Marzo 14th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					“NOI UNIVERSITARI PRONTI A COMBATTERE CONTRO I RUSSI“
 In Ucraina si combattono due guerre. Quella iniziata il 20 febbraio 2014 con lo scontro per lo status della Crimea e delle repubbliche separatiste del Donbass; e quella cominciata il 24 febbraio 2022 con l’invasione improvvisa della Russia. In realtà è lo stesso conflitto mai interrotto ma 8 anni di distanza creano una separazione più profonda delle trincee scavate al fronte.
In Ucraina si combattono due guerre. Quella iniziata il 20 febbraio 2014 con lo scontro per lo status della Crimea e delle repubbliche separatiste del Donbass; e quella cominciata il 24 febbraio 2022 con l’invasione improvvisa della Russia. In realtà è lo stesso conflitto mai interrotto ma 8 anni di distanza creano una separazione più profonda delle trincee scavate al fronte.
Il nostro viaggio inizia passando la frontiera di Medyka, una delle porte d’accesso dalla Polonia, da cui centinaia di migliaia di ucraini e residenti stranieri scappano dopo giorni di cammino affrontando pioggia, neve e stomaco vuoto. Ma c’è anche un flusso in ingresso, che varca il confine per andare a combattere contro gli invasori russi. Vassily è uno di loro. Lo incontriamo al valico, le guardie di frontiera ci chiedono di dargli un passaggio fino a Lviv, da dove prenderà un treno che lo porterà in prima linea.
“Sono un ex militare ma da decenni lavoro in un cantiere navale in Polonia – racconta dal sedile posteriore, schiacciato dal suo enorme borsone mimetico – Mia moglie e i miei figli sono ancora nell’est, devo farlo per loro. L’esercito mi darà un fucile, io so sparare. Non ho paura, l’Ucraina vincerà”.
Dalla frontiera a Lviv sono meno di 100 chilometri ma il viaggio è lungo, oltre 7 ore per superare i tanti checkpoint. Barricate e uomini armati (per lo più cittadini entrati nelle milizie) controllano documenti e bagagliaio. Non tolgono mai la mano dal Kalashnikov.
Vassily sparisce nel caos della stazione gremita di profughi in attesa di salire sul primo treno verso l’Europa. Intanto Lviv freme, ribolle di rabbia e si organizza per resistere, soprattutto dopo che le bombe sono cadute a 50 km da qui colpendo la base militare di Yavoriv.
I protagonisti sono i giovani, non solo i soldati spediti al fronte ma gli universitari che restano in città. Chiusi i libri di teoria si preparano a scrivere la Storia e i loro professori, poco più grandi, diventano le menti organizzative e logistiche.
Gli appartamenti diventano le basi operative dove raccogliere e smistare centinaia di pacchi pieni di strumenti tecnologici (droni, visori termali, radio, power bank) e tattici (elmetti, giubbotti antiproiettili, occhiali per cecchini).
“Per me la resistenza non è solo sul fronte”, racconta Kostantin, docente universitario per passione (lo stipendio è di circa 250 euro al mese) e traduttore per necessità. “La resistenza è un dovere civile che deve coinvolgere tutti, anche chi non vuole imbracciare un fucile. Come me”. Irina, la sua compagna, è più determinata. “Il nostro imperativo è: sono qui ora e faccio tutto quello che c’è da fare”.
Gli studenti di Kostantin la pensano come lei, anche se hanno paura non possono restare fermi. In attesa di riprendere il percorso di laurea hanno trasformato la sala mensa dell’università in un deposito di aiuti.
“Vorrei tanto andare a combattere – confessa uno di loro – ma non posso sparare perché ho un problema alla vista”. Altri compagni ci vedono benissimo e all’interno di una ex fabbrica di birra ormai abbandonata fabbricano molotov come in una catena di montaggio. “Ne produciamo 1.500 al giorno, abbiamo dovuto chiedere consigli ai nostri professori di chimica del liceo per trovare una formula efficace”, racconta una delle leader, 21 anni e una brillante carriera universitaria nel campo dell’informatica.
La guerra cambia regole e vite, come dimostra una fonderia a qualche chilometro di distanza. In tempo di pace producevano sculture in ferro monumentali, opere d’arte richieste in tutto il mondo. Ora gli artisti sono diventati operai che trasformano il metallo in cavalli di Frisia, strisce chiodate e triboli per fermare i mezzi dei russi. “Siamo passati dall’arte alla guerra in un attimo, lavoriamo senza sosta anche 12 ore al giorno. È il nostro modo per aiutare i ragazzi al fronte”, racconta l’anziano capomastro. La legge marziale consente agli over 60 di uscire dal Paese ma lui ha scelto di restare. A suo modo è uno straordinario combattente
Anche le donne possono scappare ma è difficile lasciare tutto e partire, per molte la paura di perdere i propri affetti è più forte del timore delle bombe russe. Nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, alla periferia di Lviv, decine di donne recitano il rosario mentre intrecciano una lunghissima coperta mimetica che servirà per coprire armi, mezzi e trincee al fronte. I bambini riducono coperte e lenzuoli in lembi che vengono annodati su un telaio di nylon. L’operazione va avanti anche durante la messa.
Nel centro di Lviv, invece, un altro parroco celebra messa accanto all’altare per i caduti di quella guerra iniziata nel 2014. La stessa guerra con morti diversi. “Cari fratelli, andate in pace. Vi auguro un cielo senza missili sulle teste”.
(da Fanpage)
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				Marzo 14th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					L’INTELLETTUALE DISSIDENTE: “GLI UCRAINI POSSONO SCONFIGGERE LO ZAR“
Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l’approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia
 di leggi contro la libertà di stampa in Russia
È “entusiasta dell’eroismo dell’Ucraina” e chiama i suoi concittadini alla “resistenza contro il regime”. Non per sperare di abbatterlo ma per “preservare la dignità e prepararsi alla costruzione di una nuova Russia”.
Perché “prima o poi Putin non ci sarà più”. Leonid Gozman, 71 anni, psicologo, intellettuale e politico russo, è il presidente del movimento di opposizione “Unione della forze di destra”.
Orientamento liberal-conservatore. Fin dal 2014 critica in modo feroce la politica e l’azione militare di Mosca nei confronti dell’Ucraina. Nel gennaio 2022 ha firmato una petizione contro la guerra che sentiva arrivare. Oggi chiede pubblicamente l’impeachment del presidente. “Per il Cremlino sono un nemico”, rivendica con fierezza: “L’Fsb (il servizio per la sicurezza interna erede del Kgb sovietico, ndr) ha parecchi file su di me”, dice con nonchalance quando lo incontriamo in un bar sulla Paveletskaya, nel centro di Mosca.
Leonid Yakovlevich, lei ha appena chiesto per iscritto ai parlamentari russi di avviare le procedure costituzionali per rimuovere Putin. Cosa spera di ottenere? 
Niente. Non lo faranno, anche se è il loro dovere. E io, però, ho il dovere di pretenderlo. Anche perché, almeno in teoria, questo Paese ha ancora una costituzione.
Se lo aspettava che Putin lanciasse la cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina?
Certo che me lo aspettavo. Nelle settimane precedenti all’attacco, in molti hanno scritto che era impossibile, che Putin mica è così fuori di testa (“mica mangia il sapone”, spiega Gozman usando un detto russo, ndr). Io invece ho sempre sostenuto che l’avrebbe fatto e come. Anche se speravo proprio di sbagliarmi.
Lei è uno psicologo. Che è successo nella testa del presidente? 
Di sicuro Putin non è pazzo. È perfettamente sano. È intelligente. Ma ha creato attorno a sé un mondo artificiale. Non vive nella realtà. Vive una sua vita fatta di sogni. E non ha alcun feedback, da molti anni. Ciò è molto pericoloso. Per capirsi: se il primo ministro italiano nel suo ufficio accende il televisore, può vedere quel che succede fuori. Invece quando Putin accende il televisore vede solo quello che i suoi collaboratori ordinano di far vedere in tivù.
La sindrome del dittatore… 
Negli ultimi due anni, poi, si è completamente isolato.  Vive in uno spazio asettico e solitario.  Putin è un uomo solo. Così sogna di eventi storici: di Lenin che ha “creato l’Ucraina” (il riferimento è al discorso con cui il presidente russo ha “giustificato” l’intervento militare, ndr), della crudeltà della Nato, dell’occupazione dell’Europa da parte degli americani, e così via. La sua vita è questa. Ed è piena di stupide idee come queste.
Putin vuole un ritorno all’Unione Sovietica?
No. Lui crea un suo mondo fittizio. Un mondo che è erede dell’Urss. Ma anche dell’impero dei Romanov, di Alessandro III, di Nicola I e di Ivan il Terribile (tre zar particolarmente reazionari, ndr).
È ossessionato dalla storia…
In un certo senso ha anche ragione a dire che abbiamo bisogno di valori tradizionali. Ma il principale di questi valori “russi” secondo lui è la samovlastye, il potere di una sola persona. Un potere che vale a tutti i livelli. Nella famiglia, per esempio, il padre è il padrone assoluto. Per questo motivo in Russia non abbiamo leggi contro la violenza in famiglia: se sono il capofamiglia, posso picchiare chi mi pare. E per lo stesso motivo in Russia non abbiamo i sindacati: il proprietario o il manager dell’azienda è una specie di padre. Come succedeva prima del 1861 (quando lo zar Alessandro II emancipò i servi, ndr):  il proprietario terriero era il “padre” dei contadini. Al livello più alto, quindi, tutti devono dipendere dal capo della nazione – che si chiami zar, khan o presidente. Così in Russia non abbiamo né un parlamento indipendente né un sistema giudiziario indipendente né media indipendenti. E la “tradizione russa”.  Putin non cerca di tornare all’Unione Sovietica. Cerca di tornare a quel sistema.
E in un sistema del genere non c’è spazio per i dissidenti. Non c’è spazio per gente come lei
Infatti io sono considerato un nemico. Tutti quelli che la pensano diversamente da Putin sono nemici.
Che cosa possono fare i russi che dicono di no? Protestare è ormai troppo pericoloso. In molti stanno lasciando il Paese.
Chi può davvero mettere una pietra sopra al nostro regime sono i soldati ucraini. E sono sulla strada giusta per farlo. Mi entusiasma, l’eroismo dell’Ucraina, dei suoi soldati e del suo presidente. Negli ultimi vent’anni non abbiamo avuto molto di cui entusiasmarci, in Russia.
Ma voi russi, che potete fare?
Non possiamo fermare Putin. Possiamo far di tutto, anche rischiare la nostra vita. Ma non possiamo fermarlo. È impossibile. Però dobbiamo capire che Putin non è per sempre. Hitler non è stato per sempre, Stalin non è stato per sempre. Putin non farà eccezione. Quando non ci sarà più – che muoia, che venga ucciso o che comunque sparisca come leader politico – il sistema che ha creato non durerà. Non è come il regime comunista, che alimentò l’illusione di una sua esistenza eterna: quando un segretario generale del partito moriva, sapevamo che sarebbe arrivato un altro segretario generale. Potevamo tutt’al più sperare o pregare che il nuovo segretario generale non fosse così stupido come il precedente, ma non c’era scelta.
Il dopo Putin sarà diverso, non ci sarà un nuovo presidente putinista?
Il suo è un regime personalistico. Non può esistere senza Putin. Non si è inventata alcuna leggenda che ne giustifichi la permanenza dopo di lui. Quindi, quando se ne sarà andato, noi russi avremo la possibilità di costruire un nuovo Paese. Perché Putin lascerà solo rovine. Ci dobbiamo preparare a quel momento: alla ricostruzione della nazione. Come fecero i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale. Ci fu l’aiuto finanziario dell’America. Ma la Germania moderna la ricostruirono i tedeschi: gli Adenauer, gli Herzog e milioni di cittadini di cui non conosciamo il nome. Ci riuscirono. Questo sarà il compito per i russi nel  prossimo futuro. Per prepararci, forse la cosa più importante è mantenere e proteggere la nostra dignità. Per costruire un nuovo Paese ci vuole dignità. E per proteggere la nostra dignità dobbiamo resistere. Non perché crediamo che questa resistenza sarà vittoriosa. Saremo sconfitti. Ma dobbiamo resistere. Per rispettare noi stessi.
Lei all’inizio dell’ “operazione militare” è sceso in strada con un cartello in cui diceva “no” al conflitto e invitava Putin a dimettersi. 
Non pensavo certamente di poter fermare la guerra e sfrattare Putin dal Cremlino. E sapevo che rischiavo l’arresto. Ma era necessario farlo. Per me. E anche per gli altri: chi mi ha visto magari ha pensato “c’è qualcuno che non ha paura, quindi non si deve per forza aver paura”. Non c’è molto altro che possiamo fare. Mi viene in mente Viktor Frankl (psichiatra e filosofo austriaco sopravvissuto all’Olocausto, ndr), che ho avuto l’onore di frequentare. Viktor diceva che anche nel campo di concentramento c’è un’ultima libertà: quella di avere un’immagine di sé stessi, di avere un’etica. Ed è molto importante salvaguardarla, questa ultima libertà.
(da Fanpage)
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					GABANELLI: “DEVONO ALLO ZAR LA LORO RICCHEZZA, SONO TUTTI UNITI CONTRO L’OCCIDENTE EPPURE PROPRIO LÌ RICEVONO ONORIFICENZE E MANDANO I FIGLI A STUDIARE NELLE MIGLIORI UNIVERSITA’
 Chi sono gli uomini di Putin, quelli che eseguono, quelli con cui si consulta, e che blindano il suo potere? Poco più di una decina: ex agenti del Kgb diventati potenti e ricchissimi, giornalisti, politici e imprenditori fedelissimi.
Chi sono gli uomini di Putin, quelli che eseguono, quelli con cui si consulta, e che blindano il suo potere? Poco più di una decina: ex agenti del Kgb diventati potenti e ricchissimi, giornalisti, politici e imprenditori fedelissimi.
Partiamo dai gradi più alti, quelli che insieme a Vladimir hanno i codici di lancio dei missili a testata nucleare. Sergey Shoigu, 66 anni, ministro della Difesa, origini ucraine da parte di madre, una carriera negli apparati sovietici prima e russi poi: non ha mai svolto il servizio militare (è ingegnere), ma indossa la divisa da quando è ministro.
L’11 febbraio 2022, incontrando il Segretario di Stato per la difesa britannico Ben Wallace, ha dichiarato che la Russia non stava pianificando alcuna invasione dell’Ucraina. È l’uomo che al momento gode di maggior ascolto al Cremlino: secondo gli analisti è la personalità chiave del conflitto.
Nel 2012 ha ricevuto presso l’ambasciata d’Italia a Mosca la Gran Croce dell’Ordine di Malta. Valery Gerasimov, 66 anni, capo di Stato Maggiore, ha partecipato alla Seconda Guerra Cecena, gestito l’intervento russo nella guerra civile siriana e l’occupazione della Crimea nel 2014.
Nella delegazione che tratta con Kiev ci sono l’ex ministro della Cultura e capodelegazione Vladimir Medinsky, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, il presidente della commissione Esteri Leonid Slutsky, il viceministro della Difesa generale Aleksander Fomin, il viceministro degli Esteri Andrei Rudenko e l’ambasciatore russo in Bielorussia Boris Gryzlov. Lavrov, 71 anni, ha conosciuto Putin quando era viceministro degli esteri sotto Eltsin.
La stampa internazionale ne elenca le proprietà: una palazzina di tre piani a Zhukovka al confine con la Bielorussia e un appartamento nel centro di Mosca per un valore, prima del crollo del rublo, di oltre 7 milioni di euro e, infine, 12 milioni di beni intestati alla sua amante, l’attrice Svetlana Polyakova. Slutsky, 54 anni, è proprietario, insieme alla moglie, di un edificio residenziale, tre appartamenti, immobili commerciali e gira con una Bentley. È amico personale di Alberto II di Monaco.
Medinsky, 52 anni, giornalista, è proprietario di due dacie e un attico a Mosca. La moglie ha un reddito di quasi un milione di euro che deriva dall’affitto di immobili commerciali per 3.000 mq nel centro di Mosca
Gli ex del Kgb
Sono i fedelissimi e consiglieri. Nikolay Tokarev, 71 anni, ex agente del KGB a Dresda come Putin, oggi a capo di Transneft, il più grande operatore mondiale di oleodotti: tutto il petrolio russo passa dai suoi tubi.
Igor Panarin, politologo 63 anni, ex agente del Kgb, sostenitore della «dedollarizzazione» dell’economia russa e dell’alleanza con la Cina. Nikolai Patrushev, 70 anni, ex direttore dell’Fsb dopo Putin. Tutti e tre fidati consiglieri.
E poi Sergey Chemezov, 69 anni, ex generale del Kgb di stanza in Germania dell’Est e ora membro dell’establishment militare e dell’intelligence russo: è amministratore delegato di Rostec Corporation, holding statale con sede a Mosca, specializzata nel consolidamento di aziende nazionali strategiche nel settore della difesa e dell’hi-tech
L’inchiesta giornalistica Pandora Papers ha rivelato nell’ottobre 2021 che la sua famiglia è proprietaria di diverse proprietà immobiliari di lusso in Spagna e di un vasto network di società offshore con almeno 400 milioni di dollari di patrimonio che fanno capo, soprattutto, alla seconda moglie Ekaterina e alla figliastra Anastasia.
Gli amici stretti
Nella rosa degli oligarchi che hanno accesso al cuore del Cremlino c’è Gennady Timchenko, 69 anni, proprietario del gruppo di investimenti Volga Group e amico intimo di Putin fin dagli inizi degli anni ‘90 quando faceva trading di carburanti a San Pietroburgo.
Nel 1991, come capo del Comitato per le relazioni con l’estero della città di San Pietroburgo, Putin gli concesse una licenza per l’esportazione di carburanti che diede origine alla sua fortuna economica. Ha anche la cittadinanza armena e finlandese. È nella lista delle sanzioni statunitensi dal 2014 e ha un patrimonio di oltre 22 miliardi di dollari.
Yevgeny Prigozhin, 60 anni, è il fondatore della società privata di sicurezza Wagner, utilizzata nell’occupazione della Crimea, nel Donbass, in Libia e Siria. Proprietario della Megaline che costruisce e restaura basi militari. Tre sue società sono accusate di ingerenza nelle elezioni statunitensi del 2016 e del tentativo di influenzare le elezioni di medio termine negli Stati Uniti del 2018.
Dmitry Peskov, 54 anni, ex diplomatico è il portavoce di Putin. L’ultima moglie, l’ex campionessa olimpica di danza sul ghiaccio Tatiana Navka, è stata proprietaria di una società registrata nelle Isole Vergini britanniche, la Carina Global Assets, con un patrimonio di oltre 1 milione di dollari liquidata dopo le nozze.
Sergei Roldugin, 70 anni, imprenditore nel campo petrolifero e dei media. È considerato il miglior amico di Putin: è stato lui a presentargli la moglie Lyudmila ed è padrino della loro figlia maggiore Maria.
Secondo l’inchiesta Panama Papers è il custode segreto della ricchezza nascosta di Putin, mentre The Guardian lo ha accusato di essere, dietro un compenso di 69 milioni di dollari, l’architetto di un network di 75 società offshore che avrebbero riciclato 9 miliardi di dollari dell’elite russa.à
Igor Shuvalov, politico 55enne, è stato vice primo ministro e poi presidente della statale Veb, una delle più grandi società di investimento e principale istituto di sviluppo in Russia con asset per 50 miliardi di dollari nel 2020.
La moglie Olga Viktorovna è proprietaria di diverse società che operano nella compravendita immobiliare di terreni e nel commercio di azioni di società di materie prime russe. In realtà la signora si dedica solo all’allevamento dei cani Corgi e tutti gli affari sono riconducibili al marito. E poi ci sono i fratelli Rotenberg, Arkady e Boris: rispettivamente compagno di allenamento e allenatore di Judo di Putin.
Sono i proprietari Stroygazmontazh il principale costruttore russo di oleodotti e gasdotti e della banca Smp. Patrimoni valutati in miliardi di dollari, Boris ha da tempo anche cittadinanza finlandese e, a differenza del fratello, non è sottoposto alle sanzioni dell’Ue.
Arkadi è stato ministro dei Trasporti dal 2004 al 2012 e dopo l’annessione della Crimea del 2014 sono stati congelati i suoi beni, anche quelli in Italia, posseduti tramite la società cipriota Olpon Investments Limited e valutati 40 milioni di euro: il Berg Luxury Hotel di Roma, due ville in Costa Smeralda e una nel sud della Sardegna, una villa a Tarquinia, ma si sospetta possieda tramite società offshore anche due ville al mare in Toscana.
I garanti della propaganda
Tra i giornalisti più vicini al presidente russo c’è Vladimir Soloviev, 58 anni, presentatore televisivo del talk show «The Evening». Secondo la fondazione anti-corruzione di Aleksej Navalny, Soloviev possiede in Russia un patrimonio immobiliare di oltre 17 milioni di dollari, e due ville sul Lago di Como. Prima che fossero imposte le sanzioni, beneficiava di un diritto di soggiorno permanente in Italia.
Margarita Simonyan, 42 anni, consigliera di Putin: frequenta la High School a Bristol, negli Usa, tornata in patria a 18 anni copre la seconda guerra contro la Cecenia (2000) come giornalista.
Ad appena 25 anni prende il comando del canale in lingua inglese filo-Cremlino Russia Today. Nel 2017 è stata indicata da Forbes come la 52esima donna più influente del mondo.
Disprezzo per l’Occidente, ma ci mandano i figli a scuola
Tutti compatti nella crociata contro quello che il presidente ha definito «l’Impero della Menzogna». Salvo prenderne i benefici che Mosca non dà. La figlia più grande del presidente Commissione Esteri Leonid Slustky si è laureata ad Harvard, mentre Lida, la più piccola, 11 anni, frequenta dallo scorso settembre la American School in Switzerland (Tasis), retta da 88 mila dollari, mentre lui dichiara nel 2020 un reddito da 77 mila.
Maya, la figlia del consigliere Nicolai Tokarev, vive a Cipro e ha cittadinanza cipriota. Con il marito Andrei Bolotov è proprietaria di diverse società in ambito immobiliare a Mosca, in Lettonia e in Croazia.
Ekaterina, figlia del ministro degli esteri Lavrov, laureata alla Columbia University, è sposata con Alexander Vinokurov, laurea in economia a Cambridge, oggi presidente di Marathon Group, gruppo di investimento russo che ha in gestione il marchio americano Kfc in Russia.
Yelizaveta, figlia del portavoce Peskov, si è laureata a Parigi ed è stata assistente al Parlamento europeo di Aymeric Chauprade, eurodeputato francese di estrema destra.
Alexander, uno dei figli del giornalista Soloviev, ha studiato al London College Communication e lavora a Londra come regista tv. Il figlio maggiore di Boris Rotenberg, Roman, ha studiato alla European Business School di Londra e oggi è vicepresidente di Gazprombank.
Mentre sua cugina Lilija, figlia dello zio Arkadj, è medico, risiede in Germania, ma è anche comproprietaria del TPS Nedvizimost, gruppo di investimento che possiede centri commerciali e complessi di intrattenimento nelle città di Mosca e Soci
Destinazioni preferite: Londra e Svizzera
Victoria, figlia di Leonid Mikhelson (principale azionista di Novatek), ha studiato a New York e a Londra. Anche Maria, figlia di Igor Komarov (uomo d’affari e prima a capo dell’agenzia spaziale russa), ha studiato nella capitale inglese dove vive e fa la stilista, così come Elena e Olga Luzhkova, figlie dell’ex sindaco di Mosca: Elena ha una proprietà da 25 milioni di sterline a Holland Park.
Elsina, modella figlia del parlamentare putiniano Rinat Khayrov, ha un appartamento da 10 milioni di sterline in un complesso a Knightsbridge, e una casa di campagna da 22 milioni di sterline nel Surrey.
Come Natalia Rotenberg, ultima moglie di Arkadi: vive tra una villa del Surrey da 35 milioni di sterline e un appartamento da 8 milioni di sterline a Londra insieme ai due figli avuti dal magnate russo.
Londra è anche la casa di Anastasia, stage alla Bbc: è la figlia dell’ex vicepresidente della Duma Sergei Zheleznyak, coautore della legge del 2012 sugli «agenti stranieri», che colpisce le Ong che accettano finanziamenti esteri.
Due delle sue figlie hanno studiato in Svizzera, come i figli e i nipoti dell’ex ad delle ferrovie russe Vladimir Yakunin e i nipoti di Vladimir Zirinovskij, deputato ed ex vicepresidente della Duma.
Studi a Oxford, anche per la figlia di Leonid Fedun, vicepresidente del gruppo Lukoil, principale produttore petrolifero russo. Mentre Pavel Astakhov, ex delegato per i diritti dei bambini della Presidenza russa, ha un master in legge conseguito nel 2002 all’università di Pittsburgh negli Usa: dal 2013 la moglie e i tre figli vivono a Monaco e il più grande Anton ha studiato all’Oxford College e alla New York School of Economics
L’esclusivo College Le Rosey a Ginevra (retta 130.000 dollari all’anno), è la destinazione più popolata dei rampolli russi, e non necessariamente meritevoli. Oggi sono almeno un migliaio i figli della nomenclatura e classe dirigente russa iscritti nei più prestigiosi e costosi college occidentali.
Sarebbe un gesto coerente da parte di queste Università, figlie dell’impero della menzogna rimandarli a studiare in Patria. È una sanzione che potrebbe spingere i loro padri a prendere posizione contro il presidente Putin.
Le onorificenze italiane
Altrettanto coerente sarebbe per la Francia il ritiro della Legion d’Onore a Putin, e da parte del nostro paese le onorificenze conferite a banchieri, imprenditori, politici e ministri russi.
Si va dall’Ordine al merito della Repubblica italiana, il più alto degli ordini della Repubblica italiana, conferito dal Presidente della Repubblica per ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione, all’Ordine della stella d’Italia, concessa a cittadini che hanno acquisito particolari benemerenze nella promozione dei rapporti di amicizia e di collaborazione tra l’Italia e il Paese in cui operano. Dal 2014, anno di invasione della Crimea e delle prime sanzioni alla Russia, l’Italia ne ha distribuite 30 ai maggiorenti del regime russo.
Tra queste, nel 2016, quella di commendatore ad Alisher Usmanov, proprietario del colosso industriale Metalloinvest e del quotidiano Kommersant. La stessa conferita nel 2017 al portavoce di Putin Dmitry Peskov e all’ex Kgb Igor Sechin, oggi a capo della compagnia petrolifera Rosneft.
Nel 2020 Alexander Grushko, viceministro degli Esteri è diventato Grande Ufficiale, Herman Gref, ex ministro dello Sviluppo Economico e oggi amministratore delegato di Sberbank Commendatore, come Oleg Belozerov, ex viceministro dei Trasporti e amministratore delegato delle ferrovie russe. Premiati anche il ministro dell’Industria e del Commercio Denis Manturov (Cavaliere di Gran Croce) e il suo vice Viktor Evtukhov (Commendatore) e il primo ministro russo Mikhail Mishustin (Cavaliere di Gran Croce)
Le ultime le abbiamo conferite a dicembre 2021, a un passo dalla guerra. Andrebbero revocate subito, almeno a chi non si è pubblicamente dissociato dall’invasione russa. La Norvegia aveva conferito al ministro degli Esteri Lavrov la laurea honoris causa, Il Cio il collare d’oro dell’ordine olimpico a Putin: revocate il 28 febbraio.
(da agenzie)
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					“MOSCA SPENDE TUTTO PER IL NUCLEARE, E’ INDIETRO SULLA TECNOLOGIA“
I russi hanno sbagliato i calcoli. E adesso la fine della guerra in Ucraina può essere  imprevedibile.
imprevedibile.
Parola del capo del comitato militare della Ue, il generale Claudio Graziano. Che in un’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera fa il punto strategico sull’occupazione militare di Mosca nei confronti di Kiev: «I russi hanno preparato un’offensiva sulla base di informazioni certamente non corrette», esordisce Graziano. «La componente più efficiente del sistema di difesa degli ucraini si sono dimostrate le forze di difesa aeree. Sicuramente Putin ha sbagliato i calcoli ed è per questo che non ha la supremazia aerea. Poi la situazione può cambiare da un momento all’altro ed i bombardamenti nell’Ovest non lasciano presagire niente di buono».
Per il generale la Russia «sta rischiando un grande bagno di sangue in più di una città, a cominciare da Kiev. Ma le capacità militari e morali degli ucraini possono di certo fare la differenza. In più la Russia non ha la capacità tecnologica dell’Occidente, spende la maggior parte del suo bilancio militare per il sistema di armi nucleari. Putin non può perdere, ma non può nemmeno vincere».
Mentre sulla no-fly zone invocata da Zelensky, «è una decisione che può prendere l’Onu, come è accaduto in Libia. In questo caso, senza una copertura delle Nazioni Unite, sarebbe un atto di guerra contro la Russia».
Ma almeno gli ucraini stanno ricevendo armi dall’Unione: «Alcune informazioni sono classificate, ma certamente stanno ricevendo quanto viene destinato. Queste armi stanno anche lanciando un messaggio di difesa dell’intera Europa»
(da agenzie)
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					 DA NO VAX A PRO PUTIN, SEMPRE INFAME SOVRANISTA
 Di posizioni ideologicamente assurde su questa guerra in Ucraina se ne sono sentite molte. Troppe. Decontestualizzazioni storiche, narrazioni basate su fake news condivise e propinate senza alcune verifica.
Di posizioni ideologicamente assurde su questa guerra in Ucraina se ne sono sentite molte. Troppe. Decontestualizzazioni storiche, narrazioni basate su fake news condivise e propinate senza alcune verifica.
Teorie della cospirazione attorno a eventi tragici (come i bombardamenti sui civili). Una visione parallela e distopica dell’attualità che domenica sera, negli studi di “Non è L’Arena” (La7), ha tocca la sua vetta sovrana con le parole pronunciate da Giuseppe Povia su Volodymyr Zelensky.
“Io non parlerei di tifoserie, ma parlerei di pace che è la cosa che vorremmo tutti in questo momento”. Ha esordito così Giuseppe Povia dopo una lunga serie di tensioni con gli altri ospiti di Massimo Giletti in studio e in collegamento. E se si fosse fermato qui, il suo discorso sarebbe apparso contestuale agli eventi e anche estremamente indicativo rispetto a quel che sta succedendo, anche se privo di quella connotazione alla base di questa guerra: c’è un aggressore (la Russia) e un aggredito (l’Ucraina).
Ma il cantante ha deciso di non fermarsi a quella strofa, iniziando a decantare un ritornello figlio di una grave distopia:
“Da una parte abbiamo uno che non si ferma, perché ha fatto un’azione di invasione. Quindi, criminale, crimini contro l’umanità. Sappiamo anche che dal 2014 c’è un conflitto in Ucraina, che è stato fatto un referendum nelle regioni del Donbass, dove il 90% delle persone hanno votato per essere filo-russi. E sappiamo che fino a quel momento ci sono stati quasi 15mila morti: civili, militari, donne e bambini. Detto questo, noi possiamo riempirci la bocca, ma sappiamo che ogni minuto c’è morte e devastazione. Noi non possiamo pensare che una formica che è l’Ucraina stia combattendo un elefante che è la Russia o stia cercando di portare un elefante che è l’America davanti alla porta di un altro elefante”.
Ma il climax del delirio è solamente all’inizio, perché dopo oltre un minuti di chiacchiere a vuoto, ecco che Povia tira fuori l’asso dalla manica:
“Quindi il più responsabile in questo momento, dopo 18 giorni di guerra, e ogni giorno è morte e devastazione e io mi sto cag*ndo addosso, il responsabile quanto Putin se non più di Putin è Zelensky che dovrebbe abdicare al trono subito”.
Al trono. Peccato che l’Ucraina non sia una monarchia – Zelensky è stato democraticamente eletto nel 2019 con il 73,22% dei voti -, ma uno Stato democratico. Insomma, non ne ha imbroccata.
Più o meno come fa un piccione in stato confusionale nel traffico di una grande città. E la paradossale versione della realtà offerta da Povia viene sottolineata da due reazioni differenti. La prima quella di Alan Friedman in collegamento.
La seconda è quella di Massimo Giletti che, invece di sottolineare i paradossi pronunciati dal cantante (che poi si è esibito su quel palco, come al solito) ha detto: “Questo sarà un tema di discussione”.
Quale, quello di Zelensky che deve lasciare il trono di un regno che non è un regno?
(da agenzie)
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				Marzo 14th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					IL CONDANNATO PER ODIO RAZZIALE NON VUOLE L’INCLUSIONE DEI DISABILI NELLE SCUOLE
|Un uomo ha rotto un uovo in testa a Eric Zemmour. È accaduto a Moissac, nel sud della  Francia. Zemmour si trovava qui per fare campagna elettorale.
Francia. Zemmour si trovava qui per fare campagna elettorale.
L’ex giornalista di estrema destra si trovava qui per fare campagna elettorale. In un video divenuto virale sul web è possibile vedere il responsabile del gesto, un signore anziano, avvicinarsi all’auto di Zemmour e “attaccarlo” col precitato uovo.
L’uomo è stato poi fermato dalle guardie del corpo del candidato alle presidenziali. Raggiunto il Comune, Zemmour è stato accolto da Romain Lepez, sindaco del Rassemblement National di Marine Le Pen.
Assieme a Zemmour risultava esserci anche Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, la quale si è unita di recente al partito del rappresentante d’estrema d’estra “Reconquete!”.
L’aggressore di Eric Zemmour, tratto in arresto dopo il gesto dell’uovo, sarebbe padre di un disabile.
Un gendarme, intervistato dall’emittente Bfmtv, ha detto che l’uomo avrebbe agito “a titolo personale”. Personaggio generatore di molte polemiche, Zemmour si era mostrato contrario lo scorso gennaio all’inclusione dei bambini disabili
(da agenzie)
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				Marzo 14th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					STAMPATI DA REMOTO CENTINAIA DI MESSAGGI CHE INVITANO ALLA RIVOLTA CONTRO IL CRIMINALE PUTIN
 Continuano le azioni dimostrative di Anonymous anche in funzione della divulgazione delle informazioni sulla guerra.
Continuano le azioni dimostrative di Anonymous anche in funzione della divulgazione delle informazioni sulla guerra.
Il gruppo GhostSec, che opera come parte del collettivo, ha violato centinaia di stampanti governative e militari russe. Lo riporta su Twitter uno degli account ufficiali degli attivisti.
L’obiettivo è stampare, da remoto, documenti con lo stesso messaggio: “Questa non è la tua guerra. Questa è la guerra del tuo governo. Mentiamo a fratelli e sorelle. I soldati di alcune unità militari pensano di eseguire attività di formazione” si legge. “Ma quando raggiungono il loro obiettivo, vengono accolti da ucraini che vogliono vendicarsi per la distruzione della loro terra portata avanti dai burattini di Putin”.
Tra le varie operazioni mediatiche di Anonymous, l’invio di messaggi ai cittadini russi per sollecitarli a insorgere contro Putin e rimuoverlo dal potere.
Per diffondere informazioni sull’invasione in Ucraina, il collettivo ha lanciato il portale 1920.in che permette di mandare sms a numeri di telefono russi, al momento ne sono stati mandati 7 milioni, dice il collettivo.
A GhostSec, inoltre, si deve l’hacking nei giorni scorsi anche di 400 webcam visualizzate da organi statali di Mosca e civili. Con la violazione, gli attivisti erano riusciti a mostrare sugli schermi dei computer connessi alle videocamere vari messaggi informativi, servizi sugli effetti dei missili sull’Ucraina e della popolazione in fuga.
(da agenzie)
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				Marzo 14th, 2022 Riccardo Fucile 
			
					CAMBIANO LE SERRATURE E INVITANO I PROFUGHI UCRAINI… A LONDRA ALTRI ATTIVISTI HANNO OCCUPATO LA VILLA DI LUSSO DI UN OLIGARCA
|A Biarritz, in Francia, alcuni attivisti hanno fatto irruzione nella villa in riva al mare di  Kateryna Tikhonova, figlia di Putin.
Kateryna Tikhonova, figlia di Putin.
Gli uomini hanno cambiato le serrature e detto di averla occupata per accogliere i profughi ucraini.
Un video di The Insider e alcune foto pubblicate su Twitter e Telegram mostrano gli attivisti all’interno della lussuosa residenza – che disporrebbe di otto camere da letto e tre bagni – con la bandiera ucraina.
Gli attivisti hanno già proposto alle autorità locali di utilizzare la villa per accogliere i profughi. Uno di loro, Pierre Haffner ha scritto su Facebook: “Abbiamo assaltato il castello di Putin a Biarritz”.
A Londra attivisti occupano la casa di un oligarca
Al centro di Londra, un gruppo di attivisti ha occupato una villa di proprietà dell’oligarca russo Oleg Deripaska (tra i sanzionati in Regno Unito).
Una foto condivisa su Twitter mostra una bandiera ucraina appesa a una finestra e uno striscione con la scritta “Questa proprietà è stata liberata”.
(da agenzie)
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