Novembre 12th, 2020 Riccardo Fucile
“A FERRAGOSTO CI SIAMO GIOCATI TUTTO, GUAI A RIPETERE L’ERRORE”
Natale sarebbe a rischio, secondo il professor Massimo Galli. ”Alla luce dei numeri, se gli
interventi non funzionassero arriveremmo a Natale nel pieno della seconda ondata. Se funzioneranno, dovremo adeguarci a una riapertura graduale e a molte cautele, per non ripetere quanto già successo a Ferragosto”.
Lo ha affermato l’esperto infettivologo, past president della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, intervenuto in serata al ‘Global Health — Festival della Salute Globale’.
“Rispetto alla scorsa primavera, quando la gente era impaurita, ma solidale e disponibile a seguire le disposizioni, ora c’è molta stanchezza e anche molta rabbia. Posizioni irrazionali trovano molto più spazio”, sottolinea.
“Anche nella migliore delle ipotesi non possiamo trasformare il prossimo Natale nel Ferragosto scorso quando ci siamo giocati tutto, perchè il virus era alle nostre spalle solo per pugnalarci. Scordiamoci i grandi cenoni con le famiglie allargate”. Ha poi ribadito a Cartabianca su Rai3.
Quanto al coronavirus Sars-CoV-2 che sta rimettendo in ginocchio l’Europa, “è possibile che nella seconda ondata il virus sia in parte cambiato — ha osservato l’infettivologo — Stiamo cercando di capire quanto questo sia accaduto in Italia”.
(da agenzie)
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Novembre 12th, 2020 Riccardo Fucile
I MODELLI MATEMATICI INDICANO UN APPIATTIMENTO DELLA CURVA DEI CONTAGI
Non si può ancora parlare di curva dell’epidemia in fase remissiva. Tuttavia, quello che stiamo notando — anche a occhio nudo e senza sezionare i dati che quotidianamente vengono trasmessi dal ministero della Salute — è una tendenza al rallentamento della seconda ondata del coronavirus in Italia.
Una osservazione che ha portato Roberto Battiston, fisico dell’Università di Trento ed ex presidente dell’Agenzia spaziale italiana, a prevedere che il picco seconda ondata arriverà probabilmente tra 15 giorni, ovvero il 27 novembre.
Da quel momento in poi, la curva dovrebbe iniziare la sua discesa, frutto soprattutto delle misure restrittive che sono state prese a inizio novembre.
Roberto Battiston si avvale di modelli matematici per cercare di inquadrare l’andamento della pandemia. Invece, dal comitato tecnico-scientifico cercano di dialogare anche con la politica, in modo particolare con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, forte di questi timidi segnali che la curva dei contagi sta dando nelle ultime ore, punta sempre a evitare un lockdown nazionale, insistendo con le misure da prendere a carattere regionale e che, nelle prossime ore, potrebbero interessare anche l’Emilia-Romagna, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto e la tanto discussa Campania.
Nella settimana che si è conclusa il 7 novembre, la crescita dei contagi — ovviamente — c’è stata. Ma non è stata più ai livelli dei giorni precedenti, essendo incrementati i nuovi casi “soltanto” del 25%.
Un aspetto che va preso in considerazione, anche se occorre sempre ricordare che a questa piegatura della curva corrisponde un aumento spropositato dei morti (anche questo previsto dai modelli fisici, che avevano ipotizzato una media di 500 morti al giorno nel mese di novembre) e che la situazione degli ospedali e delle terapie intensive resta molto critica. Tuttavia, il governo si sta giocando la carta del 3 novembre: il dpcm più restrittivo, con la divisione in zone dell’Italia deve ancora far sentire i suoi effetti sul contagio.
Comunque, il fatto che la curva sia vicina al picco seconda ondata e al relativo plateau che stabilizzerà l’andamento della pandemia in Italia (a fine novembre aumenterà anche il numero dei pazienti guariti dal coronavirus, tra i 600mila attualmente positivi in Italia — l’1% della popolazione) non è il solo indicatore da prendere in considerazione per gestire la pandemia.
In ogni caso, se questi modelli matematici dovessero essere rispettati, intorno al 27 novembre si avranno circa 850mila cittadini italiani positivi contemporaneamente: dovrebbe essere il numero massimo delle persone ufficialmente coinvolte nella pandemia nello stesso momento. Dopo, la curva dovrebbe scendere.
(da agenzie)
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Novembre 12th, 2020 Riccardo Fucile
LE TERAPIE INTENSIVE OLTRE LA SATURAZIONE IN 11 REGIONI…. 19.000 OPERATORI SANITARI CONTAGIATI IN UN MESE, NEI 30 GG PRECEDENTI ERANO 1.650
Il nuovo monitoraggio diffuso dalla Fondazione Gimbe sui dati Covid in Italia riguarda la
settimana dal 4 al 10 di novembre e registra ancora una volta un incremento del trend rispetto all’ultima settimana monitorata.
L’aumento per i nuovi contagi è di oltre 235 mila casi. Una crescita che tuttavia, come spiegato dal report di Gimbe, rappresenta un «lieve rallentamento dell’incremento percentuale dei casi».
Tra le probabili cause elencate, «sia l’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre», sia la saturazione della capacità di testing, «visto che i casi attualmente positivi continuano ad aumentare ovunque».
Le percentuali in crescita purtroppo non mancano per i restanti indicatori. Gimbe registra un aumento di 171.968 attualmente positivi, il 41,1% in più rispetto alla scorsa settimana. Alla base della crescita viene riconosciuto sia «il lieve aumento dei casi testati», 872.026 contro gli 817.717 dell’ultimo report, sia in modo più dominante un incremento del rapporto tamponi positivi/effettuati: dal 23.9% dello scorso report all’attuale 27% di incidenza.
Secondo quanto registrato da Gimbe sono 2.971 i nuovi ricoveri in terapia intensiva nell’arco di una settimana, «con una soglia di saturazione degli ospedali superata in 11 Regioni», e cioè con il raggiungimento del 30% dei posti letto disponibili. Numeri poco rassicuranti anche quelli sui ricoveri ordinari che hanno raggiunto il 40% dei posti letto, anche in questo caso, in 11 Regioni. L’aumento per le ospedalizzazioni è 35,6%, pari a 7.519 nuove persone ricoverate dal 4 al 10 di novembre.
Tra le percentuali di incremento osservate dal report della Fondazione, quella riguardante i decessi registra un +70,4%, la più alta di tutti gli indicatori. Sono 2.918 le nuove vittime della Covid-19 in una settimana. Il numero riportato nello scorso monitoraggio era stato di 1.712 morti.
Picco di contagi tra gli operatori sanitari
Una delle categorie più in crisi nel progressivo aumento dell’epidemia è quella degli operatori sanitari. Gimbe registra per gli ultimi 30 giorni oltre 19 mila contagiati. Una crescita che preoccupa rispetto ai numeri del mese scorso, che come il presidente di Gimbe ricorda, erano «a quota 1.650». L’impatto sul personale sanitario è uno degli aspetti più preoccupanti, una categoria «già in grande difficoltà per la carenza di organico e provata dalla prima ondata», come ha commentato il presidente Cartabellotta.
(da Open)
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Novembre 12th, 2020 Riccardo Fucile
“SERVE UN CAMBIO DI ROTTA NEL MINITORAGGIO O LOCKDOWN SARA’ INEVITABILE”
Quasi tremila morti in una settimana, terapie intensive sopra la soglia di saturazione in 11 Regioni, impennata di contagi tra il personale sanitario.
“Serve un cambio di rotta su criteri di monitoraggio e dati open”, scrive il presidente Nino Cartabellotta commentando le evidenze del report della Fondazione indipendente Gimbe, riferito alla settimana compresa tra il 4 e il 10 novembre.
Altrimenti “solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità , anche nei pazienti non Covid-19”.
Rispetto ai sette giorni precedenti, si è registrato un aumento di oltre 235mila casi. Sono 590mila, dunque, le persone attualmente positive in Italia, 28.633 i pazienti ricoverati in ospedale e 2.971 quelli in terapia intensiva, con soglie di saturazione degli ospedali superate in 11 Regioni.
Sale il contagio anche tra il personale sanitario: negli ultimi 30 giorni il virus ha infettato più di 19 mila operatori sanitari. E due giorni, fa in audizione nella Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, il presidente Cartabellotta ha chiesto la revisione del sistema di monitoraggio, ribadendo la necessità che i dati siano resi pubblici e accessibili a tutti.
Dalla settimana precedente, si rileva l’incremento nel trend dei nuovi casi (235.634, erano 195.051), sia per il lieve aumento dei casi testati (872.026 da 817.717), sia per l’incremento del rapporto positivi/casi testati (27% da 23,9%).
Crescono del 41,1% i casi attualmente positivi (590.110 da 418.142) e, come detto, sul fronte degli ospedali, si registra un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (28.633 da 21.114) e in terapia intensiva (2.971 da 2.225). Cresce del 70% il numero dei morti (2.918 da 1.712).
Intanto gli ospedali sono sempre più vicini alla saturazione.
In quasi tutte le Regioni, nei sette giorni analizzati, si rileva un lieve rallentamento dell’incremento percentuale dei casi che potrebbe dipendere sia dall’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre, sia dalla saturazione della capacità di testing, visto che i casi attualmente positivi continuano ad aumentare ovunque. Preoccupanti i tassi di occupazione ospedalieri: in 11 Regioni è stata superata la soglia di saturazione del 40% dei posti letto in area medica e in 11 Regioni quella del 30% per le terapie intensive.
Altro dato critico sulla gestione e l’evoluzione dell’epidemia è il numero degli operatori sanitari contagiati dal momento che “negli ultimi 30 giorni – fa notare Cartabellotta – si sono verificati 19.217 contagi, rispetto ai 1.650 dei 30 giorni precedenti. Oltre al rischio di focolai ospedalieri, in RSA e in ambienti protetti, preoccupa l’impatto sul personale sanitario, già in carenza di organico e provato dalla prima ondata”.
Tra problemi da affrontare in questa fase per limitare gli effetti negativi della diffusione del virus c’è la revisione del sistema di monitoraggio.
Nell’audizione alla Camera, il presidente della Fondazione di Bologna ha sottolineato le criticità tecniche dell’attuale sistema che informa le scelte di Governo: dalla limitata tempestività – dovuta ai tempi di consolidamento dei dati e ai crescenti ritardi di notifica da parte delle Regioni – che favorisce la corsa del virus, alla qualità e completezza dei dati regionali, dalla complessità tecnica al peso eccessivo attribuito all’indice Rt. Dal monitoraggio dipende l’assegnazione delle Regioni alle tre aree di rischio – gialla, arancione e rossa – adottata come criterio di gestione dell’epidemia dal nostro Governo.
“Il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perchè, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti”, ha puntualizzato Cartabellotta perchè “ viene stimato solo sui casi sintomatici, circa 1/3 dei casi totali, si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100% dei casi, determinando una sottostima dell’indice, è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni” e “quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio”.
Il sistema adottato in questo momento, dunque, “fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima”. Si guarda indietro e invece lo sguardo dovrebbe essere rivolto in avanti. Servirsi del binocolo e invece di usa lo specchietto retrovisore. Così “si rallenta la tempestività e l’entità delle misure per contenere la curva epidemica. Senza un immediato cambio di rotta sui criteri di valutazione e sulle corrispondenti restrizioni – è la conclusione della Fondazione Gimbe – solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità , anche nei pazienti non Covid-19”.
(da agenzie)
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