Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
I SOVRANISTI NON SI SMENTISCONO MAI: SE NE FOTTONO DEGLI ESSERI UMANI, MA PRONTI A TUTTO PER DIFENDERE I LORO INTERESSI ECONOMICI
Se non ci fossero morti e disperazione sarebbe da ridere. 
Non si preoccupano degli esseri umani ma degli oleodotti e lo fanno in modo sfacciato. Gli Stati Uniti infatti invieranno ulteriori truppe nella Siria orientale per proteggere gli impianti petroliferi e impedire che finiscano nelle mani nei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Isis).
Lo ha dichiarato un funzionario della Difesa americano a condizione di anonimato alla Dpa. L’invio di rinforzi avverrà in collaborazione con l’alleanza curdo-araba delle Forze democratiche siriane (Fds), ha precisato la fonte.
La misura segue la decisione del presidente americano Donald Trump di ritirare i suoi militari dal nordest della Siria permettendo alla Turchia di lanciare l’operazione ‘Fonte di pace’ lo scorso 9 ottobre.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
“SE HO INCONTRATO MINNITI? NON RICORDO, FORSE”… INCREDIBILE: GOVERNO COMPLICE DI UN CRIMINALE RICEVUTO CON TUTTI GLI ONORI
Bija, al secolo Abd al-Rahman Milad, è stato intervistato da Francesca Mannocchi di Propaganda Live. Si tratta di un uomo che è al centro di una vera e propria inchiesta internazionale portata avanti da Avvenire, grazie al lavoro di Nello Scavo.
Per la prima volta, ora, Bija parlerà anche in video con una televisione italiana.
Bija è l’ex capo della guardia costiera di Zawhia. In questo ruolo sarebbe venuto in Italia, sia a Mineo sia a Pozzallo, per trattare con funzionari italiani del Viminale. Ma le sue frequentazioni in patria sono molto sospette. Non è un caso se tanti migranti arrivati in Italia lo hanno additato come una sorta di esponente della ‘mafia in Libia’.
Da questo è partita l’inchiesta di Avvenire, che si chiede come sia possibile che una personalità di questo tipo sia stata invitata dalle autorità italiane a sedere a un tavolo delle trattative. In seguito a queste indagini, Bija ha palesemente minacciato Nello Scavo, giornalista di Avvenire, dicendo che avrebbe preso provvedimenti contro di lui.
Ora Francesca Mannocchi per Propaganda Live ha provato a capire qualcosa in più sia sulla personalità di Abdul Rahman, sia sul suo ruolo in Italia.
Il risultato è stato questa intervista in cui, dai pochi estratti che Propaganda ha pubblicato fino a questo momento, emerge già un dettaglio inquietante.
Bija è venuto in Italia con le carte in regola e con visto e documenti dell’ambasciata italiana in Libia.
«Sono partito con un visto regolare e ho fatto l’intervista all’ambasciata italiana — ha detto Bija a Francesca Mannocchi -, presso l’ufficio di rappresentanza a Tripoli, al dodicesimo piano. Sono andato
e ho fatto la mia richiesta, le fotografie necessarie e tutto il resto. Tutti sapevano che Abdul Rahman sarebbe andato in Italia».
Nelle anticipazioni de L’Espresso a domanda se in Italia ha incontratol’allora ministro degli Interni Minniti, Bija risponde: “Non ricordo, forse…”
In pratica un criminale denunciato al Tribunale dell’Aja per essere un trafficante internazionale di esseri umani, nonchè capo della Guardia Costiera libica, viene ricevuto con tutti i visti in regola e scarrozzato in Italia da funzionari del Viminale e “forse” incontra anche il nostro ministro degli Interni.
Siamo al massimo della vergogna e della illegalità : si fanno patti con una associazione a delinquere che taglieggia dei poveri disperati, si elargiscono milioni di dollari a questi assassini pur di bloccare i migranti nei lager libici.
Cosa aspetta la magistratura a intervenire?
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
SI PARTE SOPRATTUTTO DAL MERIDIONE, META PIU’ COMUNE LA GRAN BRETAGNA…EMIGRA CHI HA UN LIVELLO DI ISTRUZIONE MEDIO-ALTO
Non siamo soltanto un Paese meta di migrazioni, siamo di nuovo una nazione di emigranti, che
partono in prevalenza dal Meridione.
Negli ultimi 13 anni, dal 2006 al 2019 il numero di chi se ne va dall’Italia è aumentato del 70,2 per cento e gli iscritti all’Aire, cioè l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, sono passati da poco più di 3,1 milioni a quasi 5,3 milioni e quasi la metà (48,9 per cento) è partito dal Sud.
I dati che analizzano l’emigrazione sono raccolti, come ogni anno, dalla Fondazione Migrantes, che ha presentato questa mattina a Roma il rapporto Italiani nel mondo, arrivato alla sua 14a edizione.
Il rapporto sottolinea il fenomeno ormai noto dell’emigrazione dei giovani e, indicando il Regno Unito come meta privilegiata, obbliga a guardare con attenzione all’esito delle trattative per la Brexit, poichè a breve per chi si è trasferito in Inghilterra con le regole della libera circolazione dell’Unione Europea potrebbe essere necessario un percorso burocratico ben più complesso.
Altro dato importante rilevato dal rapporto Migrantes anche l’aumento continuo degli iscritti per nascita, a riprova che molti italiani trasferiti all’estero trovano nel Paese in cui emigrano condizioni favorevoli a mettere su famiglia.
Le cifre.
Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l’8,8 per cento è residente all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’Aire aggiornati all’1 gennaio 2019, sono 5.288.281.
Il 48,9 per cento degli italiani iscritti all’Aire è originaria del Meridione d’Italia (di cui il 32 per cento Sud e il 16,9 per cento Isole); il 35,5 proviene proviene dal Nord Italia (il 18 per cento dal Nord-Ovest e il 17,5 per cento dal Nord-Est) e il 15,6 per cento dal Centro.
Le italiane iscritte sono 2.544.260 (48,1 per cento).
La classe di età più rappresentata è quella di coloro che hanno tra i 35 e i 49 anni (1.236.654, cioè il 23,4 per cento).
A seguire chi ha tra i 18 e i 34 anni (1.178.717; 22,3 per cento), gli over 65 anni (1.068.784; 20,3 per cento) e chi ha tra i 50 e i 60 anni (1.009.659; 19,1 per cento).
I minori sono 794.467 (15 per cento). Il 55,9 per cento è celibe o nubile mentre il 36,7 per cento è unito in matrimonio. Meno di mille, quindi irrilevanti dal punto di vista percentuale, sono le unioni civili.
Più della metà (51,5 per cento) è iscritto all’Aire per espatrio, ma continua la crescita degli iscritti per nascita (39,7 per cento).
Le acquisizioni di cittadinanza sono il 3,4 per cento, le reiscrizioni per irreperibilità il 4 per cento.
Il 43,9 per cento è iscritto da oltre 15 anni, il 20,7 per cento da meno di 5 anni. Oltre 2,8 milioni (54,3 per cento) risiedono in Europa, oltre 2,1 milioni (40,2 per cento) in America.
Nello specifico, però, sono l’Unione Europea (41,6 per cento) e l’America Centro-Meridionale (32,4 per cento), le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani.
Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in Argentina (quasi 843 mila), in Germania (poco più di 764 mila), in Svizzera (623 mila), in Brasile (447 mila), in Francia (422 mila), nel Regno Unito (327 mila) e negli Stati Uniti d’America (272 mila).
Le motivazioni.
Secondo il rapporto le storie di chi emigra sono spesso caratterizzate da progetti non ben definiti, con situazioni che mutano a velocità impensabili per i motivi più disparati: la nascita di un figlio, il sopraggiungere di un problema di salute, una promozione di carriera, una opportunità lavorativa, ecc. Le cause possono essere plurime e molto differenti tra loro.
Ecco perchè, sempre secondo la Fondazione Migrantes, “non vale più la strategia del ‘per sempre’ come quando si sfidava l’oceano e dopo infiniti giorni di navigazione si giungeva dall’altra parte del mondo e ci si rimaneva per lunghissimi anni (se non definitivamente) prima di ripercorrere faticosamente e rischiosamente la strada del ritorno in patria.
Oggi, invece, si cambia più volte destinazione e Paese di residenza e non solo perchè ci si muove liberamente in uno spazio più ampio, l’Unione Europea, ma anche e soprattutto per la maggiore libertà di movimento data dalla contrazione dei tempi degli spostamenti e dall’avvento dei mezzi di viaggio più veloci e meno costosi, che hanno aperto la possibilità dello spostamento per molte più persone e per una “fetta” di mondo più vasta”.
L’impoverimento del Meridione. L’emigrazione consistente dal Sud Italia ne accresce i problemi perchè, sottolinea il Rapporto, si tratta di persone con un livello di istruzione medio-alta, quindi persone sulle quali il nostro Paese ha investito in termini di educazione e formazione.
“Se negli anni successivi al Secondo dopoguerra i flussi migratori verso le regioni centro settentrionali erano prevalentemente costituiti da manodopera, proveniente dalle aree rurali del Mezzogiorno, nell’ultimo decennio mediamente il 70 per cento delle migrazioni dalle regioni meridionali e insulari verso il Centro-Nord sono state caratterizzate da un livello di istruzione medio-alto – si legge nel report – Cedendo risorse qualificate il Mezzogiorno ha ridotto le proprie possibilità di sviluppo, alimentando ulteriormente i differenziali economici con il Centro-Nord”.
Nuovi italiani ed emigrazione.
Il rapporto analizza anche gli spostamenti degli stranieri che, arrivati in Italia e ottenuta la cittadinanza, si sono poi trasferiti altrove. Negli anni tra il 2012 e il 2017, degli oltre 744 mila stranieri divenuti italiani sono quasi 43 mila le persone che hanno poi trasferito la residenza all’estero; il 54,1 per cento (oltre 13 mila) di questi solo nel 2016.
I nuovi italiani hanno una differente propensione all’emigrazione a seconda del paese di cui sono originar: è alta la quota di emigrati italiani di origine brasiliana, con oltre 28 emigrati ogni 100 acquisizioni, con uno squilibrio di genere a favore degli uomini (oltre 36 trasferimenti ogni 100 acquisizioni per gli uomini e poco più di 22 per le donne).
Anche le comunità del subcontinente indiano sono particolarmente mobili e tra queste la prima è quella del Bangladesh, con più di 21 emigrazioni ogni 100 acquisizioni di cittadinanza, seguita dal Pakistan con quasi l’11 per cento e India con il 8,9 per cento. I paesi del subcontinente indiano si distinguono anche per una maggiore propensione delle donne rispetto agli uomini a emigrare successivamente all’acquisizione della cittadinanza.
Emigrati italiani e pregiudizi.
Dopo aver dedicato le ultime edizioni ai territori regionali di partenza, alle città di approdo, ai principali paesi di destinazione della neo-mobilità giovanile italiana, quest’anno il Rapporto introduce una novità sostanziale con il tema dello Speciale 2019: “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”. Per illustrare stereotipi e pregiudizi che hanno accompagnato il migrante italiano nel tempo e in ogni luogo si fa perciò riferimento ai termini spregiativi usati in passato per indicare gli italiani: da “Dago” (da dagger = pugnale) per indicare che attaccavano briga e risolvevano le questioni a colpi di coltello, a “WoP” (Without Papers) cioè illegali; ancora “Greaseball”, palle di lardo perchè mangioni e, ancora, Maccaroni, Rital, sfruttatori, mafiosi.
Attraverso analisi sociologiche e linguistiche, aneddoti e storie, il Rapporto fa riferimento al tempo in cui erano gli italiani a essere discriminati, risvegliando “il ricordo di un passato ingiusto – spiega il testo – non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto, nel rispetto di quel diritto alla vita (e, aggiungiamo, a una vita felice) che è intrinsecamente, profondamente, indubbiamente laico”.
La Fondazione Migrantes auspica che questo studio possa “aiutare al rispetto della diversità e di chi, italiano o cittadino del mondo, si trova a vivere in un Paese diverso da quello in cui è nato”.
La presentazione.
Alla presentazione del Rapporto sono intervenuti monsignor Guerino Di Tora, presidente della Fondazione Migrantes e la curatrice Delfina Licata. Interventi anche di Roberto Rossini, presidente ACLI; monsignor Stefano Russo, segretario generale della Conferenza episcopale italiana; Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud e la Coesione territoriale, con la moderazione di Paolo Pagliaro. Le conclusioni sono affidate a David Maria Sassoli, presidente del Parlamento Europeo.
(da agenzie)
argomento: radici e valori | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
SE DI MAIO SI FOSSE LAUREATO SAPREBBE CHE LE NORME INTERNAZIONALI RATIFICATE DA NOSTRO ORDINAMENTO SONO PREVALENTI SUI DECRETI NAZIONALI (ILLEGALI)
C’è una celebre frase pronunciata da Jep Gambardella/Toni Servillo ne La Grande Bellezza che descrive alla perfezione l’uscita del MoVimento 5 Stelle dopo la bocciatura della proposta di risoluzione europea sui porti aperti: «io non volevo solo partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire».
Ieri in Aula al Parlamento europeo MoVimento 5 Stelle si è astenuto e per due voti la risoluzione non è passata. I pentastellati avevano tentato di far passare un emendamento “anti-Rackete” per condizionare l’apertura dei porti alle ONG a non meglio precisate “norme rilevanti” (vale a dire il decreto sicurezza).
Il superamento dell’emendamento proposto dai pentastellati ha causato «in maniera probabilmente casuale e involontaria» come ha scritto l’eurodeputato Ignazio Corrao su Twitter l’astensione del partito di Grillo e Casaleggio alla votazione finale.
Insomma sembrerebbe quasi una sorta di ripicca perchè l’emendamento che proponeva di tener conto di “norme nazionali”. Eppure sul Blog delle Stelle la cosa viene raccontata in maniera differente: «ancora una volta il MoVimento 5 Stelle è l’ago della bilancia in Europa».
E cosa sono riusciti a fare i nostri eroi? Fermare una risoluzione che stabiliva una verità acclarata nei fatti, ovvero che i porti sono aperti ma non solo.
Nella proposta di risoluzione si chiedeva al Consiglio Europeo e alla Commissione di lavorare alla creazione di un equo meccanismo di redistribuzione dei migranti su base europea e procedere ad una revisione del Regolamento di Dublino. La proposta di risoluzione ribadiva inoltre che «la creazione di percorsi sicuri e legali è il modo migliore per evitare la perdita di vite umane ed esorta gli Stati membri a sostenere pienamente le operazioni di evacuazione dell’UNHCR dalla Libia e a intensificare le misure di ricollocazione e creare corridoi umanitari verso l’Unione europea». Il MoVimento chiedeva sostanzialmente le stesse cose, con alcuni distinguo.
Ma non è certo per qualche divergenza o perchè la risoluzione “non aiutava l’Italia” (non siamo l’unico Paese sul fronte dell’immigrazione) che il M5S ha fatto saltare il banco.
Perchè da quando si è insediato il nuovo Parlamento il M5S ha un problema: non fa parte di nessun gruppo parlamentare. La loro capacità di influenzare i processi decisionali è quindi molto limitata.
E l’unico modo per farsi vedere — senza esporsi troppo — è quello di astenersi per “mostrare” quanto i loro voti siano importanti. Lo hanno fatto sulla nomina della Lagarde e lo hanno fatto sulla risoluzione sulle interferenze della Russia, di fatto aiutando la Lega.
La strategia è quella di Michele di Ecce Bombo: «mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di profilo, in controluce». Quanto potrà durare? Per quanto il M5S cercherà di far dimenticare la sconfitta alle elezioni europee raccontando di essere l’ago della bilancia all’Europarlamento?
A noi naturalmente fa piacere che il M5S si senta così importante. Il punto è che questa volta ha giocato a fare l’ago della bilancia sulla pelle dei migranti che attraversano il Mediterraneo. E l’unico risultato politicamente apprezzabile è la vittoria delle destre sovraniste, alle quali poco importa che il M5S possa rivendicare il suo successo.
Per il semplice fatto che la loro vittoria è ancora più importante visto che l’Europa non è riuscita — grazie al determinante contributo del M5S — ad affermare alcuni semplicissimi principi umanitari.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Razzismo | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
CONTE, DI MAIO, ZINGARETTI E SPERANZA PER LA PRIMA VOLTA SULLO STESSO PALCO
Un tripudio di flash ha dato il via all’auditorium San Domenico di Narni all’evento sulla manovra
organizzato dalla coalizione di governo. Un’occasione che vede per la prima volta sullo stesso palco il premier Giuseppe Conte, il leader M5S Luigi Di Maio, il segretario dem Nicola Zingaretti e il leader di LeU Roberto Speranza.
A suggellare il patto una foto di gruppo – la prima dell’alleanza umbra – con al centro Vincenzo Bianconi, il candidato comune di M5S, Pd e LeU alla presidenza della Regione Umbria.
Per Di Maio, “lavorare insieme per un progetto comune è già una vittoria”. Il patto civico su Bianconi – ha detto il leader M5S – prevede che “se vinci scegli i migliori di questa comunità per i tuoi assessori. Non è semplicemente un’alternativa, è una terza via”.
Il premier Conte e il ministro degli Esteri Di Maio sono arrivati a Narni a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro, salutati al loro arrivo da Bianconi: un uomo “coraggioso”, l’ha definito Conte. “Andiamo avanti determinati, siamo con voi”, ha detto il premier ai cittadini che lo hanno accolto in piazza. “Per me da lunedì non cambia nulla, io ci sono per voi e per l’Umbria”.
“Sono qui – ha aggiunto Conte – per offrire una mia testimonianza nella consapevolezza che non si voterà per il governo ma che è in atto un esperimento interessante. Vincenzo Bianconi può fare bene per questa Regione: ha idee chiare, è determinato. È una persona che non ama sottrarsi alle sfide. Non ha questa pavidità . E io l’ho apprezzato anche per questo. Ha sollecitato una convergenza, una condivisione. C’è una lista che fa riferimento a lui ma ci sono anche le forze politiche” che sostengono il governo.
“Questa alleanza politica, questo spazio comune non è una semplice parentesi, sono convinto che possa rappresentare il futuro per il Paese, un investimento strategico”, ha detto il ministro della Salute Speranza a margine dell’evento del governo sulla manovra. “Si è chiusa la stagione dei tagli e ricominciamo la stagione degli investimenti”, ha aggiunto. “Si può costruire una bella e importante alternativa. Nelle prossime ore sono convinto che anche da qui possa arrivare un segnale per questa nuova sfida”.
Dei quattro Nicola Zingaretti è l’unico a non avere un ruolo nel governo. “Non sono ministro ma sostengo questo governo, le sue scelte, per un motivo semplice: l’Italia è un grandissimo Paese e uno dei più importanti per la manifattura. Eppure è un Paese fragile, troppi poveri, troppa dispersione scolastica, che vive nella contraddizione tra grandi potenzialità e grande fragilità ”, ha dichiarato il segretario Pd. E ancora: “Guardiamo con sospetto chi, anche qui in Umbria, non dà risposte alle paure, anzi le cavalca. Siamo diversi ma tutti uniti dall’amore dall’Italia. Abbiamo bisogno di ricostruire fiducia”.
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
GABRIELLI FA PARTIRE LA CIRCOLARE: VIETATO ALLE FORZE DELL’ORDINE L’USO DEI SOCIAL, RISCHIO DANNEGGIARE IMMAGINE DELLA POLIZIA
Il capo della polizia Franco Gabrielli non è certo uomo di frequenti esternazioni. Proprio perchè ha conosciuto la politica già da giovane, conosce bene i ruoli e le situazioni che impongono il silenzio.
E del resto di questo riserbo ha fatto un uso totale nei quattordici mesi vissuti al Viminale con il ministro dell’interno Salvini, quasi a bilanciare la comunicazione frenetica del vicepremier su ogni fatto di cronaca dal possibile risvolto o uso politico.
Ora che però il ministro dell’interno è il prefetto Lamorgese, a sua volta esplicitamente lontana dalle esternazioni facili e assente perfino dai social (si vanta di non avere profili), Gabrielli può avere un’altra prospettiva.
E oggi, di fronte alla dura polemica scatenata proprio da Salvini sulle circostanze del delitto di Roma, messe in relazione a ipotizzati tagli alle dotazioni per la sicurezza, che già ieri sera aveva indotto il premier Conte a etichettarlo in modo durissimo “miserabile”, Gabrielli ha fatto una dichiarazione.
E al di là dei toni più bassi è stato anche lui molto duro: «Forse tutti noi dovremmo avere un atteggiamento di grande cautela, senza anticipare giudizi e emettere sentenze e senza utilizzare la sicurezza come strumento di contesa politica».
Ora, proprio non c’è dubbio che il capo della polizia abbia parlato con tale inusuale decisione per evitare che le forze dell’ordine si trovino risucchiate nella rissa politica, che Gabrielli sa essere destinata a farsi sempre più dura col passare delle settimane.
Non è un caso che proprio oggi sia partita una circolare a sua firma a tutti gli ambiti della polizia, dai sindacati ai questori, dai reparti mobili alle guardie cinofile, che vieta totalmente l’uso dei social, che rischia di distorcere ruoli, profili, esperienze e immagine della polizia sul territorio, come poi risalta in occasioni difficili o luttuose, ultimo il caso luttuoso alla questura di Trieste.
(da Open)
argomento: polizia | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
LA VERSIONE DELLA RAGAZZA E’ DIVERSA DA QUELLA DELLA POLIZIA
Anastasya Kylemnyk è la fidanzata di Luca Sacchi. Alle telecamere del Tg1 — intervistata da Giuseppe
La Venia — ha raccontato la sua versione di quanto accaduto nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 2019: il tentativo di furto, a suo dire, e l’uccisione del fidanzato di 24 anni ad opera di due ragazzi con accento romano.
«Ho sentito solo che mi hanno detto ‘damme sta borsa’ — ha raccontato Anastasya Kylemnyk -, poi non ho capito più niente: mi hanno dato una bastonata sulla schiena e sono caduta. Mi hanno raccontato che Luca ha reagito per difendermi, come ha sempre fatto».
Poi, scende nel dettaglio. La ragazza afferma di non essere stata cosciente nel corso dell’aggressione e di aver scoperto soltanto in un secondo momento, dopo essersi ripresa, che il ragazzo era stato colpito da una pistola: «Si sono spaventati perchè Luca era grosso ed era uno sportivo — ha affermato ai microfoni del Tg1 -. Per questo gli hanno sparato».
Infine, la ragazza ha commentato i recenti sviluppi dell’indagine, che parlano di uno scambio di droga finito male. «La droga? Che droga? — si è cheista Anastasya Kylemnyk — Non c’entriamo niente con questa storia. Luca era l’amore. Gli altri che gli hanno fatto questo sono dei mostri. Noi eravamo lì per andare a salutare il fratellino piccolo di Luca che era nel locale. Non c’entriamo nulla con la storia della droga».
Di parere opposto, però, sembra essere il capo della polizia Franco Gabrielli, che ha parlato di solidi elementi nelle mani delle forze dell’ordine per poter affermare con serietà questa ipotesi investigativa: «Comprendiamo che si parla della morte di un ragazzo di 24 anni — ha detto il capo della Polizia -, ma vi posso assicurare che non siamo di fronte a una rapina andata male. Gli accertamenti e le cose che l’autorità giudiziaria disvelerà , quando riterrà opportuno, non ci raccontano la storia di due poveri ragazzi scippati».
Il capo della Polizia, in ogni caso, ha letto in maniera positiva la collaborazione dei familiari degli aggressori, per i quali si attende la convalida del fermo. Roma avrà pure i suoi problemi, ma non è di certo Gotham City».
(da agenzie)
argomento: criminalità | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
NON SI SAREBBE TRATTATO DI UNA COMUNE RAPINA MA DI UNO SCAMBIO DI DROGA FINITO MALE
Sono stati interrogati in Questura a Roma i due sospettati per la morte di Luca Sacchi, il 24enne ucciso due sere fa nel quartiere Colli Albani di Roma. Si tratta di Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, entrambi 21enni, residenti nel quartiere San Basilio. Nei loro confronti la procura di Roma ha emesso un decreto di fermo; gli agenti li hanno scortati nel carcere di Regina Coeli.
Secondo gli inquirenti, non si sarebbe trattato di una comune rapina, ma di uno scambio di droga finito male.
Che dietro ci sia dell’altro lo ha detto chiaramente il capo della polizia Franco Gabrielli. “Gli accertamenti che l’autorità giudiziaria disvelerà quando riterrà opportuno non ci raccontano la storia di due poveri ragazzi scippati. Lo dico tenendo sempre ben presente, non vorrei essere equivocato su questo, che stiamo parlando della morte di un ragazzo di 24 anni”, ha detto il numero uno della polizia.
“Parliamo – ha sottolineato Gabrielli, a margine della cerimonia per i 70 anni della rivista Poliziamoderna – di una vicenda gravissima. È morto un ragazzo di 24 anni. Questo dovrebbe imporre ad ognuno di noi un atteggiamento di grande riflessione e rispetto”.
“Sono soddisfatto – ha proseguito – della risposta delle forze di polizia, che hanno agito in maniera sinergica, senza gelosie. E non posso non notare, con un certo sollievo – ha sottolineato il capo della polizia – che questa vicenda, sotto il profilo dell’accertamento della verità , ha visto coinvolta la stessa famiglia di uno degli autori dell’efferato gesto”.
La fidanzata della vittima, Anastasia Kylemnyk, ha smentito ai microfoni del Tg1 che la droga c’entri qualcosa. “La droga? Non centra niente. Luca era lì per guardare il fratellino piccolo che si trovava nel pub”. “Luca non ha mai incontrato gli spacciatori – ha aggiunto Anastasia – Non ho visto e sentito nulla. Ho sentito solo la voce di un ragazzo romano e giovane. Mi ha detto ‘dammi sto zaino’. E Luca mi ha protetto come ha sempre fatto: l’ha messo a terra e forse per questo si sono spaventati”.
I due sospettati non si sono affatto costituiti, come era emerso inizialmente.
“Non si sono assolutamente costituiti, sono stati raccolti elementi e poi sono stati catturati fuori dal domicilio, in luoghi dove si nascondevano: uno era in zona San Basilio, l’altro era in un residence, non è stato facile rintracciarlo. Hanno usufruito di legami familiari e conoscenze”, hanno detto il capo della Squadra Mobile di Roma Luigi Silipo e il colonnello Mario Conio, comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Roma.
È stata sequestrata la vettura che i due sospettati hanno utilizzato per fuggire dal locale in zona Appio dove avrebbero commesso l’omicidio di Luca Sacchi.
Secondo una prima ricostruzione Luca Sacchi e la ragazza volevano acquistare droga ma poi le cose sono degenerate fino al tragico epilogo. Dai primi accertamenti i due sospettati, notando che nello zainetto della donna c’erano parecchi soldi, si sono offerti di procurare lo stupefacente per poi ritornare armati di pistola e rapinare la ragazza. Alla reazione di Luca hanno poi sparato in testa al giovane.
(da agenzie)
argomento: criminalità | Commenta »
Ottobre 25th, 2019 Riccardo Fucile
TUTTI I DATI CHE DIMOSTRANO CHE SALVINI MENTE SAPENDO DI MENTIRE
Il Fatto Quotidiano oggi torna sul patetico tentativo di sciacallaggio da parte di Matteo Salvini per la
morte di Luca Sacchi a Roma segnalando l’invenzione del taglio al fondo delle forze dell’ordine da parte del Capitano:
Stavolta non ci sono gli immigrati da additare come obiettivo alla reazione rabbiosa del “popolo”e quindi la si butta in politica. In maniera piuttosto goffa visto che, insediato da poco più di un mese e con una manovra di bilancio ancora da realizzare, è improbabile che il trio “Renzi,Conte e Zingaretti” possa aver fatto alcun taglio.
Semmai il presidente del Consiglio —che ha definito “speculazione miserabile” le parole di Salvini — ha al suo attivo la firma del Dpcm del 24 settembre con cui ha autorizzato l’assunzione di 11.950 agenti, suddivisi tra Carabinieri (4.538), Polizia di Stato (3.314), Guardia di Finanza (1.900), Polizia Penitenziaria (1.440), Vigili del Fuoco (938). Saranno effettuate nel periodo 2019-2023.
E Conte ha ricordato che proprio l’altroieri “abbiamo varato gli stanziamenti aggiuntivi per gli straordinari alle forze dell’ordine per il 2018,e indovinate chi doveva farlo e non l’ha fatto…?”, con un chiaro riferimento a Salvini.
E Il Fatto ricorda a quale governo si devono i tagli più imponenti agli organici delle forze dell’ordine
Il paradosso è che se le forze di polizia hanno problemi di organico il vero responsabile è proprio Salvini, o meglio la Lega che ha governato con Silvio Berlusconi dal 2008 al 2011, gli anni del blocco del turn-over e quindi del dimagrimento progressivo delle forze dell’ordine: erano 325mila nel 2008,scendono a 301 mila nel 2016 visto che anche i governi Monti e Letta hanno proseguito su quella strada. E così, oggi, la Questura di Roma può contare (dati a inizio 2019) su 6749 unità in servizio che però devono coprire il comune più grande d’Italia
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »