Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
L’ESAME DEI DATI E LA CONCORRENZA DELLA MELONI… ORMAI IL CAPITONE NON E’ PIU’ CREDIBILE
Matteo Salvini si agita, bombarda il governo da fuori, prova a respingere l’assalto alla leadership di Giorgia Meloni e stringe alleanze con i primi ministri sovranisti di tutta Europa. Ma la Lega, dopo la crisi del Papeete dell’agosto 2019, non si è mai più ripresa.
Un crollo costante, accentuato nell’ultimo anno, da quando è iniziata la pandemia: il Carroccio da inizio 2020 ha perso ben dieci punti percentuali nelle intenzioni di voto. Nel gennaio 2020, infatti, la Lega veleggiava intorno al 32% mentre secondo l’ultima supermedia settimanale di YouTrend il Carroccio è sceso sotto la soglia psicologica del 23%, pur rimanendo il primo partito: oggi è al 22,6%, il minimo storico negli ultimi tre anni.
Era l’1 maggio 2018, a due mesi dalle elezioni che avevano consacrato il M5S ma anche il partito di Salvini (17,4%), ed erano in corso le trattative per il governo gialloverde: la Lega era arrivata al 23,7%. Poi, un anno dopo, raggiunse il 34% alle elezioni europee e il picco nell’agosto 2019, poco prima della caduta del Conte-1, con il 36,8%.
Da quel momento in poi è stata una caduta libera proseguita nell’anno della pandemia che non si è arrestata nemmeno con l’ingresso della Lega nel governo di Mario Draghi. Secondo la supermedia YouTrend, nelle ultime due settimane, quelle del decreto in cui sono state mantenute le zone arancioni e rosse anche per tutto aprile, il Carroccio ha perso lo 0,4%, il partito che insieme a Forza Italia (altra forza politica aperturista) ha subìto la maggiore flessione (-0,6%).
Nemmeno il sostegno al governo Draghi ha fatto bene al partito di Salvini: da metà febbraio la Lega ha lasciato per strada lo 0,6%. Un dato confermato da Open Polis che ha analizzato i sondaggi dell’ultimo anno facendo una media aritmetica tra le rilevazioni degli istituti Emg, Ixe, Tecnè, Swg, Euromedia e Ipsos soffermandosi sui rapporti di forza tra le coalizioni: se nel centrosinistra Pd e M5S sono rimasti più o meno stabili, il cambio di scenario riguarda il centrodestra, dove si è aperta la guerra per la leadership tra Salvini e Giorgia Meloni.
Se a inizio 2020 tra Lega e Fratelli d’Italia c’erano ben 22 punti di scarto (32 a 10%), oggi il distacco si è ridotto a un terzo: il partito di Meloni ha fatto un balzo di quasi sette punti, arrivando al 16,6% a meno 7 punti dalla Lega. E tutto a discapito del Carroccio, visto che Forza Italia dal gennaio 2020 è cresciuta di 1,5 punti passando dal 6,8 all’8,3% di fine marzo.
Sarà proprio per la contesa con Meloni che Salvini ha deciso a febbraio di imprimere una svolta al Carroccio sostenendo Draghi, anche per non deludere quei ceti produttivi del nord che non avrebbero sopportato altri due anni di opposizione.
Eppure, negli ultimi giorni, la frustrazione per non essere riuscito a dettare l’agenda del governo e il fiato sul collo della destra di Meloni hanno fatto tornare Salvini su posizioni sovraniste e “di lotta”: le richieste sul condono delle cartelle esattoriali e sulle riaperture e la visita a Budapest con i premier sovranisti Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki.
A soffrire nei sondaggi però è anche il premier Mario Draghi e il suo governo: la luna di miele delle prime settimane sta finendo.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
IN CALO NEI SONDAGGI E CON IL LEADER ORMAI LONTANO DALLA POLITICA
“Draghi? Ne ha guadagnato il paese un po’ meno noi…”. In questa battuta di
Ettore Rosato, uno dei coordinatori di Italia Viva, si rintraccia il punto esatto della parabola del partito di Matteo Renzi: artefice della caduta del governo di Giuseppe Conte, protagonista quotidiano delle cronache per almeno due mesi, motore primo di un nuovo esecutivo lodato da tutti, ma al minimo storico di consensi che per Swg sono poco oltre il due per cento.
Iv naviga in acque incerte: i sondaggi dicono che, a 18 mesi dal lancio, il progetto non è decollato e la folta rappresentanza parlamentare (45 fra deputati e senatori) si interroga sul proprio futuro che, nelle condizioni attuali, garantirebbe la rielezione a pochi fortunati.
Dubbi alimentati dall’intensa attività extra-politica dell’ex premier, che nel giro di un paio di mesi ha viaggiato quattro volte fra Africa e Medio Oriente, incontrando principi ereditari, sceicchi e capi di Stato.
Conferenziere, facilitatore di investimenti, tessitore di rapporti internazionali: ruoli molteplici e non tutti chiariti, quelli di Renzi.
L’unica certezza sono i redditi in aumento, per l’ex Rottamatore, che ha dichiarato oltre un milione di euro nel 2020, e la sua intuibile volontà di non rinunciare nell’avvenire alle missioni all’estero.
“Non è che ci lascia?”, è la domanda che, a questo punto e sempre con maggior frequenza, si pongono gli stessi eletti che hanno paura di essere finiti in una sorta di bad company politica.
I programmi sono vivaci: la Primavera delle idee per dare nuova linfa al partito, la scuola di formazione politica con 500 giovani programmata per inizio settembre a Pontedilegno, a “casa” di Salvini, una nuova Leopolda a novembre.
Ma tutto ciò non basta più a quanti – sono sempre di più – reclamano una struttura vera del partito che dopo la fondazione, nel settembre del 2019, si è data solo una prima organizzazione, poi ha celebrato giusto un paio di assemblee: nell’ultima di queste, venti giorni fa, il senatore di Rignano aveva promesso un riassetto che dovrebbe passare anche per la nomina dei responsabili regionali: ancora non si è visto nulla.
In questa situazione di transizione c’è chi propone primarie per la leadership (non si sa mai) e chi, come il senatore Leonardo Grimani, intravede il rischio di uno schianto: “Dobbiamo fare un salto di qualità e strutturarci sul territorio: altrimenti rimarremo un gruppo di parlamentari destinato a sciogliersi alle prossime elezioni”.
Renzi sa di preoccupazioni e malumori, veicolati anche da big quali Rosato e Luigi Marattin. E ai più insofferenti lancia un messaggio trasversale quando indica fuori dal Palazzo – in sindaci di periferia come Isabella Conti (San Lazzaro di Savena) e Ciro Bonajuto (Ercolani) – le forze fresche cui attingere domani.
Intanto lo schieramento a testuggine che ha permesso a Italia Viva di non disgregarsi al tempo della crisi, si va aprendo con il passare del tempo. E si sentono le voci critiche. Il deputato Camillo D’Alessandro non nega che le sortite di Renzi sul rinascimento arabo o la sua presenza al Gp del Bahrein mentre l’Italia è in semilockdown “creano un problema di percezione da parte della gente di cui dovrebbe farsi carico.
Ma sia chiaro: se siamo fermi al due per cento – spiega D’Alessandro – non è perché Matteo è antipatico ma perché la gente non sa in quale area politica finirà il proprio voto. Ecco il motivo per cui chiedo da tempo un congresso. Per me la collocazione è chiara ed è il centrosinistra, altri la pensano diversamente”.
Infatti: un big come il capogruppo al Senato Davide Faraone dichiara apertamente che per le prossime elezioni per il Comune di Palermo è necessario un patto con Forza Italia, a Torino si flirta con il candidato sostenuto dal centrodestra Paolo Damilano e in Calabria gli abboccamenti dei vertici locali verso Fi e Lega hanno suscitato una rivolta interna.
Il tutto mentre i corridoi sono sempre più stretti: sulla costruzione di un’area di centro pesa il no di Calenda, Fi non è disposta a dire sì a Renzi e rinunciare al traino di Matteo Salvini e il Pd non molla i 5 Stelle.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
QUARANTA MINUTI DI CONFRONTO, RESTANO DIVISI SULL’ALLEANZA CON IL M5S
Non parlavano da sette anni, l’ultima immagine di loro due insieme è quella del passaggio della campanella a Palazzo Chigi quando l’ormai ex premier Enrico Letta girò lo spalle senza salutare il neo presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Oggi alle nove e trenta, il leader di Italia Viva e il segretario dem si sono visti per quaranta minuti, in territorio lettiano.
È stata evitata la sede dem del Nazareno e invece è stata scelta l’Agenzia di Ricerche e legislazione (Arel), fondata da Nino Andreatta e a cui il segretario dem si è dedicato negli anni del suo allontanamento dalla vita politica attiva.
E’ qui che ai tempi è stato fondato L’Ulivo ed è da questo pensatoio politico che potrebbe partire un nuovo grande progetto di centrosinistra.
Renzi varca l’ufficio di Letta, sullo sfondo quadri con le mappe geografiche, prima una chiacchierata su quanto sono cresciuti i rispettivi figli, per poi arrivare ai temi più spinosi. La battuta del leader di Italia Viva in diretta tv a ‘L’aria che tira’ su La7 la dice lunga sul clima: “L’incontro con Letta? Non so quanto dulcis…”.
Nonostante, come si usa fare in questi casi, fonti interne al Pd poco prima lo avevano definito “franco e cordiale”.
Il rapporto con i 5Stelle è lo scoglio da superare in vista delle amministrative nelle grandi città. Renzi è stato chiaro: “A Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli e nel collegio di Siena per le suppletive alla Camera il M5s celebra un fallimento. Secondo me quell’esperienza non è replicabile, quindi fossi nel Pd non farei l’accordo con i 5Stelle”.
Letta invece ci crede ancora. Per il segretario dem, che nel suo primo discorso ha detto che non metterà alcun veto per riuscire a creare un grande campo di centrosinistra, “M5s è strategico”.
Quindi il leader di Italia Viva ammette che con Letta ci sono opinioni diverse. “Da qui al 2023 è molto semplice, io non voglio stare né con Salvini né con la Meloni a destra, ma non voglio stare nemmeno con i grillini e i populisti a sinistra, questo è il mio posizionamento e il posizionamento di Italia Viva”.
Posizionamento che per adesso non vede uno sbocco pratico, piuttosto è più facile leggere un impasse. “Letta – prosegue Renzi – del tutto comprensibilmente cerca quella che lui chiama una alleanza strategica con il Movimento 5 stelle e con Conte. Vedremo chi avrà ragione da qui ai prossimi due anni”.
Alla fine ognuno è rimasto delle sue idee per quanto riguarda il rapporto con i pentastellati. Discorso diverso sul governo Draghi, entrambi si sono detti convinti, anche Letta a nome del Pd che all’inizio invece lo aveva maldigerito.
Quella di oggi è stata comunque una prova di disgelo tra i due. Il neo segretario dem sta incontrando tutti i leader di partito e in un contesto del genere, con la pandemia ancora in corso, una campagna vaccinale tra alti e bassi, i due non potevano non vedersi e provare a seppellire i vecchi rancori.
Né Renzi né Letta nutrivano comunque grandi aspettative. E infatti il rapporto tra i due conserva ancora strascichi pesanti. “Mi ha detto ‘stai sereno’? Possono dire tutto su di me ma più sereno di così, sono molto rilassato e contento per il governo Draghi”, dice Renzi ricordando la frase passata alla storia quando disse a Letta di stare tranquillo perché nessuno lo avrebbe defenestrato. La storia poi racconta un epilogo diverso.
Ora bisognerà vedere dove Letta porterà il Pd, in un’alleanza con o senza i 5Stelle. Quindi con o senza Renzi.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
COME NO, COSI’ I CRIMINALI LIBICI SI FANNO PAGARE PURE UNA SECONDA VOLTA IL VIAGGIO DOPO AVERLI RIPORTATI NEI LAGER… NESSUNA PAROLA SULLE DETENZIONI IN VIOLAZIONE DI OGNI LEGGE INTERNAZIONALE, DRAGHI E’ ANDATO A RAPPRESENTARE I MERCANTI CHE NON VEDONO L’ORA DI FARE AFFARI
Le parole allucinanti di Draghi in visita nel Paese libico al cospetto del governo
guidato dal primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh faranno storcere il naso a più di qualche esponente della maggioranza in Italia.
Da Tripoli il premier ha ringraziato esplicitamente il governo libico per “i salvataggi” dei migranti in mare, aggiungendo che la questione migratoria non rappresenta “solo un problema geopolitico ma anche umanitario”.
Talmente umanitario, caro Draghi, che i migranti riportati nelle prigioni libiche vengano taglieggiati e le donne stuprate, con l’unico scopo di chiedere loro la mazzetta per un secondo viaggio
Durante la sua prima visita da premier all’estero, Draghi ha riservato poche parole al tema migranti e diritti umani, concentrandosi di più sul “momento unico” per ricostruire “un’antica amicizia” tra i due Paesi.
Il premier ha sottolineato l’unicità del momento storico che si apre per il Paese nordafricano: ″È un momento unico per la Libia, c’è un governo di unità nazionale legittimato dal Parlamento che sta procedendo alla riconciliazione nazionale.La “sicurezza dei siti è indubbiamente un requisito essenziale per poter procedere con la collaborazione”, ha detto il premier.
E ancora: “C’è la volontà di riportare l’interscambio tra i due paesi ai livelli che aveva 5-6-7 anni fa e anzi la conversazione di oggi mi assicura che si vuole anche superare quel livello. Si vuol fare di questa partnership una guida per il futuro nella piena sovranità della Libia”.
Prima gli affari, insomma.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
LA REGIONE LOMBARDIA SMENTISCE SE STESSA E RIVEDE PER L’ENNESIMA VOLTA I CRITERI
Il disguido non è solo tecnico, ma anche comunicativo. L’annuncio in pompa magna fatto da Letizia Moratti lo scorso 2 aprile è stato smentito dalla stessa Regione Lombardia che ha annunciato come il piano per l’immunizzazione della platea di cittadini over 80 senza prenotazione fosse, in realtà, una boutade.
La scorsa settimana, infatti, erano stati individuati cinque giorni (dal 7 all’11 aprile) in cui procedere con la somministrazione dei prodotti anti-Covid per tutti gli anziani che non avevano ancora aderito alla campagna (anche per i noti problemi tecnici).
Adesso il passo indietro: i vaccini Lombardia over 80 senza prenotazione, in realtà, sarà disponibile solo per quelle persone che si erano effettivamente prenotati attraverso il portale realizzato da Aria, senza ricevere un appuntamento.
Per tutti gli altri (ricordiamo che si parla di una platea di circa 115mila persone) varrà il principio della prenotazione a partire da domani (mercoledì 7 aprile) attraverso il nuovo portale di Poste Italiane a cui si è affidata la Regione dopo i problemi con Aria. Come riporta il Fatto Quotidiano, più della metà dei cittadini lombardi over 80, che ancora non hanno ricevuto la prima dose del vaccino, non potrà recarsi senza prenotazione nei centri. Come invece aveva annunciato Letizia Moratti.
Una giravolta che lascia enormi interrogativi: basta tradurre in numeri le parole del consulente: gli over 80 che si erano prenotati con Aria sono 615.773, di questi ne sono stati vaccinati 413.373, quindi ne mancano ancora 202.373. Secondo i piani dovrebbero essere vaccinati tutti in 5 giorni.
Peccato che la media di vaccinazioni quotidiane nella Regione non superi le 30mila unità (e non si fa riferimento solo ai cittadini più anziani, ma all’intera campagna vaccinale lombarda).
I freddi numeri, quelli da pallottoliere, si sono tradotti in un’annuncio privo di fondamento fatto dalla vicepresidente (e assessora al Welfare) Letizia Moratti nei giorni scorsi. Perché l’intervento sotto traccia del super consulente Guido Bertolaso ha costretto la Regione a smentire se stessa.
I 60mila “rimandati”
Proprio l’uomo tanto amato da Salvini – che lo voleva come candidato sindaco di Roma – ha smontato la tesi del braccio destro di Attilio Fontana, sottolineando come la vaccinazione senza prenotazione è destinata solamente a chi, in realtà, si era prenotato sul portale di Aria senza mai ricevere un appuntamento.
Per tutti gli altri, oltre 60mila cittadini lombardi, si deve ripartire con la trafila della prenotazione attraverso il portale di Poste Italiane, a partire da domani. E l’obiettivo annunciato la scorsa settimana è già saltato. Prima ancora di iniziare.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
IL NUMERO CHE SECONDO FIGLIUOLO SI DOVREBBE FARE IN UN GIORNO
Dal governo si sottolinea come sia necessaria un’accelerazione nel piano vaccinale
ma i numeri di Pasqua non fanno ben sperare. Nei tre giorni festivi, da sabato 3 aprile a lunedì 5, risultano essere state somministrate circa 500 mila dosi di vaccino. Praticamente la cifra che il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario dell’emergenza Coronavirus, si è dato come obiettivo giornaliero entro la fine del mese.
La frenata è indubbia: sabato si sono somministrate 211.650 dosi (quasi 24 mila in meno del sabato precedente), il giorno di Pasqua meno di 100 mila (92.734 nello specifico, contro le 159.703 della domenica precedente) e a Pasquetta meno di 150 mila.
Nel weekend festivo si sarebbero perse circa 300 mila somministrazioni (rispetto alla media feriale) e, nota Repubblica, il ritardo complessivo sul piano vaccinale è di 2 milioni e mezzo di immunizzati.
Un risultato che si scontra con le forniture arrivate nell’ultimo periodo e con quelle che arriveranno nel giro di qualche giorno – si attendono circa un milione e mezzo di vaccini da Pfizer entro domani. Le Regioni dicono di non avere dosi a sufficienza, ma da Roma rispondono che ci sono ancora circa due milioni e mezzo di vaccini nei frigoriferi dei vari centri regionali.
In questi giorni si sarebbe dovuto raggiungere l’obiettivo delle 300 mila dosi giornaliere, ma al momento il quadro è molto diverso. Addirittura l’Umbria e la Sardegna hanno comunicato di aver vaccinato rispettivamente appena 14 e 39 persone a Pasqua. Perché?
Secondo Palazzo Chigi le Regioni non sanno organizzarsi e vanno in ordine troppo sparso (anche sulle priorità). Secondo le Regioni, invece, il problema sono le forniture. Una spiegazione che può funzionare per Pfizer, ma non per AstraZeneca: stando ai dati di lunedì 5 aprile, erano state somministrate solo il 54% delle dosi disponibili. Un quadro che fa preoccupare sulla quantità di rifiuti, registrati in ogni parte d’Italia.
Nonostante il flop del weekend, comunque, la struttura commissariale non si dice preoccupata
Soddisfatti o no, a parlare è il dato complessivo: al 5 aprile non si era raggiunto nemmeno il 6% della popolazione vaccinata con la seconda dose. Al momento, l’obiettivo di chiudere la campagna vaccinale a settembre sembra essere distante.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
LA VICENDA DELLA CONTESSA “PRIGIONIERA” A PORTOFINO
È vero che il nostro è uno sporco mestiere e che le notizie si danno tutte. Però Repubblica poteva risparmiarci, almeno nel giorno di Pasqua, lo straziante grido di dolore di Antonella Camerana, “villeggiante a Portofino” e ivi “prigioniera in casa”, dopo una rocambolesca “fuga dalla tristezza” di Milano.
Immaginare quel viaggio di stenti dalle favelas di via Montenapoleone alle bidonville di Portofino, dove la povera senzatetto “ha raggiunto il borgo ben prima dei divieti” con mezzi di fortuna, forse su un carro bestiame o nel cassone di un camion, ci ha funestato la letizia tipica del dì di festa.
Neanche un’anima pia che l’accogliesse al suo arrivo in piazzetta, poi. Per fortuna, giunta nel nuovo lazzaretto, la sventurata ha trovato un po’ di conforto sulle pagine di Rep che, quando si tratta di soccorrere i bisognosi, non si tira mai indietro.
Il cronista Massimo Minnella s’è preso cura di lei, cercando di alleviarne la solitudine: “Si è sentita ben accolta quando è arrivata?”, le domanda premuroso. E lei: “E chi mai potrebbe accogliermi? Qui non si vede nessuno, c’è il deserto”. Ma dove sono la Caritas, Sant’Egidio, i servizi sociali? E il reddito di cittadinanza, d’emergenza, d’urgenza? Niente.
Non resta che rovistare nei cassonetti a caccia di un tozzo di pane raffermo. Dalla baracca di latta, la sventurata in lacrime nota “una calma innaturale”.
“Una piazzetta spettrale, come non era mai accaduto prima”, rincara il cronista. Tant’è che alla fine è lei a rincuorare lui: “Ma è pur sempre Portofino, c’è il mare e poi c’è la natura”. “Ma non è certo come le altre volte”, osserva lui. Lei torna a incupirsi: “Esattamente così. Mi piace molto di più la Portofino normale, amo la gente, i bar aperti… Questo vuoto è molto deprimente. Mi alzo e non vado nemmeno in piazzetta. Non l’ho mai vista così, è incredibile, non me l’aspettavo”.
Già: “a Milano tutto chiuso” e pure a Portofino, chi l’avrebbe mai detto. “Prigioniera” nello slum vista mare, la signora non ha neppure i soldi per comprare un giornale, o una tv, o una radiolina a transistor che l’avvertisse della terza ondata di Covid. Un supplizio.
Ieri, dopo aver trascorso il giorno di Pasqua a struggerci per la sua triste sorte, abbiamo appreso dal web ciò che Rep s’era scordata di dirci: la “prigioniera” è la contessa Antonella Carnelli De Micheli Camerana, seconda moglie del defunto conte Carlo Camerana (pronipote di Giovanni Agnelli fondatore della Fiat e cugino primo di Gianni, Umberto &C.) nonché azionista di Exor-Fca (ergo di Rep), che parla dalla sua villa a Portofino, forse in attesa di rimpiazzare la parigrado Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare nel varo della nuova nave Repubblica: “Ri-ri-vadi, contessa! Ma un po’ più a destra!”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
“DIFFUSIONE DI CONTENUTI CHE INCITANO ALLA VIOLENZA, ALLA DISCRIMINAZIONE E ALL’ODIO RAZZIALE”
Facebook ha chiuso la pagina de Il Primato Nazionale, il quotidiano online di
CasaPound Italia. Il blocco – confermato dai dirigenti del movimento neofascista – sarebbe scattato in seguito a violazioni delle politiche della piattaforma di Mark Zuckerberg in materia di diffusione di contenuti che incitano alla violenza, alla discriminazione e all’odio razziale e/o a messaggi riconducibili a fascismo o nazismo. Secondo i “fascisti del terzo millennio” – come si definiscono i militanti di CPI – l’oscuramento “è verosimilmente legato alla conferenza che mercoledì sera, alle 21, avrebbe dovuto essere trasmessa proprio sulla pagina Facebook del Primato Nazionale: una presentazione del saggio “Stregoneria politica” di Guido Taietti (edito da Altaforte, del dirigente casapoundista Francesco Polacchi), a cui avrebbero partecipato l’autore del volume e i giornalisti Gianluca Veneziani e Edoardo Gagliardi”. Ricordiamo: Guido Taietti – come raccontato recentemente da Repubblica – è stato condannato a 7 anni e due mesi per avere reso invalido permanente Emilio Visigalli, pestato in modo brutale a Cremona il 18 gennaio 2015 in un agguato balzato agli onori delle cronache nazionali. E non si tratta del primo picchiatore pregiudicato a cui il network editoriale Altaforte-Primato Nazionale dà spazio.
Ma torniamo alla chiusura della testata on line delle “tartarughe nere”. Scrivono gli stessi responsabili del Primato Nazionale: “La pagina di una testata regolarmente registrata, che contava circa 90mila like, può essere cancellata dal social network con un clic, senza preavvisi ne motivazione”. Bannata, ovvero: “Questa pagina non è più disponibile”. In una lamentatio pubblicata nelle ultime ore, CasaPound parla di “inaccettabile censura” da parte della piattaforma di Zuckerberg. Segue la promessa: “Nessun vittimismo, la battaglia continua. I nostri avvocati denunceranno Facebook. Quindi il signor Zackerberg dovrà dare una spiegazione in tribunale”.
Nel numero in edicola a marzo 2021 (Primato Nazionale è anche mensile cartaceo), l’house organ di CPI ospita un intervento di Caio Mussolini e una recensione del Mein Kampf” di Adolf Hitler, oltre a un approfondimento sui “farmaci boicottati per la cura del Covid”.
Per l’estrema destra si tratta del secondo stop nel giro di un mese. Il 5 marzo Twitter ha bloccato Forza Nuova: chiusi gli account del partito neofascista, del segretario Roberto Fiore e del vicesegretario nazionale Giuseppe Provenzale.
La censura è scattata per “violazione delle regole” previste dalla piattaforma per i suoi utenti. Fuori gioco, dunque, i 17mila follower forzanovisti, i 19mila che seguono il profilo di Fiore e i 1.900 fan di Provenzale.
Per Forza Nuova si tratta del secondo stop-social nel giro di due anni: il 9 settembre 2019 le pagine Facebook e Instagram del partito (fondato nel ’97) e di quelle di CasaPound erano state oscurate.
I responsabili delle due piattaforme spiegarono che “le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non possono trovare posto”. CasaPound fece ricorso affermando di essere vittima di un “attacco discriminatorio da parte dei colossi del web”, a causa – fu la versione delle tartarughe nere – del fatto che fossero “in piazza contro il governo”. Roberto Fiore, fa parte sua, accusò Mark Zuckerberg di voler “impedire che ci fosse opposizione al governo di estrema sinistra e a Bruxelles”.
CasaPound vinse il ricorso e il giudice ordinò a Facebook di riattivare la pagina condannandola al pagamento delle spese legali (15mila euro) e 800 euro per ogni giorno di mancata riattivazione della pagina. Ora, per i “fascisti del terzo millennio” arriva un nuovo cartellino rosso.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 6th, 2021 Riccardo Fucile
ANCHE LONDRA INTENDE FISSARE UNA SOGLIA D’ETA PER LE FIALE CHE AVEVA SEMPRE DIFESO… IN ITALIA TREDICI SEGNALAZIONI SOTTO ESAME
Anche la Gran Bretagna annuncia limitazioni per AstraZeneca. Londra, che pure aveva sempre difeso la sicurezza del suo vaccino, giovedì scorso ha ammesso di aver registrato 30 casi di una rara forma di trombosi legata alla somministrazione di AstraZeneca, di cui 7 fatali, su 18,1 milioni di vaccinati.
Secondo indiscrezioni di stampa, la Gran Bretagna potrebbe fissare un limite d’età al di sotto del quale preferire un altro prodotto.
La decisione era già stata presa il 18 marzo dalla Francia (vaccino riservato agli over 55) e il 30 marzo dalla Germania (agli over 60). Domenica l’Olanda aveva sospeso del tutto AstraZeneca. Anche l’Agenzia del farmaco italiana (Aifa) potrebbe fare una scelta simile, dopo la segnalazione di 13 casi sospetti, di cui probabilmente una metà fondati.
La scelta di fissare un limite di età nasce dall’osservazione che i casi di trombosi venosa cerebrale legata a un calo delle piastrine e a un aumento della proteina d-dimero sono concentrati fra i vaccinati al di sotto dei 60 anni, soprattutto nelle donne, tra i 4 e i 16 giorni dopo l’iniezione.
Prima della campagna vaccinale questa combinazione di sintomi non veniva osservata praticamente mai. Con AstraZeneca in Europa su 9,2 milioni di vaccinati ci sono stati 62 casi con 14 morti. Anche l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) che si riunisce oggi fino a venerdì è ormai incline a riconoscere che il problema è legato al vaccino di AstraZeneca. La trombosi venosa cerebrale con calo di piastrine dovrebbe entrare nel foglietto illustrativo non più come eventualità cui prestare attenzione, ma come effetto collaterale vero e proprio.
L’andamento delle vaccinazioni in Italia
Anche il vaccino di Johnson&Johnson, durante le sperimentazioni, avrebbe fatto registrare un caso sospetto in un giovane uomo, mentre Pfizer e Moderna non hanno dato segnali di allarme. Questo potrebbe indicare che il problema riguarda i vaccini che usano il metodo del vettore virale (anche Sputnik e ReiThera): ma per ora si tratta solo di un’ipotesi. L’Ema è in contatto con l’Fda americana (gli Usa somministrano già Johnson&Johnson ma non hanno intenzione per ora di usare AstraZeneca) per rendersi conto di eventuali problemi anche lì.
Anche sulle cause di questo problema la medicina brancola nel buio. Una delle piste seguite è che il vaccino, per ragioni sconosciute, in alcuni individui inneschi un fenomeno auto-immune, con gli anticorpi che si rivolgono contro le piastrine del sangue e un’attivazione anomala di alcuni fattori di coagulazione, che formano trombi. Questo spiegherebbe perché le donne sono più rappresentate (soffrono di più di problemi auto-immuni) ma non perché non ci sono casi fra gli anziani. Comunque la si guardi, la sindrome resta un mistero.
Le persone colpite da trombosi (almeno per quanto riguarda i casi italiani), non avevano né avevano avuto il Covid. Solo in pochi casi si trattava di donne che prendevano la pillola. Erano spesso totalmente sane, come nel caso del militare 50enne di Mantova, donatore di sangue e sottoposto a controlli regolari. Né ci sono indicazioni su come curare questa strana sindrome. La terapia che ogni medico somministrerebbe in caso di trombosi – eparina o altri anticoagulanti – con questa forma peculiare rischia di estendere il danno.
Fissare un limite d’età per il vaccino appare la scelta più logica, ma si scontra con la necessità di far marciare la campagna vaccinale. L’Ema aggiornerà i dati statistici, inserirà la trombosi venosa cerebrale fra gli effetti collaterali e cercherà di fornire più dettagli possibile sulla natura della malattia e sulle condizioni preesistenti delle persone colpite. Ma difficilmente si spingerà oltre, fornendo raccomandazioni agli stati.
Le sue indicazioni infatti vengono seguite anche dall’Organizzazione mondiale della sanità, che con altre ong internazionali sovrintende al programma Covax per la distribuzione dei vaccini in 92 paesi poveri. Bloccare la distribuzione di AstraZeneca, un prodotto economico (costa 2,5 euro) e facile da conservare a temperatura di frigo, vorrebbe dire tagliare le gambe alle immunizzazioni in molte aree in via di sviluppo.
Lo scenario più probabile è che ogni nazione decida in base alla diffusione del virus e alla disponibilità di vaccini. I paesi nordici con una pandemia non troppo grave sceglieranno probabilmente il blocco.
Norvegia e Danimarca non hanno mai ripreso le somministrazioni di AstraZeneca, dopo il primo allarme di metà marzo. Germania e Francia manterranno il limite dell’età, seguiti forse dall’Italia (le consultazioni fra Aifa e ministero della Salute sono in corso da oggi). Molto dipenderà dallo stato delle forniture degli altri vaccini promessi, Pfizer in testa. L’Europa dell’est invece, che conta molto su AstraZeneca per contrastare il virus, dovrebbe mantenerne l’uso.
Fissare un limite d’età può apparire al momento la scelta più equilibrata. Le trombosi venose cerebrali colpiscono infatti più i giovani, in particolare le donne, e questa è la categoria in cui il Covid fa meno vittime.
Si spera che l’Ema, fra giovedì e venerdì, dia cifre più chiare anche su questo. Per ora l’Agenzia ha fatto sapere che le persone colpite sono circa una ogni 100mila vaccinati al di sotto dei 60 anni e le vittime una su tre, o poco meno. Non sono numeri insignificanti per un vaccino che deve essere sottoposto a somministrazione di massa. Bilanciare queste statistiche con la necessità di proteggerci dal Covid al momento è un rompicapo che non ha trovato una soluzione ideale.
(da “La Repubblica”)
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