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ELON MUSK INVIA NUOVI AIUTI ALL’UCRAINA

Marzo 19th, 2022 Riccardo Fucile

COSI’ IL PAESE PUO’ CONNETTERSI A INTERNET ANCHE SOTTO I BOMBARDAMENTI

La rete Starlink permette di avere una connessione a banda larga anche dove le antenne normali non riescono ad arrivare
»Un nuovo lotto di stazioni Starlink! Mentre la Russia blocca l’accesso a Internet, l’Ucraina sta diventando più aperta al mondo intero. Grazie Elon Musk!». Il nuovo post pubblicato dal ministro ucraino per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov è un altro ringraziamento a Elon Musk.
Il rapporto tra i due è cominciato nei primi giorni della guerra, quando Fedorov aveva chiesto all’uomo più ricco del mondo di aprire all’Ucraina la connessione internet garantita dalla rete di satelliti Starlink.
L’imprenditore ha dato il via libera e da quel momento in Ucraina è stato possibile connettersi con tutta la rete. Per installare Starlink in un’area serve dotarsi anche di un terminale che sia in grado di attaccarsi al segnale. Musk ha inviato diversi container: secondo una fonte citata dal Washington Post al momento sarebbero oltre 5 mila i terminali Starlink attivi in Ucraina
La rete, che in tutto conta circa mille satelliti in orbita, è ancora in fase di sperimentazione.
Negli Stati Uniti il costo è di 99 dollari al mese a cui bisogna aggiungere 499 dollari per tutti i terminali necessari e circa sei mesi di attesa per ricevere il servizio. L’obiettivo è quello di portare internet a banda larga nelle aree dove il segnale delle antenne tradizionali è scarso.
Questo tipo di tecnologia sembra molto più stabile anche nei teatri di guerra, visto che i satelliti non possono essere raggiunti dai bombardamenti. Secondo il ministro Fedorov, l’aiuto di Musk verso l’Ucraina sarebbe costante e il miliardario avrebbe avuto anche una telefonata con il presidente Volodymyr Zelensky. Al momento la tecnologia Starlink sta funzionando e permette a chi è riuscito ad avere un termine di sopravvivere ai continui blackout della rete tradizionale.
Le altre cause di Mus
A volte filantropo, a volte spaccone, non è la prima volta che Elon Musk interviene per donare le sue tecnologie in momenti di crisi. Nel 2020 durante il momento più buio della pandemia aveva promesso che le sue fabbriche di Tesla avrebbero cominciato a produrre ventilatori per i pazienti Covid. Una promessa che però non aveva trovato molto seguito nei fatti.
Un altro caso molto discusso è stato quello dei bambini intrappolati in una grotta in Thailandia nel 2018: Musk aveva messo a disposizione le tecnologie delle sue aziende ma anche qui le promesse non erano trasformate in nulla di concreto.
Questa volta invece sembra che con l’Ucraina Musk abbia deciso di intervenire sul serio. Certo, questo non gli evita alcune uscite social più eccentriche, ad esempio la sfida lanciata a Vladimir Putin per un combattimento corpo a corpo con lo scopo di decidere l’esito della guerra.
(da Open)

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IL RETROSCENA DEL DISCORSO DI PUTIN ALLA NAZIONE: IL PUBBLICO PAGATO POCHI RUBLI

Marzo 19th, 2022 Riccardo Fucile

13 EURO PER FARE LA COMPARSA

L’esercito schierato per far entrare la gente e non farla uscire prima della fine, gli obblighi a partecipare per i dipendenti pubblici e le voci sui compensi per la presenza
Il Discorso alla Nazione di Vladimir Putin allo stadio Luzniki a Mosca ieri è stato l’occasione per lo Zar per ribadire che fa sul serio.
Secondo i dati dati ufficiali hanno partecipato in 200 mila, anche se la struttura ne può accogliere solo 80 mila. E oggi nei retroscena dei giornali si racconta quello che non si è visto durante la manifestazione.
Ovvero l’esercito schierato per far entrare la gente e non farla uscire prima della fine, gli obblighi a partecipare per i dipendenti pubblici e le voci sui compensi percepiti per la presenza. Mentre in Ucraina si maligna riguardo il look dello Zar. Che sarebbe stato “beccato” a indossare un costoso piumino
Il compenso per la partecipazione
In primo luogo La Stampa racconta che, stando alle testimonianze, i trasporti ieri a Mosca hanno funzionato benissimo: scaricavano gente dai pullman e dai treni con efficienza militare. Mentre dal mattino le scuole avevano programmato lezioni sulla Crimea e sull’importanza delle “operazioni militari”.
I dipendenti statali avevano l’obbligo di partecipare. Per loro è stato preservato un giorno di riposo aggiuntivo o una ricompensa in denaro.
Durante la kermesse, mentre i russi da casa seguivano tutto alla tv, un guasto tecnico – così lo hanno chiamato dopo le autorità del Cremlino – ha fatto saltare il collegamento mandando al posto del discorso del presidente il cantante Oleg Gazmanov che cantava a squarciagola “Avanti Russia”.
I militari hanno distribuito coccarde con la Z, il nuovo simbolo dell’esercito russo. E una volta finito il concerto le persone che stavano defluendo si sono trovati davanti poliziotti e militari che li hanno costretti a rimanere dentro. Per almeno 30 minuti.
E questo perché qualcuno aveva cominciato a prendere i cancelli prima della conclusione. La Repubblica invece racconta che molti sono arrivati allo stadio per il ricatto di un superiore. O con la prospettiva di un compenso di 500 rubli.
Le gradinate
Il quotidiano maligna anche sul piumino che indossava lo Zar durante la sua esibizione: «un maglione a collo alto color crema e un piumino di colore blu di Loro Piana da un milione e mezzo di rubli (circa 12 mila euro)».
Del look di Putin da ieri parlano su Telegram molte fonti ucraine. Che ne hanno, a loro dire, individuato persino il modello.
Il Corriere della Sera invece parla di interi bus di volontari reclutati per riempire lo stadio, e di un compenso ben più misero: 1500 rubli. Ovvero l’equivalente di 13 euro. Infine, le gradinate. Che erano piene di striscioni che celebravano «un mondo senza nazismo», mentre in molti indossavano i nastrini della commemorazione della vittoria contro Hitler nella Seconda Guerra Mondiale.
(da Open)

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IL CAPO DELL’AZIENDA UCRAINA DEL GAS: “LA RUSSIA HA MANIPOLATO I PREZZI DEL METANO“

Marzo 19th, 2022 Riccardo Fucile

“PUTIN? UN BULLO CHE RAGIONA DA DELINQUENTE“

Yuriy Vitrenko, a capo dell’azienda nazionale ucraina dell’energia Naftogaz, oggi in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera spiega che la Russia bombarda le reti di approvvigionamento del paese ma sta molto attenta a non colpire i gasdotti che portano il combustibile in Occidente.
E paventa che la speculazione sul metano sia partita su ordine di Vladimir Putin. «L’Europa dovrebbe liberarsi dalla dipendenza dal gas russo, è suicida. Non importa se noi perdiamo entrate. Ma se gli europei vogliono continuare a comprare dalla Russia, allora è meglio se il gas passa dall’Ucraina piuttosto che attraverso Nord Stream 1 (che lega la Russia alla Germania attraverso il Baltico, ndr).
Ciò ci aiuterebbe e ridurrebbe il potere di ricatto di Mosca sul mercato europeo. La Russia esiterebbe di più a scatenare una guerra, per timore di bombardare l’infrastruttura da cui dipende. Fosse andata così prima, forse questa guerra atroce si sarebbe prevenuta», esordisce Vitrenko.
Il quale poi passa all’attacco: «La manipolazione russa sui prezzi del gas è iniziata nel 2021. Noi di Naftogaz abbiamo presentato un ricorso a Bruxelles per questo».
Per questo l’Occidente dovrebbe smettere di acquistarlo. O almeno, suggerisce, usare dei conti vincolati: «Dite ai russi che non accederanno al denaro finché non si ritirano dall’Ucraina». Secondo Vitrenko lo spauracchio del blocco delle forniture danneggerebbe i russi: «Non possono bloccare la produzione senza danneggiare i giacimenti. Per lo meno così possono ancora sperare di ricevere i soldi dopo l’”operazione militare speciale”.
Certo un rischio c’è, ma sarebbe un approccio efficiente». Infine, un giudizio su Putin che ha conosciuto: «È un bullo, ragiona da delinquente. In Occidente i negoziati sono diversi perché se diventi aggressivo, nessuno ti parla più. Con lui invece è l’unico modo, rispetta solo la forza e il potere. Ma è razionale: quando ha capito che non poteva vincere, ha ceduto».
(da agenzie)

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E’ ARRIVATA IN ITALIA LYUBOV, LA PIU’ PICCOLA PROFUGA UCRAINA ACCOLTA DAL NOSTRO PAESE

Marzo 19th, 2022 Riccardo Fucile

LA BIMBA HA SOLO UN MESE E MEZZO

È arrivata a bordo di un pullman insieme ad altri 46 bambini di tutte le età che sono riusciti a lasciare l’Ucraina, la guerra e quell’assordante rumore di missili che si mischia al sangue per le strade delle varie città assediate dai militari.
È arrivata in Italia, a Cavagnolo (una piccola cittadina in provincia di Torino), grazie all’impegno della Fondazione Aief per l’infanzia e l’adolescenza e al mezzo messo a disposizione dalla Fondazione Specchio dei Tempi. La piccola Lyubov è la più giovane, la più piccola profuga ucraina accolta dall’Italia.
La piccola è arrivata in Piemonte dopo un viaggio di 50 ore, in compagnia di sua mamma e dei suoi due fratellini. Ha solamente un mese e mezzo e le ultime tre settimane le ha vissute sotto quelle bombe e quei missili che stanno devastando il suo Paese.
In quella città di Rih, nella zona Sud dell’Ucraina. Una delle tante località prese d’assalto dai militari russi e da quell’invasione e guerra iniziata nella notte di giovedì 24 marzo. Ma ora è in salvo, insieme alla madre e ad altri 46 bambini che saranno accolti – temporaneamente – nelle stanze dell’abbazia Santa Fede.
“L’esodo di un milione di bambini ucraini che stanno lasciando le proprie case è un dramma nel dramma della guerra: 47 bambini, la più piccola di un mese e mezzo, sono adesso al sicuro grazie alla nostra piccola ma significativa spedizione umanitaria”.
Queste le parole di Tommaso Varaldo, Presidente della Fondazione AIEF, che ha contribuito in questo grande gesto di umanità nei confronti di quel popolo che sta soffrendo e resistendo sotto il peso delle bombe. E in tutta Europa ci sono tante piccole Lyubov, costrette a lasciare le loro città natali ancora prima di conoscerle, di vederle e di viverle. Storie di una guerra che colpisce, come sempre, gli innocenti. Vittime di chi vuole mostrare i muscoli tenendosi rigorosamente a distanza.
(da agenzie)

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LA TRISTE STORIA DI NATALIA KRETOVA, LA 45ENNE UCRAINA, FUGGITA DAL PROPRIO PAESE INSIEME AI DUE FIGLI DI 10 E 12 ANNI E MORTA APPENA SCESA DALL’AUTOBUS A ROMA

Marzo 19th, 2022 Riccardo Fucile

SI ERA SEPARATA DAL MARITO IN UCRAINA E AVEVA AFFRONTATO QUEL VIAGGIO DI 30 ORE NELLA SPERANZA DI RIDARE UN FUTURO AI SUOI BIMBI. POI IL MALORE E IL BUIO: PARE SIA DECEDUTA PER UN INFARTO

Ci sono momenti in cui il destino sembra accanirsi. E non serve a nulla essersi lasciati alle spalle le bombe, le macerie, gli incendi, le lacrime, il sangue, gli affetti. La morte arriva lo stesso. Il corpo cede, e ci butta in faccia la nostra fragilità. Il cuore smette di battere, e sembra quasi una beffa della sorte.
Qual è stata l’ultima cosa che ha attraversato la mente di Natalia Kretova, la donna ucraina di 45 anni che, fuggita dal proprio Paese insieme ai due figli piccoli e arrivata ieri mattina a Roma, si è accasciata al suolo non appena scesa dall’autobus?
Cos’ hanno visto i suoi occhi prima di chiudersi? Quale voce le è risuonata nelle orecchie? Da ormai tre settimane, sono tantissime le donne che stanno abbandonando l’Ucraina. Partono all’estero e lasciano tutto. Provano a reagire chiudendo a chiave la paura della guerra e il dolore. Inghiottiscono le lacrime, obbligandosi a immaginare un futuro diverso. Se non per sé stesse, almeno per i propri figli. È per loro che lo fanno. È per loro che devono farlo.
Anche se è terribile racchiudere tutta una vita all’interno di una valigia, dimenticare in fretta e furia la propria lingua e impararne un’altra, approdare senza nulla in un Paese straniero e non aver la minima idea di ciò che le attende. Sono tantissime, ormai, a essere partite. Anche quando magari avrebbero voluto restare accanto ai propri genitori anziani o ai propri mariti che combattono. Anche quando la semplice idea di ritrovarsi in un Paese sconosciuto le terrorizza.
«Ma se non sono io che penso ai miei bambini, chi mai potrebbe farlo?», si sarà detta senz’ altro qualcuna di loro per darsi forza. «Non è questo che avrebbe fatto mia madre se si fosse trovata al posto mio?, avrà pensato qualcun’altra, incerta fino alla fine se restare o andarsene via. Subito prima di inginocchiarsi a terra e baciare la propria terra e salire su un autobus o una macchina. Ci sono momento, però, in cui il destino si accanisce. Come con Natalia Kretova, appunto. Questa madre di 45 anni che non ce l’ha fatta. E che arrivata a Roma, dopo oltre trenta ore di viaggio, si è accasciata al suolo. Il suo cuore non ha retto.
Era scappata dall’Ucraina insieme ai suoi due figli, uno di 12 e uno di 10 anni. Si era separata dal marito e si era trascinata fino alla frontiera con la Polonia. Poi era riuscita a salire su un autobus. «Ce l’abbiamo fatta», avrà detto ai bambini scendendo dal pulmino.
«Non vi preoccupate, ora si aggiusta tutto!», avrà ripetuto stringendo loro la mano. Come fanno sempre le mamme con i propri figli, quel «si aggiusta tutto» che consola e salva anche quando non ci si crede fino in fondo, anche quando non si ha nemmeno più la forza di restare in piedi, schiarirsi le idee e trovare altre parole per inventare il futuro. Pare che si sia trattato di un infarto. Pare che la donna soffrisse di pressione alta. Pare che avesse nei bagagli alcune pillole contro l’ipertensione.
Ma il punto non è questo. Il punto non è tanto (o solo) chiarire la causa esatta del decesso, cosa che chiarirà senz’ altro l’autopsia. Il punto è l’accumulo: il “troppo dolore”, la “troppa nostalgia”, la “troppa fatica”, il “troppo stress”, la “troppa incertezza”. Tutto ciò che dipende dalla guerra, e che il cuore non regge.
Perché siamo fragili, nonostante tutti gli sforzi che possiamo fare; siamo vulnerabili, nonostante il tentativo di nasconderlo; siamo pieni di paure e di incertezze, nonostante quando si è madri ci si senta forti e ci si immagini invulnerabili.
Questa guerra ci sta costringendo a ripensare l’intero quadro concettuale all’interno del quale ci muoviamo. E dopo la pandemia, che già ci aveva fiaccato, sembra davvero che tutto ciò in cui credevamo si stia sbriciolando. Non bastano gli sforzi. Non basta la buona volontà. Non bastano nemmeno i sacrifici.
Quando si è di fronte alla violenza assassina e feroce di una guerra, forse solo la pietà e la compassione possono aiutarci.
E poi l’amore, quello di cui si ha sempre tanto bisogno, soprattutto quando si è piccoli, orfani, stranieri. E di fronte alla perdita di una madre che ha fatto di tutto per proteggerci, nemmeno nella propria madre lingua si riescano a trovare le parole giuste per nominare il vuoto, lo sconforto, la solitudine e l’angoscia.
(da agenzie)

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