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UNA NOTTE A CACCIA DI SPIE CON LE FORZE SPECIALI UCRAINE

Aprile 3rd, 2022 Riccardo Fucile

KHARKIV LA CACCIA AI SABOTATORI “SPIE AL SOLDO DI MOSCA”

«Diamo la caccia ai sabotatori russi, ne abbiamo presi 26 dall’inizio dell’invasione ma la minaccia rimane costante». La Special unit investigation della polizia di Kharkiv controlla il territorio cittadino giorno e notte nel tentativo di stanare gli infiltrati russi che da prima dell’invasione si mescolano tra i residenti con un solo obiettivo: facilitare l’invasione delle truppe di Mosca. Abbiamo seguito la Sui durante un venerdì notte di pattugliamento per capire che clima si respira durante il coprifuoco di Kharkiv.
L’oscuramento scatta alle otto di sera, tutte le luci delle abitazioni devono essere spente e i cittadini barricati dentro casa: ogni persona trovata a girare per la città senza autorizzazione speciale da parte dell’esercito sarà considerata una minaccia alla sicurezza dell’Ucraina. Il pattugliamento inizia intorno alle 22, il comandante Andry impartisce le ultime istruzioni ai suoi uomini prima dell’inizio delle operazioni.
«Abbiamo il totale controllo del territorio cittadino – spiega indossando un passamontagna per proteggere la sua identità – Dobbiamo far rispettare il coprifuoco e le leggi marziali entrate in vigore all’inizio dell’invasione».
Ordini impartiti, può iniziare il nostro viaggio nella città fantasma. Un clima spettrale tra strade vuote e buio totale, edifici distrutti dai bombardamenti e il silenzio interrotto soltanto dai colpi d’artiglieria.
La missione è sempre la stessa, scovare i sabotatori che spesso si muovono di notte: «Il loro obiettivo principale è distruggere le nostre infrastrutture strategiche». Reti elettriche, torri di comunicazione, ma anche sistemi del gas che da un momento all’altro smettono di funzionare. Nessun guasto, nessun incidente, ma veri e propri sabotaggi a regola d’arte in grado di mettere in ginocchio queste infrastrutture anche per diverse settimane.
E poi ci sono le geolocalizzazioni: «Inviano informazioni al nemico su quello che accade in città: le posizioni dei nostri soldati, delle scuole e delle folle di persone da colpire con i bombardamenti».
Come in ogni guerra le spie giocano un ruolo fondamentale. Sapere con precisione dove si trova un sindaco, un generale o anche solo un avamposto militare può avere un ruolo strategico determinante. Il comandante Andry racconta che «per marcare gli obiettivi usano dispositivi elettronici, vernici speciali e ovviamente i droni».
L’unico metodo per le forze speciali è fermare e controllare qualsiasi persona sospetta. Ci spostiamo nell’area a sud di Kharkiv, è passata da poco la mezzanotte, un uomo sospetto si nasconde al passaggio della volante: un segnale inequivocabile per gli agenti della Sui.
L’allerta è massima, la squadra si innervosisce subito e scatta l’identificazione. Dopo qualche minuto di tensione passa l’allarme: si tratta di uomo ucraino anziano, in evidente stato d’ebrezza, che viene caricato in macchina e portato in caserma. Passerà la notte in galera per aver violato il coprifuoco.
«Per fortuna non ci sono tante persone come lui – commenta Andry – la maggior parte dei cittadini capisce la situazione e rispetta le regole».
L’IRRUZIONE
Passa qualche ora e gli agenti sono chiamati a un nuovo intervento. La Sui fa irruzione in una palazzina a sud di Kharkiv, i condomini hanno segnalato la presenza di sconosciuti nel palazzo e hanno chiamato la polizia, potrebbe essere un covo di sabotatori. Arrivati davanti all’appartamento sospetto i classici tre pugni alla porta: «Polizia, aprite».
Gli agenti caricano tutti contemporaneamente i kalashnikov, è il segnale che stanno per sfondare la porta. La squadra fa irruzione nel monolocale a fucili spiegati: «Tutti a terra». In totale sei ragazzi e tre ragazze vengono arrestati. Nessun sabotatore ma solo una festa tra giovani in barba alle leggi marziali riguardanti il coprifuoco e l’utilizzo di alcolici. «Siamo in guerra e il nostro compito è far rispettare la legge – conclude il capitano – abbiamo dovuto arrestarli».
(da il Messaggero)

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COSÌ ORBÁN HA «RITAGLIATO» IL SISTEMA DI VOTO A SUO VANTAGGIO

Aprile 3rd, 2022 Riccardo Fucile

PER RAGGIUNGERE LA MAGGIORANZA DEI 199 SEGGI NELL’ASSEMBLEA NAZIONALE, LE OPPOSIZIONI DOVREBBERO TOTALIZZARE IL 54-55% DEL VOTO POPOLARE…A ORBÁN, PER LO STESSO RISULTATO, BASTEREBBE IL 43-44%

L’Ungheria è una democrazia: oggi vota. Come dice il suo primo ministro, è però «illiberale». È probabile che il risultato delle urne lo confermi: strappare il potere a Viktor Orbán, anche dopo 12 anni, è un’impresa come in nessun altro Paese europeo. La rete di garanzie che il premier ha costruito per vincere sempre è solida.
Calcoli indipendenti stimano che i sei gruppi di opposizione – che si sono alleati e hanno un candidato comune per battere il partito dominante, Fidesz – per raggiungere la maggioranza dei 199 seggi nell’Assemblea Nazionale per la quale si vota dovrebbero totalizzare il 54-55% del voto popolare; a Orbán, per lo stesso risultato, basterebbe il 43-44%.
Alle elezioni di quattro anni fa, Fidesz raggiunse poco più del 49% ma in termini di seggi superò la cosiddetta Super-maggioranza, due terzi dei voti che consentono di cambiare la Costituzione.
La ragione di questa asimmetria sta nel fatto che, dal 2010, il primo ministro ungherese ha ridisegnato i collegi elettorali che eleggono 106 parlamentari: i collegi che tendono a sinistra sono molto popolati ed eleggono un deputato, quelli conservatori sono piccoli ma eleggono sempre un deputato.
Anche i 93 parlamentari eletti con il sistema proporzionale favoriscono Fidesz attraverso un sistema complicato. Orbán parte così con un vantaggio non da poco.
Ma ovviamente c’è dell’altro. Ci sono le politiche che usano un po’ tutti i partiti al governo, cioè spesa pubblica: nel caso in questione, aumento del salario minimo, tredicesima ai pensionati. E qui siamo più o meno nella normalità.
Poi, c’è che gli abitanti di etnia magiara che vivono nei Paesi confinanti, in particolare in Romania, in maggioranza conservatori, possono votare per posta.
Quelli che vivono più lontano, molto più di sinistra, devono recarsi fisicamente a un consolato ungherese.
Poi ci sono i media: le maggiori reti tv sono di Stato o possedute da amici del premier, stile oligarchi, i quali controllano anche buona parte della stampa.
L’opposizione che appoggia Péter Marki-Zay – anch’ egli un conservatore ma sostenuto da sei partiti che vanno dalla destra alla sinistra ai verdi – hanno avuto spazi televisivi, calcolano gli esperti, pari a un quarto di quelli di Fidesz. In più, il governo Orbán fa propaganda per il candidato Orbán: ha anche usato gli strumenti digitali anti-Covid per fargli propaganda. Ci saranno anche brogli?
Possibile: vicino al confine, in Romania, sono già state trovate schede inviate per posta bruciacchiate, gettate nei campi, per lo più favorevoli all’opposizione.
Ci sono osservatori indipendenti in ogni seggio: il rischio che, nel caso di risultato finale testa a testa, la correttezza dell’elezione venga contestata formalmente non può essere escluso. Sarebbe una prima volta, nella Ue.
(da il Corriere della Sera)

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI UCRAINO KULEBA: “IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE“

Aprile 3rd, 2022 Riccardo Fucile

“I FILO-PUTIN IN ITALIA? DESTINATI ALLA SCONFITTA“

In un’intervista a Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto al nostro Paese di inviare il prima possibile nuove armi. Secondo Kuleba, sul fronte militare il peggio deve ancora venire, e i negoziati di pace non hanno portato ad alcun risultato. «Tutti i problemi chiave restano irrisolti, sul campo l’esercito russo continua ad attaccare, sparo missili sulle nostre città, i loro soldati compiono crimini contro l’umanità», spiega Kuleba secondo cui il presidente russo Vladimir Putin «comprende soltanto il linguaggio della forza».
Per fermarlo serve l’aiuto dell’Europa, servono nuove armi, dice, anche perché nelle prossime settimane la situazione potrebbe precipitare: «Siamo nel mezzo della guerra, il peggio deve ancora venire. L’Ucraina ha vinto la battaglia di Kiev ma quella per il Donbass e nel Sud sta per cominciare e sarà terribile, devastante. Lo prova lo scempio di Mariupol. Noi siamo pronti, non ci tireremo indietro e speriamo nel vostro sostegno».
I rapporti con il governo italiano
Kuleba ha mostrato apprezzamento per le attività finora svolte dall’Italia. «Chi rifiuta l’invio di armi all’Ucraina in realtà sostiene la continuazione della guerra. Noi apprezziamo molto Mario Draghi e il mio collega Luigi Di Maio: si sono schierati dalla parte giusta della storia sin dal primo giorno di guerra», ha detto Kuleba.
«Noi ci aspettiamo dall’Italia le armi necessarie a difenderci e siamo felici si sia assunta il ruolo di Paese guida nello sforzo di farci entrare in Europa. La loro scelta di farsi garanti della nostra sicurezza negli assetti eventualmente nati dal processo di pace è un segno di grande amicizia e serietà», ha aggiunto.
Un’esposizione, quella dell’Italia che si fa da garante per l’Ucraina, che potrebbe mettere a rischio le relazioni del nostro Paese con la Russia: «Vorrei rassicurare gli italiani: si possono trovare modi per cui le garanzie non comportano automaticamente il vostro coinvolgimento bellico diretto. Ad esempio, l’Italia si impegna a mandarci armi e munizioni necessarie a difenderci ma non soldati o piloti e ciò non intaccherà la sicurezza italiana. Di questo stiamo parlando».
Kuleba ha paura che i russi possano tornare, anche dopo il raggiungimento della pace: «Dobbiamo essere certi che non tornino a invaderci nel futuro e per questo devono assumersi un impegno di fronte al mondo, con clausole precise, anche legalmente definite dal diritto internazionale. Non ci fidiamo».
«Sappiamo che in Italia ci sono forze vicino a Putin: vorrei dire che ciò è immorale, illegale e politicamente perdente. Chi sta con Putin sostiene i crimini di guerra», ha tuonato.
E cosa pensa, invece, della Cina che non ha voluto schierarsi apertamente contro la Russia? «È rimasta cautamente neutrale, non abbiamo, però, prove di sostegno alla Russia. Il suo maggior interesse è bloccare la guerra che danneggia l’economia mondiale e noi lo condividiamo».
Kuleba, poi, ha detto che apprezzerebbe molto la visita di Papa Francesco a Kiev, un segnale forte e chiaro per tutto il mondo e che lo accoglierebbe «a braccia aperte». Al momento, però, non ci sono date per la sua visita in Ucraina.
Infine non ha voluto commentare l’attacco al deposito di petrolio di Belgorod che, secondo i russi, sarebbe stato fatto dall’esercito ucraino: «Non ho elementi per fare altri commenti, ho visto i video del blitz e sono molto poco chiari», ha tagliato corto. Zelensky, ieri 2 aprile, aveva detto: «Mi dispiace, ma non parlo dei miei ordini come comandante, leader di questo Stato. Ci sono cose che condivido solo con le forze armate quando parlano con me».
(da agenzie)

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VOCI DALL’INFERNO DI BUCHA: IL RACCONTO DI CHI HA VISTO ASSASSINARE DAI RUSSI FAMILIARI E VICINI DI CASA

Aprile 3rd, 2022 Riccardo Fucile

LE TESTIMONIANZE AL GUARDIAN E AL TIMES

A Bucha, appena fuori Kiev, almeno 300 persone sarebbero sepolte nelle fosse comuni, e i corpi di 20 civili sono stati rinvenuti in strada con le mani legate. Alcune ore dopo le notizie trapelate dalla città ucraina liberata dalle forze russe, il Guardian ha raccolto le testimonianze di alcuni abitanti.
Halyna, 55 anni, sta ancora cercando il corpo di suo marito, Oleg, 62 anni, morto per mano dei russi il 5 marzo a Bucha, mentre con un’altra famiglia stavano tentando di fuggire da quell’inferno.
Avevano deciso di lasciare quella piccola cittadina, erano in viaggio quando le due auto in cui viaggiavano sono state prese di mira da un blindato russo. Nelle auto c’erano Oleksandr con la moglie Margarita e i due figli di 8 e 4 anni. Dietro, invece, in un’altra auto, c’erano Oleg, la moglie Halyna e Tetiana, madre della moglie di loro figlio, Roman.
A sopravvivere sono stati Oleksandr (che ha perso una gamba, mentre la moglie e i figli sono stati uccisi) oltre ad Halyna, Tetiana e suo figlio Roman.
Oleg, invece, non ce l’ha fatta e il suo corpo è rimasto in auto per cinque giorni visto che i russi non avrebbero permesso che fosse rimosso. Roman, adesso, vuole trovare il corpo di suo padre.
«Mi hanno detto: “Facciamo solo il nostro lavoro”»
Il Times, invece, parla della storia di Maria Dabizhe, 80 anni. I russi erano arrivati a Bucha pochi giorni dopo l’inizio della guerra. «Sono venuti a casa mia. Ho chiesto loro cosa stessero facendo lì», ha detto. «Mi hanno detto: “Stiamo solo cercando di fare il nostro lavoro”». Quando le hanno portato del cibo, lei lo ha preso. Nel frattempo assisteva, impotente, ai bombardamenti. Successivamente, quando i soldati hanno cominciato a ritirarsi, combattendo senza sosta contro gli ucraini, Maria ha capito quello che era successo davvero in quei giorni, e ha scoperto che i suoi vicini erano stati legati e giustiziati.
(da agenzie)

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LA STORIA DELLA DONNA SIMBOLO DI MARIUPOL RAPITA DAI RUSSI E COSTRETTA A MENTIRE SUL BOMBARDAMENTO DELL’OSPEDALE

Aprile 3rd, 2022 Riccardo Fucile

UN VIDEO TAGLIATO IN TRE PUNTI PER AVALLARE UNA FANDONIA, SMENTITA DAI GIORNALISTI CHE ERANO PRESENTI AL BOMBARDAMENTO

Sarebbe stata rapita dall’esercito russo Marianna Vyscemyrska, la donna diventata simbolo dei bombardamenti sull’ospedale pediatrico di Mariupol. A dare la notizia è il giornale ucraino online Obozrevatel, dopo la pubblicazione da parte dei media russi di un video in cui la giovane influencer dichiara che l’ospedale in cui si trovava veniva usato come base militare dall’esercito ucraino
Marianna Vyscemyrska era stata fotografata mentre abbandonava la struttura pediatrica della città nel Sud del Paese dopo l’attacco delle truppe di Mosca.
La stampa russa, però, aveva sostenuto che l’edificio bombardato non solo non venisse più usato come ospedale ma che, addirittura, Vyscemyrska avesse indossato abiti diversi per farsi scattare delle immagini strategicamente studiate.
Qualche giorno dopo il raid, la giornalista ucraina, Olga Tokariuk, aveva poi dato la notizia del parto della ragazza, smentendo la propaganda russa.
Ora, i suoi parenti fanno sapere che Marianna si trova in mano ai russi. Già da tempo, come riporta Rai News, la famiglia della giovane avrebbe chiesto di portarla sul territorio controllato dall’Ucraina, perché immaginavano che i russi l’avrebbero utilizzata per i loro scopi propagandistici.
E il video pubblicato e diffuso dai media russi – poi ripreso in rete da quella che la testata ucraina Obozrevatel definisce “la propaganda russa” – ne sarebbe la prova.
Nel video, infatti, Marianna conferma quella che è di fatto la versione del Cremlino sugli eventi legati all’ospedale di Mariupol: sarebbe stato una base militare sotto il controllo delle truppe di Kiev.
Ma, come fa sapere la giornalista ucraina, Olga Tokariuk, è molto probabile che – se la notizia del rapimento venisse confermata – le parole della giovane sarebbero il frutto di una mirata propaganda russa volta a mettere in cattiva luce la resistenza ucraina.
(da NetQuotidiano)

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CIBO E MEDICINE PER I VOLONTARI E GLI ANIMALI DEL RIFUGIO DI ANDREA CISTERNINO A KIEV

Aprile 3rd, 2022 Riccardo Fucile

ARRIVATO IL CONVOGLIO DI VIVERI DELL’ENPA DI VERONA PARTITO DIECI GIORNI FA

Non ha mai perso le speranze Andrea Cisternino, l’italiano bloccato a Kyiv proprietario di un rifugio per animali che aveva deciso di proteggere anche a costo della vita.
E ora, finalmente, le scorte di cibo, acqua e medicine l’hanno raggiunto.
A dare la notizia per primo è stato il giornalista Claudio Locatelli, con una commovente foto condivisa sui social e che in pochissimo tempo è stata ricondivisa da migliaia di utenti. “Ce l’abbiamo fatta, tutti insieme. Le lacrime incredule di Natasha nel vederci sono tutto…NESSUNA RESA”, ha scritto su Facebook.
Ex fotografo di origini lombarde, Andrea Cisternino, allo scoppio della guerra, aveva deciso di non abbandonare il suo rifugio Kj2, distante pochi chilometri di Kyiv e facente parte di quei territori attorno alla capitale ucraina occupati dai militari russi inviati dal Cremlino.
Le scorte di acqua e cibo si erano fatte sempre più esigue e per salvare il suo staff e i suoi circa 400 animali (tra cui cani, gatti ma anche animali da fattoria e cavalli), aveva lanciato un appello.
Un convoglio di viveri era partito dall’hub Enpa di Verona il 23 marzo scorso ed in poco tempo era arrivato prima in Polonia, e da lì a Leopoli e infine alla periferia di Kiev.
Ma per giorni non è stato possibile completare l’“ultimo miglio”, cioè i pochi chilometri tra l’hub della Ong SaveUkraine e il rifugio di Andrea Cisternino. Il territorio intorno, infatti, era sotto il controllo russo e non era permesso entrare o uscire.
Il caso del 63enne lombardo ha avuto moltissima risonanza, sia in Italia che in Ucraina, tanto che l’appello è stato accolto dal Governo ucraino che ha fatto sapere si metterà in contatto con lui per far entrare la Croce Rossa nell’area occupata dai russi. “Il rifugio Kj2 Italia di Andrea Cisternino a Kyiv ha finalmente ricevuto i nostri aiuti”, ha dichiarato la presidente nazionale dell’Enpa, Carla Rocchi. “È finito un incubo per gli animali e per le persone. Siamo felici per l’esito di una missione lunga, difficile e rischiosa che ha richiesto impegno, passione e lucidità”.
(da NetQuotidiano)

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