Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
LA SOTTOSEGRETARIA LEGHISTA HA ASSUNTO IVAN CARDIA, IL “MENESTRELLO DELLA LEGA”: ORA SI’ CHE CAMBIA LA MUSICA AL GOVERNO
Da quando Lucia Borgonzoni è stata nominata sottosegretaria alla Cultura la musica è cambiata: in
tutti i sensi. Infatti la leghista ha assunto nel suo staff Ivan Cardia, noto per essere il “menestrello della Lega” e per alcuni imperdibili successi
Lucia Borgonzoni si vantava di non leggere libri da tre anni quando è stata nominata sottosegretaria durante il governo gialloverde. Di sicuro però di allegre canzoni ne ha ascoltate e ne ascolterà .
Ad esempio come non menzionare il brano “Trentino” di Ivan Cardia, nuovo acquisto dello staff della leghista? “In Trentino si beve il vino, dalla damigiana” recitano gli immortali versi che continuano parlando di grappa fragolina, bicchieri che fanno bom bom e poiane che volano su Rovereto
Non è l’unica regione cantata da Cardia. “Il cielo delle Marche e dell’Umbria” racconta che a Tolentino si scioglie in un bicchiere di vino. Voi non lo sapevate ma ci sono un sacco di tulipani nei campi di grano e a Perugia le nuvole sono di cioccolato.
Come racconta Simone Canettieri sul Foglio Ivan Cardia è un “cantante folk arrivato da poco alla consacrazione grazie all’amico Alessandro Morelli, viceministro del Mit, che lo ha fatto esordire sul palco di Pontida”.
Un acquisto imperdibile.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
IL GOVERNO CONTE AVEVA GIA’ FISSATO LA CIFRA DI 32 MILIARDI, POI LA CRISI E IL NUOVO GOVERNO DEI “MIGLIORI”… IL CENTRODESTRA VUOLE IL CONDONO TOTALE PER GLI EVASORI TRA IL 2000 E IL 2015, TANTO PER CAPIRE CHI RAPPRESENTANO
Mentre dall’Ocse vengono notizie incoraggianti per la ripresa dell’economia mondiale legata alla prospettiva dei vaccini e a piani di stimolo mastodontici come quello di Joe Biden, l’Italia perde terreno.
L’Outlook dell’organizzazione di Parigi taglia le stime della nostra crescita per quest’anno (lo fa solo per noi e per la Francia) di 0,2 punti portandoci comunque a scommettere su un sempre considerevole rimbalzo del 4,1 per cento. La fotografia della nostra situazione attuale si completa ricordando che il primo bimestre — notizia di pochi giorni fa — ha segnalato una crescita del clima di fiducia dell’industria manifatturiera.
Significa che siamo su un crinale stretto e che dobbiamo giocarci tutte le carte, non solo sul Recovery Plan che segnerà il nostro futuro, ma anche sul decreto “sostegni” da 32 miliardi, già pronti e approvati con relativo scostamento.
La notizia dello slittamento alla prossima settimana ha provocato nervosismo negli operatori, soprattutto dei servizi che è il settore che soffre di più. Ieri i ristoratori hanno protestato sotto la Regione Lombardia, la Confesercenti ha ricordato che il mondo delle imprese e del lavoro autonomo ha perso lo scorso anno 125 milioni al giorno, gli operatori del turismo e della neve (sciolta e dunque già dimenticata) hanno ridotto dell’80 per cento l’attività .
Senza contare le attese delle famiglie per le quali il decreto prevede congedi parentali straordinari Covid retribuiti almeno fino al 50 per cento ed estesi fino ai figli minori di 16 anni, diritto allo smart working, sostegni economici come il voucher baby sitter per i lavoratori autonomi e le partire Iva. Tutte misure che al momento sono sospese.
La risposta deve arrivare ma i diversi punti di vista tra l’ala destra e quella sinistra della maggioranza stanno portando il decreto in stallo.
Tre i nodi, che coincidono con le questioni più importanti.
L’ultimo riguarda il meccanismo dei ristori: quale deve essere la base di calcolo del fatturato sulla quale calibrare i rimborsi? La perdita percentuale dei primi due mesi (2020 su 2019) è stata scartata perchè non copre in modo omogeneo tutti i settori non tenendo conto delle stagionalità . Il Tesoro lavora ora sulla perdita media del fatturato tra 2020 e 2019, misura più omogenea: chi supera il 33 per cento, per fasce, ha diritto ad un ristoro dal 15 al 30 per cento del perduto.
La componente di centrodestra del governo vuole invece che la base di calcolo sia non la media ma il totale delle perdite complessive del 2020, misura che farebbe sballare i conti.
L’altra questione è quella fiscale: anche in questo caso sono state bloccati i pagamenti e non le cartelle, inoltre il centrodestra chiede una sanatoria delle vecchie cartelle tra il 2000 e il 2015 senza tetto o con tetti molto alti fino a 30 mila euro. Un colpo di spugna che esponenti del Pd e Leu hanno definito un condono.
La terza questione riguarda lo sblocco dei licenziamenti che esponenti della Lega, ad esempio, hanno ritenuto legittimo fin da subito per l’edilizia e sul quale i sindacati e l’ala sinistra fanno muro. Come posizioni divergenti si profilano sulla proroga della cig limitata a giugno o fino all’autunno.
La matassa del primo piano di stimolo del governo Draghi si ingarbuglia
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
LA CAMERA DI COMMERCIO ITALO-RUSSA, UN ENTE MILANESE PRIVATO, ANNUNCIA CHE SAREMO IL PRIMO PAESE EUROPEO A PRODURRE LE DOSI: BRAVI, VENDETELE IN RUSSIA, DOVE IL 62% DELLA POPOLAZIONE NON LO VUOLE
Con un’accelerazione che riesce a spiazzare contemporaneamente Regione Lombardia, Palazzo Chigi
e Commissione Europea, facendo esultare la Lega sovranista e Forza Italia, la Camera di Commercio Italo-Russa (ente milanese privato) annuncia che l’Italia sarà il primo Paese europeo a produrre le dosi dello Sputnik V.
“Sarà coinvolto lo stabilimento della Adienne Srl a Caponago, a Monza, a partire da luglio – spiega Vincenzo Trani, presidente della Camera di Commercio Italo-Russa – È stato firmato un accordo tra l’amministratore delegato Kirill Dmitriev del Russian Direct Investment Fund (Fondo governativo del Cremlino, ndr) e l’azienda italiana. Produrranno 10 milioni di dosi entro l’anno”.
L’intesa maturata sull’asse Milano-Mosca, tanto caro a una certa ala del partito di Salvini, e a Salvini stesso, sembra però destinata a generare più polemiche che altro. Andiamo con ordine.
L’esultanza di Lega e di Forza Italia
Le prime reazioni di alcuni esponenti della Lega sono entusiastiche. “E’ un bellissimo segnale e motivo di orgoglio per la Brianza”, si affretta a dire l’onorevole Massimiliano Capitanio. E un leghista della prima ora come il senatore Roberto Calderoli aggiunge: “I 200 milioni liberati ieri dal ministro Giorgetti per la produzione nazionale di vaccini, l’accordo per produrre Sputnik in Italia, la pressione politica sulla Commissione Ue e sull’Ema (Agenzia europea del farmaco, ndr) per lo sblocco degli antidoti di Johnson & Johnson e Sputnik segnano un cambio di passo”.
Anche Forza Italia, attraverso il coordinatore nazionale Antonio Tajani, rivendica a sè un ruolo: “Siamo stati i primi a chiedere all’Ema di autorizzare lo Sputnik, utilizziamo ogni strumento possibile per sconfiggere il Covid-19”. E però, su tutta la partita, si allunga l’ombra della propaganda del governo di Mosca.
La Farnesina non sapeva e Bruxelles prende le distanze
Intanto perchè, a differenza di quanto sostengono alla Camera di Commercio Italo-Russa, non risulta che sull’“operazione Sputnik” sia stata fornita alcuna esplicita approvazione da parte dell’ambasciata italiana a Mosca, che si è limitata a mettere in contatto gli italiani con il fondo russo per possibili investimenti, ma non in ambito vaccini.
E la Commissione Ue, attraverso uno dei portavoce, fa sapere che “attualmente non sono in corso colloqui per integrare lo Sputnik V nella strategia Ue sui vaccini”. Se uno Stato membro intende procedere d’iniziativa, lo farà sotto la propria responsabilità .
Trani, l’uomo di Mosca in Italia
Il presidente Vincenzo Trani è uomo assai conosciuto dal Cremlino. È in contatto con Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia. Il quale ha appena annunciato che ci sono altre due aziende italiane interessate alla produzione del vaccino russo sono due: “Molto note nel settore – spiega Fallico – sono nella fase finale delle trattative con il Fondo russo”.
Il nome di Trani spunta anche nelle carte dell’indagine vaticana su monsignor Becciu e i fondi della Santa Sede attraverso la Mikro Kapital, di cui è fondatore. “Una volta mi arrivò l’indicazione di investire 30 milioni in Mikro Kapital, che fa prestiti a piccole imprese”, ha raccontato in un’intervista Enrico Crasso, che per 27 anni è stato gestore del patrimonio riservato della Segreteria di Stato.
Trani, che ha sempre difeso l’operato dell’ex ministro Salvini all’epoca dello scandalo del Metropol e di Savoini, era anche presente alla cena a Villa Madama organizzata nel luglio del 2019 in onore della visita in Italia del presidente Vladimir Putin.
Sputnik non è autorizzato
Il farmaco russo non è approvato dall’Agenzia europea del farmaco, che giusto in queste ore ne comincia la cosiddetta “rolling review”, la procedura di analisi prodromica alla valutazione finale.
Dunque, se anche dallo stabilimento di Caponago (che fa parte della società biofarmaceutica Adienne Pharma & Biotech, con sede a Lugano) uscissero all’improvviso milioni di fiale, non sarebbero utilizzabili e somministrabili in Europa. Non solo. Le autorità sanitarie russe dovrebbero aprire i laboratori agli ispettori ema, permettendo loro di verificare tutte le fasi della produzione, e rendere disponibili i dati dei trial clinici per fasce e per tipo di popolazione sottoposta al campione.
L’irritazione di Palazzo Chigi
Ora, il punto è che l’accelerazione salutata con giubilo dalla Lega non è stata minimamente concordata nè con la Regione Lombardia (“non ne sapevamo niente, siamo estranei all’accordo”) nè soprattutto con Palazzo Chigi.
La strategia Draghi, per come è stata declinata sinora dal ministro Giorgetti, punta a sostenere aziende italiane dotate di bioreattori in grado di produrre i vaccini già autorizzati: Pfizer-BionTech, AstraZeneca e Moderna.
Non sono tante quelle che, nel Paese, hanno le strumentazioni necessarie, dunque si capisce l’irritazione del governo di fronte alla “colonizzazione” da parte del fondo russo di una delle aziende candidate.
“Adienne – confermano dalla Camera di Commercio Italo-Russa – ha il bioreattore per produrre i vaccini basati su adenovirus”. Come quello di AstraZeneca, per intenderci, a cui l’Italia si affida per la campagna vaccinale di massa.
Le manovre russe
È evidente, però, che la partita che si sta giocando attorno al vaccino non è, soltanto, di natura sanitaria. Dietro ci sono manovre di politica estera perchè oggi quelle fiale pesano molto più di qualsiasi tipo di armi.
Lo sa anche la nostra intelligence che da mesi sta seguendo le manovre attorno a Sputnik. Non è un caso che Mosca abbia scelto San Marino per dimostrare all’Europa la bontà del suo vaccino. E non è un caso che a muoversi in Italia siano stati direttamente Dmitriev, il capo del fondo sovrano russo, e Vincenzo Trani che in Italia è considerato il riferimento diretto di Putin. Dmitriev, prima di arrivare alla Adienne di Monza, aveva contattato altre aziende offrendo lo stesso pacchetto.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
LA VICEPRESIDENTE DELLA EMILIA-ROMAGNA: “SI DEVE PARTIRE DA VALORI CONDIVISI, PROPOSTE CORAGGIOSE E PERSONE CREDIBILI”
“Se fosse proprio questo il momento buono per immaginare una cosa inedita, diversa, un’operazione pirata? Mi sembra che il quadro politico schiacci le forze più fresche della società , come possono mobilitarsi oggi tutti i ragazzi che riempiono le piazze? La soluzione non è rientrare in un Pd in grande confusione, ma ricostruire l’intero campo su basi più coerenti. Diamoci un appuntamento, la politica oggi si ostina a dividere quello che sta già pensando insieme”.
Elly Schlein, vice presidente della Regione Emilia Romagna, ex eurodeputata eletta con il Pd e poi uscita dai dem, ha lanciato la proposta di una mobilitazione per rispondere all’attuale terremoto politico che scuote il centrosinistra. Per ricostruire il fronte ecologista e progressista.
“Sono giorni molto complicati, in cui siamo molto impegnati nella gestione del Covid, in particolare in Emilia le varianti si fanno sentire, abbiamo diverse province in zona rossa, la stanchezza della comunità pesa moltissimo, la sofferenza delle famiglie – ha detto Schlein in diretta Facebook – ma non mi è sfuggito quello che è successo a livello politico. Zingaretti si è dimesso e mi è dispiaciuto, perchè ho sempre percepito come sincero il suo tentativo di aprire una fase nuova”.
Ora però, dopo la nascita del governo di Mario Draghi appoggiato da una maggioranza larghissima, bisogna costruire un campo nuovo a sinistra.
“La crisi del Pd ci riguarda da vicino, chiarisce il bivio di fronte a cui ci troviamo tutti – dice Schlein – facciamola questa riflessione, il Pd non può farla da solo. C’è una ragione per cui noi non siamo nel Pd, ma sono le ragioni su cui lavorare per ricucire. In tante e in tanti la pensiamo nello stesso modo, su come ricostruire il futuro, sulla transizione ecologica, sul contrasto alle diseguaglianze. Dobbiamo dare risposte a chi sta pagando maggiormente questa crisi, cioè le donne e i giovani, che hanno ereditato dalla fase precedente contratti precari”.
Questa fase non è inedita per Schlein, che partecipò alla prima “occupazione” del Pd, nel 2013. “Qualcuno guardando alle Sardine ha ricordato quando abbiamo fatto Occupy Pd contro le larghe intese- ricorda Schlein – nel colpo di mano delle forze conservatrici ci sono elementi che ci riportano dritti dritti ai 101 franchi tiratori che affossarono Prodi, Bersani e l’alleanza del centrosinistra. Figuriamoci adesso che ci sono i fondi del Recovery Fund da utilizzare. Fa bene chi chiede una discussione larga, altrimenti il dibattito così non lo capisce nessuno. Abbiamo anche il vento a favore di una nuova consapevolezza europea, abbiamo più argomenti di ieri non meno”.
Forse bisogna cogliere questo momento di “turbolenza” per immaginare qualcosa di nuovo. “E se fosse proprio questo il momento buono per immaginare una cosa inedita, diversa, un’operazione pirata? – si chiede Schlein – Mi sembra che il quadro politico schiacci le forze più fresche della società . Non servono grandi contenitori pieni di contraddizioni se sono incapaci di dare una risposta chiara su questioni cruciali, ma altrettanto respingente è la frammentazione della sinistra e degli ecologisti. Non partiamo da un nuovo partito, ritessiamo il filo dell’ascolto con quello che si muove nella società , dove nasce un un grido di rivendicazione”
“La soluzione non è rientrare in un Pd in grande confusione – è il pensiero della politica – Dobbiamo ricostruire l’intero campo nel suo insieme su basi più coerenti. Bisognerebbe avere l’ambizione più alta di un luogo dove darci appuntamento, per fare battaglie insieme. Avere il coraggio di pensare fuori dagli schemi, per una Rete che unisca chi condivide una visione del futuro che mette insieme giustizia sociale, una rete in cui ognuno mette in gioco la propria provenienza senza stracciarla. Se pensiamo a quale partito, in appoggio di quale governo o a chi lo guida, non riusciremo a parlare con i più giovani che si stanno già muovendo. La politica si ostina a dividere ciò che sta già pensando insieme. Abbiamo bisogno di aria fresca”.
Ora bisogna cercare, secondo Schlein, “valori condivisi, proposte coraggiose, persone credibili”. L’orizzonte è la “ricostruzione dell’intero campo ecologista, femminista e in grado di interpretare le nuove sfide e dare risposte ai problemi”. “Io ci sono – assicura Schlein – diamoci un appuntamento e lanciamolo insieme”.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
PRESSING PER LA SEGRETERIA PD, LETTA NON E’ INDIFFERENTE ALLA GRAVITAS DEL MOMENTO
Enrico sta davvero “sereno” perchè, come si dice in questi casi, comunque vada sarà un successo e
può permettersi di scansare l’ansia della scelta: non è un’ultima occasione da cogliere, perchè una “riserva” della Repubblica resta tale anche se declina; semmai, a determinate condizioni, può rappresentare una nuova opportunità .
È con questo spirito che, stamattina, Letta si dedicato alle lezioni a Parigi, nella sua Sciences Po, dove ha trovato, da anni, un baricentro la sua nuova vita dopo le dimissioni del Parlamento.
Dalla passione politica però non ci si dimette. E se sbaglia chi lo immagina lì a telefonare, brigare, sentire questo o quel capocorrente dopo che è stato evocato il suo ritorno, è altrettanto sbagliato descriverlo come indifferente rispetto alla “gravitas” del momento. Questa è la parola utilizzata dai pochi che hanno parlato con lui, “gravitas”: l’emergenza, il collasso del Pd, proprio nel momento in cui servirebbe il massimo di coesione, l’egoismo dei signori della guerra, gli stessi che gli voltarono le spalle e che ora lo invocano come salvatore della patria.
È l’immagine di un partito capace di divorare, secondo medesime logiche, qualunque leader che si è succeduto, alternando segretari e reggenti, secondo una dinamica che riproduce se stessa in modo ferreo e senza mai una soluzione di continuità . È successo anche ai leader più forti e più legittimati dal consenso interno alle primarie e da quello alle elezioni, pensate a Walter Veltroni con i suoi undici milioni di voti, un successo rimasto ineguagliato, ma che non fu sufficiente a rompere l’autoreferenzialità distruttiva delle correnti.
Contatti ce ne sono stati, in questi in giorni. Riposte no, quantomeno ancora non definitive.
Diciamo così: Letta, ben consapevole di tutto questo, sta studiando la situazione. E consapevole che, pur essendo la malattia sempre la stessa, se possibile però con il tempo il corpo si è infragilito, nel consenso (ormai il Pd almeno così lo fotografano i sondaggi, è il quarto partito), nella struttura, nella sua presenza nella società italiana, insomma nella vitalità . La famiglia litigiosa è sempre la stessa, ma invecchiata, inaridita da mai sopiti rancori e da nuove ferite.
Come l’idea sia nata, è facile da raccontare. È un’idea di Dario Franceschini, che parte dalla stessa consapevolezza della gravitas del momento. Perchè in tempi normali si sarebbe potuto pensare anche a un reggente per poi celebrare un normale congresso, ma poichè di normale in questa fase non c’è nulla e, finchè non ci sarà il vaccino, è impossibile tanto il voto quanto i gazebo è complicato pensare si possa affidare a un reggente l’immane compito di gestire questo anno: il governo Draghi, materia politicamente molto fragile, le amministrative di ottobre, l’elezione del prossimo capo dello Stato a febbraio dell’anno prossimo. Nasce da qui l’esigenza di un segretario vero, con un mandato pieno, una comprovata esperienza, un’altrettanta comprovata affidabilità .
In questo senso Letta è perfetto per parlare con Draghi (coi cui il rapporto è visibile in alcune figure del governo), collocare il Pd nella nuova fase, tenere l’asse con i Cinque Stelle, difeso fino al “Conte o voto” e, al tempo stesso, assicurare una continuità in termini di, chiamiamola così, distanza da Renzi e dal renzismo, di cui pagò amaramente l’andata e rappresenta ora un argine in relazione al ritorno. Inteso come disegno: far saltare il Pd, riducendolo come il Ps francese per aprire uno spazio macroniano in Italia all’ombra del governo Draghi.
Perchè Letta è il Pd, il cuore non c’è niente da fare batte lì, come sanno i compagni di Testaccio, dove continua a rinnovare la tessera: Andreatta, l’Ulivo, quel popolo cui è rimasto legato, la sinistra, o meglio un pezzo della sinistra perchè fu proprio un pezzo della Ditta, complice la malattia di Bersani, a spalancare le porte di palazzo Chigi a Renzi.
L’idea di Franceschini è condivisa da Zingaretti e, con meno entusiasmo, anche da altri, perchè la maionese è così impazzita che non se ne viene fuori: Orlando ha messo un veto sulla Pinotti, ma, stando al governo, è complicato per lui fare il segretario, Zingaretti non ha mai voluto investire su Provenzano sin da quando rifiutò di nominarlo vicesegretario una volta che Orlando è entrato al governo, e così via. Insomma uno che li metta insieme tutti non c’è.
Proprio per questo se è vero che Letta può essere la soluzione è anche vero che ci devono essere le condizioni. E che cioè di qui a sabato — al momento l’assemblea è confermata, per la sola giornata di domenica — si realizzi un’unità di massima sui tempi e sulla prospettiva, cioè un mandato non di otto mesi, ma pieno, che non è questione di poco conto.
Resta il tema del male oscuro, che corrode il Pd, dove Letta non ha truppe e rischia di finire come gli inviati dell’Onu nei teatri di guerra. Gli inviati arrivano ma i conflitti, dopo un po’ riprendono.
(da Huffingtonpost)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
LA MANOVRA E’ CHIARA: STACCARE IL PD DAL M5S, COSI’ IL CENTRODESTRA (SALVINI, BERLUSCONI E RENZI) VINCE A MANI BASSE
C’è qualcosa di interessante, e di grave, nella campagna di disinformazione che ha investito il Pd dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti.
Francesco Merlo, per citare uno degli opinionisti di rango intervenuti sul tema, su La Repubblica ha scritto che Zingaretti si è dimesso perchè aveva paura dei sondaggi. E che questo avrebbe determinato il suo strappo, il suo addio.
E altri — decine di giornalisti, politici, addetti ai lavori, c’è solo l’imbarazzo della scelta — continuano a martellare su un solo tema: “Il Pd sta pagando la sua subalternità a Conte”.
Dunque ecco come viene ricostruito il film degli ultimi mesi in questo racconto ideologico (e ovviamente falso). Il partito è troppo “spostato a sinistra”, questo ha prodotto una perdita di consensi verso il M5S, “adesso va spostato il baricentro” (Claudio Tito, anche lui su La Repubblica).
La nenia che tutti intonano prosegue con il concetto curioso: ovvero che il Pd doveva abbandonare subito Conte (e il M5S) al suo destino, e cavalcare il governo dei tecnici “come sta facendo Salvini”.
Questo è il mantra della cosiddetta sinistra radical chic, che io chiamo “Salvi-chic”, quella che dice di odiare la Lega, ma poi ha voluto a tutti i costi il governo con Giorgetti e Salvini.
Vogliono raccontare al mondo che per il Pd votare il governo con la Gelmini ministro sia un grande successo politico. Una tesi a dir poco curiosa.
Il governo istituzionale, infatti, non si regge con i voti di tutti: è un governo in cui, con una maggioranza garantita dal Pd e dal M5S, governato sette ministri di destra.
Ebbene, questo racconto ideologico della crisi, e della sinistra, è una operazione di mistificazione interessata. Ed è anche questo — ovviamente — del tutto falso. Provo a spiegare perchè.
1) La tanto esacrata linea Zingaretti-Bettini si poneva un problema molto semplice: nel 2022, quando si andrà al voto, di fronte ad una destra che ha già un suo sistema di alleanze solido, il Pd con chi si candida a guidare il paese? Mistero.
Ma la risposta che fa tanto arrabbiare i Salvi-chic è semplice: o correrà con l’alleanza giallorossa o sarà sconfitta prima ancora di scendere in campo. Quindi dire no all’alleanza significa candidarsi alla sconfitta (o ad un nuovo governissimo). La cosa piacerà a molti commentatori, ma non piace affatto — pensa un po’ — agli elettori del Pd.
2) Il Pd nella crisi non si è “sacrificato per Conte”, ma casomai per se stesso. La campagna di demonizzazione e di delegittimazione di quel governo giallorosso, infatti, è servita per dire che il Pd non era un grado di governare da solo (il chè ha preparato il terreno all’idea — falsa — che il governo con la Lega fosse ineluttabile). Non aveva come bersaglio Di Maio: aveva come bersaglio il Pd. Ed infatti, alla campagna contro Conte, se n’è affiancata una parallela (e ancora più forte) contro Zingaretti e la sua linea: “L’ologramma” (il famoso articolo di Concita De Gregorio), l’ameba, il brocco.
Se il Pd ha avuto davvero una flessione nei sondaggi, dunque, è perchè i suoi elettori hanno percepito che il suo segretario era sotto assedio, e che metà del gruppo dirigente del suo partito (i nostalgici di Renzi, quelli che per comodità io chiamo “la corrente saudita”) sparava contro il suo stesso leader, con raffiche di fuoco amico, e giocava con l’altra squadra.
Se molti elettori del Pd (e qui non servono i sondaggi, basta parlare con qualcuno, ogni tanto) hanno tutt’ora una buona opinione di Conte, e una pessima opinione dei suoi nemici interni (a partire dai “sauditi” Lotti e Guerini), il problema non è Conte, ma la pervicacia di questi capi corrente che sono apparsi unicamente “attaccati alle poltrone” (copyright Zinga) non per altri motivi: ma perchè sono attaccati alle poltrone.
Infatti, nel pieno della crisi, davano interviste per attaccare il governo di cui facevano parte, e garantirsi un transito nel nuovo governo. Ma cosa ci sia dietro questi attacchi, dietro questa campagna per cercare di eterodirigere il Pd, questo sito lo racconta da quasi un anno, dai tempi dell’intervista con cui Stefano Bonaccini — interrogato da Giulio Gambino — rivelò le sue intenzioni: far rientrare Matteo Renzi, riconsegnargli il controllo del partito, visto che il suo tentativo di Italia Viva è abortito nel nulla.
Quello di Renzi, infatti, si è dimostrato un partito “scaccia-elettori”, che anche nel migliore dei sondaggi non prende neanche i voti che servono a superare lo sbarramento elettorale. Ecco dunque che il tema da porsi è questo: il centrodestra marcia diviso e colpirà unito.
Il capolavoro politico del Governo Draghi è quello di aver creato una destra che gioca con perfetta disinvoltura su due tavoli. Fuori c’è Giorgia Meloni, che ha il monopolio del dissenso e dello scontento. Dentro c’è Salvini, che mette il cappello su tutto.
Ecco perchè le dimissioni di Zingaretti non sono, come sostiene Marco Damilano, un “gesto egotico” ma una mossa che mette a nudo il re: il segnale di un problema politico.
Se le cose continuano così, infatti, quando arriverà il momento del voto, i due principali protagonisti del centrodestra si sfideranno a chi prende un voto in più, e in questo modo decideranno la loro leadership di coalizione: poi, un minuto dopo, si rimetteranno insieme e governeranno sulle rovine del governo giallorosso. Che però non è stato smontato da una sconfitta elettorale. È stato demolito da questo coro suicida, dal fuoco amico: dall’odio per i giallorossi, dalla guerriglia dei “sauditi”.
(da TPI)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
QUELLI CHE GRIDAVANO AL “REGIME” ORA SONO AL GOVERNO E FANNO QUELLO CHE FACEVA CONTE
Dov’è finito lo chef Gianfranco Vissani che invitava i ristoratori alla “rivoluzione” contro il governo
Conte per i mancati ristori?
Qualcuno ha più notizie di Flavio Briatore, che per nove mesi ha continuato a ululare di “governo di incapaci” e “gente che non ha mai lavorato”?
Che ne è stato di Carlo Taormina che denunciava il governo per “strage”?
Dove sono finiti No-vax, negazionisti, gilet arancioni e camicie nere che scendevano in piazza un sabato sì e l’altro pure a manifestare contro la “dittatura sanitaria”?
E ancora, che fine ha fatto Matteo Salvini che tuonava contro il “regime” di Giuseppe Conte e i Dpcm usati per spezzare le reni alla democrazia?
E qualcuno ha più traccia del professor Sabino Cassese che gridava al “golpe” contro la Costituzione?
È passato ormai un mese dall’insediamento di Mario Draghi come Presidente del Consiglio dei Ministri. Oggi abbiamo un nuovo governo, due terzi dei ministri sono cambiati, Giuseppe Conte è tornato (per poco) ad insegnare all’Università e, al suo posto, a Palazzo Chigi, siede il premier più taciturno della storia repubblicana.
Le differenze, più o meno si esauriscono qui.
Per il resto, tutto o quasi è rimasto identico a come lo avevamo lasciato: i morti (100.000 da inizio pandemia) continuano a crescere, i contagi aumentano, i Dpcm sono ancora lì, i ristoratori sono ancora chiusi, i commercianti continuano ad essere alla canna del gas, i vaccini a rilento e il lockdown imminente.
Eppure, se un marziano sbarcato oggi sul pianeta Terra si sintonizzasse su un programma a caso di qualunque canale, si convincerebbe che Mario Draghi “l’alieno” in appena trenta giorni abbia fermato la pandemia con la sola imposizione delle mani, bloccato i contagi, resuscitato i morti, sottoposto le chiusure a referendum, inaugurato nuovi bistrot, versato dobloni nelle casse dei negozi con il sacco di juta, le renne e il cappello rosso in testa, vaccinato personalmente anziani, insegnanti e bambini e spalancato le frontiere a mani nude.
La verità è che non solo non ha fatto nulla di tutto questo, ma non avrebbe potuto fare neanche un centesimo. Nessuno avrebbe potuto farlo.
La verità è che non esiste alcun governo “sadico” che si diverte ad affamare gli italiani.
Se ne facciano una ragione i Vissani, i Briatore, i “ristoratori ribelli” pronti a marciare su Roma.
Esiste solo la realtà di un virus che esiste e prolifera a prescindere dai governi, che se ne infischia degli slogan e delle polemiche da bar, che non guarda i colori politici, ma in compenso è piuttosto sensibile ai colori delle zone, e di solito tende ad essere abbastanza allergico alle zone rosse, ieri come oggi.
Chi si era illuso che, cambiando esecutivo e mandando a casa Conte, magicamente la pandemia sarebbe arretrata, che i ristori sarebbero incominciati a cadere a pioggia e che saremmo potuto tornare tutti a mangiare fuori la sera, sarà rimasto deluso.
La terza ondata è cominciata, come i virologi seri ci ripetono da settimane, il nuovo lockdown nazionale ormai alle porte, con quel nome così pomposo e vagamente minaccioso, “super zona rossa”: roba su cui fino all’altro ieri ci avrebbero costruito programmi, organizzato maratone, riempito palinsesti e che, invece, in un Paese narcotizzato dalla propaganda unica di governo.
Ma, in fondo, che importa? L’importante è che oggi al governo ci siano finalmente i “migliori”, nel silenzio di novelli Robespierre diventati, nel frattempo, docili scendiletto e paggetti di corte, a spartirsi i miliardi che altri hanno portato a casa.
Quello che resta, sul fondo, è quella inconfondibile sensazione di dèjà -vu che ti afferra ogni volta che la gran cassa mediatica saluta l’ennesimo “uomo della provvidenza”.
Il problema non è Draghi, che è figura di prestigio e spessore. Il problema è che, più o meno in buona fede, gli ha attribuito il potere quasi messianico di fermare una pandemia. Il virus, in qualche modo, lo sconfiggeremo. Di certa politica, di questa ipocrisia, di tali personaggi, non ce ne libereremo mai.
(da NextQuotidiano”)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
PRESIDENZA DEL COPASIR E IL POSTO DELLA CARFAGNA A MONTECITORIO AL CENTRO DELLA DISPUTA: TRE PARTITI PER DUE POLTRONE
Tre partiti per due poltrone. Il centrodestra non sarà dilaniato dalle lotte intestine come Pd e M5S, ma in queste ore si è aperta una doppia competizione: per il posto di vicepresidente della Camera, lasciato dalla ministra forzista Mara Carfagna, e per quella ben più pesante e operativa di presidente del Copasir, la guida parlamentare dei servizi segreti finora ad appannaggio del leghista Raffaele Volpi.
La legge parla chiaro, la presidenza della commissione bicamerale spetta all’opposizione. E da quelche giorno la Lega di Matteo Salvini è parte della maggioranza che sostiene il governo Draghi. Insomma, la carica spetterebbe a Fratelli d’Italia. Tuttavia non è affatto detto che Giorgia Meloni insista per strappare la carica all’alleato leghista, tanto più che Volpi gode di simpatie bipartisan. Se, al contrario, Fdi ottenesse la presidenza, allora Salvini punterebbe dritto sulla vicepresidenza della Camera.
L’elezione del nuovo vice a Montecitorio avverrà mercoledì 10. Al momento Forza Italia ha maggiori chance. Intanto perchè quel posto era occupato da una sua parlamentare, Mara Carfagna appunto. E poi perchè ci sono proprio due donne a contendersi la carica di prestigio: una forzista della prima ora, già due volte ministro, come Stefania Prestigiacomo, e una sua collega neanche quarantenne ma in Parlamento dal 2008, come Annagrazia Calabria.
Derby rosa, dunque, in un ufficio di presidenza che conta solo una vice donna su quattro (la grillina Maria Edera Spadoni). Il già ex vicepresidente della passata legislatura, Simone Baldelli, fa da outsider nella competition berlusconiana. Il Cavaliere non si è ancora pronunciato ma lo farà nelle prossime ore.
Matteo Salvini sta alla finestra ma farà sentire tutto il suo peso anche in questa partita se dovesse appunto perdere la presidenza del Copasir. Due i nomi che scaldano i motori. Anche per loro una donna, Barbara Saltamartini, e il fedelissimo del leader, l’ultra cattolico Lorenzo Fontana. Il leghista preferisce tenere il cappello sul Copasir, ma molto dipenderà da quanto Giorgia Meloni sarà disposta a combattere.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2021 Riccardo Fucile
“NON HANNO COMPETENZE ED ESPERIENZA, TROPPI ERRORI”…”ALLA BOZZA DI UN PIANO PER I TAMPONI ELABORATO DA CRISANTI E FIRMATO DA 150 ACCADEMICI NON HANNO NEANCHE RISPOSTO”
“Non hanno nemmeno un virologo. Agiscono dove non hanno competenze. Gli esperti hanno poca
esperienza“. La rivista inglese Nature boccia senza appello l’operato del Comitato tecnico scientifico italiano.
La rivista inglese forse più prestigiosa nella comunità scientifica mondiale, ha letteralmente fatto a pezzi il nostro Cts, i 24 esperti che consigliano il governo sulla pandemia di coronavirus. L’elenco degli errori non è di poco conto.
“I documenti secretati per lungo tempo. La mancanza di tamponi nel Paese fino alla confusione su cosa dovessero fare le persone asintomatiche”, sottolinea la rivista.
E ancora la mancata considerazione dei centri di ricerca. Che è stata “la prima di numerose decisioni prese dal Cts. Che, nell’ultimo anno, hanno lasciato perplessi gli esperti italiani che considerano il test e il tracciamento come chiave”.
La rivista riconosce che il comitato scientifico che guida il governo sulla scelte anti-covid ha esperti di alto livello in molti campi. Ma è privo di figure che, in questa fase, sarebbero cruciali.
Tra gli errori più clamoroso la mancanza di attinenza ai problemi da risolvere. Il Cts — secondo l’inchiesta della rivista scientifica britannica — ha fornito indicazioni su tematiche “su cui ha poca o nessuna competenza”. “A gennaio, ha affermato che proseguire con l’insegnamento a distanza avrebbe causato negli studenti ‘un grave impatto sull’apprendimento. La loro psicologia e la loro personalità ‘. L’affermazione ha avuto conseguenze sulle politiche nazionali, ma nessun membro del Cts ha esperienza in campo pedagogico. In psicologia dell’infanzia o in neuropsichiatria”.
D’altronde spiega la rivista, “meno della metà dei suoi attuali membri (del Cts, ndr) sono nominati a titolo personale, mentre gli altri sono responsabili di istituzioni sanitarie nominati d’ufficio al Cts. Solo due membri hanno una chiara esperienza nel campo della biotecnologia, ma in campi estranei alle malattie infettive”.
A quel punto la rivista scrive: “Una ristretta gamma di competenze nel Cts può essere una delle ragioni alla base di tali decisioni. Il pannello ha figure di livello mondiale in pneumologia, malattie infettive, gerontologia ed epidemiologia, ma manca di aree critiche di competenza nella diagnostica molecolare, virologia molecolare e screening ad alto rendimento”.
Ad agosto, racconta Nature, Crisanti inviava al Ministero della Salute una bozza di piano per elaborare fino a 400.000 test molecolari al giorno, “un aumento di sette volte rispetto alla capacità nazionale”.
Il piano, era “sostenuto da 150 accademici di diversa estrazione, si basava su un’automazione pesante e gestori di liquidi ad alto rendimento per ridurre i costi e il tempo per campione. Nemmeno Crisanti ha ricevuto risposta dal governo. I verbali delle riunioni del CTS non menzionano alcuna discussione sulla sua proposta”.
(da TPI)
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