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SONDAGGIO SWG-LA7: GIU’ LEGA E M5S, CRESCONO PD E ITALIA VIVA CHE SUPERA FORZA ITALIA, FLESSIONE PER FDI

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

LEGA PERDE LO 0,5%, IL M5S L’1,1%, FDI LO 0,2%… PD GUADAGNA LO 0,6, RENZI LO 0,7%… CENTROSINISTRA + M5S DAVANTI AL CENTRODESTRA

Lega in flessione, al 32,3% (rispetto al 32,8% dello scorso 30 settembre), il Partito democratico al 20%, in crescita dello 0,6%.
Giù pure il M5S che tocca il 18,5% (-1,1%).
Sono questi i dati principali del sondaggio settimanale fatto da Swg per La7, reso noto questa sera.
Da segnalare il ‘sorpassò di Italia viva di Matteo Renzi, che con il 5,6% sopravanza Fi (5%).
Fratelli d’Italia il leggera flessione si colloca al 7,1%, quarta forza del paese.
A sinistra crescono i Verdi al 2,3%, La Sinistra è all’ 1,8%, + Europa all’ 1,8%, Leu all’1,5%
Complessivamente l’area di centrosinistra più il M5S stacca di di circa 5 punti quella di centrodestra scesa al 44,4%

(da agenzie)

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QUEI BRAVI SOVRANISTI DI BUON CUORE CHE SE NE FREGANO DEI MORTI NEL NAUFRAGIO A LAMPEDUSA

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

CON SALVINI 1369 MORTI ANNEGATI, 200 IN PIU’ DI MINNITI… CON SALVINI LA PERCENTUALE DI MORTI IN MARE E’ PASSATO DAL 2,05% AL 6,04%. … TRANQUILLI, NOI NON DIMENTICHIAMO CHI SONO I VERI CRIMINALI

Sono tredici i cadaveri recuperati a Lampedusa dopo l’ennesimo naufragio di migranti. Sono tutte donne per il momento le vittime di questa nuova tragedia dell’immigrazione. All’appello mancano ancora otto bambini, che per il momento vengono conteggiati tra i dispersi.
Per Matteo Salvini quelle donne morte annegate sono «figli del buonismo, figli del c’è spazio per tutti, figli della riapertura dei porti». Ma sappiamo bene che anche il cattivismo, la politica dei porti chiusi e della criminalizzazione delle ONG ne ha parecchi di morti sulla coscienza.
Curiosamente Salvini non chiede silenzio o rispetto per quei morti (tra i dispersi c’è un bambino di otto mesi). Non chiede di tacere come ha fatto pochi istanti prima quando ha espresso tutto il suo cordoglio per i due agenti della Polizia di Stato uccisi in Questura a Trieste.
Non dice che queste persone sono arrivate in prossimità  delle coste di Lampedusa a bordo di uno dei tanti barchini che hanno continuato ad arrivare anche quando lui era al Viminale.
Non fa nulla di tutto questo perchè evidentemente ha il diritto di speculare sulle morti dei migranti mentre altri   non hanno il diritto di far notare che se una persona entra in Questura in stato d’arresto e se ne esce dopo aver freddato due poliziotti con le loro stesse armi d’ordinanza evidentemente c’è qualcosa che non va.
Sui migranti morti invece non ci sono problemi. Si può dire tutto quello che si vuole perchè non si sa chi siano, non ci sono i loro familiari a piangerli, non hanno colleghi che potrebbero votare per la Lega: sono carne da macello. Buona per spaventare gli italiani quando sono vivi.
Ottima quando muoiono perchè si può sempre dare la colpa al governo attuale.
Ma che cosa ha cambiato il Conte bis rispetto a prima, a quando c’era Salvini? La risposta è: nulla.
Perchè i Decreti Sicurezza sono ancora in vigore. E nemmeno Salvini avrebbe fermato quel barchino: lui firmava divieti solo per l’ingresso delle imbarcazioni delle Ong.
Eppure ci sono persone come il consigliere comunale Alessio Colzani (che già  si occupò del caso di “Greta di Bibbiano”) che non perdono tempo a dare la colpa al governo assassino che subito dopo aver aperto i porti ha causato l’ennesima strage. L’errore qui è duplice: i porti sono sempre stati aperti, anche quando Salvini era ministro e i migranti hanno continuato a morire in mare.
In proporzione ben maggiore rispetto al numero di partenze e di sbarchi. Ed in termini assoluti durante la “gestione Salvini” sono morti più migranti rispetto al periodo Minniti: 1.369 morti contro 1.168.
E non è una gara a chi ne ha fatti morire di più. Dovrebbe essere invece una gara a chi ne salva di più. Purtroppo negli ultimi due anni tutti i governi si sono adoperati in maniera sistematica per allontanare i testimoni scomodi della strage che avviene nel Mediterraneo a poche miglia dalle coste italiane.
Ma anche non volendo fare una colpa a Salvini dei morti nel Mediterraneo bisogna quantomeno ammettere che i migranti muoiono per venire in Italia: è un dato di fatto. Succedeva prima della Lega al governo ed è successo con la Lega al governo. Dire che è solo colpa dell’attuale esecutivo
A livello percentuale durante il mandato di Salvini il rischio di morte in mare è triplicato, passando dal 2,05% al 6,04%.
Questo significa che il Mediterraneo è diventato più pericoloso, anche quando c’erano i “porti chiusi”. Anzi: proprio per quello.
Oggi Salvini racconta che quando c’era lui i morti sono stati pochissimi. Ed ha cura di distinguere i morti dai dispersi, come se chi risulta disperso in mare avesse qualche possibilità  di essersi salvato. In realtà  il risultato è lo stesso.
Dov’erano i sovranisti quando i migranti morivano mentre Salvini era al Viminale?
Rappresentano infine un caso particolare quelle decine di italiani che magari ier l’altro si indignavano per i tweet di Chef Rubio sui due agenti morti a Trieste e che oggi non perdono l’occasione di rifarsi. Lo fanno spiegandoci appunto che è tutta colpa dei “porti aperti” o delle Ong.
Oppure in virtù dell’esperienza marinaresca dichiarano che un “barchino” non può certo portare 50 persone. Perchè al massimo un “barchino” ne può caricare una o due. Naturalmente il termine barchino non è da intendersi in senso letterale, ma è vero che le imbarcazioni usate dagli scafisti risultano essere sempre sottodimensionate rispetto al “carico”, stipate all’inverosimile di uomini, donne e bambini e pericolosamente inadatte ad una traversata.
Eppure quelle persone continuano a partire. Continuano a salpare dalla coste della Libia o della Tunisia ben sapendo quali rischi corrono.
E lo fanno non certo perchè hanno qualche misteriosa finalità  o movente da portare a compimento una volta giunti in Italia. La ragione per cui continuano a partire è quasi sempre una sola: sopravvivere.
Perchè se davvero stessero così bene “a casa loro” per quale motivo dovrebbero rischiare di essere torturati, picchiati, violentati o morire annegati? E non mancano ovviamente quelli che scrivono che ne sono morti troppo pochi: le solite cose fatte a metà  dai buonisti.
Chissà  dov’erano tutti questi bravi cittadini, così preoccupati per la morte dei migranti annegati questa notte quando Salvini era ministro.
Molto probabilmente erano tra quelli che festeggiavano al grido di “uno di meno” oppure gridavano al complotto dei bambolotti dicendo che erano tutte notizie false ed inventate ad arte e si dilettavano nell’analizzare le unghie di una migrante salvata dall’annegamento per dimostrare che era tutta una montatura pubblicitaria.
Certo, non tutti erano così. C’erano quelli che semplicemente si giravano da un’altra parte con un’alzatina di spalle. Curioso che oggi siano concordi nell’indicare il colpevole della strage.

(da “NextQuotidiano”)

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SALVINI STRILLA PERCHE’ LAMORGESE DISTRIBUISCE A TERNI 30 MIGRANTI, MA NON DICE CHE LUI NE VOLEVA PORTARE 600

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

QUANDO IL COMUNE LEGHISTA DI TERNI A MARZO AVEVA APERTO IL BANDO PER L’ACCOGLIENZA SPRAR

Il problema principale per i cittadini umbri? Se dovessimo ascoltare Matteo Salvini allora la risposta sarebbe senza dubbio gli immigrati. In particolare quelli presenti all’interno dei centri d’accoglienza che si trovano sul territorio regionale.
Si tratta, dicono i dati del Ministero, di 1.719 persone ospitate in una regione di 882 mila abitanti.
Ma in realtà  non sono quelli “il problema”. Il problema sono i trenta (30) che in base ad una circolare del Viminale verranno trasferiti dalla Sicilia a Terni.
Per il leader della Lega si tratta della prova provata che il nuovo governo ha aperto i porti e vuole “riempire” l’italia di immigrati.
Il tutto perchè è stata decisa la redistribuzione di 90 (novanta) persone. La ministro Luciana Lamorgese ha però spiegato che questo genere di redistribuzioni interne si è sempre fatta, anche quando Salvini era ministro.
Insomma non c’è nulla di strano o di anomalo nella decisione di spostare 30 persone da Agrigento a Terni. Se non fosse appunto che a Terni si vota e che quindi fa comodo creare l’emergenza. Come se qualche decina di persone fosse un problema in una provincia di 225 mila abitanti.
«Siamo pronti a schierarci con i sindaci della provincia di Terni per impedire il ritorno dell’invasione. Il governo non pensi di riempire l’Italia di clandestini, facendo ripartire un business miliardario, alle spese dei cittadini. Sindaci e governatori della Lega diranno di no» ha tuonato Salvini, dimenticando di quando un suo predecessore leghista al Viminale (Roberto Maroni) chiedeva esattamente le stesse cose alle Regioni, ipotizzando addirittura tagli nei trasferimenti.
E non è che con la Lega i migranti “costassero” meno. Ma tant’è, dopo la smentita del ministro dell’Interno sono tanti i parlamentari pentastellati si sono accodati per sfottere il Capitano.
Quando il Comune di Terni ha deciso di proseguire i Progetti S.P.R.A.R. ora SI.PRO.I.MI.
Oggi Carlo Sibilia, già  sottosegretario di Salvini al Viminale riconfermato da Lamorgese torna sull’argomento rivelando che «a Terni a breve verrà  assegnato un bando per ampliare la capacità  di accoglienza di altre 50 unità ».
Questo significa che oltre ai trenta che arriveranno da Agrigento ne potrebbero arrivare altri 50. Su questi eventuali nuovi trasferimenti però Salvini è meglio che tenga la bocca chiusa perchè, rivela Sibilia, «il bando è stato avviato lo scorso marzo dall’attuale amministrazione Lega, per dare seguito ai nuovi capitolati di spesa dell’accoglienza messi a punto dal Ministero nel precedente governo».
Ma in realtà  c’è un altro bando, ed è quello “per l’affidamento dei servizi di gestione di centri di accoglienza costituiti da singole unità  abitative con capacità  ricettiva fino ad un massimo di 50 posti complessivi“che è stato aperto a marzo dalla Prefettura di Terni alla ricerca di 600 nuovi posti in due anni per l’accoglienza dei migranti in strutture con la capienza massima di 50 unità  (finora il bando è andato deserto).
Due giorni fa era stato il consigliere comunale di Terni Thomas De Luca (M5S) a puntare il dito contro la Lega e Fratelli d’Italia: «Con la delibera n°192 del 26/06/2019 il Comune di Terni ha infatti scelto di “Proseguire i Progetti S.P.R.A.R. nel triennio 2020/2022″» con la quale si dà  disponibilità  per 50 posti di accoglienza nell’ex SPRAR ora SI.PRO.I.MI in aggiunta ai 14 per i minori non accompagnati. Non proprio il “no” che Salvini aveva promesso.
Ciononostante il sindaco leghista di Terni Leonardo Latini aveva fatto sapere di aver appreso «con stupore e preoccupazione la notizia dell’arrivo presso le strutture di accoglienza della Prefettura di Terni di 30 immigrati provenienti dal Centro di accoglienza di Agrigento». Per la precisione nella delibera citata da De Luca si parla di una “riduzione del numero dei posti disponibili per la Categoria ORDINARI da posti 70 a posti 50”.
Nessuna invasione, nessuna decisione “straordinaria” da parte del governo Conte 2 ma ordinaria amministrazione quindi.
Se davvero Salvini avesse voglia di occuparsi dei problemi dell’Umbria potrebbe iniziare dal trovare i colpevoli della mancata rimozione delle macerie del terremoto.
Diamo un indizio: il governo che si è “dimenticato” di finanziare l’asportazione delle macerie è proprio quello in cui sedevano Salvini e gli altri sei ministri della Lega.

(da agenzie)

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CHI HA FINANZIATO (LEGALMENTE) I POLITICI ITALIANI IN EUROPA

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

ALTRO CHE SOROS, CI SONO RICCHI CONTRIBUTI PER LA MELONI, FITTO, TOTI, GUALTIERI, CALENDA, GIARRUSSO, BENIFEI

Chi ha finanziato le ultime elezioni europee, cioè chi vuole influenzare la politica versando (legalmente) soldi nelle casse di partiti e candidati al parlamento di Strasburgo?
Per scoprirlo, abbiamo analizzato centinaia di pagine di documenti pubblici, scoprendo uno spaccato molto interessante.
Dal Partito Democratico a Forza Italia, passando per esponenti del Movimento 5 Stelle, di +Europa e della Lega (di cui ci occuperemo in un approfondimento che sarà  pubblicato nelle prossime settimane), abbiamo provato a tracciare il flusso di denaro che è servito a finanziare le candidature (e in alcuni casi le elezioni) alle recenti Elezioni Europei.
Sembrano lontani i tempi in cui Silvio Berlusconi era il mattatore della politica italiana. Grazie alle sue aziende e ai familiari, per anni il leader di Forza Italia è stato di gran lunga il principale finanziatore del Parlamento nostrano.
Oggi che il suo partito è in discesa e le regole del gioco sono cambiate (aboliti i rimborsi elettorali, fissato il limite di 100mila euro come contributo massimo da parte di una singola persona o azienda), il fondatore di Mediaset ha tirato i remi in barca anche dal punto di vista finanziario: in vista delle europee del 26 maggio scorso, sui conti di Forza Italia sono arrivati “solo” 200 mila euro dalla galassia berlusconiana, e cioè 100mila euro dal fratello Paolo e altri 100mila dalla Fininvest.
Le donazioni ai candidati alle Elezioni Europee
Le sorprese, dicevamo. È analizzando le donazioni ricevute dai singoli candidati all’europarlamento che emergono i dati più interessanti.
Come gli oltre 150 mila euro regalati a due candidati del Pd da una neonata società  californiana: 48,6 mila euro sono andati a Brando Benifei, 33enne capogruppo delle delegazione del Pd a Strasburgo, e 104 mila euro a Caterina Cerroni, 28enne candidata (non eletta) e dirigente dei Giovani Democratici.
Chi ha scommesso tutti questi soldi su due volti semisconosciuti? La Social Changes Inc guidata da Jessica Shearer, esperta di digitale, organizzatrice della campagna elettorale di Barack Obama, più recentemente passata a lavorare per Bernie Sanders.
Insomma, la donna dei social della sinistra statunitense ha puntato forte su due giovanissimi del Pd. Non le è andata benissimo, visto che la Cerroni alla fine non è stata eletta, ma la quantità  di soldi investita spiega bene la strategia di una parte dei democrats: puntare su giovani outsiders, volti freschi del centro-sinistra, possibilmente poco di centro e molto di sinistra. Proprio quello che i membri del team di Social Changes hanno già  fatto negli Usa aiutando Alexandria Ocasio-Cortez, la più giovane parlamentare donna, e Rashida Tlaib, la prima musulmana ad essere eletta al Congresso.
Nella classifica dei maggiori finanziatori della politica italiana il primo posto va a un altro straniero: George Soros, ungherese con passaporto americano, finanziere e filantropo ebreo da diversi anni finito nel mirino dei complottisti di mezzo mondo.
Insieme alla moglie, Soros ha regalato 200 mila euro a +Europa, il partito rappresentato tra gli altri da Emma Bonino. Nessuna sorpresa, in questo caso, dato che la notizia campeggia sul sito del partito europeista dallo scorso marzo.
Molta meno pubblicità  è stata fatta invece alle donazioni di Vincenzo Onorato, armatore napoletano che controlla buona parte del mercato dei traghetti italiano grazie ai marchi Moby, Tirrenia e Toremar. Onorato, che con la sua Tirrenia ogni anno incassa circa 70 milioni di contributi pubblici, in vista delle europee ha deciso di donare un po’ della sua ricchezza alla destra nazionalista: oltre ai 20mila euro regalati personalmente a Giorgia Meloni, attraverso Moby l’imprenditore campano ha donato 5 mila euro a Fratelli d’Italia e 100mila euro a Change, il comitato elettorale del governatore della Liguria Giovanni Toti, ormai sempre più lontano da Forza Italia e vicino alle istanze sovraniste di Meloni e Matteo Salvini.
Se invece di analizzare i nomi dei donatori si osservano quelli dei riceventi, la graduatoria vede saldamente in testa Carlo Calenda.
L’europarlamentare eletto con il Partito Democratico, separatosi dalla casa-madre dopo l’accordo di governo con i 5 Stelle, è stato in assoluto l’italiano che ha ottenuto più donazioni: oltre 220 mila euro ricevuti a titolo personale da nomi noti dell’economia nostrana come Gianfelice Rocca (Tenaris) e Federico Marchetti (Yoox), Alberto Bombassei (Brembo) e Andrea Illy (Illiycaffè). Se a questi si aggiungono i soldi raccolti da Calenda attraverso Siamo Europei, la lista ora trasformatasi in partito, il pallottoliere arriva a 371mila euro.
Subito dietro Calenda, sebbene a debita distanza, si piazza l’ex berlusconiano Raffaele Fitto, oggi con Fratelli d’Italia, che ha pagato la sua campagna elettorale con i 114 mila euro raccolti da privati, quasi la metà  dei quali provenienti da fonte anonima visto che 60 mila euro sono stati donati da “La Puglia prima di tutto”, partito che Fitto aveva creato nel 2005 e che di fatto non opera più da quasi 10 anni.
Sul gradino più basso del podio, con 106 mila euro, troviamo infine Massimiliano Salini, di Forza Italia, storico esponente di Comunione e Liberazione ed ex presidente della provincia di Cremona: tra i suoi donatori più famosi (con 10 mila euro) c’è Antonio Gozzi, imprenditore del settore siderurgico e patron dell’Entella calcio, mentre il contributo più generoso (80 mila euro) è arrivato da Sec Spa, agenzia di comunicazione creata da Fiorenzo Tagliabue, oggi quotata alla borsa di Londra e presente in 14 nazioni del mondo attraverso vari marchi.
La lista dei finanziamenti per le europee è lunghissima, ma vale la pena di evidenziare ancora alcuni casi interessanti.
Come quello di Paolo De Castro, del Pd, già  ministro dell’Agricoltura in Italia, da anni impegnato a Bruxelles sulle stesse tematiche. Per l’ultima campagna elettorale De Castro ha ricevuto donazioni per 93mila euro, quasi tutti provenienti da aziende italiane dell’industria alimentare come Cremonini (10mila euro), Unacoa (10mila euro) e Consorzio di tutela del formaggio Grana Padano (20mila euro).
Nell’elenco dei politici finanziati spicca poi il nome del neo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, europarlamentare dal 2009. L’uomo scelto dal Pd per gestire i conti pubblici italiani ha ricevuto 20 mila euro di donazioni, tra cui 5 mila euro regalatigli dal finanziere Davide Serra, storico sponsor di Matteo Renzi, e 10 mila euro firmati Aboca Spa, colosso toscano dell’omeopatia che ha dichiarato un forte interesse per il settore italiano delle farmacie.
Infine il caso di Dino Guarrusso, ex Iena candidata (ed eletta) al parlamento europeo dal Movimento 5 Stelle. Tra i grillini Giarrusso è uno dei pochissimi ad aver ricevuto finanziamenti personali: 15 mila euro in tutto, non molto.
Curioso però che 4.800 euro gli siano stati donati da Ezia Ferrucci, azionista della Bdl Lobbying Srl. Curioso perchè l’M5S non perde occasioni per schierarsi contro le famigerate lobby. Eppure Ezia Ferrucci di lavoro fa proprio questo: lobbying, cioè tenta di influenzare l’azione dei politici a vantaggio dei propri clienti.
Chi sono i clienti della Ferrucci che vogliono influenzare la politica italiana? Sul proprio sito la Bdl Lobbying, tra i cui fondatori c’è anche il dirigente di Unicredit Maurizio Beretta, cita ad esempio la multinazionale farmaceutica Bracco, la multiutility bolognese Hera e la British American Tobacco, uno dei giganti dell’industria mondiale del fumo. Tutto legale, va detto: è la stessa Ferrucci a dichiarare la propria attività  nel registro europeo delle lobby per conto della British American Tobacco.
Legale, sì, ma non proprio coerente per chi, come Giarrusso, sulla demonizzazione delle lobby e delle multinazionali ha costruito la propria fortuna politica. Abbiamo chiesto a Ezia Ferrucci un commento sul motivo dei 4.800 euro regalati a Giarrusso, ma la lobbista non ci ha risposto.

(da Fanpage)

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UN PATTO A QUATTRO SULLE RIFORME PER IL SI’ AL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

M5S, PD, ITALIA VIVA E LEU STILANO I CONTRAPPESI CHIESTI DAL CENTROSINISTRA DA VOTARE ENTRO OTTOBRE… E DA DICEMBRE SI PARLERA’ DI LEGGE ELETTORALE

Un patto a quattro sulle riforme per dare il via libera al taglio dei parlamentari. Si tratta di una serie di “clausole di salvaguardia” che il centrosinistra pretende dai 5 stelle per attenuare l’impatto della riduzione di deputati e senatori.
Ed è questa una condizione dirimente anche perchè, spiegano dal Nazareno, “noi voteremo una riforma in bianco che non ci piace, una riforma che non abbiamo votato. Vogliamo delle garanzie”.
E le garanzie dovrebbero arrivare da un documento che è già  pronto, e potrebbe essere reso pubblico questa sera quando si stringeranno la mano alla conclusione dell’ultimo vertice, fischio di inizio alle 18, i capigruppo di Camera e Senato di M5S, LeU, Pd e Italia Viva. Tutto sembra confermato. “Stiamo solo facendo alcune correzioni formali”, assicura un parlamentare renziano.
Chi ha potuto visionare la carta d’intenti che blinda il M5S e le forze di centrosinistra confida che la bozza ruoti attorno a una serie di modifiche della Costituzione. Con un timing fissato, che prevede l’avvio dell’iter di tre riforme costituzionale entro il mese di ottobre.
La prima modifica della Carta Costituzionale riguarda l’omogeneizzazione degli elettorati attivi e passivi di Camera e Senato, ovvero all’età  di diciotto anni sarà  possibile votare per entrambi i rami del Parlamento. A Montecitorio lo scorso luglio è stato dato il via libera al voto ai diciottenni. E quest’ultimo è un testo che oggi risiede in Commissione Affari costituzionale al Senato e potrebbe essere approvato in via definitiva entro il mese.
Alla luce del taglio dei parlamentari il secondo disegno di legge prevede la diminuzione di un terzo del numero dei delegati regionali per eleggere il Capo dello Stato. Il tutto per evitare un peso eccessivo dei governatori nell’emiciclo che elegge l’inquilino del Quirinale.
Mentre il contenuto del terzo testo consiste nella modifica della base territoriale di elezione del Senato, che oggi è su base regionale e potrebbe diventare su base circoscrizionale, estendendo la base territoriale da regionale a pluriregionale, garantendo in questo la minoranze.
A questo punto, se a dicembre nessuno chiederà  il referendum sul taglio dei parlamentari, si comincerà  a discutere di legge elettorale. Ovvero, il nodo dei nodi, quello che divide maggiormente le forze politiche che compongono la maggioranza, e al suo interno ogni singolo partito. Basti pensare al Partito democratico, spaccato sulla possibilità  di puntare le fiches sul maggioritario o sul proporzionale con una soglia di accesso alta.   Ecco, la modifica del sistema di voto sarà  presentata “entro la promulgazione della riforma”. Tuttavia, il testo della nuova legge, che deve essere ancora definito, dovrà  tenere conto “del taglio dei parlamentari per minimizzare gli effetti distorsivi”.
Rimangono sul tavolo altri temi, che sono finiti nel capitolo “rapporto fiduciario tra governo e Parlamento”. Ma su questo il dibattito è aperto. Con Pd e LeU che spingono per l’introduzione della sfiducia costruttiva, un istituto presente in Germania e Francia che garantisce stabilità  ai premier e ai governi. Su questo nodo i cinquestelle devono ancora decidere. E per non essere da meno i pentastellati rilanciano il referendum propositivo, già  approvato in prima lettura e fermo al Senato.
Altra questione da risolvere ma che appartiene a questo capitolo riguarda la modalità  di partecipazione dei governatori regionali all’iter legislativo dell’autonomia differenziata. Sempre entro la promulgazione dovranno essere pronti i nuovi Regolamenti di Camera e Senato.
Dovranno essere ridotti i quorum per la formazione dei gruppi parlamentari, ma anche ridotti i componenti delle 14 commissioni permanenti, delle Giunte e delle commissioni bicamerali. Ma prima di ogni cosa il taglio dei parlamentari dovrà  essere approvato. E superare qualsiasi ostacolo: dai franchi tiratori ai malumori che serpeggiano in tutti i gruppi. Con un obiettivo: ottenere la maggioranza assoluta che è l’unico modo per evitare il referendum.

(da “Huffingtonpost”)

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IL PIANO DEL GOVERNO: DAGLI 80 EURO AL BONUS FAMIGLIA CON UNA OPERAZIONE A COSTO ZERO

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

CHI CI PERDE: 2,8 MILIONI DI BENEFICIARI DEGLI 80 EURO CHE NON HANNO FIGLI E NON NE AVREBBERO PIU’ DIRITTO…CHI CI GUADAGNA: 5,6 MILIONI DI FAMIGLIE CON FIGLI CHE OGGI NON LO RICEVONO

Il Family Act sarà  semplice: un figlio, un assegno. L’obiettivo è arrivare a una dote unica, semplice, mensile erogata senza vincoli e solo perchè ci sono figli. In forma di assegno o detrazione. Che incorpori e rafforzi bonus e assegni oggi disseminati a pioggia, non sempre efficaci, con platee ristrette e quasi mai coincidenti.
E per trovare i soldi, come spiega oggi Repubblica, il governo pensa di cambiare destinazione agli 80 euro del governo Renzi:
La proposta originaria del Pd prevedeva 9 miliardi – aggiuntivi ad assegni familiari e riordino bonus – e un tetto di reddito a 100 mila euro lordi annui: 240 euro al mese per ogni under 18 e poi 80 euro fino a 26 anni, se ancora a carico.
Il Forum delle Famiglie propone, da tempo, di usare anche il bonus Renzi che vale 9,5 miliardi – da sommare ad assegni, bonus e detrazioni per un totale di 30 miliardi – e non vincolare la misura a parametri economici: 250 euro a regime per ogni figlio a prescindere dal reddito, fino a 18 anni all’inizio, poi su fino a 26.
Oggi a quella suggestione viene dato un peso politico inedito. L’operazione da 30 miliardi sarebbe a costo zero per lo Stato che dovrebbe riordinare tutto l’universo Famiglia.
Il premier Conte la sta valutando. E sarebbe pronto a spiegarla agli italiani con le ragioni che impongono di contrastare la drammatica denatalità  in atto. Messa così, chi difenderebbe gli 80 euro? Persino il suo ideatore Renzi avrebbe difficoltà  a schierarsi contro le famiglie.
Il piano quindi prevede la redistribuzione del beneficio da 80 euro – che oggi va ai 10 milioni di lavoratori dipendenti tra gli 8 mila e i 26 mila euro di reddito – alle famiglie e ai loro 10 milioni di bambini e ragazzi sotto i 18 anni. Questo almeno il target iniziale. Per poi salire fino ai 26 anni. Con un contraccolpo non da poco.
Di sicuro un terzo di chi oggi incassa il bonus Renzi – 2,8 milioni di persone – non potrebbe più contare su quell’entrata extra in busta paga: 960 euro all’anno fino ai 24 mila euro di reddito, con un dècalage importante fino ai 26 mila euro. Questi lavoratori non hanno figli.
E se il criterio diventasse “un assegno, un figlio” perderebbero il beneficio.
Ma chi ci guadagnerebbe invece? Sulla carta, oltre 5,6 milioni di famiglie oggi escluse dagli 80 euro.
Più altre 6 milioni di famiglie con figli che dal 2014 incassano gli 80 euro, candidate a ricevere più soldi.

(da “NextQuotidiano“)

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LA FIGURACCIA DI DI MAIO CHE HA MENTITO AGLI OPERAI WHIRPOOL CHE CONTAVANO SU DI LUI

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

ERA STATO INFORMATO DALL’AZIENDA DELLE INTENZIONI DEL GRUPPO, MA PER DUE MESI HA TENUTO LA NOTIZIA NASCOSTA

«È una settimana che ho detto a Whirlpool che siccome avevano sottoscritto un accordo con me dovevano tenere aperto lo stabilimento di Napoli», così l’ex ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio l’11 giugno in un video pubblicato su Facebook nel quale prometteva di fare chiarezza sulla decisione di Whirlpool di lasciare Napoli. «Non si prende per il culo lo Stato italiano. Non con me, non con questo governo» aveva detto l’allora bisministro e vicepremier parlando dell’annuncio di Whirlpool di vendere lo stabilimento di Napoli e lasciare a casa 430 lavoratori.
Ma Di Maio mentiva.
Ha mentito ai giornalisti e agli elettori del MoVimento 5 Stelle. E quello che è peggio è che ha mentito ai lavoratori dello stabilimento di Napoli.
Gli stessi lavoratori che il 4 giugno si erano radunati sotto al Ministero per sostenerlo al grido «dai Di Maio non mollare, dai Di Maio non mollare».
Il problema era che lui i lavoratori li aveva già  mollati da un pezzo. Lo ha confermato a In Mezz’Ora in più su Rai 3 il segretario generale della FIM-CISL Marco Bentivogli che ha dichiarato che «il ministro Di Maio ha mentito ai lavoratori. La Whirlpool mi ha detto di aver comunicato al Mise le sue intenzioni dagli inizi di aprile, ma Di Maio lo ha annunciato solo il 31 maggio, dopo le elezioni europee».
Quando è esploso il “caso Whirlpool” il ministro dello Sviluppo Economico non aveva perso tempo a fare la voce grossa con l’azienda colpevole di non aver rispettato i patti.
Eppure quando Di Maio ha iniziato a fare il “duro” sapeva già  da due mesi della decisione di Whirlpool di lasciare Napoli.
In barba agli accordi sottoscritti al MISE nell’ottobre del 2018. Accordi sui quali evidentemente nessuno aveva vigilato. In quei due mesi il Ministero non aveva informato nessuno, nemmeno i sindacati. E per giorni a giugno il titolare del MISE ha continuato a negare di essere a conoscenza delle intenzioni dell’azienda.
Il 13 giugno ad una precisa domanda sul fatto che ne fosse a conoscenza fin da aprile Di Maio rispondeva «ma no, assolutamente, io quello che le posso dire è che da sempre sapevamo che questo stabilimento non se la cavava troppo bene».
Il giorno successivo il sito Politico.eu dava la notizia di una lettera inviata dalla Whirpool al Ministero ad inizio aprile. Il 19 aprile c’era stato un incontro al Ministero alla presenza del vice capo di Gabinetto di Di Maio, Giorgio Sorial, con Invitalia e i rappresentanti di un potenziale nuovo investitore.
Alla luce delle dichiarazioni di Bentivogli, che confermano quanto già  si era scritto nei mesi scorsi, oggi Carlo Calenda ha chiesto le dimissioni di Di Maio, il quale nel frattempo è transitato al Ministero degli Esteri.
Ma al di là  delle dimissioni, che quasi certamente non ci saranno, sarebbe opportuno che il ministro riferisse in Parlamento sul perchè ha deciso di tacere per due mesi le informazioni in suo possesso.
Quanto meno per spazzare via i dubbi di chi sostiene che è stata una scelta cinica per evitare un tracollo alle Europee di maggio. Dovrebbe spiegare come mai si è arrivati ad aprile a “scoprire” da Whirpool l’intenzione di lasciare Napoli nonostante l’accordo siglato appena sei mesi prima.
E dovrebbe chiarire come mai nessuno ha vigilato sull’attuazione di quell’accordo.
Tutto il resto è storia: quella di un ministro che minaccia di chiedere indietro contributi e incentivi che sapeva benissimo non essere vincolati ad un singolo stabilimento.
Quella di un ministro che dopo aver fatto il duro ha finito per promettere altri milioni alla Whirlpool per restare. Anche in questo caso senza successo, perchè l’azienda ha giudicato insufficiente il decreto-legge ‘Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali’.

(da “NextQuotidiano”)

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CLOCHARD PICCHIATO SENZA MOTIVO DA TRE GIOVANI ITALIANI IN CENTRO A TORINO

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

MALMENATO ANCHE UN PASSANTE 60ENNE CHE AVEVA PROVATO A DIFENDERLO … ARRESTATI, HANNO TUTTI PRECEDENTI

Un clochard è stato aggredito e picchiato da un gruppetto di giovani che lo hanno affrontato sotto i portici di via Cernaia, quasi all’angolo con piazza XVIII Dicembre.
Malmenato anche un passante, un uomo di oltre 60 anni, che aveva provato a intervenire in difesa del clochard.
L’uomo è stato inseguito dai ragazzi fino all’ascensore che conduce alla metropolitana e picchiato a sua volta.
I poliziotti hanno poi rintracciato gli autori dell’aggressione nella collinetta che sorge tra corso Bolzano e piazza XVIII Dicembre: uno di loro ha tentato anche di opporsi ai controlli degli agenti. Si tratta di tre giovani italiani tra i 20 e i 23 anni, tutti con precedenti di polizia.
I tre sono stati arrestati; il più violento di loro, il ventiduenne, oltre che per violenza privata aggravata, contestata anche agli altri due, è stato arrestato anche per lesioni, resistenza, minaccia e lesioni a pubblico ufficiale.

(da agenzie)

argomento: criminalità | Commenta »

HANNO COMBATTUTO E SCONFITTO L’ISIS, MORENDO A MIGLIAIA PER RESPINGERE I TAGLIAGOLA: ORA I “DIFENSORI DELL’OCCIDENTE” TAGLIANO LA CORDA E LI LASCIANO SOLI

Ottobre 7th, 2019 Riccardo Fucile

LA VERGOGNA DEGLI STATI UNITI CHE HANNO SFRUTTATO I COMBATTENTI CURDI E ORA SI RITIRANO LASCIANDO VIA LIBERA AI MASSACRI DI ERDOGAN

Per mesi il mondo civile li ha sostenuti mentre a Kobane respingevano l’assalto dei tagliagola dello Stato Islamico mentre a poche centinaia di metri, ossia in Turchia (Kobane è proprio sul confine) i generali di Erdogan se ne stavano a mani conserte godendosi lo spettacolo e Putin (allora avversario e ora di nuovo alleato/complice del Sultano) li accusava di fare affari con i jihadisti tramite il contrabbando di petrolio e altro ancora.
Ma loro, nonostante tutto, casa per casa, area per area sono riusciti a respingere lo Stato Islamico, forti anche dell’aiuto di tanti combattenti di tante nazioni (italiani compresi) accorsi di in difesa di quel popolo.
Poi le Unità  di protezione popolare (Ypg) e i battaglioni femminili (Ypj) hanno pian piano cominciare a liberare quasi tutti i territori del nord della Turchia avanzando fino a Raqqa, ossia la capitale siriana del Califfato e liberandola dall’Isis dopo lunghi e sanguinosi combattimenti.
E ancora, mentre in pompa magna la Casa Bianca, il governo dell’Iraq e altri, annunciavano felici e contenti la fine del Califfato e la vittoria sull’Isis, i combattenti curdo-siriani continuavano a lottare (e a morire) per liberare anche le ultime roccaforti dell’Isis lungo il confine sito-iracheno, fino alla capitolazione di Baghouz, ultima sacca di resistenza solo il marzo scorso.
Nel frattempo, con la complicità  dei russi, alle milizie filo-turche pagate da Erdogan era stato consentito di invadere il cantone di Afrin (nel nord della Siria) e di dare vita a una vera e propria sostituzione etnica con la fuga dei curdi e l’insediamento nell’area di profughi arabi (o di altre etnie ma non curdi) fuggiti da altre zone della Siria.
Se oggi l’Occidente è più sicuro o comunque meno insicuro, lo si deve anche a questi combattenti
Eppure chi per mesi e anni in nome della ‘lotta al terrorismo’ ha spacciato xenofobia e razzismo, chi ha invocato la chiusura delle frontiere, i blocchi navali e leggi ancora più autoritarie, ha sempre taciuto e tace verso coloro che per la democrazia e per la libertà  (anche nostra) sono morti.
Perchè i curdo-siriani fanno paura. Le donne hanno combattuto non solo ‘contro’ l’Isis ma soprattutto ‘per’ una società  più giusta e libera. Un luogo di eguaglianza che rompesse con le tradizioni patriarcali e restituisse la libertà  e l’autodeterminazione alle donne.
Un mondo, per quanto utopico, senza barriere e confini nel quale il rispetto della tradizione e della propria cultura fosse un ponte verso le altre culture e le altre persone.
Ypg e Ypj sono stati utilizzati ma, in fondo, mal sopportati
Mentre tanti parlavano al vento, loro i jihadisti e i terroristi li hanno combattuti giorno per giorno sul campo.
Andrebbero difesi. Non solo per riconoscenza ma anche, egoisticamente, per noi stessi. Per come, con i fatti e non con le chiacchiere, hanno dimostrato che il terrorismo può e deve essere sconfitto.

(da agenzie)

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