è ancora più marcato tra le donne (con il 45% a favore del primo e il 28% a favore del secondo) e tra i millennials, dove è in testa con uno scarto di 22 punti. Il sondaggio è stato condotto tra il 19 e il 21 aprile scorsi.
“Benvenuto in gara sonnolento Joe. Spero solo che tu abbia l’intelligenza, a lungo in dubbio, di intraprendere una campagna di successo nelle primarie. Sarà brutto, dovrai affrontare persone che davvero hanno alcune idee molto malate e dementi. Ma se ce la farai, ti vedrò ai nastri di partenza!”:
lo ha twittato Donald Trump commentando la candidatura di Joe Biden alla Casa Bianca.
(da agenzie)
argomento: Esteri | Commenta »
Aprile 25th, 2019 Riccardo Fucile
I CORI RAZZISTI NON SONO STATI PRESI IN CONSIDERAZIONE DALL’ARBITRO NONOSTANTE LO SPEAKER AVESSE AVVERTITO PER DUE VOLTE GLI ULTRA’ LAZIALI
Cori razzisti, banane di plastica sventolate, soprattutto all’indirizzp di Bakayoko.
A San Siro gli ultrà della Lazio hanno potuto fare tutto ciò che hanno creduto senza che la partita fosse sospesa dall’arbitro Mazzoleni.
E su quanto successo ha preso la parola la Lega Calcio con una nota. “La Lega Serie A – è scritto nel comunicato – condanna con fermezza gli episodi di razzismo accaduti in questi ultimi giorni. Non è accettabile dover sentire nei nostri stadi aggressioni verbali di intolleranza e faremo quanto in nostro potere per contrastare simili accadimenti. Auspichiamo altresì la massima collaborazione da parte delle forze dell’ordine per individuare e punire i responsabili che con le loro azioni offuscano l’immagine del nostro mondo”.
Che gli ultrà della Lazio avrebbero messo in scena la loro solita scena di razzismo era annunciato dopo il caso della maglia di Acerbi sventolata come un trofeo dai milanisti Kessiè e Bakayoko dopo la partita di campionato eppure, nonostante il giro di vite disposto dalla Figc dopo il caso Koulibaly durante Inter-Napoli di dicembre l’arbitro Mazzoleni ha ritenuto di non dover intervenire.
Secondo le norme in caso di manifestazioni razziste, il primo annuncio dello speaker chiede la cessazione dei cori, con le squadre già richiamate al centro del tempo.
In caso di recidiva, le squadre rientrano negli spogliatoi.
Quindi regole chiare con due avvisi prima della sospensione della gara.
Inoltre l’arbitro può anche sospendere per un periodo la partita.
In realtà a San Siro i cori e gli insulti sono andati avanti senza soluzione di continuità e in quel clima intollerabile lo speaker ha lanciato due avvisi agli utrà della Lazio che sono rimasti inascoltati.
E nessuno ha preso provvedimenti.
Per ordine di chi?
(da agenzie)
argomento: Razzismo | Commenta »