Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
A SORA IL PICCOLO GIOIELLO DELLA “SCUOLA DI TUTTI”, PROTOTIPO DI SCUOLA ANTISISMICA A RISPARMIO ENERGETICO: “SARA’ IL LUOGO DELLA LIBERTA’, PERCHE’ DA SEMPRE I BAMBINI CERCANO IL CIELO”
È una giornata di sole a Sora, città in provincia di Frosinone, vittima di un disastroso terremoto nel 1915 e zona sismica. Una giornata di sole. Anche metaforicamente. Perchè è il giorno della demolizione dell’ex mattatoio fatiscente e diroccato, al posto del quale sorgerà la Scuola di Tutti, scuola prototipo antisismica progettata da Renzo Piano.
“La scuola deve essere un luogo sicuro”, dice l’Architetto. “L’Italia ha una grande tradizione metodologica, ma edifici scolastici non all’altezza. Questo è uno dei tanti piccoli grandi progetti che io e il mio team di ragazzi al lavoro al Senato stiamo realizzando”.
La cronaca degli ultimi anni, e degli ultimi giorni, ci racconta di un’Italia sempre più fragile. Le persone non si sentono più sicure.
L’Italia è da sempre un paese fragile, ma di grande bellezza. E la bellezza di natura ha una sua fragilità . È un paese sismico e non bisogna credere alla fatalità , bisogna prepararsi. A livello nazionale è lo stesso tema, ci vuole un’energia, un rammendo del territorio: è questo il lavoro che facciamo al Senato dove ci sono un gruppo di 30 persone che lavorano a piccoli progetti.
Ci parla di piccoli progetti. Ma si assiste a crolli di ponti e viadotti, disastri come l’acqua alta di Venezia o le alluvioni di Genova. Come facciamo a mettere in protezione tutta l’Italia?
Io questo non glielo so dire. Io intanto faccio quello che posso. Facendo delle piccole cose, tante piccole cose: vede, questi progetti sono come gocce, con tante gocce si fa anche il mare. Che a volte è anche pieno di sardine…
Ed è un bene o male che questo mare sia pieno di sardine?
È un bene, è un bene.
A che punto siamo con la ricostruzione di Ponte Morandi?
Intanto non si chiama più Ponte Morandi, perchè purtroppo quel ponte non c’è più. Stiamo ricostruendolo, è un cantiere che va. Ma il punto è che non bisognerebbe fare le cose solo spinti dall’emergenza.
Cosa mi dice del crollo del viadotto Savona-Torino? L’ha fatta tornare indietro con la memoria?
Usciamo dal tema, parliamo della scuola, non mi voglio rifiutare di parlare, sia chiaro, ma sono ansioso di demolire l’ex mattatoio per far nascere questo piccolo gioiello.
E questo piccolo gioiello, di cui Renzo Piano, il sindaco e tutta la città di Sora sono giustamente orgogliosi sarà una “piccola scuola, solo 250 alunni”, come racconta l’Architetto. Ma c’è di fondo l’idea che sia un luogo sicuro. Perchè da sempre la scuola è un luogo di incontro”.
Ma sarà anche una scuola dove si sperimenterà il risparmio energetico: “L’idea di usare il legno è bella, perchè è un materiale rinnovabile, porta un suo profumo, una sua bellezza. Il sindaco mi ha promesso che saranno piantati tanti alberi per quanto legno verrà utilizzato per la costruzione della scuola”.
Perchè la scuola obbedisce a regole logiche: “Deve essere un luogo certo, un luogo dove non si corrono rischi”, racconta l’Architetto e esorcizza: “Non succederà mai più, sia chiaro, ma i terremoti sono una cosa da considerare nella storia del nostro paese, dove i percorsi sono difficili, ma le cose si fanno anche qui”.
Non solo. La Scuola di tutti di Sora sarà non solo modello abitativo per l’edilizia scolastica di tutta l’Italia, ma insegnerà ai bambini “che la fragilità della Terra è ormai acquisita”, spiega l’Architetto e “che l’ambiente va difeso”.
“Sarà a tre piani” continua Renzo Piano, “il piano terra sarà il luogo dello scambio della scuola con la città , al primo piano ci saranno le aule e poi la terrazza giardino”, racconta Renzo Piano. “Lì sarà il luogo della libertà , perchè da sempre i bambini cercano il cielo e sognano di volare. Devono continuare a farlo”.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
IN PIAZZA ANCHE LA DESTRA CIVILE, LIBERALE, LAICA ED EUROPEA
E chi l’ha detto che per essere una “sardina” sia necessario considerarsi di sinistra? Sì, ok, in
quelle piazze che in questi giorni si vanno riempendo in tutta Italia ci sono tante persone accomunate anche da una precisa fede politica. Ma certe adunate, per natura, non sono mai tutte dello stesso colore. Anzi.
Negli slogan, nella determinazione, nell’ironia di quella gente c’è spazio per chiunque si senta diverso dalla destra salviniana.
Una destra orgogliosa di rivendicare la propria distanza da una politica fatta di odio e propaganda, di rabbia dispensata a piene mani in cambio di voti facili, senza reali proposte.
C’è un popolo (di destra, è bene ribadirlo) che non accetta il dominio dell’estremismo. E che proprio per questo si batte.
Le immagini che hanno inondato i social e le tv nelle scorse ore hanno dipinto piazze bellissime dove una destra civile, liberale, laica ed europea può e deve trovare un suo personalissimo spazio.
Il manifesto redatto a Bologna dai 4 ragazzi che hanno avuto la geniale intuizione della protesta “ittica” è chiaro: i sovranisti hanno approfittato della buona fede e della paura della gente per catturarne l’attenzione.
Deviandola verso la politica dell’insulto facile, del pericolo sempre dietro l’angolo, lontana da argomenti seri che non possono affrontare, non avendo un bel niente da dire in proposito.
Questa è la destra del duo Salvini-Meloni, una presenza opprimente che parte dai social e alla quale è arrivato il momento di dire basta. Armandosi di pesci di cartone, perchè no.
Con la consapevolezza che questo è solo il primo passo, un movimento spontaneo da tenersi stretto finchè in grado di veicolare un messaggio forte e chiaro: di questa politica che si lega al potere con le catene della paura non abbiamo bisogno. Stop.
Ecco perchè, in fondo, anche la destra, una buona destra, può essere un po’ sardina. Perchè tattiche, obiettivi, priorità in politica possono essere diversi ma i valori di civiltà no, quelli possono essere unificanti.
Queste piazze sono la dimostrazione che un’altra politica anche in Italia può esistere. E di questo bisogna essere felici. Anche da destra.
Filippo Rossi
Direttore artistico Caffeina Festival
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
“RIMETTIAMO L’INDIVIDUO AL CENTRO, VOGLIAMO RAPPRESENTARE QUELL’ITALIA CHE RAGIONA CON LA TESTA”… “NON SIAMO UN PARTITO E NON CI INTERESSA CREARLO, E’ LA POLITICA CHE DEVE CAMBIARE TRASMETTENDO VALORI POSITIVI”
“Noi non inseguiamo Salvini, è lui che ha bisogno di venirci dietro. In piazza abbiamo dimostrato di saperlo battere. Siamo stufi della rappresentazione di un mondo semplicistico, la società è complessa e vogliamo contribuire a migliorarla. Rimettiamo l’individuo al centro. L’elettore ha una responsabilità . Noi nuovo partito? Smettetela di vedere ogni volta nei neo-movimenti dal basso come il nostro l’opportunità di una rinascita per il vostro vuoto politico e per i vostri fallimenti. Non siamo un fenomeno di moda: vi garantisco che c’è un’intera generazione che oggi vede nelle Sardine un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi. Ma non chiamatemi leader, io sono ‘solo’ Mattia”
Mattia Santori, 32 anni, può essere considerato l’ideatore delle Sardine. Sono stati lui e altri tre ragazzi a organizzare in pochi giorni il primo mega-raduno del popolo “che non si Lega”: quello del 14 novembre 2019 in piazza Maggiore a Bologna. E ora il movimento si è allargato a tutta Italia: da 6mila a 200mila manifestanti, uniti contro la “cultura dell’odio portata avanti da Matteo Salvini”.
È proprio nel cuore di Bologna, seduti a un tavolo nello storico ristorante “Ballotta”, che si svolge l’intervista di TPI a Santori.
“Il vuoto che abbiamo scoperto esserci in Emilia Romagna e anche a livello nazionale, e la risposta e l’energia che abbiamo provocato, sono molto più grandi di quel che ci aspettassimo. È una bella responsabilità ”, osserva Mattia.
Dai quattro ragazzi di partenza oggi il coordinamento delle Sardine, sede a Bologna, è composto da una ventina di persone: “Cerchiamo di avere persone fidate — spiega il leader — perchè gestiamo dati sensibili e dobbiamo verificare che non venga snaturato il messaggio partito da piazza Maggiore: siamo al 99 per cento persone pienamente coinvolte ma dobbiamo tutelarci da quell’1 per cento che ha doppi fini”.
Nell’intervista Santori chiarisce qual è la vera natura del movimento: “Non siamo un partito e non è nostra intenzione formarlo. C’è una parte di Italia che preferisce ragionare con la pancia e una parte che preferisce ragionare con la testa. Noi abbiamo cercato di dare una risposta e una identità a chi cercherebbe di ragionare con la testa ma in questi anni non ha avuto nessun interlocutore”.
“Abbiamo riaffermato l’importanza della coscienza politica prima della politica in senso stretto”, aggiunge. “Bisogna riaffermare la centralità dell’individuo: viene prima la persona rispetto alla campagna elettorale”.
Salvini? “Lo abbiamo già sconfitto. O meglio: abbiamo sconfitto il messaggio che viene dalla sua parte politica. Noi siamo nati parlando di lui per convogliare un’energia contro un nemico comune e ora la situazione si è ribaltata: loro tutti i giorni parlano delle Sardine e cercano di riaffermare quanto sono diversi da noi”.
Nelle Sardine, dice Mattia Santori, “rivedo un messaggio quasi evangelico di libertà ”. “Sono cattolico, cerco di avere un percorso di fede”, racconta.
Infine, un messaggio: “Le piazze delle Sardine sono nate con uno slogan molto preciso: l’Italia non abbocca. Il messaggio è che la politica e la società sono qualcosa di molto più complesso di quello che vogliono farci credere, torniamo a riappropiarci di uno spazio fisico, come la piazza, e anche intellettuale per fare in modo che la politica cambi“.
(da TPI)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
E IN OGNI CASO I GIUDICI DEL TRIBUNALE DELLE NEBBIE HANNO DIMOSTRATO DI NON CONOSCERE LE LEGGI INTERNAZIONALI: TOCCAVA ALL’ITALIA DESIGNARE UN PORTO SICURO IN BASE ALLA CONVENZIONI DI AMBURGO
Il tribunale dei ministri di Roma ha archiviato le accuse di abuso e omissione di atti di ufficio
nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini sul caso della Alan Kurdi con motivazioni che sembrano piuttosto curiose a prima vista: ovvero, illustra oggi Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, che se è vero che la responsabilità di assegnare un porto sicuro spetta allo “stato di primo contatto”, quest’ultimo “non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio”.
Ricordiamo la storia: ad aprile Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, decide – in forza del decreto Sicurezza – di non concedere lo sbarco ai migranti soccorsi dalla nave Alan Kurdi della ONG tedesca Sea Eye. L’imbarcazione, che batte bandiera tedesca, è rimasta bloccata per dieci giorni. A bordo c’erano 65 migranti tra cui 12 donne, una incinta, e un bambino. In seguito alle decisioni del ministro viene aperta una indagine nei confronti di Salvini per abuso d’ufficio e rifiuto di atti di ufficio.
Spiega il quotidiano:
«L’assenza di norme di portata precettiva chiara applicabili alla vicenda – hanno scritto i giudici Maurizio Silvestri, Marcella Trovato e Chiara Gallo –non consente di individuare, con riferimento all’ipotizzato, indebito rifiuto di indicazione del Pos (Place of safety), precisi obblighi di legge violati dagli indagati, e di conseguenza di ricondurre i loro comportamenti a fattispecie di rilevanza penale».
Niente reati quindi, e niente processo.
Oltre a stabilire la responsabilità dello Stato di appartenenza della nave che ha soccorso i profughi, infatti, il tribunale romano aggiunge che quando –come nel caso della Alan Kurdi, e come spesso accade – le coste di quel Paese sono troppo lontane, «la normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in percolo».
Le leggi sono inadeguate, e tutto è rimesso a «una concreta e fattiva cooperazione tra gli Stati interessati che, fino a oggi, è di fatto scritta solo sulla carta».
L’interpretazione di norme e regolamenti, però, sembra tutt’altro che scontata. E difficilmente il provvedimento del tribunale porrà fine a denunce e inchieste.
Cosa c’è che non torna nella sentenza del tribunale dei ministri
Nella sentenza però, o perlomeno nella sintesi che ne fa il Corriere, c’è qualcosa che non torna: la casistica generale prevede che tutti gli attori coinvolti collaborino al salvataggio: il comandante della nave ha l’obbligo di salvare i naufraghi, lo stato di bandiera deve assicurarsi che le navi ottemperino ai regolamenti internazionali e lo Stato che coordina i soccorsi e che gestisce la zona SAR deve indicare il place of safety per lo sbarco.
Del resto anche nel codice di condotta delle ONG varato da Minniti (che non tutte le ONG hanno sottoscritto) prevedeva per le organizzazioni non governative l’impegno a comunicare al competente MRCC l’idoneità tecnica (relativa alla nave, al suo equipaggiamento e all’addestramento dell’equipaggio) per le attività di soccorso, fatte salve le applicabili disposizioni nazionali ed internazionali concernenti la sicurezza dei natanti e le altre condizioni tecniche necessarie alla loro operatività e l’impegno ad assicurare che, quando un caso SAR avviene al di fuori di una SRR ufficialmente istituita, il comandante della nave provveda immediatamente ad informare le autorità competenti degli Stati di bandiera, ai fini della sicurezza, e il MRCC competente per la più vicina SRR, quale “better able to assist”, salvo espresso rifiuto o mancata risposta di quest’ultimo.
Al momento del salvataggio da parte della Alan Kurdi la nave aveva l’obbligo di avvertire il MRCC competente per farsi assegnare un POS. Dal momento che la Libia nemmeno per Salvini è un porto sicuro una volta interpellata l’Italia aveva l’obbligo di concedere il Pos, in forza della Convenzione di Amburgo: in particolare il punto 2.1.9. la Convenzione stabilisce che nel caso in cui le Parti contraenti vengano informate che una persona è in pericolo in mare, in una zona in cui una parte contraente assicura il coordinamento generale delle operazioni di ricerca e di salvataggio, le autorità responsabili di detta parte adottano immediatamente le misure necessarie per fornire tutta l’assistenza possibile.
È la legge a dire che il comandante ha l’obbligo di salvare, lo stato bandiera di vigilare che il comandante rispetti tale obbligo, lo stato che ha in “carico” la zona Sar di coordinare i soccorsi. Per come viene raccontata dai giornali la decisione dei giudici appare incomprensibile.
Su Twitter il ricercatore dell’ISPI Matteo Villa scrive che il titolo del Corriere della Sera “Le Ong sbarchino nei loro paesi” è errato perchè «per i giudici chi soccorre non deve sbarcare nel Paese di bandiera (spesso sarebbe ridicolo, o folle), ma farsi coordinare da quello».
La solita zona grigia del diritto internazionale, commenta Villa che aggiunge «per il diritto internazionale neppure il coordinamento compete allo Stato di bandiera, ma agli Stati responsabili della loro zona SAR. Il coordinamento dello Stato di bandiera è facilitante e residuale».
Come aveva spiegato a luglio il Redattore Sociale la legge del mare contiene numerose zone grige che gli stati sfruttano per rimpallarsi le responsabilità dei salvataggi.
Ed è in quella zona grigia che Salvini ha pensato di incardinare la sua trovata propagandistica dei “porti chiusi”. Come detto però le norme non richiedono un coordinamento attivo da parte degli stati bandiera (immaginate che a salvare i migranti nel Mediterraneo sia una nave da carico battente bandiera panamense, è successo) ma gli Stati che hanno la competenza sulla specifica zona SAR.
E qui casca l’asino: se il salvataggio avviene in acque SAR libiche i libici non possono indicare il proprio paese come place of safety, restava l’Italia, ma Matteo Salvini “chiudeva i porti”.
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
10 VOTANO A FAVORE, 2 CONTRO, 2 SI ASTENGONO… LA GUERRIGLIA INTERNA CONTINUA
M5S ha cambiato idea su Ursula von der Leyen? La presidente della Commissione Europea ha ottenuto il via libera alla sua squadra da parte del Parlamento Europeo nella votazione del 27 novembre.
Una votazione che, dopo le turbolenze delle scorse settimane (con tanti cambiamenti in seno al team deciso dalla von der Leyen per accompagnarla nella sua missione di guida delle istituzioni dell’UE), ha ottenuto un largo consenso in parlamento, con 461 voti a favore, 157 contrari e 89 astenuti.
Sorpresa tra le fila del Movimento 5 Stelle. I 14 pentastellati, infatti, hanno espresso orientamenti diversi: 10 parlamentari hanno votato a favore, due contro e due si sono astenuti.
E pensare che era stato proprio il voto favorevole del Movimento 5 Stelle, qualche giorno prima che cadesse il governo giallo-verde con la crisi aperta da Matteo Salvini, a dare il via libera alla figura di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea.
In poco più di quattro mesi, gli orientamenti sembrano essere cambiati. Un segnale preoccupante che arriva da Bruxelles proprio in seguito ai malumori interni che si sono aperti all’interno del Movimento e della sua visione europeista all’indomani delle decisioni sul Mes, il Meccanismo europeo di Stabilità .
Probabile che in questa spaccatura ci sia una visione pro-vertici e anti-vertici dei pentastellati.
Nel corso degli ultimi giorni, il dibattito interno al Movimento 5 Stelle si è fatto più serrato e soltanto l’intervento di Beppe Grillo ha impedito un vero e proprio ciclone che avrebbe travolto non soltanto il partito, ma la tenuta della maggioranza e dell’intera legislatura.
Una guerriglia interna che, a giudicare dal voto sulla von der Leyen, non si è ancora del tutto sopita.
I 14 eurodeputati M5s, eletti lo scorso 26 maggio 2019 sono Eleonora Evi e Tiziana Beghin per la circoscrizione Nord-Ovest, Marco Zullo e Sabrina Pignedoli in quella Nord-Est. Al Centro Fabio Massimo Castaldo e Daniela Rondinelli. Al Sud Chiara Maria Gemma, Laura Ferrara, Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato, Isabella Adinolfi, Mario Furore. E infine per le isole Dino Giarrusso e Ignazio Corrao. Nove sono gli eurodeputati confermati al secondo mandato.
(da agenzie)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
VIA LIBERA ALLA NUOVA COMMISSIONE, I SOVRANISTI NON CONTANO UNA MAZZA
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ottiene il via libera
dell’Europarlamento con 461 voti a favore – inclusi quelli deu grillini italiani – e 157 contro (89 gli astenuti).
Al via il suo mandato il primo dicembre, dopo la proclamazione del Consiglio europeo, Von der Leyen fa meglio del suo predecessore Juncker che ebbe 423 voti a favore, 209 contrari e 67 astenuti (su 751 eurodeputati): “Siamo pronti – dice von der Leyen – ora sostenetemi. Mettiamoci a lavorare insieme per un nuovo inizio dell’Europa”.
E la nuova Europa avrà la difesa dell’ambiente al vertice della sua agenda: “Prima l’Europa si muove e maggiori saranno i vantaggi per cittadini. Venezia sotto l’acqua è una questione vitale. Vediamo le foreste in Portogallo colpite da incendi, la siccità in Lituania. E’ successo anche in passato, ma non possiamo perdere neanche un secondo”.
La transizione verso la neutralità climatica dell’Europa entro metà secolo “dovrà essere equa e inclusiva altrimenti non potrà avvenire. Noi ci candidiamo a essere un soggetto in grado di definire gli standard globali, ma è evidente che dobbiamo portare con noi il mondo intero a convergere sugli obiettivi. Serve una parità di condizioni nel mercato. Per questo i nostri accordi commerciali contengono una parte sulla sostenibilità ambientale”.
“Il Green Deal europeo, in ogni caso, è la nostra nuova strategia di crescita. Al centro ci sarà la strategia industriale per consentire alle aziende di fare innovazione e sviluppare nuove tecnologie creando nuovi mercati. Ci aiuterà a ridurre le emissioni favorendo la creazione di posti di lavoro”.
Il mondo – continua von der Leyen – ha bisogno che l’Europa abbia “un ruolo guida”, che sia “una forza motrice” nelle relazioni internazionali.
“Dobbiamo mostrare ai nostri partner delle Nazioni Unite che possono fare affidamento su di noi, ai paesi dei Balcani occidentali che condividiamo lo stesso continente, la stessa storia, la stessa cultura e che condivideremo lo stesso destino: le nostre porte rimangono aperte”. La vocazione europea, ha proseguito, è quella di “modellare un migliore ordine globale”. E anche se “ci sono problemi” con il partner transatlantico, “i nostri legami hanno superato tante prove”.
E a proposito della Brexit: “Un membro della nostra famiglia intende lasciare la nostra Unione e io non ho mai sottaciuto che sarò sempre una remainer. Ma rispetteremo la decisione dei britannici e troveremo sempre delle soluzioni alle sfide comuni, ma qualsiasi cosa serba il futuro per noi il legame e l’amicizia dei nostri popoli non possono essere spezzati”, ha aggiunto.
L’italiano Paolo Gentiloni, commissario incaricato agli Affari Economici: “Sarà un buon inizio”. E proprio a Gentiloni, la presidente dedica parole di grande incoraggiamento: “Credo in lui, farà bene”. E a proposito della necessità di dare nuovo sprint all’economia: “Bisogna dare tempo e spazio per permettere alle nostre economie di crescere. Dobbiamo usare tutta la flessibilità consentita dalle regole europee”.
“L’unione bancaria deve essere completata per rafforzare il nostro sistema finanziario e renderlo più resiliente, ho affidato questo compito a Valdis Dombrovskis la persona più giusta per questo compito”.
La presidente Ursula von der Leyen annunciato inoltre che cambierà il nome del portafoglio della commissaria Maryia Gabriel per includervi la parola “cultura”, come era stato chiesto nelle scorse settimane dall’Italia e da altri Paesi. “La cultura e l’istruzione sono ciò che lega la nostra storia con il nostro futuro. Il suo portafoglio sarà ri-denominato per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventu”.
Ancora von der Leyen sottolinea che l’Europa si è spaccata sulla crisi dei migranti, ma ora dovrà andare avanti per “trovare una risposta umana ed efficace”, perchè è “orgogliosa dei propri valori e dello stato di diritto. E’ stato tragico sapere che una madre in Vietnam ha ricevuto il messaggio dalla figlia che sta morendo asfissiata nel cassone di un camion. Per quelle persone, le loro madri, i padri, gli amici, siamo tutti d’accordo che questo non deve più succedere”.
“Dobbiamo rompere il modello crudele dei trafficanti, riformare i sistemi di asilo senza dimenticare i valori di responsabilità e solidarietà , consolidare le frontiere esterne per tornare a un sistema Schengen perfettamente funzionante, investire in partenariati con i Paesi di origine: non sarà facile ma dobbiamo provare”.
“Come prima donna presidente della Commissione, ogni membro del mio collegio avrà per la prima volta un gabinetto equilibrato per la parità di genere. Entro la fine del nostro mandato, avremo per la prima volta la parità di genere a tutti i livelli di gestione, il che cambierà il volto della Commissione”.
“All’inizio dell’anno prossimo, la commissaria alla Salute Stella Kyriakides lancerà un ambizioso piano contro il cancro per l’Europa, che contribuisca ad alleviare le sofferenze provocate da questa malattia. Quando ero una ragazza a Bruxelles, la mia sorellina è morta di cancro a 11 anni. Mi ricordo il senso di impotenza dei miei genitori, ma anche del personale medico. Tutti hanno una storia simile, o conoscono persone che ne hanno vissute. E in Europa oggi i casi di cancro stanno aumentando. L’Ue deve occuparsi delle cose cui la gente tiene”.
(da agenzie)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
IL CONGRESSO DEL 21 DICEMBRE SANCIRA’ LA NASCITA DELLA “LEGA PER SALVINI PREMIER”… E PER LA “LEGA NORD” SARA’ NOMINATO UJN COMMISSARIO CHE TEORICAMENTE DOVRA’ PENSARE A PAGARE LE RATE DEI PROSSIMI 80 ANNI (CON QUALI SOLDI?)
A Matteo Salvini, è cosa nota, sentirsi chiedere dei famosi 49 milioni della Lega Nord non fa molto piacere. Non che abbia mai risposto seriamente alle domande dei giornalisti sull’argomento. Ma una volta concluso il congresso che sancirà la nascita ufficiale della Lega per Salvini premier non dovrà più farlo.
Perchè quella Lega dei 49 milioni di euro non sarà più affar suo.
Il Congresso del 21 dicembre darà vita ad una bad company, una Lega “cattiva” che dovrà occuparsi della questione dei 49 milioni di euro.
La vecchia Lega non può sparire, non tanto per questioni nostalgiche o perchè il partito ormai non è più radicato solo al Nord ma perchè deve restituire allo Stato (in comode rate) i famosi 49 milioni.
Salvini però non sarà il Segretario di quella Lega per la quale verrà nominato un commissario. Il leader della Lega avrà quindi finalmente l’alibi politico per non dover rispondere alle domande di chi gli chiede dove siano finiti quei soldi.
Anche se parte di quelli sono “scomparsi” ben dopo la fine della gestione di Umberto Bossi, prima con Maroni (quello delle scope padane) e poi proprio con Salvini.
Perchè la vicenda è sì quella della truffa ai danni dello Stato, sui rimborsi elettorali non dovuti dal 2008 al 2010, ma l’Espresso ha documentato che non si tratta unicamente di “presunti errori” di dieci anni fa perchè i soldi in questione sono entrati nelle casse del partito anche tra il 2011 e il 2014, quindi durante la gestione di Roberto Maroni e Matteo Salvini.
E pensare che qualche tempo fa Salvini commentando la sentenza del tribunale del Riesame che aveva accolto il ricorso della Procura di Genova sul sequestro dei 49 milioni di euro della Lega diceva che i soliti poteri forti «cercano di toglierci dai giornali, dalle tv, dalle radio, dal Parlamento. Cercano di farlo “alla turca”. Ma non ci riusciranno. In democrazia sono i cittadini con il loro voto che decidono chi vince e chi perde, non un singolo giudice. Sono proprio curioso di vedere adesso cosa dirà il Presidente della Repubblica».
Alla fine a far sparire la Lega sarà proprio lui, quello che diceva che non avrebbe mollato. E a “suggerire” che questa sarebbe stata l’unica strada era stato il procuratore di Genova Francesco Cozzi che in un’intervista al Corriere nel settembre dello scorso anno aveva spiegato che «di fronte a un nuovo soggetto giuridico completamente autonomo, non potremmo fare nulla rispetto ai versamenti futuri. Anche se il neonato partito è erede del precedente dal punto di vista ideologico e politico. Bisogna sempre valutare la continuità giuridica per procedere e in questo caso salterebbe».
Insomma alla fine le scope padane di Maroni sono servite prima a nascondere la polvere sotto il tappeto e poi a metterci direttamente il partito.
Chissà cosa succederà in futuro, ad esempio ora che c’è la nuova Lega che fine faranno le indagini e le inchieste in corso?
(da “NextQuotidiano”)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
“DUE GIUDICI STABILISCONO CHE OPEN NON E’ UNA FONDAZIONE E CAMBIANO LE REGOLE IN MODO RETROATTIVO”
“Chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca
una sfida decisiva per la democrazia italiana”.
Con un post su Facebook, con al centro l’inchiesta sulla fondazione Open, Matteo Renzi torna all’attacco della magistratura. Per la seconda volta in poche ore. “Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall’articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini”, continua l’ex premier nel suo post.
Il leader di Italia Viva poi incalza e fa un riferimento alle perquisizioni disposte il 26 novembre dalla magistratura, in varie città d’Italia: “Perquisire a casa e in azienda, all’alba, persone non indagate che hanno dato lecitamente contributi alla fondazione Open è un atto senza precedenti nella storia del finanziamento alla politica. I finanziamenti alla fondazione sono tutti regolarmente tracciati: trasparenza totale!”. Poi torna sull’operato dei magistrati: “Due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Aprendo indagini per finanziamento illecito ai partiti! Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito?”.
Alla fine la provocazione. Nel frattempo, scrive Renzi, “raccomando a tutte le aziende di NON finanziare Italia Viva se non vogliono rischiare: possiamo raccogliere solo microdonazioni di cittadini che non accettano questa gara al massacro contro di noi. E che al sito italiaviva.it/sostieni stanno contribuendo in queste ore, dimostrandoci solidarietà e affetto”.
(da agenzie)
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Novembre 27th, 2019 Riccardo Fucile
LA PENOSA POLEMICA DEI RAZZISTI CHE SMENTISCONO SE STESSI: MA NON ERANO QUELLI DELL’AIUTIAMOLI A CASA LORO?
Renato Farina su Libero di oggi interpreta il sentimento popolare italiano riguardo il terremoto in Albania con la solita nobiltà d’animo e d’intenti che sprizza da tutti i pori delle prestigiose firme del centrodestra italiano.
Sorvolando sul fatto che questi sono quelli che dicono degli immigrati che vanno aiutati a casa loro, ma quando c’è da aiutarli a casa loro allora dicono che prima bisogna aiutare i nostri (perchè “non sono razzista ma…” “con tutto il rispetto per la signora Segre…“) oggi a riportare questi signori alla realtà ci pensa Il Sole 24 Ore:
L’Italia riveste un ruolo importante nella realtà economica albanese. Il nostro Paese è il primo partner commerciale di Tirana, con circa 2,6 miliardi di euro di interscambio messi a segno nel 2018, pari a un terzo di tutti gli scambi internazionali dell’Albania. L’Italia è anche nettamente il primo cliente delle imprese albanesi, con il 48% di quota del volume delle esportazioni, ed è anche il primo fornitore dell’Albania con il 27,3% delle importazioni. Il secondo paese partner più importante, cioè la Grecia, detiene solo il 7% dell’interscambio commerciale di Tirana, e ancora meno spazio occupano la Germania e la Cina, rispettivamente terzo e quarto Paese partner dell’Albania.
Le imprese italiane in territorio albanese sono un migliaio, soprattutto piccole e medie, cui si aggiungono grandi gruppi come Intesa SanPaolo e alcune medie aziende, principalmente nei settori del cemento, dell’agroalimentare e dell’energia. Sul totale delle imprese con capitale straniero e misto, è sempre il nostro Paese ad aver assorbito la quota maggiore dell’occupazione, con una quota di oltre il 49%.
(da “NextQuotidiano”)
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