Destra di Popolo.net

IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA, RITENUTO “ATTENDIBILE” DALLA DDIA, CONFERMA LE ACCUSE ALLA MELONI E AGGIUNGE NUOVI DETTAGLI: “L’UOMO DEI 35.000 EURO NELLA BUSTA DEL PANE FA PARTE DEL SUO STAFF”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

“L’UOMO ERA PRESENTE ALLA PRESENTAZIONE DELLA LISTA AL CENTRO COMMERCIALE LATINA FIORI: C’ERANO MAIETTA, MELONI, CALANDRINI, DI GIORGI E 3-4 PERSONE DELLO STAFF, TRA CUI IL SOGGETTO CHE MI PORTO’ 35.000 EURO”

Prima di ricevere 35mila euro in una busta del pane, con cui comprare i voti per Pasquale Maietta, candidato alla Camera dei deputati, e per attaccare i manifesti durante la campagna elettorale, il clan Travali sarebbe stato presente a un appuntamento elettorale a Latina e in quell’occasione, nello staff di Giorgia Meloni, ci sarebbe stato l’uomo che poi a Roma consegnò loro il denaro.
A sostenerlo davanti ai magistrati dell’Antimafia di Roma, in un secondo verbale, è stato sempre il pentito Agostino Riccardo, le cui dichiarazioni da tre anni sono al centro delle inchieste che la Dda sta portando avanti sugli affari criminali di diverse famiglie di origine nomade presenti nel capoluogo pontino, tra cui quelli che i clan avrebbero fatto con pezzi della politica, e che hanno già  portato ad arresti, processi e condanne.
Nella prima verbalizzazione, alla presenza dei pm antimafia romani Corrado Fasanelli e Luigia Spinelli, il collaboratore di giustizia, già  ritenuto attendibile dagli stessi giudici visti i riscontri sinora trovati alle sue dichiarazioni, ha affermato che nel 2013, quando il commercialista Pasquale Maietta si candidò con FdI alla Camera, dove poi venne eletto e dove venne nominato tesoriere del partito, in un bar di Latina lo stesso Maietta presentò a lui e ad altri due esponenti della malavita locale – Francesco Viola, arrestato venti giorni fa nell’inchiesta antimafia sul clan Travali, e Giancarlo Alessandrini, già  coinvolto in violenze allo stadio e non solo – Giorgia Meloni, la presidente di Fratelli d’Italia, di casa nel capoluogo pontino, dove è stata anche rieletta a Montecitorio nel 2018.
“Parlavano – ha detto – della campagna elettorale e Maietta disse alla Meloni che noi eravamo i ragazzi che si erano occupati delle campagne precedenti per le affissioni e per procurare voti”.
I clan insomma che, in base sempre alle indagini della Dda di Roma, avrebbero gestito l’affissione dei manifesti, fatto da scorta ad alcuni candidati e acquistato voti a favore di quest’ultimi. Ancora: “Parlarono del fatto che Maietta era il terzo della lista, prima di lui c’era Rampelli e Maloni, nonchè del fatto che Rampelli, anche se eletto, si sarebbe comunque dimesso per far posto a Maietta”. Una promessa poi mantenuta.
A Maietta venne affidato anche l’incarico di tesoriere, ma poi lo stesso venne indagato nell’inchiesta Don’t touch, su un’organizzazione criminale di origine nomade con a capo il suo amico, il boss Costantino Cha Cha Di Silvio, è finito imputato nell’inchiesta “Olimpia”, relativa ad associazioni per delinquere messe su all’ombra del Comune di Latina, quando era sindaco Giovanni Di Giorgi, anche lui di FdI, e ai tempi in cui lo stesso Maietta era presidente del Latina Calcio, e infine arrestato e imputato in “Arpalo”, inchiesta su un vasto giro di riciclaggio di denaro in Svizzera.
“Maietta – ha affermato Riccardo – ha detto alla Meloni che c’era bisogno di pagare i ragazzi presenti per la campagna elettorale e la Meloni ha risposto: Dì a questi ragazzi che ne parlino con il mio segretario. Il segretario in disparte, e solo io e il mio gruppo presenti, ci ha detto: Senza che usiamo i telefoni diamoci un appuntamento presso il caffè Shangri-La a Roma. Noi abbiamo detto che allo Shangri-La era complicato arrivarci, per cui ci ha detto di vederci al distributore che è ubicato dall’altra parte della strada, all’altezza dello Shangri-La. Ci ha detto di aspettare in un parcheggio lì vicino entro le 12”.
Ancora: “Lui è arrivato da una strada interna e da quelle parti c’è il centro commerciale Euroma 2 e ci ha portato all’interno di una busta del pane 35mila euro contanti. Prima di andare via ci disse: Mi raccomando, io non vi conosco. Non vi ho mai dato niente. Noi lo rassicurammo in tal senso. Era venuto con una Volkswagen berlina, la stessa vettura con la quale aveva accompagnato la Meloni a Latina”. Il pentito ha infine specificato: “Sono in grado di riconoscere questa persona”.
Un episodio smentito ieri da Giorgia Meloni, gridando al complotto.
Tre mesi dopo, cercando gli inquirenti di identificare l’uomo che avrebbe consegnato il denaro, davanti al pm Barbara Zuin, Riccardo ha aggiunto: “Voglio precisare una cosa sulla quale ho pensato a lungo. Ho riferito del pagamento di 35mila euro che ho ricevuto da un signore per la campagna elettorale del 2013 in favore di Pasquale Maietta. Ho ricordato che prima di ricevere i soldi vi era stata la presentazione da parte della Meloni di Maietta quale candidato, avvenuta presso il centro commerciale Latina Fiori. Noi eravamo presenti, ma ovviamente in disparte. Ricordo che vi era l’emittente televisiva locale. Ricordo che durante le riprese a fianco della Meloni vi erano Maietta, Calandrini (l’attuale senatore di FdI, Nicola Calandrini ndr) e Di Giorgi e vi erano anche tre o quattro persone dello staff della Meloni. Tra queste era presente anche l’uomo che mi ha consegnato i 35mila euro allo Shangri-La all’Eur”.
Di più: “Preciso che la consegna allo Shangri-La è avvenuta nel 2013 attorno al mese di maggio”.
Una conferma dunque di quanto dichiarato nella prima verbalizzazione ed emerso soltanto ora dopo i 19 arresti nell’ambito dell’inchiesta “Reset” sul clan Travali. Un quotidiano locale di Latina, però, oggi ha incredibilmente scritto che quel secondo verbale smentisce il primo.
Non è servito altro alla stessa Meloni per dichiarare, tramite i social: “Guarda un po’ cosa riporta il quotidiano “Latina Oggi”. L’attendibilissimo pentito dello scoop di “Repubblica” secondo il quale avrei consegnato 35mila euro in una busta del pane a un clan di rom aveva “rettificato” le accuse nei confronti miei e di FdI già  molto tempo fa. È negli stessi atti utilizzati da “Repubblica” per gettare fango su di noi, ma evidentemente quella parte dei verbali non era piaciuta a chi doveva costruire accuse fondate sul nulla per attaccare l’unica forza di opposizione della Nazione. Che sorta di giornalismo è questo? Nessuno si vergogna per questo squallore?”. In realtà  il secondo verbale non smentirebbe affatto il primo, anzi fornisce ulteriori dettagli

(da “La Repubblica”)

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IL DIRETTORE DE “LA STAMPA”: “RENZI CI FA CAUSA PER AVER SCRITTO IL VERO, CIOE’ CHE E’ A DUBAI. MA NOI ANDREMO AVANTI”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

RENZI: “RIPORTATE FALSITA'” MA POI AMMETTE DI ESSERE A DUBAI… GIANNINI: “DOMANI CI RITORNIAMO SOPRA”

Stamattina alle cinque e diciassette esatte del mattino Renzi mi ha mandato un sms sul telefonino.
E cosa ti ha scritto?
Testuale? “Bastava un tuo messaggio e ti saresti risparmiato di scrivere tutte queste cazzate. Ci vedremo in tribunale”.
Simpatico. E tu?
Mi sono rimesso a dormire.
E quando ti sei svegliato?
Gli ho risposto: “Caro Matteo, il giorno prima mi ero scambiato dei messaggi con il tuo portavoce Agnoletti, che mi aveva detto, testualmente: ‘Non so cosa dirti su Dubai. Non ne so nulla’. Quindi io ero a posto.
E poi?
Ho aggiunto: “Dimmi in ogni caso se c’è qualcosa di sbagliato, che nel caso rettifico”. E il bello è venuto dopo.
È ancora stupito Massimo Giannini, direttore de La Stampa, dopo il clamore suscitato dall’articolo su Renzi a Dubai, e per l’annuncio di una querela da parte dell’ex premier contro il suo giornale
L’ufficio stampa del senatore ha fatto sapere che Renzi “ha dato mandato ai propri legali di adire in giudizio in sede civile” il quotidiano torinese e la nostra testata per le “falsità  riportate”, nonostante non abbia smentito i fatti.
Massimo, perchè sei stupito delle cose che ti ha detto e scritto Renzi?
Perchè non capisco quale sarebbe il motivo della querela: non c’è nulla di infamante in ciò che abbiamo scritto. Non c’era nessun attacco. È un semplice fatto.
“Dubai” era la voce più discussa sui social, oggi.
Sì, d’accordo, su questo non ci posso fare nulla. Casomai è una riprova del fatto che interessino e facciano discutere le sue missioni. Noi abbiamo saputo una notizia. Abbiamo chiamato il portavoce di Renzi, Agnoletti. Lui non ci ha dato nessuna risposta, e nemmeno smentita. Noi abbiamo pubblicato.
Cosa ha risposto Renzi sul silenzio del suo portavoce, che non ha smentito la notizia della sua presenza a Dubai?
Ehhh.
Cosa?
Mi ha detto: “Gli hai mandato il messaggio ad un’ora assurda, mentre c’era Sanremo”.
E poi?
Io ho risposto con questi messaggi alle otto del mattino, in un orario civile del fuso italiano.
E poi è finita lì?
Nooo… Poi Renzi mi ha chiamato al telefono e mi ha parlato in uno stile, come dire? Alla Renzi.
E cosa ti ha detto?
Testuale? “Ma come fa un grande giornale a scrivere tutte queste cazzate?”.
E cosa gli hai risposto tu?
“Non ho ancora capito — perchè era vero — cosa non trovi corretto nell’articolo de La Stampa”. Insomma, quali erano le “cazzate”?
E lui?
Era sarcastico: “Troppo comodo. Poi, le motivazioni del mio viaggio, le leggerai nel mio atto di citazione”.
E tu?
Mi sono seccato e gli ho chiesto, a bruciapelo: “Ma perchè, forse tu non sei a Dubai?”. E lui: “Ci sono, e dunque? Le ragioni per cui sono qui sono altre”.
Quali?
Ti assicuro che mi avrebbe fatto piacere conoscerle anche a me. Noi avevamo scritto, come sai bene, soltanto che lui era a Dubai. Sai cosa ha risposto a questo punto lui?
No, dimmi
Sono qui per motivi che non ti dico. Ma anche questi li potrai leggere direttamente sulla querela che ti arriva.
Bene, dimmi la tua impressione dopo questi dialoghi a voce e per messaggio.
Nel momento in cui Renzi non smentisce di essere a Dubai noi abbiamo vinto sei a zero. Perchè quello che abbiamo scritto è vero. E questo abbiamo scritto, non che stia vendendo armi. È questo atteggiamento di Renzi che mi pare inaccettabile.
Faccio l’avvocato del diavolo: perchè tu consideri una notizia la sua presenza?
Renzi è una personalità  pubblica, ha un ruolo pubblico, ha una responsabilità  politica. Dopo le enormi polemiche sul viaggio a Riad, se lui va a Dubai, per me è una notizia.
Ma allora perchè querela? Perchè avete scritto che sta in un albergo di lusso, forse?
Ma questo è parte di quella notizia.
Uno degli alberghi più costosi del mondo. E se fosse stato alla pensione Flora?
Avremmo scritto che era alla pensione Flora. Il tema è che lui lì può esserci per lavoro, o in vacanza, ma in ogni caso è rilevante.
Era necessario dire che sta in un albergo extra lusso?
Secondo me sì. Non c’è nulla di male. È un fatto, ognuno lo giudica come crede, noi non lo abbiamo criticato nel nostro articolo.
E adesso? La finite qui?
Al contrario. Se noi diciamo che sta a Dubai e lui si arrabbia sarà  un problema suo, non nostro. A questo punto ci divertiremo anche noi.
Cosa intendi dire?
Che domani ci torniamo su, e che ci facciamo una bella paginetta.

(da TPI)

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GRILLO CERCA LA TREGUA CON CASALEGGIO

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

LA TELA DEL GARANTE E CONTE LAVORA ALLO STATUTO

Il Garante parla e scrive ogni giorno per dare la linea. Arriva a candidarsi a segretario del Pd, per ribadire che la direzione di marcia del M5S deve restare quella, verso sinistra, e del resto è proprio la rotta del rifondatore, Giuseppe Conte.
Ma il Beppe Grillo che insiste come un mantra sulla transizione ecologica, l’obiettivo da ostentare per salvare l’anima del Movimento al governo, ha anche altro da fare.
Per esempio provare a scongiurare la guerra nei tribunali tra il M5S e Davide Casaleggio, ormai separati da un oceano di rancore e accuse incrociate.
Per questo, dicono, nelle ultime ore Grillo ha (ri)sentito il figlio di Gianroberto. Proprio per cercare un punto di caduta politico e anche economico, visto che il patron della piattaforma Rousseau pretende versamenti arretrati dai parlamentari per circa 450mila euro, e da Roma gli hanno risposto che se li può sognare: anzi “ormai anche il contratto di servizio per rendere Rousseau un fornitore esterno è una chimera” soffia un big.
Ma è più complicato di così, perchè l’attuale Statuto rende centrale la piattaforma per il Movimento, e liberarsi di questo legame potrebbe non essere indolore.
Per questo “Casaleggio sta alzando la posta”, come sussurra un veterano che ben conosce la casa madre di Milano. Anche a livello politico, con il manifesto che presenterà  in settimana a cui hanno già  aderito alcuni ex di nome come Nicola Morra e Barbara Lezzi.
E il Garante non ha affatto gradito, raccontano. Nonostante questo non vuole lo strappo con Casaleggio junior, che peraltro continua a citarlo come punto di riferimento.
Cerca comunque una mediazione con il patron di Rousseau, a cui lavora a fari spenti anche l’ex capo politico Luigi Di Maio. Sono gli unici interlocutori del Movimento con cui Casaleggio accetta contatti: un canale tenuto aperto, anche perchè ci sarebbero importanti votazioni da effettuare su Rousseau.
A cominciare da quella sull’accordo tra Pd e Movimento nella Regione Lazio guidata dal dimissionario segretario dem, Nicola Zingaretti. L’intesa è chiusa in ogni dettaglio, e prevede l’entrata in giunta di due grilline, la capogruppo Roberta Lombardi e la consigliera Valentina Corrado.
Ma Casaleggio, dicono i 5Stelle, bloccherà  ogni votazione se non arriveranno i soldi invocati. E allora, “se lui ferma tutto dovrà  essere Grillo a dare il via libera”, dicono. Magari tramite il suo blog, che di fatto sta sostituendo il blog delle Stelle, ancora controllato dall’associazione Rousseau, come voce ufficiale del Movimento.
Di certo l’asse di comando sta profondamente cambiando. Con Conte capo prossimo venturo, certo, aiutato da una segreteria fatta di nomi di sua scelta. Perchè l’avvocato è l’uomo della rifondazione, che lavora a un nuovo Statuto (in questi giorni sta studiando norme e Statuti dei partiti di mezzo mondo).
E assieme alla nuova normativa potrebbe arrivare una nuova associazione per il Movimento. O meglio, tornare.
Perchè Conte e Grillo stanno discutendo se abbandonare quella attuale, fondata a Roma nel dicembre 2017, con atto depositato presso un notaio in via Nomentana da Di Maio e Casaleggio. E così l’associazione di riferimento del M5S, ma con uno Statuto profondamente diverso, tornerebbe quella fondata a Genova nel 2012, che ha come soci Grillo, il nipote Enrico e il commercialista del Garante, Enrico Maria Nadasi.
Ovvero la stessa associazione che detiene il simbolo del Movimento, concesso in uso a quella nata quattro anni fa. Ma ora lo stemma cambierà , come ha confermato Grillo nel video pubblicato ieri sul suo blog. “Metteremo con Conte fino al 2050” ha spiegato il Garante.
E d’altra parte un dominio internet movimento2050.it è già  stato registrato, spiegano fonti qualificate. Perchè è una strada tracciata. Proprio come quella dell’alleanza con il Pd, tanto che si potrebbe riaprire anche una trattativa a Milano con il sindaco uscente, Beppe Sala.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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RAI: GIORGETTI E LETTA RIVOGLIONO MASI AL POSTO DI FOA, COME AI TEMPI DI BERLUSCONI

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

IN PASSATO UNA CONDANNA DA PARTE DELLA CORTE DEI CONTI E UN RISARCIMENTO DI 100.000 EURO ALLA RAI

Finito Sanremo, da domani i vertici della Rai dovranno iniziare a pensare al loro futuro: entro maggio va approvato il Bilancio 2020, ma poi l’amministratore delegato Fabrizio Salvini e il presidente Vittorio Foa dovranno fare gli scatoloni.
Niente proroghe, nemmeno fino alla fine dell’emergenza pandemica, come hanno chiesto i partiti di maggioranza.
E allora, nel risiko delle 500 nomine che il governo Draghi dovrà  fare in primavera, c’è anche la televisione pubblica. Dossier che scotta e su cui, da sempre, si scatenano gli appetiti dei partiti.
Al momento, Draghi e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, hanno affidato a Giancarlo Giorgetti il dossier: il ministro leghista è stato incaricato di fare una fotografia sullo stato della Rai e muoversi a livello politico per il rinnovo dei vertici.
E così si è messa in moto la ragnatela di relazioni del vicesegretario della Lega che, insieme a Dario Franceschini e Gianni Letta, sta provando a trovare la quadra.
I dem vorrebbero piazzare uno tra Paolo Del Brocco (ad di Rai Cinema) o Tinny Andreatta (ex Rai Fiction) al posto di Salini come Ad, mentre per la presidenza anche Matteo Salvini si è convinto che Foa deve lasciare.
Per prendere il suo posto circolano tanti nomi ma Giorgetti e Letta spingono per far tornare in Rai l’ex direttore generale ai tempi del governo Berlusconi Mauro Masi. Sarebbe un nome gradito anche a Salvini per arginare Giorgia Meloni che da tempo ambisce a quella poltrona per Giampaolo Rossi.
E così Masi potrebbe essere la carta giusta: Giorgetti e Letta sanno che l’ex dg conosce ogni angolo di viale Mazzini. Masi, 79 anni, è stato da poco riconfermato al quarto mandato al vertice di Consap, la società  partecipata dal Mef che fa l’assicuratore pubblico ma è cosa nota che l’ex dg ambisca a una poltrona più importante.
Tant’è che ieri su Italia Oggi ha firmato una sorta di manifesto sulla sua concezione di “servizio pubblico”. Il suo curriculum però non piacerà  al M5S che si era già  espresso contro la sua riconferma in Consap per una condanna per danno erariale della Corte dei Conti, confermata dalla Cassazione, per le dimissioni di due direttori: Masi ha risarcito la Rai con 100 mila euro.
Della carriere di Masi si ricorda la sua telefonata del 2011 ad Annozero per dissociarsi da Michele Santoro ma anche per le intercettazioni del Trani-gate in cui Berlusconi chiedeva a Masi e Giancarlo Innocenzi (Agcom) di “chiudere Santoro”. Per non parlare delle intercettazioni dello scandalo P4 tra lui e il faccendiere Bisignani in cui i due parlavano di programmi Rai. Storica una frase di Masi a Bisignani: “Se io metto Cicciolina che fa le p… a un toro la sera faccio il 30%…”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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BOLLO AUTO E MULTE CANCELLATE NELL’ARCO DI 15 ANNI E FINO A UN IMPORTO TOTALE DI 5.000 EURO: IL CONDONO DI DRAGHI AGLI EVASORI

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

ANNULLO AUTOMATICO DELLE PENDENZE: SE SEI UNA PERSONA ONESTA E LE MULTE LE PAGHI ORMAI IN ITALIA SEI UN FESSO, QUESTA E’ LA MORALE

È in arrivo una nuova pace fiscale (leggi condono) per bolli auto non pagati e multe arretrate.
La novità  sarà  contenuta nel decreto Sostegno, che il governo sta ultimando da diversi giorni con la fumata bianca che dovrebbe arrivare la prossima settimana, tra le tante altre misure che sono raccolte in un dl con una portata da decine di miliardi di euro.
La cancellazione delle pendenze avverrà  per quelle relative al periodo tra il primo gennaio del 2000 e il 31 dicembre del 2015 entro una soglia massima per la cifra da riscuotere di 5mila euro .
La misura allargherebbe quella già  varata dal primo governo Conte, che aveva previsto la cancellazione per le pendenze fino a mille euro che fossero relative al periodo 2000-2010.
Se la misura dovesse rientrare nel decreto Sostegno — è altamente probabile ma non certo — gli automobilisti che non hanno pagato il bollo o multe relativi al periodo identificato non dovranno fare nulla: i debiti con il fisco si cancelleranno automaticamente se inferiori alla cifra prestabilita.
Per quanto riguarda le cartelle superiori ai 5mila euro, il governo Draghi è al lavoro per una nuova rottamazione

(da agenzie)

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IL VIROLOGO RICCIARDI: “NON CI HANNO ASCOLTATI”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

“MOLTI DECISORI POLITICI, A LIVELLO SIA NAZIONALE CHE LOCALE, SONO STATI IRRESPONSABILI”

Non si può dire che Ricciardi non sia stato uno di quelli che ha richiesto un lockdown qualche settimanafa.
Adesso che l’Italia si avvia ad essere “travolta” dalla terza ondata del Covid, Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, delinea lo scenario.
“Avevamo avvertito e non siamo stati ascoltati, e ora l’Italia si avvia a essere travolta da una terza ondata epidemica, resa più impetuosa dalla contagiosità  delle varianti virali e dalla irresponsabile arrendevolezza di molti decisori politici, a livello sia nazionale sia locale, che anzichè anticipare il virus basando le decisioni sull’evidenza scientifica lo inseguono sulla base di fallaci opinioni o di pressioni di lobby di diversa tipologia”, afferma, prima di stigmatizzare valutazioni e giudizi in tema di vaccini forniti da soggetti incompetenti.
“Naturalmente, molti di loro avrebbero saputo negoziare molto meglio della più brava negoziatrice dell’Unione Europea e avrebbero acquistato o prodotto milioni di dosi in pochi giorni per vaccinare tutti gli italiani”, dice, puntando il dito anche contro colo che “avrebbero immediatamente comprato milioni di dosi di Sputnik, il vaccino russo e perchè no, anche di quello cinese, e a chi importa sapere dove e come vengono prodotti”.
Ce n’è anche per chi punterebbe sulla somministrazione di una sola dose di vaccino ad un numero più ampio di persone, rinviando la seconda dose: “Il primo ministro britannico, a detta dei più autorevoli scienziati di Sanità  Pubblica inglesi, sta giocando d’azzardo. Dopo aver portato il Paese a una situazione drammatica con decisioni tardive e limitate, ha forzato le conoscenze e le competenze degli scienziati, correndo il rischio di dare a milioni di cittadini una copertura che non dura abbastanza e, al contempo, favorire l’emergere di nuove varianti virali ancora più aggressive”.

(da Globalist)

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FESTE CLANDESTINE A TORINO, GENOVA, BOLOGNA, ISCHIA E MILANO: TUTTI IDENTIFICATI E SANZIONATI

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

TRE FESTE PRIVATE A MILANO, IN UNA PRESENTI 50 GIOVANI… 12 A ISCHIA, 16 A TORINO, 19 A GENOVA

Sabato sera movimentato in mezza Italia nonostante le restrizioni anti Covid. A Milano sono state tre le feste private in casa sospese dagli agenti della Polizia nelle ultime 24 ore. In una, alle 2 di notte, in pieno centro, erano presenti 50 persone, di età  compresa tra i 19 e 26 anni, che stavano festeggiando con musica ad altro volume e alcolici.
Dodici giovani, tra cui 4 minorenni, sono stati sorpresi dai carabinieri a festeggiare in un hotel di Forio a Ischia, alla vigilia della zona rossa in Campania, con musica e buffet, per il 18esimo compleanno di uno di loro, mentre altre feste private sono state scoperte, e i partecipanti sanzionati, a Bologna.
A Torino sono sedici le persone identificate da carabinieri durante un party in un locale di via Lanzo, nella periferia nord della città .
Qui i giovani, tra i 20 e 25 anni, si erano dati appuntamento tramite un passa parola sulla piattaforma criptata Telegram. All’arrivo dei militari dell’Arma gli organizzatori hanno spento musica e luci, mentre i ragazzi hanno cercato di fuggire. Per gli identificati (tutti privi di mascherina) scatteranno ora le sanzioni per violazione della normativa anti Covid.
Un’altra festa clandestina ieri sera è stata scoperta in pieno centro storico anche a Genova. Le volanti della polizia sono intervenute presso un affittacamere dove 19 persone, di cui tre minorenni, stavano partecipando a un party senza rispettare alcuna norma anti covid.
I giovani sono stati tutti sanzionati secondo quanto previsto dai decreti governativi. È al vaglio degli investigatori la posizione del proprietario dell’appartamento.

(da agenzie)

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SARA, LA PRIMA “CAMALLA” NEL PORTO DI GENOVA: “COSI’ HO VINTO I PREGIUDIZI”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

“SONO LA PRIMA DONNA A FARE UN LAVORO DI FATICA TRA I CONTAINER”

Esiste il termine ‘camalla’? “Non lo so. Però io sono la prima donna a fare un lavoro di fatica, nel porto di Genova”. Sara Cabella, 23 anni: rizzatrice. “Devo fissare la merce a bordo delle navi. Container, auto, camion, pezzi di aereo, di treno. Una volta anche di un luna park”.
Solleva aste di ferro che pesano 20 chili e sono lunghe 2 metri e mezzo. “Se perdi l’equilibrio, finisci in mare”. Ha cominciato 3 anni fa.
“Ero magra come un chiodo, venivo da una delusione d’amore. Il giorno del colloquio nevicava, avevo 39° di febbre”.
Diplomata in logistica portuale. “Mi hanno chiesto: ‘Ma sei sicura?’. Nessun problema”. Da adolescente faceva ginnastica artistica. “E poi ho messo su un po’ di muscoli, ora peso 60 chili”.
Tonnellate di pregiudizi. “Molti mi guardavano con sufficienza: queste non sono cose da femmina. Ma la maggior parte mi ha aiutato ad inserirmi. Ora sono una di loro”.
C’era un tizio che la molestava, lei l’ha detto agli altri. “Non lavora più con noi. E io mi sono fidanzata con Giambattista, che era nella mia squadra”.
Durante la pandemìa si è comprata una piccola casa sulle alture: ci vive col ragazzo e John, un pit-bull che ha riscattato al canile. “L’ultimo anno è volato in fretta: le navi erano piene di roba”.

(da Repubblica)

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UN DOCENTE UNIVERSITARIO DALLA RUSSIA A RAGUSA PER SFUGGIRE AL CARCERE: “BRACCATO DAL REGIME DI PUTIN”

Marzo 7th, 2021 Riccardo Fucile

I GIUDICI HANNO DETTO NO ALLA PRETESTUOSA RICHIESTA DI ESTRADIZIONE

«Sono una vittima del sistema politico, in Russia marcirei in cella senza aver commesso alcun reato». I giudici della corte d’Appello di Catania hanno negato la richiesta di estradizione di Mosca nei confronti di Maxim Bakhtin, 46 anni, che potrà  così rimanere in Italia grazie a una protezione sussidiaria internazionale e a un permesso di soggiorno di cinque anni.
Ci sono elementi da spy story in ciò che è accaduto al docente universitario russo, arrestato in Sicilia nel 2020: su di lui pendeva un mandato di cattura internazionale, con le accuse di truffa e appropriazione indebita, per fatti che risalivano a sette anni prima. Ma la verità , stando al docente russo, è nascosta nella sua candidatura nel 2016 alla Duma di Mosca, il Parlamento della città , col partito “Russia giusta”, in contrapposizione a “Russia unita”, partito di maggioranza nel governo del Cremlino.
Ma andiamo con ordine. Nel 2013 Bakhtin insegnava Storia e Filosofia nella sede distaccata di una università  privata di Mosca.
Assieme ad altri docenti avrebbe dovuto tenere un corso per il quale gli studenti avevano pagato le quote d’iscrizione (in tutto 15mila euro) «direttamente all’università  – sostiene – non a me».
Ma il corso non si tenne. «Io non percepii denaro – racconta Bakhtin – nè nessuno me ne chiese conto». La sede dell’ateneo, dopo qualche mese, chiuse e finì anche il suo rapporto di lavoro.
Nel 2016 Maxim Bakhtin, da sempre appassionato di politica, decise di candidarsi alla Duma di Mosca nelle file del partito anti-Putin. E lì cominciarono i guai.
«Un mese prima delle elezioni – sostiene – ricevetti minacce telefoniche perchè ritirassi la mia candidatura. Una settimana prima del voto, la polizia venne a casa mia con il pretesto di effettuare controlli». Bakhtin non fu eletto, piazzandosi terzo nella sua lista, ma capì che era meglio “cambiare aria”: «Temevo il carcere, così andai via dalla Russia nel settembre 2017».
Ha lasciato tre figli e l’ex moglie, rimasti a Mosca, e ha girato per un po’ l’Europa: Francia, Spagna, Germania. Poi è andato in Tunisia e successivamente è approdato in Italia. «Ero affascinato dalla Sicilia – dice – e ho scelto Siracusa, città  in cui mi sono trasferito nel 2020».
Ha partecipato a seminari di studio su storia e filosofia, collaborando con docenti italiani. A febbraio del 2020 il tribunale distrettuale di Kuzhminsk, a Mosca, ha emesso un mandato di arresto e la richiesta di estradizione nei suoi confronti.
Il docente, che rischia sei anni di carcere, è stato arrestato dalla polizia ferroviaria nel maggio 2020, mentre andava da Siracusa a Taormina, e condotto in carcere a Catania. «Il nostro assistito – spiegano i suoi legali, Salvatore Di Fede e Paolo Occhipinti – è ancora in attesa di un processo. È stata chiesta una misura cautelare a sette anni di distanza dai fatti per i quali è accusato, eppure ha girato liberamente in Russia fino al 2017».
Dopo essere stato scarcerato, ha avuto l’obbligo di firma e si è spostato nel Ragusano: Donnalucata, Modica, Scicli e ora è a Ragusa Ibla. Ha il permesso di soggiorno ma ha chiesto asilo politico. «Cercavano una scusa – dice Bakhtin – per sbattermi in galera. I soldi non c’entravano nulla: sono perseguitato per motivi politici». Nel suo futuro c’è l’Italia. «Mi piacerebbe lavorare in una università  – conclude – e continuare e dedicarmi ai miei studi».

(da agenzie)

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