Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
PIOVONO CRITICHE SUI SOCIAL, LA PROCURA SPORTIVA FEDERALE APRE UN’INCHIESTA: IL PROTOCOLLO DELLA LEGA NON PREVEDE ECCEZIONI AI DIVIETI ALLO STADIO PER RAPPRESENTANTI POLITICI E ISTITUZIONALI
Avrebbe dovuto essere un volano di like, si è trasformato in un boomerang e in un’inchiesta della procura sportiva federale.
Nel social reality della sua reggenza di Regione Calabria, il presidente facente funzioni Nino Spirlì scivola sulla partita Reggina-Vicenza, in barba ai protocolli e con la regione ancora in zona rossa, gustata comodamente in tribuna d’onore insieme ad un nutrito “staff” a fare da scorta e al sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà.
“Reggio Calabria – Stadio Oreste Granillo. Vai Reggina, facci innamorare ancora” ha scritto sulla sua pagina istituzionale Spirlì, con tanto di tag per acchiappare visualizzazioni e like, più foto e selfie a corredo.
Peccato che gli utenti – inclusi tifosi organizzati e non da tempo costretti a litigare con Dazn per assistere ai match – non abbiano gradito per nulla. Al contrario. Sotto quel post, il presidente facente funzioni ha collezionato per lo più una valanga di commenti furibondi.
“Scusi ma se non sbaglio gli stadi sono chiusi al pubblico. Come mai lei si trova al Granillo?” chiede un utente, “Le palestre sono chiuse da un anno, i nostri figli sono chiusi in casa da un anno, la sanità calabrese fa acqua da tutte le parti… e lei Forza Reggina. Vergogna” rilancia un’altra.
“Come si fa a pensare al calcio ed addirittura andare allo stadio in questo momento terribile? (tra l’altro in zona rossa per dimostrare che le istituzioni danno sempre il buon esempio)” tuona un altro ancora.
“Per fare un vaccino bisogna percorrere 200km, la gente muore perché la sanità calabrese è allo sbando, e lei si permette anche in zona rossa di andare allo stadio…..ma in che mondo viviamo?” si legge in un altro commento. E sono fra i più pacati.
Spirlì non la prende bene. E sempre a mezzo social risponde alle critiche e si racconta vittima di “un manipolo di mestatori di fango mediatico che ha tentato di mescolare verità e opinione, col solo fine di attaccare il presidente della Regione”.
Insomma, quella valanga di critiche sarebbe stata una sorta di agguato ordito da misteriosi mandanti.
Insomma, tutto regolare e anche doveroso. Non sembra pensarla così la procura federale che ha aperto un procedimento per accertare eventuali violazioni relative all’applicazione del Protocollo gare di calcio professionistico in modalità ‘a porte chiuse’.
Si tratta del documento secondo cui, in tempi di Covid, gli unici a poter accedere allo stadio sono – oltre ai componenti tecnici e societari delle due squadre – operatori medici e paramedici, delegati Lega, personale dell’antidoping, dipendenti dei servizi di pulizia, steward, vigili del fuoco, forze dell’ordine e raccattapalle.
Di figure istituzionali non si fa menzione, tanto meno dello staff con cui si accompagnano. Un guaio per Spirlì, come per il sindaco Falcomatà
(da “La Repubblica”)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
PD 30%, CROLLO DELLA LEGA AL 18%, FDI SALE AL 12%, M5S 13%…. GIUDIZIO POSITIVO SULLA APPENDINO
A Torino il centrosinistra è sotto rispetto al centrodestra che avrebbe un vantaggio
di due punti. Una forbice del 40-41% contro il 42-43% del centrodestra.
Per vincere al primo turno è fondamentale l’alleanza con il Movimento 5 Stelle di Conte , che il sondaggio di Ipsos commissionato dal Pd nazionale dà piuttosto alto, molto più delle previsioni locali, al 13%.
Se non ci fosse l’accordo al primo turno resta la sfida al ballottaggio con tutte le incognite del caso. Il Pd è forte, al 30%, la Lega è in forte discesa al 18% e Fratelli d’Italia in ascesa, al 12%.
Il sondaggio rivela un dato piuttosto significativo, il giudizio sui torinesi interpellati sull’amministrazione di Chiara Appendino non è negativo: la maggioranza, il 55% esprime una valutazione che va da pessimo a insufficiente, ma il 45% dà un voto che oscilla tra il sufficiente e l’ottimo. Una situazione molto lontana dal “disastro” raccontato in questi anni.
Da notare il crollo della Lega che aveva numeri superiori al 30%, mentre Fdi partiva da un 6%
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
VIGLIACCHERIA POLITICA CONDITA DALL’ESIGENZA DI FARSI NOTARE
Sono 24 ore che mi scervello sulle giustificazioni della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, circa il voto di astensione in Senato per l’ordine del giorno che impegna il Governo “ad avviare tempestivamente le necessarie verifiche” per concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna agli arresti nel carcere egiziano di Tora dal 7 febbraio del 2020.
Ho sperato anche che Giorgia Meloni o qualcuno dei suoi spendesse qualche altra parola, che a qualcuno gli scappasse almeno uno sputo di tweet o una cosa qualsiasi per capire come possa una decisione presa in così larga maggioranza essere “un’ingerenza del Parlamento italiano”.
A cosa serve, secondo Giorgia Meloni, il Parlamento, se non proprio a intervenire in fatti di propria pertinenza? Cosa c’è di più significativo, per un Parlamento, dell’occuparsi di diritti da rispettare nei confronti di uno studente che proprio in Italia è stato libero per l’ultima volta e che è illegalmente detenuto in uno Stato che ha ammazzato poco prima uno studente italiano e con cui commerciamo amabilmente armi?
Mi pare tutto così chiaro, limpido, facile. Ci sono arrivati perfino i leghisti, per dire. Poi mi chiedo come la cittadinanza italiana a Patrick Zaki potrebbe “non aiutarlo” (parole sempre buttate a caso da Giorgia Meloni): ma non è proprio lei che da anni urlaccia sulla sua “patria” che deve farsi rispettare nel mondo?
Ma non è proprio lei che da anni se la prende con il governo di turno per lamentare una mollezza sulla politica nazionale che, a suo dire, svergognerebbe tutti gli italiani?
E ora che potrebbe semplicemente schiacciare un pulsante (non le si chiede nulla di eroico, sia chiaro), proprio lei che vorrebbe essere quella del partito dei patrioti senza paura, ora balbetta quattro scuse sconclusionate senza senso?
Poi mi sono detto che forse non è la stessa Giorgia Meloni che, a proposito di “ingerenze”, viaggia in giro per l’Europa e per il mondo per incontrare i peggiori paradittatori sovranisti cercando di coltivare alleanze che mettono in seria crisi la credibilità dell’Italia in Europa e nel mondo. E invece no, è proprio lei.
Eppure Giorgia Meloni si è detta “solidale”. Ma come? Ma quindi non ha nemmeno il coraggio di dire che non gliene frega niente? Almeno sarebbe stata una posizione con una sua logica, qualcosa di comprensibile.
Poi ho pensato che ha un nome l’atteggiamento di Giorgia Meloni, una parola semplice semplice: vigliaccheria politica, condita con un po’ di esigenza di farsi notare.
(da TPI)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
LETTA FA BENE A RICEVERE LE PERSONE PERBENE CHE SALVANO I MIGRANTI, NON QUELLI CHE LI AFFOGANO
Nuova polemica tra il segretario del Pd e il leader della Lega. Questa volta a centro
del contenzioso tra i due esponenti di maggioranza non è il tema delle riaperture, ma quello dei migranti.
Enrico Letta oggi ha infatti incontrato il fondatore di Open Arms, l’ong che salva con le proprie navi i migranti dispersi in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa. Al termine del colloquio il leader dem ha twittato una foto dell’incontro e poche righe: “È venuto a trovarmi Oscar Camps, il fondatore di Open Arms. Bello scambio di idee. Tante preoccupazioni, e anche qualche elemento di speranza”. Parole che hanno provato la reazione sdegnata di Matteo Salvini.
Il leader della Lega ha replicato al tweet di Letta pubblicando sui suoi social un duro post. “Sabato vado a processo proprio per uno (degli innumerevoli) sbarchi organizzati dagli spagnoli di Open Arms, e oggi il Pd riceve questi ‘signori’ con tutti gli onori. Non ho parole, lascio a voi ogni commento, il tempo è galantuomo”, le parole di Salvini su Facebook.
Il leader del Carroccio si riferisce al processo in cui è imputato a Palermo per “aver tenuto in mezzo al mare, per sei giorni, 147 migranti salvati dall’Ong Open Arms, nell’agosto 2019”, quando era ministro dell’Interno.
Condividiamo il concetto che “il tempo è galantuomo”, non sempre si trovano magistrati sovranisti… Tempo al tempo.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
“RENZI E’ CAMBIATO, HA PERSO LA CAPACITA’ DI ESSERE LEADER”
Ha deciso di dire addio, Arianna.
“Italia viva non è un partito, è un brand, e io non ci credo più”, dice con un groppo alla gola questa ventitreenne bella come il sole, grandi occhi oscuri incorniciati da una massa di capelli biondi, che è stata una delle più appassionate sostenitrici di Matteo Renzi.
Classe ’98, maturità al liceo classico Visconti, iscritta a Giurisprudenza e un lavoro che già la soddisfa, ad appena 19 anni Arianna Furi diventa la più giovane componente della Direzione nazionale del Pd, allora guidato dall’ex sindaco di Firenze.
Una folgorazione per entrambi. In quel 2017 la vulcanica romana aveva difatti fondato l’associazione dei Millennials, che conta oggi più di 7mila under 30 impegnati nella politica e nel sociale.
Quando poi due anni fa si consuma la scissione Arianna non ci pensa neppure un secondo: “Per tener fede ai miei principi e ai miei ideali” segue il suo mentore nella nuova avventura, animatrice delle ultime due Leopolde, entrando subito nel Comitato nazionale di Iv (che è il corrispettivo della Direzione dem). “Peccato solo che non si sia mai riunito. Neanche una volta”.
Perché ha deciso di tornare nel Pd?
“Io sono nata a e cresciuta con Renzi, ma mi sono resa conto che non abbiamo più la stessa visione politica e del partito. Per me è stata una grande delusione. Non mi aspettavo che Iv sarebbe stata così fluida”.
Che significa fluida?
“Non abbiamo una sede, non siamo radicati sul territorio, non facciamo servizio alla comunità, gli organismi politici non vengono mai convocati. Più che un partito sembra un brand che ogni tanto prende una posizione su questioni contingenti e solo per bocca del suo leader”.
Non sarà un po’ ingenerosa?
“Il tema è che non si sta facendo letteralmente nulla. La partenza è stata molto pompata, gli annunci avevano una loro forza, ma dopo quella fase si è fermato tutto. Iv non esiste, se non in Parlamento. E noi iscritti servivamo, prima della pandemia, solo per riempire le sale degli eventi”.
Ma non è che va via perché ha litigato con Renzi?
“Assolutamente no, non ho avuto nessun conflitto né con lui né con altri. Torno nella casa dove sono nata perché la casa dove sono adesso, semplicemente, non c’è”.
Chissà Matteo come la prenderà…
“Gliene ho parlato, l’ho avvisato. Lui mi ha risposto: ‘Cara Arianna fa’ quello che senti di più vero nel tuo cuore’. Va bene così”.
Ha cambiato idea su di lui?
“È Matteo che a un certo punto è cambiato. Ha perso la capacità di essere leader. Il leader non è semplicemente il capo di qualcosa, è chi riesce a coinvolgere collaboratori e attivisti, e sa fare squadra. Ma qui la squadra è inesistente. Ed è veramente triste”.
C’è stato un momento preciso in cui ha maturato questa scelta?
“Quando ho letto che il mio ex circolo del Pd aveva creato un punto di ritrovo per le persone più anziane che avevano difficoltà a prenotare il vaccino online. Ecco, questa secondo me è la politica: un servizio. E ora vorrei riprendere la tessera lì, alla sezione Togliatti”.
Cosa le è mancato in Italia viva?
“Avere una casa, anche fisica. Spesso l’organizzazione è vista come qualcosa di negativo, ma non lo è. Diventare un punto di riferimento per le persone è invece fondamentale”.
Forse Iv ha solo bisogno di tempo per strutturarsi.
“Non credo. Secondo me ammettere che un progetto non è andato come si sperava è sintomo di maturità politica, ma nessuno in Iv ha il coraggio di dirlo. Io non ho mai pensato di fare politica per lavoro, io un lavoro ce l’ho, faccio politica solo per dare il mio contributo”.
Il cambio alla guida del Pd e l’arrivo di Enrico Letta ha influito in qualche modo?
“È innegabile che il suo arrivo abbia portato una ventata di riformismo, ma sinceramente sono mossa dal desiderio di ritrovare gli amici che sono rimasti nel Pd e con cui sono sempre restata in contatto. Il mio obiettivo è tornare a fare la militante, con spirito civico, insieme a loro”.
Crede che i Millennials la seguiranno?
“Io penso che in tanti stiano solo aspettando un segnale. La verità è che avevamo perso l’entusiasmo: noi abbiamo iscritti anche di 17-18 anni e farsi venire delle idee senza avere un luogo, né occasioni per discuterne, alla lunga è frustrante. Eppure noi abbiamo sempre cercato di darci da fare. Quando Renzi organizzava le scuole di formazione, i ragazzi li portavano noi, ma poi quando uscivamo di lì e ci confrontavamo, avevamo sempre la sensazione di non aver imparato niente”.
Cosa si aspetta, adesso dal Pd?
“Che mi facciano servire ai tavoli della festa dell’Unità, come una volta”, ride Arianna. “Non vedo l’ora. Mi manca poter mettere a disposizione le mie idee e la mia energia”.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
LE FUTURE GENERAZIONI PAGHERANNO PER DECENNI GLI INTERESSI GIGANTESCHI PER SOMMERGERE DI QUATTRINI RISTORATORI, BAR E QUESTUANTI : MA QUALCUNO CHE PRIMA VERIFICHI IL LORO CONTO IN BANCA, MAI?
Quello tra la pandemia e la guerra è un parallelismo frequente e di cui spesso si fa
un uso inappropriato. Ma c’è una percentuale che cristallizza questa equazione se la prospettiva è quella dell’economia del Paese.
La percentuale è contenuta nel Documento di economia e finanza – il quadro dei conti pubblici – approvato dal Consiglio dei ministri. Il rapporto tra il debito e il Pil schizzerà quest’anno al 159,8 per cento.
Mai così alto dai tempi del primo Dopoguerra, anzi ancora più alto dato che nel 1920 si attestò a 159,5 per cento. Allora pagammo il costo della Grande Guerra, di spese militari ingenti per combattere con mezzi moderni.
Saldammo gran parte del debito qualche anno dopo, grazie ai soldi che i tedeschi, da sconfitti, ci diedero per risarcire i danni.
Oggi la guerra è il Covid. È un debito che lo Stato ammortizzatore si è voluto caricare per finanziare la cassa integrazione in favore dei lavoratori e per sostenere famiglie e imprese. Siamo sopravvissuti, pagando però il prezzo di 116mila morti e indebitandoci come non facevamo da più di cento anni.
Ma il dato del debito/Pil del 2021 – l’anno in cui l’Italia, tra l’altro, si gioca la ripartenza e non ancora il ritorno ai livelli pre crisi – dice anche che dobbiamo risalire la china con una zavorra che è figlia di anni, meglio di decenni, in cui i governi che si sono susseguiti sono stati incapaci di aggredire strutturalmente il debito. E con eccezione della crisi del 2007-2008, gli alibi per non esserci riusciti finiscono qui.
Anche il deficit all′11,8% è un altro prezzo salatissimo che paghiamo alla pandemia. L’anno scorso sono stati tirati fuori 108 miliardi per gli aiuti al Paese. In meno di un mese il governo Draghi ne ha messi sul piatto 72: i 32 miliardi del decreto Sostegni approvato a marzo e i 40 miliardi del nuovo scostamento di bilancio, che darà vita a un nuovo decreto di aiuti entro fine mese.
Ancora soldi, questa volta quasi tutti alle imprese e alle partite Iva. Con una parte di soldi che spingono la ripartenza delle attività, ma tutte ancora legate alla situazione epidemiologica ancora incerta, seppure in miglioramento, incrociata alla campagna di vaccinazione che un giorno è in affanno e l’altro tenta il recupero.
Proveremo a risollevarci, sfruttando il maxi deficit e il Recovery, ma i soldi della crescita serviranno (anche se non tutti, ma poco conta) per ripianare il debito. E in proporzione ci serviranno più soldi.
Ancora aiuti. Tanti. Quaranta miliardi. Questa volta, come si diceva, quasi tutti alle imprese e alle partite Iva. Ma anche investimenti pubblici per pompare il Recovery fino a 237 miliardi.
I mesi che vanno da aprile a dicembre saranno quindi quelli decisivi per capire se la strategia funzionerà. Con una condizione su tutte, indicata dallo stesso Governo: bisognerà vaccinare l′80% della popolazione entro ottobre, in linea con il target del piano Figliuolo.
I nuovi aiuti. Ristori per 20 miliardi, credito d’imposta per gli affitti, taglio alle bollette. Sgravi ai giovani per i mutui prima casa
Circa 20 dei 40 miliardi del nuovo scostamento di bilancio saranno soldi a fondo perduto. Andranno a bar, ristoranti, negozi, piscine, palestre e a tutte le altre attività colpite dalle restrizioni. Il decreto che li conterrà sarà approvato dal Consiglio dei ministri entro fine mese. Franco punta a fare partire i bonifici verso i conto correnti dei titolari delle attività il prima possibile, ma bisogna sciogliere prima il nodo della platea.
Ci sarà un’attenzione alle attività più colpite e questo potrebbe determinare quindi indennizzi differenti, ma c’è chi, come il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, propone una selettività maggiore per sostenere le attività che sono state più colpite.
La proposta del ministro leghista punta a calibrare gli indennizzi non sul calo del fatturato, ma sul bilancio: subito una tranche di aiuti, la seconda a giugno, quando si chiudono i conti. Ma questo assetto implicherebbe uno spacchettamento dei bonifici e un secondo arrivo di soldi posticipato rispetto alla tranche unica e in tempi brevissimi, nel giro di due-tre settimane.
L’altra fetta del decreto sarà costituita dal credito d’imposta per gli affitti e da altre misure per coprire parte dei costi fissi delle attività, come ad esempio la quota fissa delle bollette. La garanzia sui prestiti sarà prorogata dal 30 giugno a fine anno e questo per sostenere l’erogazione del credito alle piccole e medie imprese.
Ci saranno ancora i bonus per i lavoratori stagionali e arriverà uno sgravio fiscale per i giovani che accendono un mutuo per l’acquisto della prima casa.
Ancora la sospensione della tassa di soggiorno, soldi ai Comuni per aiutare le fasce più deboli. Rispetto al decreto Sostegni di marzo, il Governo sceglie di focalizzare i nuovi aiuti sul mondo delle imprese. Anche perché i soldi per rifinanziare la cassa integrazione e per l’acquisto dei vaccini, così come quelli necessari per altre spese, sono stati stanziati meno di un mese fa.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
LA RAGAZZA CACCIATA DI CASA DAI GENITORI PERCHE’ AMA UN’ALTRA DONNA HA RICEVUTO GRANDE SOLIDARIETA’: “NON VERGOGNATEVI PER CHI SIETE E CHI AMATE”
100.000 euro. A tanto è arrivata la solidarietà nei confronti di Malika Chaly, la ragazza ventiduenne di Castelfiorentino insultata e cacciata di casa dai suoi genitori per la sola “colpa” di amare un’altra donna.
La sua storia ha colpito l’Italia intera, che ha risposto con un’ondata di generosità senza precedenti, raccogliendo attraverso una raccolta fondi su Gofundme la bellezza di centomila euro, al di là di ogni più rosea aspettativa.
Una cifra che ha sorpreso la stessa Malika, che, nel ringraziare tutti, ha annunciato che userà questa cifra per pagare lo psicologo, le spese legali, mentre il resto sarà destinato in beneficenza in favore di altri ragazzi e ragazze in difficoltà.
“Non vergognatevi per chi siete e per chi amate” dichiara Malika. “Dico grazie, ma voglio assicurare che non li terrò tutti per me, sto pensando di fare delle piccole donazioni ad alcune associazioni, anche di ospedali pediatrici, insomma di aiutare altri che si trovano in difficoltà. Mi hanno augurato un tumore, mi hanno detto che faccio schifo, che preferiscono una figlia drogata che lesbica” ha spiegato la giovane facendo ascoltare alcuni vocali inviati dalla madre o da altri componenti della famiglia. “Non ho nemmeno potuto recuperare le mie cose. Ho perso tutto, ma non mi pento di aver detto chi sono, non ho niente di cui vergognarmi”.
Oltre al denaro, Malika ha ricevuto tantissimi messaggi e attestati di solidarietà da parte di esponenti politici, volti noti ma anche tanta gente comune.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DELLA SALUTE: “SUBITO NUOVE MISURE RESTRITTIVE”… IN PAESI SERI SI TUTELA LA SALUTE DEI CITTADINI
“La situazione nelle terapie intensive è drammatica”. Il grido di allarme lanciato dal
presidente del Robert Koch Institute, Lothar Wieler, durante la sua conferenza stampa a Berlino rende probabili ulteriori misure restrittive in Germania.
Per Wieler, bisogna ricorrere anche al “trasferimento dei pazienti, fra le regioni” per usare al meglio le risorse e le attrezzature a disposizione. A lui gli ha fatto eco il ministro della Salute, Jens Spahn, affermando come “non si può aspettare fino alla prossima settimana quando si approverà la legge su freno di emergenza”, avvertendo come “servono nuove misure restrittive”.
Il Koch Institute ha registrato, da ieri, 29.426 nuovi casi da coronavirus e 294 i morti nel paese. “I numeri sono troppo alti, e salgono ancora. In terapia intensiva aumentano quotidianamente”, ha continuato Spahn, affermando come le condizioni di lavoro diventino, giorno dopo giorno, “più critiche. I medici di terapia intensiva si aspettano che dovremo prenderci cura di 6mila pazienti in quei reparti alla fine del mese” – mentre attualmente sono 5mila.
La priorità è evitare di sovraccaricare il sistema sanitario tedesco ma i progressi attuali non stanno contrastando la crescita esponenziale delle infezioni: “dobbiamo rompere questa ondata con ulteriori restrizioni”, ha sottolineato Spahn. Il ministro ha anche affermato che gli incontri fra privati, in particolare, porterebbero a nuove infezioni, quindi le restrizioni all’uscita delle persone sono un modo efficace per limitare i contatti. “Non è una soluzione permanente”, ha detto, “ma gli studi dimostrano che è particolarmente efficace per dare un taglio netto” ai contagi, ha dichiarato il ministro.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2021 Riccardo Fucile
MEDICI SENZA FRONTIERE DENUNCIA IL FALLIMENTO DEL SOVRANISTA BOLSONARO: OLTRE MILLE BAMBINI MORTI PER LA POLITICA SANITARIA CRIMINALE DEL GOVERNO
Dall’inizio della pandemia in Brasile sono morte più di 360mila persone, con quasi 3.500 morti registrati nelle ultime 24 ore.
Una strage che non sta risparmiando nemmeno i più piccoli: tra febbraio 2020 e la metà di marzo del 2021 si contano almeno 852 morti sotto i 9 anni, inclusi 518 arrivati nemmeno a un anno di età, secondo le cifre fornite dal ministero della Salute, riportate in un servizio della Bbc. Si tratta dei casi conclamati, ma secondo le stime di medici e Ong potrebbero essere più del doppio.
È in questo contesto drammatico – con notizie di pazienti intubati che vengono legati al letto perché mancano i sedativi – che si inserisce la denuncia di Medici Senza Frontiere, secondo cui il fallimento del governo brasiliano nel rispondere al virus sta causando una “catastrofe umanitaria”.
La scorsa settimana i brasiliani hanno rappresentato l’11% della popolazione mondiale contagiata dal Covid-19 e il 26,27% dei decessi globali. Solo l’8 aprile si sono registrati 4.249 decessi e 86.652 nuovi contagi in 24 ore. “Queste cifre sbalorditive sono una chiara prova dell’incapacità delle autorità di gestire le crisi sanitarie e umanitarie nel paese e di proteggere i brasiliani, soprattutto i più vulnerabili, dal virus”, afferma la Ong.
“Le misure di sanità pubblica sono diventate un campo di battaglia politico in Brasile. Per questo politiche che dovrebbero fondarsi sulla scienza vengono orientate da opinioni politiche più che dalla necessità di proteggere individui e comunità dal Covid-19”, dichiara il dott. Christos Christou, presidente internazionale di MSF. “Il governo federale ha rifiutato di adottare linee guida di salute pubblica di valenza scientifica, lasciando il personale medico brasiliano a gestire i malati più gravi nelle terapie intensive e improvvisare soluzioni quando non ci sono abbastanza letti. Questo ha messo il Brasile in uno stato di lutto permanente e ha portato il sistema sanitario brasiliano vicino al collasso”.
Per Meinie Nicolai, direttore generale di MSF, “la risposta al Covid-19 in Brasile deve iniziare nella comunità, non nelle terapie intensive”. “Non solo le forniture mediche come ossigeno, sedativi e dispositivi di protezione individuale devono arrivare dove servono, ma devono essere promossi e implementati nella comunità l’uso di mascherine, il distanziamento fisico, misure igieniche rigorose e la limitazione di movimenti e attività non essenziali, secondo la situazione epidemiologica locale. Le linee guida per il trattamento del Covid-19 devono essere aggiornate per riflettere le ultime ricerche mediche e i test antigenici rapidi devono essere resi ampiamente disponibili per facilitare sia la cura del paziente che il controllo dell’epidemia”.
La scorsa settimana, le terapie intensive erano piene in 21 delle 27 capitali federali del Brasile. Negli ospedali di tutto il paese c’è carenza sia di ossigeno, necessario per curare pazienti gravi e in condizioni critiche, sia dei sedativi che occorrono per le intubazioni. Le équipe di MSF hanno visto pazienti, che avrebbero avuto una possibilità di sopravvivenza, lasciati senza cure mediche adeguate.
“La devastazione che le équipe di MSF hanno visto all’inizio nella regione amazzonica è diventata realtà nella maggior parte del Brasile”, afferma Pierre Van Heddegem, coordinatore dell’emergenza Covid-19 di MSF in Brasile. “La mancanza di pianificazione e coordinamento tra le autorità sanitarie federali e le loro controparti statali e municipali sta avendo conseguenze per la vita o la morte delle persone. Non solo i pazienti muoiono perché non hanno accesso all’assistenza sanitaria, ma il personale medico è esausto e soffre di gravi traumi psicologici a causa delle condizioni di lavoro”.
Altro limite è la carenza di operatori sanitari locali. Nonostante ciò, il personale sanitario straniero e i brasiliani con titoli acquisiti all’estero non sono autorizzati a lavorare in Brasile.
Contagi e morti si moltiplicano in Brasile anche a causa della disinformazione che circola nelle comunità di tutto il paese. Le mascherine, il distanziamento fisico e le limitazioni ai movimenti non sono attuate e diventano uno strumento politico. Inoltre, l’idrossiclorochina (un farmaco antimalarico) e l’ivermectina (un farmaco antiparassitario), raccomandate dai politici come panacea per il Covid-19, vengono prescritte dai medici sia come profilassi che come trattamento.
A peggiorare la situazione, in un paese che ha vaccinato 92 milioni di persone contro l’H1N1 (influenza suina) in soli tre mesi nel 2009, la campagna di vaccinazione Covid-19 procede a rilento. Finora, solo l’11% della popolazione ha ricevuto una dose di vaccino. Ciò significa che milioni di vite in Brasile, e anche oltre i suoi confini, sono a rischio a causa di oltre 90 varianti del virus attualmente in circolazione, nonché di eventuali nuove varianti che potrebbero emergere.
“Le autorità brasiliane hanno assistito alla diffusione illimitata del Covid-19 nell’ultimo anno”, afferma il dott. Christou di MSF. “Il loro rifiuto di adattare le misure di salute pubblica basate sull’evidenza ha costretto troppe persone a una morte prematura. La risposta in Brasile necessita di un ripristino urgente, basato sulla scienza, e ben coordinato per prevenire ulteriori morti evitabili e la distruzione del sistema sanitario brasiliano, un tempo prestigioso”.
(da “Huffingtonpost”)
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