COSÌ ORBÁN HA «RITAGLIATO» IL SISTEMA DI VOTO A SUO VANTAGGIO
PER RAGGIUNGERE LA MAGGIORANZA DEI 199 SEGGI NELL’ASSEMBLEA NAZIONALE, LE OPPOSIZIONI DOVREBBERO TOTALIZZARE IL 54-55% DEL VOTO POPOLARE…A ORBÁN, PER LO STESSO RISULTATO, BASTEREBBE IL 43-44%
L’Ungheria è una democrazia: oggi vota. Come dice il suo primo ministro, è però «illiberale». È probabile che il risultato delle urne lo confermi: strappare il potere a Viktor Orbán, anche dopo 12 anni, è un’impresa come in nessun altro Paese europeo. La rete di garanzie che il premier ha costruito per vincere sempre è solida.
Calcoli indipendenti stimano che i sei gruppi di opposizione – che si sono alleati e hanno un candidato comune per battere il partito dominante, Fidesz – per raggiungere la maggioranza dei 199 seggi nell’Assemblea Nazionale per la quale si vota dovrebbero totalizzare il 54-55% del voto popolare; a Orbán, per lo stesso risultato, basterebbe il 43-44%.
Alle elezioni di quattro anni fa, Fidesz raggiunse poco più del 49% ma in termini di seggi superò la cosiddetta Super-maggioranza, due terzi dei voti che consentono di cambiare la Costituzione.
La ragione di questa asimmetria sta nel fatto che, dal 2010, il primo ministro ungherese ha ridisegnato i collegi elettorali che eleggono 106 parlamentari: i collegi che tendono a sinistra sono molto popolati ed eleggono un deputato, quelli conservatori sono piccoli ma eleggono sempre un deputato.
Anche i 93 parlamentari eletti con il sistema proporzionale favoriscono Fidesz attraverso un sistema complicato. Orbán parte così con un vantaggio non da poco.
Ma ovviamente c’è dell’altro. Ci sono le politiche che usano un po’ tutti i partiti al governo, cioè spesa pubblica: nel caso in questione, aumento del salario minimo, tredicesima ai pensionati. E qui siamo più o meno nella normalità.
Poi, c’è che gli abitanti di etnia magiara che vivono nei Paesi confinanti, in particolare in Romania, in maggioranza conservatori, possono votare per posta.
Quelli che vivono più lontano, molto più di sinistra, devono recarsi fisicamente a un consolato ungherese.
Poi ci sono i media: le maggiori reti tv sono di Stato o possedute da amici del premier, stile oligarchi, i quali controllano anche buona parte della stampa.
L’opposizione che appoggia Péter Marki-Zay – anch’ egli un conservatore ma sostenuto da sei partiti che vanno dalla destra alla sinistra ai verdi – hanno avuto spazi televisivi, calcolano gli esperti, pari a un quarto di quelli di Fidesz. In più, il governo Orbán fa propaganda per il candidato Orbán: ha anche usato gli strumenti digitali anti-Covid per fargli propaganda. Ci saranno anche brogli?
Possibile: vicino al confine, in Romania, sono già state trovate schede inviate per posta bruciacchiate, gettate nei campi, per lo più favorevoli all’opposizione.
Ci sono osservatori indipendenti in ogni seggio: il rischio che, nel caso di risultato finale testa a testa, la correttezza dell’elezione venga contestata formalmente non può essere escluso. Sarebbe una prima volta, nella Ue.
(da il Corriere della Sera)
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