Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
GIOVANNI RESTUCCIA NON CONDIVIDEVA LA POSIZIONE UNILATERALE A FAVORE DI ISRAELE ED E’ STATO CACCIATO: “E’ UNA DITTATURA, NON UN PARTITO”… “C’E’ MOLTO MALUMORE VERSO SALVINI ALL’INTERNO DELLA LEGA”… “SE UNO FA 50 INTERVISTE ALLA SETTIMANA E’ CHIARO CHE DICI TROPPE CAZZATE”… “LA MELONI RAGIONA, SALVINI E’ IMPREPARATO”
“Voglio fare una premessa: ho tanti bellissimi ricordi, tantissime persone della
Lega io le ammiro, ma purtroppo sono rimasto basito per questo comportamento”.
Giovanni Restuccia, 37enne ex coordinatore della Lega giovani della Valcamonica, a Fanpage.it racconta cosa gli è successo negli scorsi giorni a causa di alcuni suoi post su Facebook in cui aveva preso le difese della Palestina nella recente escalation di violenza tra lo Stato arabo e Israele, contravvenendo così alla linea del partito (e in primis di Matteo Salvini) pro Israele.
Cosa le è successo esattamente?
Ho avuto da ridire per questo schieramento unilaterale della Lega su Israele. Io dicevo: ‘Guardate che stanno morendo dei bambini, non è bello e soprattutto non siamo sicuri di come siano andate le cose’. Ma la risposta è stata: ‘L’ha detto Matteo Salvini’. E il coordinatore federale della Lega giovani Luca Toccalini ha ritenuto di dovermi sostituire perché non la pensavo come Salvini. Io sono rimasto basito dalla mancanza di approfondimento su una vicenda del genere.
Che ruolo ricopriva all’interno della Lega?
La Lega ha un compartimento giovanile, la Lega giovani, che ha una struttura federale. In Lombardia è divisa per province, ma ce ne sono 13 (più di quelle amministrative, ndr) perché ci sono anche territori come la Martesana e la Valcamonica. E io ero appunto il coordinatore della Lega giovani Valcamonica.
Da quanto tempo ricopriva questo incarico?
Stavo da tre anni nella Lega e da un anno circa ero coordinatore. La mia coscienza è sempre stata di destra, ma a livello di partiti la Lega è stato il primo al quale mi sono avvicinato. E ci tengo a sottolineare una cosa: non è che cestino tutti gli ideali della Lega, ma credo che un movimento giovanile dovrebbe approfondire certi temi prima di prendere posizione, perché sennò non si formano delle coscienze politiche, ma soltanto delle statuette costruite a immagine e somiglianza di Salvini. È chiaro che possano esserci dei pensieri diversi: e trovo assurdo che in un momento in cui si parla di libertà di espressione e di opinione io sia stato destituito dal mio ruolo solo perché la penso diversamente su una vicenda. E voglio dire anche che non c’erano mai state altre discussioni: ho solo detto che sulla pagina Lega Valle Camonica non avremmo inserito cose pro Israele perché non ero convinto e non mi andava di schierarmi come se fossi un tifoso di una squadra di calcio.
Dal centro vi dicevano cosa dover scrivere?
Nel momento in cui si fa parte di un partito politico si sposa quella che è l’idea politica. Nessuno ti mette le parole in bocca, però abbiamo una centralità nella comunicazione. Vengono elargiti post, immagini, i classici meme. Non è una forma obbligatoria, è una linea di partito. C’è un responsabile comunicazione per ogni provincia che non passa neanche dal coordinatore, inserisce direttamente ciò che dicono dal centrale: le classiche dichiarazioni di Salvini o di altri rappresentanti. Ma così avviene per ogni partito.
E anche sui profili personali vi dicevano cosa scrivere?
Considera che io sono stato destituito proprio per quello che ho scritto sul mio profilo social personale. Ho preso posizione per la Palestina, o comunque in maniera meno unilaterale di quanto fatto dal partito. Ho fatto presente che Israele non diventa sempre più grosso perché si difende, ma perché attacca e occupa. Israele non ha il vangelo in mano, non parliamo di uno Stato che è buono come il pane.
È stato rimosso solo dal ruolo di coordinatore o proprio cacciato dal partito?
Sono uscito fuori dalla Lega. Ho tanti bellissimi ricordi, tantissime persone della Lega io le ammiro, ma purtroppo rimango basito per questo comportamento. È anche una questione di coerenza: nel momento in cui non mi è stato permesso di esprimere una mia idea parliamo di una dittatura, non di un partito.
Ha detto che per altri valori si sente ancora affine alla Lega: ritiene che questo appiattimento sulle posizioni di Salvini sia un male?
Assolutamente: un partito che non permette ai ragazzi di approfondire ma gli impone ciò che dice Matteo Salvini non è destinato a crescere. Io sono stato rimosso direttamente dal coordinatore federale della Lega giovani Luca Toccalini: resto basito dalla linea per cui se una persona non dice ciò che vuole o dice Salvini, viene rimossa.
Altri la pensano come te, auspicano un maggiore pluralismo nel partito?
Tantissimi. E non è un caso che Luca Zaia abbia ottenuto più voti in Veneto con la sua lista che non con quella di Salvini premier. E non credo che la Lega non si fosse accorta che le persone che hanno preso più voti erano nella lista Zaia perché lui si era smarcato da Salvini.
E su altri casi, tipo quello che ha coinvolto il sottosegretario all’Economia Claudio Durigon (coinvolto nella recente inchiesta giornalistica di Fanpage “Follow the money”, ndr)? Cioè quando ci sono delle vicende che possono creare imbarazzo e che negli altri partiti creerebbero discussione, cosa succede all’interno della Lega?
Se lei mi chiede se all’interno della Lega c’è malcontento su Matteo Salvini glielo confermo. La scusante è che se fa 50 interviste a settimana, è chiaro che su 500 cose che dice ci sono anche delle caz… Come avvenne quando fu intervistato da Floris (a “Di martedì”, ndr), sulla storia della mascherina e della sua famosa risposta: ‘Ah no?’. Lì siamo stati noi a prenderlo in giro, più degli altri partiti. Ma il problema è proprio che non ci sono altre coscienze. Un partito che deve crescere dovrebbe permettere anche ad altre persone oltre a Salvini di parlare. E che non cresce non lo dico io, lo dicono i dati. L’elettorato di Giorgia Meloni, al contrario, sta crescendo in maniera consapevole, perché comprende ciò che dice: gli slogan di Matteo Salvini hanno meno appeal perché non sono seguite da argomentazioni serie.
Se ti dovessi vedere in un altro partito, ti orienteresti su Fratelli d’Italia?
Sicuramente il partito che sta esprimendo maggiore coerenza secondo quelli che sono i miei ideali è Fratelli d’Italia.
Che tu sappia anche altri leghisti, magari come te giovani e nei coordinamenti giovanili, ci stanno facendo un pensierino?
Guarda voglio chiarire che non è una questione di opportunità, ma di consapevolezza. Nel momento in cui inizi usare la testa, quando inizi ad avere una certa consuetudine con la politica, se ascolti la Meloni magari non la prima, ma la seconda e terza volta capisci che è una persona che ragiona. Matteo invece, tolti gli elenchi che utilizza, si fa trovare spesso impreparato a parere mio. Sicuramente a qualcuno arriva quel modo di comunicare: sull’elettorato elementare, se Matteo dice una cosa quella cosa è buona. Ma se poi vai ad argomentare ti accorgi che ci sono delle lacune: non dappertutto, ma ci sono delle mancanze che vengono analizzate un po’ meno, anche a livello della sua espressione parlamentare.
(da Fanpage)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
A TRE MESI DALLE DIMISSIONI, RITORNA AL SUO POSTO L’INDAGATO
Ritorna in sella il delfino di Nello Musumeci. L’assessore siciliano Ruggero Razza, dimessosi lo scorso 30 marzo, a seguito dell’indagini sui dati “spalmati” dei morti di Covid in Sicilia, è adesso di nuovo al suo posto.
A questo mirava, d’altronde, Musumeci, già dal primo giorno delle sue dimissioni e non a caso il presidente aveva mantenuto l’interim della Salute, senza affidarlo a terzi, mentre Razza continuava a muovere le fila da assessore ombra.
Negli ultimi giorni le voci del suo ritorno si erano rincorse sull’Isola, ma all’ultimo sembrava stesse sfumando. Con un colpo di coda improvviso, invece, Musumeci annuncia il gran ritorno: “Dal primo momento ho detto che le indagini giudiziarie e le responsabilità politiche devono essere separate, nel pieno rispetto per il lavoro della magistratura e dei princìpi che regolano la nostra vita democratica. Per questo ho insistito con Ruggero Razza affinché potesse riprendere il ruolo che gli avevo assegnato nel novembre del 2017″
Ma ecco cosa c’è ancora nell’inchiesta che è nata dalle indagini della procura di Trapani, e che per competenza, è stata poi trasferita a Palermo.
Il 20 aprile la procura del capoluogo siciliano firmava una nuova richiesta, dove sottolineava: “In generale si può affermare che la volontà degli indagati di inviare dati falsi è dipesa dalla volontà di far apparire l’esistenza in Sicilia di un sistema sanitario efficiente, ed anche di una rete informativa di monitoraggio Covid all’altezza della situazione”, così scrivono l’aggiunto Sergio Demontis e i pm Andrea Fusco e Maria Pia Ticino nella nuova richiesta palermitana.
E continuano: “La realtà era invece diversa da quella fatta apparire, ed andava nascosta a tutti i costi per evitare che il ripetuto invio di dati aggregati intempestivi, accompagnato da note che rimarcassero cronici ritardi, svelasse l’inefficienza del sistema di monitoraggio. A nulla vale obiettare, come fanno i difensori nelle proprie memorie, che la regione a gennaio 2021 ha chiesto espressamente al governo nazionale di porre la Sicilia in zona rossa…. Si obietta che la relazione firmata dall’indagata è stata redatta allorché il presidente della Regione aveva già assunto le proprie determinazioni, sulle quali non risulta allo stato degli atti che gli indagati abbiano esercitato alcun influsso”.
Tra le due indagini sono state nel frattempo depositate due memorie, una della principale indagata la responsabile del dipartimento Salute, Maria Grazia De Liberti, e quella dell’assessore Razza: “Le due memorie partono da un assunto errato – hanno continuato i pm – cioè che i dati aggregati abbiano una rilevanza a fini esclusivamente statistici e servano solo alla compilazione del bollettino giornaliero, il quale ha a sua volta finalità solo divulgative. Tale considerazione, appare smentita dalle indagini effettuate che hanno acclarato la rilevanza dei dati aggregati”.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
A SUO PARERE LEGA E FORZA ITALIA NON VOGLIONO FAR VINCERE LA MELONI
Guido Crosetto individua quello che a suo parere è il vero prolema del centro
destra
“Il problema del centrodestra è che non sta affrontando le amministrative per vincerle, ma per cercare in qualche modo di regolarsi all’interno. Qual è il problema? Il problema del centrodestra si chiama Giorgia Meloni”
L’esponente di FdI ha fotografato così la partita per il Campidoglio, ossia un tentativo di Lega e Forza Italia di limitare la post-missina.
“Giorgia Meloni sta crescendo troppo e bisogna evitare che le amministrative siano un ulteriore elemento di crescita. Per cui, il primo problema qual è? Rompere le scatole su Roma, e quindi hanno bocciato tutti i candidati che lei fino a adesso ha proposto, tenendo fermo il pallino su Roma, che è la città che il centrodestra potrebbe vincere”, ha aggiunto l’esponente FdI.
“E’ più facile vincere su Roma che nelle altre città. Meloni ‘non può vincere’ Roma, quindi si stanno mettendo i bastoni tra le ruote”, ha incalzato sempre da Coffee break su La7
“Era già successo l’altra volta – ha proseguito – fu Tajani a far saltare l’appoggio a Meloni, Forza Italia si inventò un altro candidato e alla fine Meloni rimase da sola a correre su Roma, che fu regalata a Raggi.
Insomma, “non è una cosa nuova: su Roma si gioca un’altra partita, la sopravvivenza di Forza Italia che, purtroppo, non è più quella di Berlusconi, che da primo partito riusciva a rinunciare a qualcosa per mettere d’accordo gli altri. Adesso su Roma in qualche modo vuole esistere Forza Italia, che ha la necessità di esprimere un candidato e infatti propone Gasparri”.
“Per cui – ha concluso Crosetto – questo sta succedendo, uno scontro all’interno del centrodestra che si gioca giocando una partita a scacchi sulle candidature”.
(da TPI)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
LA LEGA NON RIESCE A IMPORRE LA PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI FARMACISTI LOMBARDI.. RESISTE ANCORA LUPI
Nel centrodestra nuova fumata nera sulla scelta del candidato o della candidata anti-Sala alle elezioni di autunno. Per mettere d’accordo i leader nel vertice romano di ieri sera non è bastata neanche l’immagine della Madonna di Fatima regalata ai presenti da Matteo Salvini all’inizio della riunione.
Sembra tramontare anche l’ipotesi di candidare a Palazzo Marino Annarosa Racca, presidente di Federfarma, che nei giorni scorsi aveva definito la sua eventuale candidatura “un riconoscimento alla mia persona, ma anche a quello che hanno fatto le farmacie e i farmacisti. Sempre aperti e disponibili, in collegamento continuo con Regione e Comune e seguendo le normative che di giorno in giorno dobbiamo seguire”.
Frasi alle quali Racca aveva preferito subito aggiungere che “bisogna aspettare. Questi sono giorni di attesa. Stanno parlando i leader da qualche giorno. Vedremo le idee, le unioni di intenti, le proposte e la linea… Io per ora sono una professionista”.
Salvo, però, aggiungere subito dopo che “è logico che prima dell’appuntamento così importante come quello del sindaco della più grande e meravigliosa città italiana, prima per tecnologica, per novità e per la sua storia, è chiaro che la politica si rivolga alle categorie professionali”
Un modo per far capire anche a chi, ancora ieri, tra i colonnelli del centrodestra era dubbioso su questa ipotesi che il nome della numero uno dei farmacisti non era stato tirato in ballo a caso. E invece alle fine sembrano aver prevalso ancora una volta le resistenze e i veti incrociati.
“Alla fine, si torna al punto di partenza”, sintetizza un dirigente del centrodestra che chiede di restare anonimo. Restano così in campo, ma solo sulla carta i nomi dell’ex ministro ciellino Maurizio Lupi, Riccardo Ruggiero, Maurizio Dallocchio. E sullo sfondo ancora Roberto Rasia dal Polo, il responsabile della comunicazione del gruppo Pellegrini, che fin dall’inizio aveva dato la sua disponibilità ad accettare la sfida del Palazzo Marino.
Che le resistenze sull’ipotesi Racca fossero ancora molte, lo aveva fatto capire la stessa presidente di Federfarma. Quando aveva precisato: “Mi sembra che in questo momento ci sia una grande discussione all’interno del centrodestra, naturalmente le candidature si fanno sulle proposte, sull’unità di intenti, su quello che è un percorso”.
Anche se Racca aveva tenuto comunque a precisare che una prova difficile come la corsa per la conquista di Palazzo Marino non la spaventava affatto. Tanto da affermare: “Io penso che Milano abbia avuto sempre dei grandi sindaci, siamo stati fortunati in questo senso, dall’attuale assessore Moratti che è stata un grande sindaco, a Pisapia e a Sala, questa è una città che è stata sempre ben governata, naturalmente si può fare sempre meglio”.
Nel vertice romano, i leader sono rimasti sulle rispettive posizioni. Forza Italia per l’opzione Lupi. L’ex ministro ciellino, che quando l’ipotesi Gabriele Albertini è tramontata è stato apertamente lanciato dal portavoce forzista Antonio Tajani che ha dichiarato: “Ora ci sono tutte le condizioni per puntare sul leader di Noi con l’Italia”.
Una proposta indigesta per Matteo Salvini, ma difficile da accettare anche per Fratelli d’Italia. Visto che fin dall’inizio il centrodestra ha concordato che i candidati sindaci sarebbero stati scelti tra esponenti della società civile. Nel centrodestra, c’è chi rimprovera a Salvini di far trapelare i nomi dei possibili candidati sui giornali prima di condividerli con gli alleati
Nel frattempo, nel centrosinistra, fonti del Movimento Cinque stelle confermano che lo scorso fine settimana c’è stato un contatto tra l’ex premier Giuseppe Conte e il sindaco Beppe Sala. “Si sta lavorando”, conferma una autorevole fonte grillina. Anche se al momento, l’ipotesi che i 5 stelle possano appoggiare Sala sembra più una ambizione di Conte per accreditare la sua leadership che una reale possibilità. Nei prossimi giorni, torneranno a discuterne i dirigenti locali grillini.
(da TPI)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
I RISULTATI DELLA RICERCA DI INCONSULTING
L’analisi di Inconsulting mostra una tendenza che non rende davvero onore al
mondo delle istituzioni in Italia
Le analisi fatte in passato da Pagella Politica (con i suoi giudizi basati in maniera molto ironica su Pinocchio) ci avevano già fatto capire che molto spesso, nella loro comunicazione sui social network, i politici italiani prediligessero la campagna elettorale alla realtà dei fatti, ponendosi agli occhi dei cittadini italiani come fonti di informazione non propriamente affidabili.
L’analisi di Inconsulting, tuttavia, ha dato una dimensione numerica al problema, soprattutto in un momento in cui la questione fake news ha assunto proporzioni preoccupanti e sta attraversando le vite di molti di noi, limitati sia nei nostri spostamenti, sia nelle interazioni sociali.
Per questo, a volte, guardare uno smartphone e aprire una app social è l’unico modo che abbiamo per informarci. Ma cosa succede se le persone di cui ci dovremmo fidare sono, in realtà, quelle che più di tutte creano problemi? Le bufale dei politici sono una vera e propria piaga.
L’azienda di consulenza ha provato a mettere insieme un algoritmo che possa dare una dimensione del fenomeno.
In base a quanto riportato, infatti, la percentuale di attendibilità dei tweet pubblicati dai politici italiani è pari al 56% (con un dato campione che prende in considerazione 1042 tweet e 14.161 retweet).
Il problema, lo si capisce subito, è legato soprattutto alla grande mole di retweet, con un’azione – quella della condivisione di contenuti – che troppo spesso appare immediata e che può avvenire in maniera automatica, senza un preliminare controllo della fonte che ha prodotto quel contenuto (non a caso, Twitter chiede all’utente di voler leggere l’articolo che si vuole retwittare prima di condividerlo con la propria community).
Ma nemmeno imprenditori e attivisti sono da meno, stando a questa analisi: anche loro sono tra le categorie che maggiormente tendono a condividere disinformazione sui social network.
Al contrario, le organizzazioni governative – che non a caso comunicano sempre in maniera molto oculata e che, magari, prima di esprimersi, pretendono che un fatto sia stato dimostrato in quanto tale (con questa oculatezza che è inversamente proporzionale alla velocità di pubblicazione sui social network) – sono quelle maggiormente affidabili per quanto riguarda la diffusione di informazioni su Twitter.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
NE’ SALVINI NE’ LETTA PRESENTERANNO MODIFICHE ALLA NORMATIVA SUI PENTITI DI MAFIA
Su Giovanni Brusca si ricompatta la maggioranza ma solo a parole. Perfino i due poli opposti, Matteo Salvini ed Enrico Letta, in nome dell’indignazione popolare, parlano della necessità di voler modificare l’attuale legge sui collaboratori di giustizia.
“Chi ha sciolto un bambino nell’acido, non può passeggiare libero come se nulla fosse. Questa è la legge ma nel 2021 si può aggiornare”, dice il leader della Lega, Matteo Salvini. Ma poi, si apprende da ambienti leghisti, che difficilmente alle parole seguiranno i fatti. Stessa cosa in casa Pd.
Per adesso la Lega è concentrata sui sei quesiti referendari, proposti dal partito Radicale, che verranno depositati alla Corte di cassazione il 3 giugno e per il quali dovranno essere raccolte le firme.
Quesiti che prevedono l’elezione del Csm, la responsabilità diretta dei magistrati, l’equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere dei magistrati, abolizione della legge Severino, limiti agli abusi della custodia cautelare.
Questi ultimi due punti in particolare sembrano quasi una contraddizione rispetto alla rigidità che il leader leghista mostra in queste ore.
Comunque sia per adesso non è in programma la presentazione di una proposta di legge per modificare l’attuale legge sui pentiti che ha portato alla scarcerazione di Brusca con i suoi oltre cento omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bambino strangolato e sciolto nell’acido dopo una lunghissima prigionia.
L’ex capomafia di San Giuseppe Jato fu anche colui che azionò il telecomando a Capaci facendo saltare in aria Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Eppure oggi Maria Falcone, presidente della Fondazione Giovanni Falcone e sorella del magistrato ucciso dalla mafia nella strage di Capaci del 1992, lancia un appello alla politica “affinché traduca lo sdegno espresso per la liberazione di Giovanni Brusca in un impegno reale per un’approvazione veloce della riforma della legge sull’ergastolo ostativo sollecitata dalla Corte Costituzionale”.
Legge che – spiega – eviterebbe scarcerazioni e permessi a boss “che mai hanno interrotto il loro perverso legame con l’associazione mafiosa. Concedere benefici a chi neppure ha dato un contributo alla giustizia sarebbe inammissibile e determinerebbe una reazione della società civile ancora più forte di quella causata dalla liberazione, purtroppo inevitabile, del ‘macellaio’ di Capaci”.
Neanche il Pd, che ieri con il segretario Enrico Letta ha parlato di “pugno nello stomaco”, lavora per presentare una proposta.
Mentre l’unica proposta ad oggi depositata in Parlamento è quella del Movimento 5 Stelle in linea con le parole di Maria Falcone.
“Avrei preferito sentire più proposte e voci coraggiose dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sull’ergastolo ostativo, visto che con la legge sul fine pena si va nella direzione di concedere benefici anche a chi non collabora con la giustizia”, dice il deputato del MoVimento 5 Stelle Vittorio Ferraresi in commissione Giustizia alla Camera: “Abbiamo presentato una proposta che reca la mia prima firma come Movimento 5 Stelle. Partiamo da lì. Perché diciamolo gridare allo scandalo e allo schifo sono buoni tutti, cercare di portare avanti proposte a tutela di quel sistema, veramente in pochi”. Un messaggio rivolto ai colleghi della maggioranza.
(da Huffingtonpost)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
IL BRACCIO DI FERRO CONTINUA
Il Garante della Privacy ha concesso cinque giorni all’Associazione Rousseau per
consegnare i dati degli iscritti al Movimento 5 stelle.
La decisione è arrivata ieri, 1° giugno, dopo settimane di tensioni e scontri tra i vertici del Movimento e Davide Casaleggio.
Oggi, secondo quanto apprende Open, lo stesso Casaleggio avrebbe inviato una lettera al Garante per contestare la decisione in cui viene dichiarato che il Movimento 5 Stelle «in quanto titolare del trattamento ha quindi diritto di disporre» dei dati degli iscritti e di poterli utilizzare per i suoi fini istituzionali.
In particolare, l’Associazione contesterebbe al Garante la mancanza di un reale rappresentante del Movimento che, secondo Casaleggio, non può essere individuato nella figura di Vito Crimi.
Casaleggio avrebbe chiarito al Garante che la soluzione della situazione di incertezza che deriva dall’assenza di una persona disegnata in grado di agire per nome del Movimento non può essere rimessa alla discrezione dell’Associazione Rousseau.
Casaleggio chiederebbe quindi al Garante che venga fatta chiarezza sul nominativo del capo politico del M5S.
L’Associazione avrebbe inoltre chiesto di sospendere il termine di consegna della lista degli iscritti previsto entro i prossimi cinque giorni. Rousseau si impegnerebbe a consegnare la lista entro un termine più lungo di 30 giorni e solo quando chiarito e comunicato il nome del referente scelto dal Movimento.
(da Open)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
L’ALBERGATORE: “IN UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA NESSUN DIPENDENTE PENSI DI CHIEDERE COME PRIMA”… ALLORA I CLIENTI FACCIANO LO STESSO E PAGHINO SOLO QUELLO CHE POSSONO, VIA LE TARIFFE DELLE CAMERE
A volte basta annusare l’aria che tira per rendersi conto della narrazione che stanno costruendo. Il tema delle prossime settimane, vedrete, saranno ancora una volta “questi giovani sfaticati che non hanno voglia di lavorare”, qualcuno ci butterà dentro anche il reddito di cittadinanza e ci si lamenterà di un’Italia che potrebbe soffiare forte sulla ripresa e invece fatica per colpa degli indolenti.
Gli indizi ci sono già tutti e basta metterli in fila per rendersene conto: di base c’è il solito refrain del reddito di cittadinanza che spingerebbe la gente a non lavorare, come se non fosse umiliante, illegale e indegno proporre un posto di lavoro che non riesce nemmeno a mettere insieme gli stessi soldi di un sussidio.
Poi, qualche tempo fa, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca (uno abile a solleticare certi istinti) ha creato il collegamento perfetto mettendo in relazione l’estate che arriva con l’impellente bisogno di incassare dopo la pandemia e i lavoratori che non si trovano e che rovineranno ciò che non ha rovinato il virus.
In successione è arrivato il ministro al Turismo Massimo Garavaglia, che durante la sua visita in Veneto ci ha detto che “il turismo c’è tutto” ma “un tema è che si fa fatica a trovare i lavoratori, bisogna intervenire”.
I giornali e i telegiornali stanno facendo il resto: al Tg regionale della Lombardia c’è l’accorata intervista a un ristoratore che si indigna e strepita perché, dice, “trovare lavoratori è molto difficile” poiché, sempre a suo dire, “ti chiedono quante ore devono lavorare e quanti soldi gli dai”.
L’idea che la carenza di lavoratori sia dovuta non alle loro domande ma alle sue riposte non lo sfiora nemmeno: come si permettono gli schiavi di non volere essere schiavi?
Su Facebook, nel gruppo “Quelli che lavorano in hotel”, l’imprenditore di Marina di Pietrasanta Alessio Maggi scrive: “Se a qualcuno, questa estate, nel caso mai riaprissimo, verrà in mente di venirla a menare con domande alla carlona tipo ‘quanto si lavora? Quanto mi dai? Qual è il giorno libero?’ vi dico con il massimo garbo possibile: non vi presentate. Siamo in emergenza e come tale deve essere gestita e elaborata. Se pensate di avere o pretendere come se non fosse successo nulla, datevi all’ippica”. Chiaro?
Quindi quest’estate tutti a Pietrasanta dal signor Maggi e, quando sarà il momento di pagare, gli diremo di accontentarsi di quello che decidiamo noi clienti in nome dell’emergenza che, come tale, deve essere gestita.
E poi qualcuno ancora si chiede a cosa dovrebbe servire il salario minimo. Ancora.
(da TPI)
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Giugno 2nd, 2021 Riccardo Fucile
I DUE VOLONTARI APPARTENGONO ALLA “CROCE D’ORO” E ALLA “MISERICORDIA”
La lite tra soccorritori nella “camera calda” del Pronto soccorso dell’ospedale
Mauriziano di Torino finisce a urla, pugni e testate.
È successo martedì scorso, poco prima delle 23. Ad azzuffarsi sono stati i soccorritori di due equipaggi della Croce d’Oro e della Misericordia di Torino, due associazioni private di volontariato: sarebbero riemerse vecchie ruggini personali , tanto che sono intervenuti i carabinieri e uno degli autisti è finito anche lui, con il naso sanguinante, a farsi soccorrere sul posto.
Erano le 22,30 quando i due equipaggi si sono trovati contemporaneamente nella “camera calda”, ovvero quella di transito dei pazienti, per lasciare le persone trasportate in emergenza.
A un certo punto un soccorritore della Misericordia avrebbe riconosciuto una ex collega di equipaggio, che ha cambiato associazione. Così i due avrebbero iniziato a litigare per episodi passati e sarebbero volate parole grosse.
Lì c’era anche l’autista della Croce d’Oro: con una lunga carriera alle spalle nel volontariato, ha assistito all’alterco ed è intervenuto per frapporsi tra i due e difendere la collega, ma a quel punto sarebbe stato invitato “a non intrometterti, non c’entri nulla”.
Non è bastato però a farlo desistere dal difendere la collega e, poco dopo, si è preso una testata sul naso. Per lui cinque giorni di prognosi.
“Volevo solo difendere la collega, ma mi ha detto ‘fatti gli affari tuoi, ti scasso di botte’ – spiega il volontario colpito che ha sporto querela ai carabinieri – Non ha senso arrivare a situazioni simili, siamo soccorritori: indossiamo una divisa e dobbiamo rispettarla”.
La lite, tuttavia, non è finita lì: sono intervenuti i responsabili delle due associazioni.
Il presidente della Croce d’Oro, Giovanni Signoriello, che in passato era alla guida della Misericordia, ha parlato di “grave atto di terrorismo”, annunciando che “l’associazione prenderà provvedimenti e seguirà l’iter della giustizia”, citando un altro episodio passato e mostrando il referto del pronto soccorso del volontario dopo la lite di martedì: “Non ero presente – ha detto – ma il nostro equipaggio è stato insultato a titolo gratuito e alla nostra volontaria è stato detto ‘stai zitta o ti prendo a schiaffi’. Abbiamo già segnalato l’episodio al Coordinamento Misericordie del Piemonte”.
Diversa opinione tra i vertici della Misericordia, che di quegli episodi passati si definiscono “vittime, mentre ora passiamo da carnefici. Abbiamo sospeso a tempo indeterminato il nostro volontario e non è giustificabile il suo comportamento di violenza – spiega Catia Castelli, governatrice della Misericordia Torino – ma quell’episodio affonda le radici in situazioni spiacevoli, per cui da un anno e mezzo siamo oggetto di provocazioni e diffamazione, con social e lettere anonime. Ci troviamo oggetti di istigazione continua, non sono vecchie ruggini tra associazioni ma fatti del tutto personali. A pagare è stato l’autista che non conosce questo passato”.
Prima di Castelli il posto a capo della Misericordia era ricoperto dall’attuale presidente della Croce d’Oro “che tramite il nostro avvocato – spiega Castelli – fu oggetto di diffida”. Le due associazioni si sono rivolte ad avvocati “per tutelare il nostro nome”.
Al momento non ci sono denunce da parte dei carabinieri e la competenza è del giudice di pace.
(da agenzie)
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