Destra di Popolo.net

REGIONI E CORPORAZIONI: IL DISASTRO DELL’ITALIA OGNUN PER SE’

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

IL GOVERNO VACCINA GLI ANZIANI PER SALVARE VITE MA SUBITO E’ UN FLORILEGIO DI DISTINGUO

Il criterio è più che chiaro, le finalità adamantine. C’è voluto il tempo che c’è voluto – e ritardi, denunce, gaffe e mea culpa, due commissari straordinari, cambi al vertice e proteste alla base, polemiche, furbetti e inchieste e morti e morti e ancora morti – ma alla fine a metterlo al centro della strategia vaccinale c’eravamo arrivati.
Vaccinare per fasce d’età, in ordine anagrafico decrescente, partendo da over80 e fragili e via a scendere, in ordine d’età e di progressiva diminuzione di esposizione al rischio da Covid.
L’obiettivo principale è proteggere chi è più esposto a subire la ferocia di questo virus che, come ha certificato la scienza, uccide più facilmente anziani e persone fragili.
Si è fatto così in Israele, si è fatto così nel Regno Unito, ossia nei posti eletti a modello per strategia e risultati, dalla seconda settimana di marzo si è scelto di fare così anche da noi.
Venerdì sera, il generale Figliuolo lo aveva anche ribadito, con un’ordinanza pensata prima di tutto per richiamare all’ordine le Regioni: le dosi vanno somministrate a partire da over80 e fragili, per poi passare a 70enni e 60enni. E invece.
Giusto il tempo di far passare il fine settimana e mentre i presidi protestavano perché insegnanti e personale amministrativo che non hanno ancora ricevuto la prima dose non rientreranno nella corsia preferenziale per le vaccinazioni, oggi dalla Campania il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, ha fatto sapere che “no, dopo over 80 e fragili non intendiamo procedere per fasce di età” perché “se decidiamo di andare avanti solo per fasce di età, quando avremo finito le fasce di età l’economia italiana sarà morta”.
Per De Luca, uno dei 9750 italiani vaccinati il 27 dicembre nel vaccine day, l’unico politico ad essersi assicurato la dose di Pfizer quel giorno tra medici, infermieri e anziani ospiti delle Rsa, bisogna “lavorare anche sui settori economici”, intendendo prima di tutto gli albergatori, anima di quel “comparto importante dell’economia campana che è quello turistico”.
Lo stesso per tutelare il quale sempre De Luca aveva stretto accordi coi sindaci, per vaccinare a tappeto Capri e Ischia, lanciando in campo il progetto delle “isole Covid free”.
Condiviso anche dal ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, è stato bocciato senza appello dal commissario Figliuolo che ha bloccato sul nascere il tentativo di De Luca di fare di testa propria precisando: “La campagna vaccinale deve proseguire in modo uniforme a livello nazionale, senza deroghe ai principi che la regolano”.
Significa, tradotto in altre parole, che il criterio di progressione per fasce d’età deve prevalere sulle rivendicazioni corporative cui l’uscita di De Luca rimandava.
Significa che, d’ora in poi, ci sarà una direzione comune da seguire a livello nazionale e non ventuno linee di pensiero e di azione, tante quante sono le Regioni e le Province Autonome, come pure ci sono state finora nella campagna vaccinale e sovente anche nella gestione dell’epidemia.
Tornando alla proposta di De Luca (che in mattinata aveva anche minacciato di non partecipare più alla Conferenza Stato- Regioni e in serata, dopo la replica di Figliuolo, pur non abbassando i toni nella sostanza ha fatto marcia indietro) viene da chiedersi: ma siamo poi tanto sicuri che derogando dal principio della progressione della vaccinazione per fasce d’età dando la precedenza a determinate categorie si tuteli davvero l’economia?
Ai particolarismi, alle rivendicazioni di primazia che una scelta del genere innescherebbe a cascata – perché gli albergatori sì e noi dei supermercati no? e via così – non è forse preferibile l’equità lineare del criterio scelto dal governo anche sull’esempio, si è già detto, dei risultati positivi raggiunti altrove?
E poi il progredire della campagna, l’aumento delle somministrazioni e il potenziamento dell’effetto dell’immunizzazione, un piano così strutturato assicura anche la riduzione dei ricoveri e il graduale svuotamento dei reparti di terapia intensiva, dunque la possibilità di ripristinare la funzionalità, con tutto quello che questo significa per la cura delle altre patologie – scivolata in secondo piano per effetto di Covid – di un sistema sanitario ora ancora compromessa dalla pressione dell’epidemia.
Difficile pensare che si possa parlare di ripresa, di rilancio – anche turistico – fino a quando non si arriverà a una situazione sanitaria più tranquilla, con un progressivo calo dei contagi e dei morti. La via per arrivarci passa dal vaccino e davvero non ci pare esista criterio migliore di quello delle fasce d’età. Con buona pace delle corporazioni. E di De Luca.
(da Huffingtonpost)

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ALTRO SPOT INUTILE DI TOTI, VACCINI IN FARMACIA A RILENTO

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

“MANCANO LE DOSI, NE FACCIAMO LA META’ DI QUELLE PREVISTE”

La carenza di dosi che nelle scorse settimane aveva portato a rallentare le prenotazioni dei medici di base in Liguria, anche per consentire un ritmo sostenibile al mega-hub della Fiera del Mare di Genova, sta creando problemi anche anche ai punti vaccinali organizzati da una rete di cinquanta farmacie su tutto il territorio.
Lo scopo del coinvolgimento dei farmacisti, che per ora non possono vaccinare ma mettono a disposizione spazi e organizzazione logistica curando anche la preparazione delle singole dosi, era quello di aumentare la copertura sul territorio.
Eppure a due settimane dall’avvio del coinvolgimento delle farmacie, che da 50 dovevano diventare 150 inserendosi a scaglioni una settimana dopo l’altra, tutto si muove a rallentatore.
Delle circa 5mila dosi che le farmacie potrebbero somministrare ne vengono consegnate meno della metà, circa 2mila, con casi concreti come quello della farmacia Savio di Recco, che si è organizzata per dare il suo contributo immunizzando 200 persone a settimana e invece per ora ne arriva a coprire solamente 50.
Come nel caso degli hub della Toscana, in questa fase non sembrano mancare né i punti vaccinali né le persone in attesa di poter prenotare il vaccino, ma le dosi continuamente promesse ma, per ora, solamente attese
(da Il Fatto Quotidiano)

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NELL’UMBRIA DELLA LEGA A 82 ANNI PUOI RIMANERE IN CODA TRE MESI PRIMA DI VACCINARTI

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA: IL CASO DI UN ANZIANO PRENOTATO A FEBBRAIO PER META’ MAGGIO E DELLA MOGLIE 79ENNE CON ALZHEIMER PER CUI NON C’E’ POSTO FINO A MAGGIO E A 50 KM DI DISTANZA

Umbria, regione amministrata dalla Lega di Salvini da Donatella Tesei. Lui 82 anni, lei 79 e malata di Alzheimer. Lui si è prenotato in tempi ‘regolamentari’, il 27 febbraio, in farmacia, come previsto per la sua classe di età, il 1939, dalla Regione Umbria. L’appuntamento però è stato fissato il 13 maggio.
Per la moglie 79 enne, affetta da Alzheimer, la possibilità di prenotarsi è arrivata solo appena dopo Pasqua: la data più vicina, fine maggio, è però a Orvieto, a circa 50 km di distanza da Città della Pieve, dove risiede.
A denunciare il caso la figlia dei due anziani che al numero verde regionale dedicato alle informazioni si è sentita rispondere “purtroppo sono questi i tempi. Ci sono appuntamenti fissati anche a giugno per le persone dell’età di suo padre”.
E al danno si aggiunge la beffa perché una possibilità di ridurre i tempi in realtà, a fine marzo, c’era stata. All’anziano era stato inviato un sms, che, grazie a una maggiore fornitura di dosi, invitava a prenotarsi nuovamente per ridurre i tempi di attesa.
Ma purtroppo il servizio sms della sua utenza non era attivo e l’offerta si limitava solo ad una settimana. Così, l’occasione è andata persa.
“Credo che la Regione potrebbe trovare mezzi più efficaci e più adatti alle persone ultraottantenni per comunicare informazioni di questa importanza. C’è il medico di famiglia, il farmacista, la telefonata diretta”, dice la figlia che ha scritto anche all’Urp, su consiglio del numero verde, senza ricevere alcuna risposta se non quella automatica.
“Gentili operatori – ha scritto la figlia dell’uomo all’Urp – purtroppo mio padre 82enne ha ricevuto un sms per anticipare la prenotazione, non l’ha visto e ovviamente non ha risposto, infatti è ancora prenotato per il 13 maggio. È possibile, considerata l’età – chiede – che venga vaccinato il prima possibile? Ritengo che un uomo di 82 anni debba, come il Governo italiano ha più volte dichiarato, avere la priorità e vi prego di scusarlo se non è avvezzo all’uso dei messaggi/whatsapp/email e non ha profili social. Sapete, lui è nato sotto le bombe e una di quelle ha ucciso suo padre, un giovanissimo italiano ‘in guerra per la Patria’, lasciandolo orfano…proprio come ora che è abbandonato a se stesso dal ‘Sistema sanitario umbro’ che forse considera un ultra ottantenne così poco importante da scrollarsi di dosso il problema con uno sterile sms. Benvenuti nell’era pandemica dove è meglio che la storia si cancelli per sempre”.
(da NextQuotidiano”)

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SULLA PARITA’ DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO, L’ITALIA E’ FANALINO DI CODA IN EUROPA

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

IL MONITORAGGIO DELL’EIGE

La promozione dell’uguaglianza di genere è uno degli obiettivi centrali indicati dalla Commissione europea agli Stati membri, che si apprestano a varare i vari Piani di rilancio dopo l’emergenza coronavirus.
L’Unione europea da anni monitora il divario tra cittadini e cittadine in diversi ambiti attraverso lo strumento del Gender Equality Index, sviluppato dall’Eige, l’istituto per l’uguaglianza di genere. E, come fa notare Openpolis, il nostro Paese è in fondo alla classifica quando si tratta di gender gap e mondo del lavoro.
Il nuovo parametro dell’Eige per studiare il gender gap, quello della violenza sulle donne
Prima di arrivare ad analizzare la situazione italiana, bisogna precisare quali sono gli ambiti che l’Eige analizza, i cosiddetti domini, per fotografare le disparità tra uomini e donne nei diversi Stati membri. Si tratta di ambiti della vita quotidiana dove le donne si trovano in una condizione di svantaggio e sono: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute. Tuttavia, in futuro (i primi dati saranno disponibili nel 2023) verrà aggiunto un settimo dominio, cioè quello che analizza la situazione rispetto alla violenza sulle donne.
In generale, per ogni ambito viene assegnato un punteggio che va da 0 a 100. Dalla media di queste cifre se ne ricava poi una generale per il Paese: più questo è alto, più si avvicina al raggiungimento della piena parità di genere. Il numero della media europea è 67,9. Per l’Italia siamo fermi a 63,5. Il nostro Paese si trova quindi al di sotto della media europea, circa a metà nella classifica dei Paesi che vede al primo posto la Svezia e all’ultimo la Grecia.
L’Italia ultima in classifica per parità di genere nel lavoro
Questo per quanto riguarda il punteggio generale. Se andiamo però ad analizzare nello specifico i diversi indicatori, emerge che il nostro Paese è fanalino di coda per quanto riguarda la parità di genere nel mondo del lavoro. L’Eige assegna infatti all’Italia il punteggio più basso con soli 63,3 punti, quasi dieci in meno rispetto alla media europea al 72,2 su 100.
L’unico dominio in cui troviamo l’Italia al di sopra della media europea è quello della salute. Ma in generale, il nostro Paese è indietro rispetto alla media dell’Unione. Tuttavia, negli anni, sono stati fatti dei passi avanti. Dal 2010 al 2020 abbiamo guadagnato ben otto posizione nell’indice complessivo sulla parità di genere. E il ritmo con cui ci avviciniamo al raggiungimento dell’uguaglianza è sostenuto, sottolinea l’Eige. L’Italia è infatti migliorata in quasi tutti i domini, soprattutto in quello del potere grazie anche all’introduzione delle leggi sulle quote di genere in ambito politico ed economico.
(da Fanpage)

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GENERALE, DIETRO LA COLLINA… COSA C’E’?

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

IL QUADRO REALE DELLA SITUAZIONE, LE DOSI IN ARRIVO E GLI OBIETTIVI

Una settimana per capire se la guerra contro il Covid ha recuperato sulla tabella di marcia e può proseguire senza intoppi fino all’obiettivo finale, ovvero contenere il virus immunizzando il 70 per cento della popolazione entro la fine di settembre. Dipenderà in gran parte dalla tempestività delle forniture di vaccino, che se ritardassero farebbero sballare i piani del commissario Figliuolo, già rivisti al ribasso nelle ultime settimane.
Tanto che al momento è arrivata la raccomandazione a non superare le 300 mila dosi al giorno in modo da tenersi al riparo di fronte a nuovi intoppi.
Ostacoli causati dalle carenze dei contratti europei che il ministro Roberto Speranza continua comunque a difendere perché «è vero che paghiamo un prezzo per gli errori nella negoziazione degli accordi», ma «altrimenti avremmo avuto la guerra di un Paese contro l’altro».
Per avere qualche certezza in più, il presidente del Consiglio Mario Draghi sta chiamando le società interessate per garantire la regolarità delle consegne. Uno spiraglio di luce arriva da Pfizer.
L’azienda statunitense ha promesso di anticipare di un mese le consegne dei prossimi trimestri. Se questo impegno venisse davvero rispettato le Regioni potrebbero andare a pieno regime prima che arrivi il grosso delle dosi del secondo trimestre.
Da aprile a giugno dovrebbero essere a disposizione 52 milioni di dosi. Tra otto e dieci sono programmate ad aprile. Se le oltre 40 rimanenti fossero concentrate su giugno, sarebbe impossibile mantenere il ritmo delle 500 mila vaccinazioni al giorno che il commissario ha intenzione di raggiungere.
La media del mezzo milione quotidiano dovrebbe scattare nell’ultima settimana di aprile. Per questo le Regioni non consumano tutte le dosi, in modo da mantenere la scorta per i richiami.
Questa settimana arriverà in Italia per la prima volta il vaccino di Johnson & Johnson, che si basa sulla stessa tecnica di AstraZeneca. Si tratta di circa 184 mila dosi, le prime delle 400-500 mila attese tra il 16 e il 19 aprile. Le fiale dell’unico vaccino monodose dovrebbero arrivare tra domani e mercoledì all’hub della Difesa all’aeroporto di Pratica di Mare, assieme a 175 mila dosi di AstraZeneca.
Entro mercoledì, inoltre, Pfizer dovrebbe consegnare in tutta Italia oltre un milione di dosi. Sempre per l’inizio della settimana è prevista la consegna da parte di Moderna di circa 400 mila dosi, sufficienti per aumentare il ritmo della campagna, sempre che davvero le promesse siano rispettate.
In queste settimane si è visto che Pfizer ha consegnato con regolarità, ogni settimana. Moderna consegna di solito piccole quantità, quindi non è al momento decisivo. Il fornitore più irregolare è AstraZeneca, che accumula spesso ritardi, tagliando i quantitativi.
Quest’ ultimo vaccino è al momento decisivo per le persone che hanno più di 60 anni, come raccomandato dall’Ema (l’ente europeo del farmaco) dopo i nuovi casi di sospette trombosi collegate alle inoculazioni.
La nuova ordinanza del commissario prevede uno stop alla vaccinazione delle categorie, a cominciare da insegnanti e personale sanitario non in prima linea, per accelerare sugli anziani.
Il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le applicazioni del calcolo Mauro Picone del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac), è ottimista e pensa che tutti gli over 70 possano essere vaccinati entro maggio: «La percentuale del numero totale delle dosi somministrate rispetto al totale delle doppie dosi necessarie per la vaccinazione completa di chi ha 70-79 anni, 80-89 anni e con più di 90 anni sono rispettivamente pari al 11%, 55%, e 59%, con una percentuale del 30% per l’unione delle tre fasce.Andrebbero somministrate 14 milioni e 500 mila dosi per arrivare alla vaccinazione completa delle tre fasce».
Il che richiederebbe un mese, se venissero somministrate 500 mila dosi al giorno. Se invece si rimane a 300 mila dosi al giorno, servirebbero ulteriori due settimane, raggiungendo l’obiettivo a fine maggio.
Sono 9.075.253 gli italiani che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, secondo i dati ufficiali, pari a circa il 17,8% della popolazione esclusi gli under 16.
Le persone vaccinate con due dosi sono 3.921.770, circa il 7,7% del totale.
Ma continua l’andamento a macchia di leopardo, con le Regioni più in difficoltà che cercano di mettersi in pari.
Il Lazio domani apre le prenotazioni per chi ha 60-61 anni, mentre la Lombardia accelera sui 75 enni. Nella Regione guidata da Nicola Zingaretti le prenotazioni per gli anziani fanno registrare il tutto esaurito per Pfizer e Moderna, mentre risultano slot disponibili per Astrazeneca, a conferma della minore richiesta.
In Puglia, terz’ ultima per somministrazioni, è polemica per l’apertura indiscriminata a tutti gli over 60. Dopo la protesta dei sindaci, che temevano assalti e code, si è deciso che, parallelamente a chi si è già prenotato sulla piattaforma regionale, sarà avviata la somministrazione con AstraZeneca anche ai non prenotati nella fascia di età tra 79 e 60 in ordine decrescente di anzianità, a partire dai 79enni che potranno presentarsi oggi ai punti vaccinali. Domani sarà il turno dei 78enni.
Polemiche e forti ritardi anche in Sicilia e in Sardegna. La Lombardia prova a recuperare e oggi apre a Brescia un nuovo hub, uno dei più grandi d’Europa. E nella Capitale il 20 aprile ne dovrebbe aprire un altro a Porta di Roma.
(da “il Corriere della Sera”)

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PREGLIASCO: “CON LE RIAPERTURE RISCHIAMO UNA NUOVA ONDATA”

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

“UN RISCHIO, TEMO UN NUOVO “LIBERI TUTTI”… “I LUOGHI PIU’ A RISCHIO? I RISTORANTI”

Fabrizio Pregliasco, virologo e docente dell’Università Statale di Milano, parla di “un rischio” commentando le possibili riaperture delle attività lunedì prossimo.
“È un rischio – ha detto il virologo intervenendo a ‘Un Giorno da Pecora’, su Rai Radio1 – con le riaperture temo un nuovo ‘liberi tutti’”.
Rispondendo a una domanda dei conduttori del programma, Pregliasco ha spiegato perché è pessimista rispetto a questa possibilità. “Ci vuole una grande responsabilità da parte dei singoli” secondo il virologo perché “una ulteriore onda è possibile che possa ripresentarsi”.
“Anche in Inghilterra (dove oggi dopo un lungo lockdown anti-Covid riaprono bar, ristoranti e negozi) – ha spiegato Pregliasco – stanno riaprendo ma con grande attenzione”. Quindi, appunto, parlando delle possibili riaperture tra pochi giorni: “Sono un po’ pessimista per lunedì prossimo, pessimista rispetto all’acquisizione di condizioni che giustifichino queste aperture”, ha spiegato.
Alla domanda su quali siano i luoghi più a rischio per i contagi da Coronavirus, scegliendo ad esempio tra palestre e ristoranti, Pregliasco ha detto di ritenere pericolosi i ristoranti già solo perché ci si toglie la mascherina per mangiare e si sta lungo insieme e questo rappresenta un rischio “che bisognerà cominciare a correre” nella speranza “che ci sia responsabilità da parte di tutti e che si faranno le cose con attenzione”.
Sulla Sardegna che da zona bianca è diventata rossa Pregliasco ha spiegato: “Il virus sta circolando in maniera così diffusa dove dobbiamo considerare ogni singolo contatto un rischio, meccanismo di aperture e chiusure sono un rubinetto che aumenta o riduce il numero di contagi. Passare subito alla zona bianca è stato un po’ un azzardo, ha creato quell’effetto di ‘liberi tutti’ che temevo”, ha chiarito l’esperto. In merito alla campagna di vaccinazione anti-Covid, Pregliasco ha detto che in Lombardia nel weekend è stato recuperato il gap degli over-80, ora vaccinati.
Il virologo milanese ha risposto anche a una domanda relativa alla possibile presenza del pubblico durante la partita Italia-Turchia: “25mila persone all’Olimpico? Un bel rischio, fa impressione”, ha detto a proposito della possibilità di riaprire lo stadio Olimpico ai tifosi in occasione della gara inaugurale di Euro 2020.
(da Fanpage)

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LO CHEF LOCATELLI CHE OGGI RIAPRE A LONDRA: “A DIFFERENZA DELL’ITALIA QUA ABBIAMO DAVVERO CHIUSO PER TRE MESI”

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

“LA CASSA INTEGRAZIONE HA FUNZIONATO E ABBIAMO AVUTO PRESTITI GARANTITI DAL GOVERNO CHE ORA GRADUALMENTE RESTITUIREMO”… “IN ITALIA I RISTORATORI SONO POCO FLESSIBILI”

“L’incertezza ha generato la rabbia dei ristoratori italiani, ma non è scusabile la violenza”. Giorgio Locatelli, primo italiano all’estero ad essere premiato con una stella Michelin con la Locanda Locatelli, commenta così a HuffPost le proteste dei ristoratori contro le misure restrittive del governo italiano. Lo chef, dopo il successo della decima stagione di MasterChef – lo show di Sky prodotto da Endemol Shine Italy -, è pronto a tornare alla guida del programma. Ma prima c’è il suo ristorante da riaprire – questa volta senza nuove chiusure all’orizzonte – per la prima volta dopo l’ultimo lockdown inglese.
Chef Locatelli, oggi riapre il suo ristorante a Londra.
“Finalmente riapriamo per la cena, siamo completamente sold out. Il telefono non smette mai di suonare. La gente vuole tornare a vivere la convivialità, che è un piacere di cui non ci si può dimenticare. Vedo che le persone sono contente di poter tornare a vivere certi piaceri”.
Che emozioni prova a poche ore dalla riapertura?
“Mi sento sollevato. Quando il ristorante è chiuso, senza nessuna entrata, è un problema. Ora possiamo ricominciare con una visione abbastanza ottimista. Non ci chiuderanno nuovamente tra due o tre mesi, questa è l’ultima volta che riapriamo. Ciò è molto importante perché possiamo pensare al futuro, possiamo fare dei piani, decidere un budget per progettare i prossimi sei mesi. Tapperemo i buchi che si sono creati. Per essere ancora qui si sono creati dei debiti che adesso possiamo ripagare”.
Ha detto qualcosa in particolare ai suoi dipendenti?
“Non ancora. Alle cinque riapriamo ma mezz’ora prima ceneremo insieme a tutto lo staff. Viviamo come una famiglia, non facciamo i briefing ma mangiamo insieme. Mi sono preparato un discorso, spero di riuscire a farlo per caricare tanto il mio staff. Ma i miei dipendenti sono già carichi, erano stufi e volevano tornare a lavorare. Tutto il nostro comparto vuole lavorare e non restare chiuso. Il nostro è un lavoro che non riesci a fare bene se sei obbligato. Abbiamo avuto problemi con dipendenti che, non avendo più contatti con i clienti, sono andati in depressione. Si rende conto?”
É stata una situazione difficile a livello umano oltre che economico.
“Il nostro non è un lavoro di produzione ma di contatto con il cliente. Tante volte il cliente riesce a darci tanto. Noi non siamo solo servitori, ma esiste uno scambio con i clienti che da ritmo alla nostra vita. Senza questo contatto ci manca un aspetto essenziale di quello che siamo davvero, di quello che valiamo e del nostro posto nel mondo”.
Qual è il clima a Londra, che ha appena raggiunto l’immunità di gregge?
“L’attenzione resta alta. Lo smartworking è ancora attivo in alcuni casi per non congestionare la città. Fino a oggi non c’erano tante persone per strada, ora staremo a vedere con le riaperture. La gente deve imparare nei prossimi mesi a comportarsi in un certo modo. Nonostante le tantissime persone vaccinate non si possono correre rischi. Dobbiamo rispettare le distanze e l’uso delle mascherine. Sono cose importantissime e di base. Vedo le persone per strada che ora, nonostante la mascherina sul volto, sorridono. Prima vedevo solo gente con la testa bassa. C’è un sentimento di rinascita”.
La situazione in Italia è diversa. I ristoratori sono scesi in piazza per protestare contro il governo.
“Io personalmente manco dall’Italia da tanto tempo ma non posso non avere un’idea della situazione. Mi sono accorto di una cosa: la cassa integrazione italiana non ha funzionato e ha resto impossibile la vita a molte persone. Molti lavoratori del mondo della ristorazione si sono ritrovati senza entrate e con una famiglia, dei figli e un affitto da pagare. Come fai? Lo lasci sulla strada? Chi deve pagarlo?”.
In Inghilterra il sistema della cassa integrazione ha funzionato diversamente?
“In Inghilterra il sistema ha funzionato benissimo. Qui i dipendenti erano più tranquilli, avevano i soldi necessari per vivere e ora sono tutti pronti per ricominciare. In Italia non è stato così. Le persone sono arrabbiate per questo ma io non condono mai la violenza. È brutto vedere le persone che lavorano nel mondo dell’hospitality usano la violenza per dimostrare le proprie intenzioni. Ho sentito una persona dire che noi ristoratori ‘siamo tutti nella stessa barca’. Ma non è vero. Siamo tutti nello stesso mare ma su barche diverse. Un ristorante con 50 dipendenti è diverso da quello che ne ha tre. Le chiusure, le riaperture, la suddivisione delle regioni per colori, hanno creato indecisione e quindi anche rabbia. In Inghilterra hanno deciso di chiudere tutto. Se avessero fatto così anche in Italia forse la situazione sarebbe diversa. Ma è stata dura anche per noi”.
Mi spieghi.
“Siamo stati chiusi per tre mesi. Abbiamo fatto dei prestiti, garantiti dal governo, per non chiudere. Ma dovremo restituire i soldi, abbiamo preso dei rischi. In Italia non c’è una rappresentazione ministeriale della ristorazione e questo è un problema. In Inghilterra sono stati nominati degli assistenti del Ministro del Turismo che si sono occupati delle singole categorie come ristoranti, hotel, pub. Avere persone che rappresentano singole categorie è più efficace. I politici devono capire esattamente quali sono i problemi delle singole categorie. La gente è disperata e io non sarei così positivo se il sistema inglese non si fosse preso cura adeguatamente del personale del mio ristorante. Ho vissuto meno ansia sapendo che il mio staff aveva abbastanza soldi per vivere”.
Qual è la lezione che il mondo della ristorazione deve imparare dalla pandemia?
“La lezione importantissima è che dobbiamo avere flessibilità nel mondo della ristorazione. Bisogna essere capaci di cambiare e dobbiamo ricordarci che il nostro business è dedicato a persone che consumano in modo differente. Il mondo è cambaito rispetto a 50 anni fa e il ristorante è lo specchio dei cambiamenti. Anche un ristorante aperto da 30 anni, se non si adegua ai nuovi clienti, è un locale nullo. Dobbiamo essere capaci di cambiare e trasformarci. In Italia ci sono ristoranti gestiti dalla stessa famiglia da tantissimi anni che non cambiano mai. Il business di chi non è capace di cambiare non vale niente”.
(da Huffingtonpost)

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IL RISTORATORE CHE HA APERTO A IBRAHIMOVIC IN ZONA ROSSA: “MA QUALE CAZZO DI PANDEMIA? AVETE ROTTO I COGLIONI”

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

IL CALCIATORE ERA STATO TESTIMONIAL DELLA REGIONE LOMBARDIA AL MOTTO DI “RISPETTATE LE REGOLE”

Dopo il cartellino rosso rimediato durante l’ultima partita in trasferta a Parma, di ritorno a Milano il calciatore del Milan Zlatan Ibrahimovic se n’è infischiato di un altro rosso, quello della zona in cui si trovava fino a ieri la Lombardia, e si è fatto aprire attorno alle 13.30 il ristorante di Tano Simonato, proprietario del locale “Tano passami l’olio”.
E così, incuranti delle restrizioni per il Covid-19 che impongono a tutti i ristoranti di non poter servire ai tavoli i clienti, Ibra e gli altri avventori sarebbero stati protagonisti di un pranzo che, secondo quanto riferito a Fanpage.it da una sua fonte, è costato 300 euro a testa.
Soldi che stridono col fatto che attualmente i dipendenti del ristorante in via Petrarca, che a gennaio aveva aderito all’iniziativa “Io apro” e non aveva negato le difficoltà economiche, siano in cassa integrazione.
Le foto che Fanpage.it ha ricevuto da una sua fonte, che ha chiesto di rimanere anonima, mostrano il fuoriclasse svedese seduto assieme allo chef Simonato e ad altre persone, intente a bere un bicchiere di vino.
Tra i presenti, stando a quanto apprende Fanpage.it, c’era anche l’ex calciatore del Milan Ignazio Abate. Né Ibra né le altre persone, stando alle regole della zona rossa, avrebbero dovuto essere lì.
Ma lo stesso chef Simonato, raggiunto al telefono da Fanpage.it, ha confermato: “Ibra, Ignazio con un altro amico carissimo sono venuti a trovarmi, siamo stati lì un paio d’ore e poi se ne sono andati a casa”.
Simonato nega però che Ibra abbia pranzato: “È stata una cosa tra amici, normali, siamo amici e noi ogni tanto ci vediamo da me se non ci vediamo da altri amici”.
“Non hanno pranzato, da amici abbiamo bevuto un bicchiere di vino”. Quando gli è stato fatto notare che il suo ristorante, come gli altri locali, sarebbe dovuto rimanere chiuso per via delle restrizioni legate alla pandemia, Simonato si è scagliato contro i giornalisti: “Ma quale cazzo di pandemia, ma la smettete di rompere i cog… con sta pandemia?”.
Al di là dell’atteggiamento del ristoratore, che ha più volte invitato i giornalisti a “farsi gli affari propri” e ha insultato la categoria, colpisce l’atteggiamento di Ibrahimovic, che ha violato diverse norme della zona rossa sfruttando probabilmente la sua fama e la sua posizione.
Un atteggiamento che stride col fatto che lo stesso Ibra era stato scelto come testimonial proprio contro il Coronavirus dalla Regione Lombardia: “Il virus mi ha sfidato e io ho vinto, ma tu non sei Zlatan non sfidare il virus” diceva Ibra nel video.
E aggiungeva: “Usa la testa e rispetta le regole: distanziamento e mascherine”. Un rispetto delle regole che però, in questa circostanza, non si è visto.
(da Fanpage)

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LA FIGURACCIA DI SALVINI SUI VACCINI AI DETENUTI DI LAZIO E CAMPANIA

Aprile 12th, 2021 Riccardo Fucile

SI SCANDALIZZA CHE SIANO “PRIVILEGIATI” I CARCERATI DELLE DUE REGIONI (DOVREBBERO FORSE MORIRE DI COVID?), MA NON SA CHE IN LOMBARDIA E VENETO SONO INIZIATE DA UN MESE LE STESSE VACCINAZIONI

Un mondo fantastico, fatto di scarsa consapevolezza di quel che accade in casa propria ma di elevato zelo (poco lungimirante) nell’analizzare quel che succede fuori dalle proprie quattro mura.
È l’universo verde della Lega che – come accaduto per la campagna vaccinale in Lombardia – vede nel suo leader Matteo Salvini la sua massima espressione.
L’ultima polemica priva di senso riguarda le vaccinazioni dei detenuti rinchiusi nei carceri di Lazio e Campania.
Secondo il segretario del Carroccio, questa mossa di Zingaretti e De Luca è priva di senso. Peccato per lui (e per il suo partito) che Veneto e Lombardia – guidate dalla Lega e dal Centrodestra – abbiano avviato la campagna vaccinale nei penitenziari delle loro Regioni nel mese di marzo.
Ed ecco la reazione, come quella di un bambino intento a scartare un uovo di Pasqua o un regalo sotto l’albero di Natale, del leader leghista alla notizia dell’avvio della campagna vaccinale nei penitenziari del Lazio con Johnson & Johnson (in arrivo in Italia tra martedì e mercoledì).
“Roba da matti”, grida sui social. E forse ha ragione: è roba da matti che al 12 aprile ancora nessuno abbia pensato di immunizzare i detenuti che vivono nelle carceri italiane perché, come evidenziato dalle ultime notizie, i focolai sono in netto aumento. Poi, però, arriva la clamorosa sorpresa che fa fare la figuraccia a Matteo Salvini.
A parlare non è uno sprovveduto utente social, ma il Garante delle persone private della libertà per le Regioni Lazio e Umbria dal 2016 e dal 2018 Portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali nominati dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni italiani.
E lo fa citando il leader della Lega e riportandolo con i piedi per terra: in Veneto e in Lombardia, la campagna di vaccinazione per i detenuti è stata avviata a marzo. Insomma, le amministrazioni regionali guidate da Lega e Centrodestra sono state le prime a dare il giusto esempio. Con buona pace di Salvini.
(da “NextQuotidiano”)

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