Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
CORPI DEI SOLDATI BRUCIATI E FATTI SPARIRE, FORNI CREMATORI MOBILI…FAMIGLIE COSTRETTE A NON DENUNCIARE
Corpi dei soldati bruciati o fatti sparire, ecco come Mosca nasconde le sue vittime della guerra che ha portato all’Ucraina. La strategia di disinformazione del Cremlino per celare in patria e al mondo l’entità delle perdite passa anche per una serie di protocolli che, man mano che le vittime del conflitto crescevano, si è perfezionata o quanto meno ingigantita.
I corpi dei caduti ad esempio vengono abbandonati o bruciati nei forni crematori mobili prima divisonali e oggi di reggimento, questo per farli “sparire”.
Ma c’è di più: sul fronte interno i media vengono censurati e le famiglie dei caduti costrette a non denunciare anche se non hanno notizie dei propri cari in Ucraina.
Il dato è che al 42mo giorno dell’invasione il Ministero della Difesa Russo di Vladimir Putin fa una conta del tutto falsata del numero di vittime “dell’operazione militare speciale” in Ucraina.
La Nato dice che all’appello ne mancano migliaia e che i caduti russi sono non meno di 17mila. I costi di gestione del conflitto lievitano, le vite umane spezzate si sommano e tenere in piedi la macchina della disinformazione è sempre più difficile.
E le vite delle vittime sono per lo più vite di giovanissimi, soldati di leva ingannati e poco addestrati, ragazzini fra i 18 e i 27 anni.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
LE HANNO INCISO UNA Z SUL PETTO… RILEVATI 11 DNA DIVERSI CHE CONFERMANO LA TESTIMONIANZA..A BUCHA 25 RAGAZZE STUPRATE DAI RUSSI
La Russia si ritira dalle città del nord dell’Ucraina, ma lascia dietro di sé una scia di sangue.
Dopo le immagini della strage di Bucha, continuano a emergere testimonianze delle atrocità dell’occupazione. L’ultimo è il caso di una bambina di 9 anni, brutalmente violentata e uccisa da 11 soldati russi a Irpin.
A riportare la notizia è Alina Dubovska, giornalista della testata ucraina Public, che ha pubblicato in un lungo post su facebook la testimonianza di un suo familiare testimone del fatto.
Secondo il racconto di Dubovska, la bambina ha visto i soldati russi uccidere entrambi i genitori. Poi è iniziato l’orrore della violenza sessuale, commessa da 11 soldati, in quanto un esame eseguito sul corpo avrebbe rivelato tracce di 11 dna di uomini diversi.
La piccola è stata poi uccisa e le è stata incisa sul petto una Z. La giornalista dice di non sapere se la bambina e la sua famiglia sono stati seppelliti: «È successo circa due settimane fa. L’ho scoperto solo ora. Non so se la famiglia sia stata sepolta e dove», scrive.
La storia della bambina di Irpin purtroppo non è un caso isolato, ma è una delle tante testimonianze che stanno emergendo in questi giorni. Il commissario per i diritti umani Verkhovna Rada Liudmyla Denisova ha scritto un post su Facebook denunciando altri crimini compiuti dai soldati nei territori occupati.
Nella regione di Kiev, sono stati trovati cinque cadaveri di uomini con le mani legate dietro la schiena sono stati trovati nel seminterrato dell’edificio, sono stati torturati e poi uccisi a sangue freddo.
Nel villaggio di Viktorivka, nella regione di Chernihiv, che è sotto occupazione da 25 giorni, i russi hanno tenuto in ostaggio le persone nel seminterrato e non hanno fornito medicine neanche in casi di pericolo di vita, tanto che un uomo malato di asma è morto e i militanti russi hanno ordinato agli ostaggi di seppellire il corpo accanto a loro nel bosco.
Nel distretto di Konotop, nella regione di Sumy, almeno tre civili torturati a morte sono stati trovati all’interno di ex campi nemici. A causa delle condizioni di vita disumane si sono diffuse anche una serie di malattie come la varicella.
Denisova si è appellata alla Commissione delle Nazioni Unite per le indagini sulle violazioni dei diritti umani durante l’invasione militare russa dell’Ucraina affinchè questi crimini di guerra e crimini contro l’umanità siano perseguiti davanti a un tribunale militare internazionale ai sensi degli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale.
Venticinque ragazze hanno raccontato di essere state violentate dalle forze russe a Bucha. È quanto ha affermato alla Bbc un alto funzionario ucraino. Lyudmyla Denisova, commissaria per i diritti umani del Parlamento ucraino, ha affermato che un numero gratuito che offre supporto alle vittime di violenza sessuale ha ricevuto almeno 25 denunce di stupro di ragazze di età compresa tra i 14 e i 24 anni da parte dei soldati russi.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
PRAGA HA INVIATO UNA DECINA DI TANK T-72
Secondo il Wall Street Journal la Repubblica Ceca ha inviato in Ucraina dei vecchi carri armati dell’era sovietica, diventando così il primo paese a rifornire Kiev di queste armi pesanti per fronteggiare le meglio attrezzate forze russe.
E in uno sviluppo potenzialmente ancora più importante – ha aggiunto il Wsj – sia la Repubblica Ceca che la vicina Slovacchia, che confina con l’Ucraina, stanno valutando l’ipotesi di aprire i propri siti industriali militari a Kiev, per riparare le attrezzature militari ucraine danneggiate, ma anche quelle russe finite in mano ucraina, tra cui 176 carri armati.
Il vice ministro della Difesa ceco Tomae Kopecny e un altro funzionario del ministero della Difesa hanno precisato al Wsj che sono poco più di una decina i carri armati T-72M di progettazione sovietica inviati a Kiev, insieme a obici e a veicoli corazzati da combattimento BMP-1.
Armi finanziate dal governo ceco e da donatori privati che hanno partecipato a una campagna di raccolta fondi sostenuta da Praga per armare l’Ucraina.
(da Globalist)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
GLI ORDINI VENGONO DATI A COMPARTIMENTI STAGNI E NESSUNO CONOSCE IL QUADRO D’INSIEME… È LO STESSO SCHEMA USATO PER COPRIRE I RESPONSABILI DELLE STRAGI IN SIRIA E DEL MISSILE CONTRO IL BOEING DEL 2014
Quando Volodymyr Zelensky evoca lo spettro delle coperture dei crimini di guerra da parte dei russi, lo fa con la consapevolezza di chi conosce la «mente» del Cremlino. Lui per primo aveva lanciato l’allarme invasione senza essere preso troppo sul serio dall’Europa.
Ora si comincia a parlare di processi e il leader della resistenza ucraina dà un nuovo alert: dopo Bucha, i cui cadaveri ai lati delle strade sono stati bollati come fake news dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, «stanno già azionando una falsa campagna per nascondere la colpevolezza nell’uccisione di massa di civili a Mariupol avranno dozzine di interviste inscenate, nuove registrazioni e uccideranno persone per far credere che siano state uccise da altri».
La fascinazione generata dalla parlantina quotidiana dell’ex attore potrebbe distrarre da quel che Zelensky è: uno che sa come ragionano i russi, come operano i vertici e quali strategie impiantano nei quadri militari, che ora potrebbero ritrovarsi sotto accusa alla Corte penale internazionale (dove non siedono gli Stati Uniti) come minuscoli capri espiatori. L’Italia è tra i 39 Paesi che hanno avallato la procedura d’attivazione per l’apertura di un’indagine all’Aia, dove si processano uomini e non Stati.ù
L’arma di Putin per nascondere al mondo (e ai suoi) i crimini di guerra è già stata azionata; ancora prima di iniziare l’invasione. Conoscenza delle operazioni a compartimenti stagni. Nessun generale ha contezza del disegno completo e forse neanche dei massacri. Ogni singola città occupata, distretto, quartiere, ha ricevuto ordini precisi, non necessariamente nella stessa versione: tra i battaglioni ritiratisi dal Nord molti non sapevano come si sarebbero mossi i colleghi nel Sud.
Cerchi concentrici in cui nessuno conosce nell’insieme il mosaico. La tecnica eredita la formazione del Servizi russi da cui lo zar proviene. Spazio ad azioni individuali anche indiscriminate che rientrano nella norma di un blitz degli 007 come di un battaglione.
A fronte di indagini già avviate in Ucraina da parte della Cpi dell’Aia, l’attitudine da ex uomo dell’intelligence torna utile come paracadute. E se mai si riuscirà a imbastire un tribunale speciale Onu (diverso da un processo per crimini di guerra all’Aia) ognuno, militare o dirigente politico, potrà negare di sapere cosa stava accadendo, scaricando la responsabilità su soldati semplici, che nel panico della sconfitta (e da ripercussioni possibili) non denunceranno né azioni né ordini degli ufficiali.
Anche a questo è servito a Putin il richiamo di riservisti dall’Asia, ragazzi appena adulti già segnati dalla miseria dell’estremo oriente dell’impero, facilmente manipolabili. Mentre le milizie cecene hanno già la bocca cucita da anni sui massacri, e certo non dichiareranno responsabilità personali su Bucha o Mariupol.
Un tribunale speciale per crimini di guerra all’Aia ha condannato quasi 50 serbi bosniaci tra cui il leader politico Radovan Karadzic, e il suo comandante militare, Ratko Mladic, per Srebrenica.
Ma Putin non è Karadzic e il tenente colonnello Asanbekovich, comandante dei russi che il 31 marzo hanno smobilitato da Bucha, non è Mladic. È un potenziale massacratore venuto da Oriente, e quasi certamente non il solo «boia» di Bucha.
Difficile cavare ragni dai buchi pensati ad hoc da Mosca. Ne abbiamo prove recenti. Il team internazionale di tecnici che dal 2014 indaga sul disastro aereo dell’MH17 ha lanciato appelli alla ricerca di testimoni, chiedendo lumi all’interno della gerarchia militare e amministrativa per sapere chi ha dato via libera al lancio del missile che ha distrutto il Boeing della Malaysia Airlines che attraversava l’Ucraina orientale. Telefonate intercettate mostrano leader del gruppo armato Repubblica popolare di Donetsk (Dpr) in contatto con funzionari del governo russo.
Ma di chiarimenti neppure l’ombra, solo 4 sospetti che avrebbero partecipato alla dislocazione del missile. Dei vertici del Cremlino non c’è traccia, solo pedoni sacrificabili. Stessa cosa in Siria.
Indagine impantanata e fake news per sviare dai veri responsabili di crimini
(da il Giornale)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
“I NOSTRI FIGLI VENGONO UCCISI, LE DONNE VENGONO VIOLENTATE, LE NOSTRE CASE E I NOSTRI MONUMENTI VENGONO FATTI SALTARE IN ARIA. PER ME, QUESTE NON SONO AZIONI UMANE, QUINDI ORA NON MI PONGO LA DOMANDA SE FACCIO QUALCOSA DI MALE QUANDO AMMAZZIAMO UNA PERSONA“
Il mio defunto padre ha vissuto tutta la sua vita con il presentimento che la guerra sarebbe arrivata. La prima volta che ho preso un fucile in mano avevo nove anni, per andare a caccia con papà, che mi voleva insegnare. Ho preso da lui, sto sempre all’erta. Ho cominciato a fare scorte prima dell’inizio della guerra: ho speso tutti i miei soldi in generi alimentari e benzina, sei mesi di autonomia assicurata.
Avevo affittato una casa di 500 mq per eventi aziendali, adesso è un rifugio per trenta persone; avevo messo su una rete di 500 imprenditori, ora si è trasformata in un gruppo di volontari: risolviamo problemi logistici, trasportiamo persone, consegniamo aiuti umanitari, cibo e vestiti. Cinquecento imprenditori sono una risorsa enorme.
Ho studiato in un istituto militare e dieci anni fa sono diventata sottotenente, ufficiale di riserva. Poi sono andata al fronte come volontaria. Nel 2014, volevo anche andare in guerra, ma l’ufficio di reclutamento militare non mi ha accettato perché avevo una bimba piccola. Ora mia figlia ha dieci anni, è al sicuro, all’estero.
Nei primi giorni della guerra, otto donne di Kharkov sono venute alla casa rifugio
Non c’era nessun altro oltre me che potesse proteggerle, ero la sola a saper sparare, eravamo nel mirino di ladri e saccheggiatori. Poi un comandante che conoscevo mi ha chiesto di unirmi alla sua compagnia delle Forze Speciali dell’esercito ucraino.
Mezz’ ora dopo stavo già andando dal quartier generale di Kiev verso una zona di combattimento.
Non nasconderò il fatto che all’inizio è stato molto difficile per me. Una donna in guerra non è mai troppo popolare. E i militari all’inizio non mi hanno trattato bene. «Il tuo posto è in cucina, baba, vai a preparare il borsch», mi dicevano, ovvio.
Ma non ci è voluto molto per entrare nella squadra, adesso siamo come fratelli. Sono l’unica donna sia nella compagnia che nel battaglione.
Di recente il comandante del reggimento mi ha detto: «Lo sai che vogliamo mettere una donna in ogni squadra, perché una donna in guerra dà grande motivazione al gruppo?». È una cosa da uomini: se una donna va in battaglia e un uomo no, allora non è un uomo.
I nostri figli vengono uccisi, le donne vengono violentate, le nostre case e i nostri monumenti storici e culturali vengono fatti saltare in aria. Per me, queste non sono azioni umane, quindi non mi pongo la domanda se faccio qualcosa di male uccidendo una persona. L’unica cosa è che ricordo chiaramente il momento in cui ho preso le armi per la prima volta in questa guerra e ho capito che avrei sparato e avrei potuto uccidere. È un’emozione difficile da trasmettere. Le mie mani e tutto il mio corpo hanno iniziato a tremare, per 30 secondi. Poi è passato, ma la prima volta è così.
Chi dice di non aver paura sta mentendo. La paura, ovviamente, è presente, ma è necessario rimanere calmi e freddi. La mia paura principale è quella di perdere i miei ragazzi. Grazie a Dio, non abbiamo ancora subìto perdite, ma so che arriverà quel momento. Come diceva Dostoevskij, l’uomo è una creatura che si abitua a tutto. E puoi abituarti, ma la paura è sempre grande.
Abbiamo vissuto insieme per un mese, sono più di una famiglia per me. Viviamo in caserma. Il comandante mi ha offerto una stanza separata perché sono l’unica donna, ma ho volutamente rifiutato, perché qui sono un soldato.
Sono cresciuta a Troyeshchina in una famiglia normale. Ci sono stati momenti della mia vita in cui non c’erano soldi: il frigorifero era vuoto, non c’era niente da mangiare. In altri invece c’erano così tanti soldi che non sapevo come spenderli. Quindi mi adatto a qualsiasi condizione. Posso dormire sul pavimento, su una panchina, in una caserma, in un campo e nel bosco. Certo, se ho l’opportunità di lavarmi o pettinarmi i capelli, la prendo.
Quando ero a Leopoli, sono andata in un centro di bellezza, le ragazze mi hanno tagliato le unghie, messo lo smalto trasparente. È una sciocchezza quella che le donne in guerra devono essere sciatte e trascurate. Io mi trucco anche in guerra. La guerra poi è una selezione. Tutta la mia cerchia sociale era fatta da imprenditori, per lo più uomini. A oggi, il 90% di loro è scappato. Credo che uomini forti e con opportunità avrebbero dovuto essere qui, e aiutare.
Non sto dicendo che sia necessario andare in prima linea, ma ci sono tanti modi per rendersi utili. Un paio di giorni fa ho chiesto a un mio amico, che ora è in Turchia: «Senti un po’, ma non proverai vergogna quando avrai figli e non avrai nulla da dire sulla guerra? Non ti dispiace non sapere com’ è e trasmettere questi sentimenti?».
Nella nostra compagnia, al contrario, ci sono ragazzi che sono tornati in Ucraina da Londra, dalla Francia. Un mio amico, Onur, di nazionalità turca, è rimasto nel suo ristorante nel centro della città e ogni giorno dà da mangiare alla gente a sue spese. Sono orgogliosa di queste persone, che siano miei amici. Quando la guerra sarà finita, ci sarà molto lavoro. Ho deciso che non tornerò agli affari, voglio dedicarmi allo sviluppo dell’Ucraina. Ma non so come la guerra influenzerà la mia psiche.
So di essere diventata molto fredda, dura, senza tanti complimenti. Chiudo con le persone molto rapidamente, non do loro una seconda possibilità se vedo che stanno facendo la cosa sbagliata. Sono cambiata e non sarò più la stessa. Dormo tranquillamente per ora, a volte anche sogno, probabilmente perché so di essere al mio posto più che mai. Quando ero piccola e mi chiedevano chi volevo essere, rispondevo sempre: un cecchino.
Eugenia Emerald
(da “Holod”)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
CHI È DISPOSTO A PRENDERSI IL CETRIOLONE DI BUDAPEST? DI CERTO NON GIORGIA MELONI, PRESSATA DAI POLACCHI SUPER ATLANTISTI: E’ LA FINE DI UN AMORE
Che ce famo con Orban in Europa? La vodka? Il presidente ungherese è alla disperata ricerca di una nuova casa a Bruxelles: a marzo 2021, fiutata l’aria, lasciò il Partito popolare europeo, giusto un attimo prima di essere cacciato dal capogruppo del PPE al parlamento europeo, Manfred Weber.
Da allora non ha ancora trovato un pretendente disposto a prenderselo. Certo è che adesso, con la guerra in Ucraina e il caos politico che ne consegue, la necessità sta diventando sempre più impellente.
Viktor non può rimanere isolato ancora a lungo in Europa. Ma chi si prenderà il cetriolone ungherese?
Di certo non Giorgia Meloni: la presidente del partito dei “Conservatori e riformisti”, pressata dai polacchi del Pis, non intende aprire le porte al filo-putiniano di Budapest, che continua a flirtare con “Mad Vlad” nonostante i crimini perpetrati in Ucraina.
Varsavia è la capitale più anti-russa d’Europa, e Giorgia non può perdere il prezioso sostegno del partito polacco, che può contare su 24 europarlamentari (il triplo di Fratelli d’Italia).
E allora perché la Meloni si è sentita in dovere di congratularsi con Orban? Non si tratta di un appoggio politico, ma solo una cortesia istituzionale, visti i vecchi rapporti tra i due.
La Meloni ha invitato più volte il presidente ungherese alla manifestazione di Atreju e in questi anni l’ha sempre corteggiato, ma c’è sempre stato un grande ostacolo tra i due (la stessa che la distingue da Salvini): Vladimir Putin.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
GIUSTIZIA E’ FATTA
“Non ho ricevuto scuse dai politici sulla morte di mio fratello”. Così, Ilaria Cucchi, ha dichiarato questa mattina in un’intervista rilasciata ai microfoni di “Non stop news”, su Rtl 102.5.
Lo sfogo della sorella di Stefano è arrivato dopo che, nonostante ieri la Cassazione abbia stabilito oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità dei due carabinieri nell’uccisione del giovane, condannandoli a dodici anni di reclusione, qualche irriducibile ‘negazionista’ ha continuato a diffondere bugie sulla morte di Stefano.
L’onorevole Carlo Giovanardi, ex ministro per i Rapporti col Parlamento, è senz’altro uno dei più recidivi in questo senso e ieri – sentito telefonicamente dalla nostra redazione – ha infatti affermato che esiste un’altra sentenza che incolpa della morte di Stefano “la droga e i medici” e si è rifiutato di chiedere scusa alla famiglia della vittima. A queste parole, ha voluto ribattere Ilaria Cucchi.
“Mi risulta che l’onorevole Giovanardi continui a parlare di altre cause di morte nonostante le evidenze. Io provo pena per lui. Adesso sono veramente stanca, ma non tanto per me, perché ho capito di avere le spalle larghe, quanto per i miei genitori che per tutto questo si sono ammalati. Stefano Cucchi non è morto di suo, è stato ammazzato di botte, lo ha detto al suprema corte di Cassazione e adesso non voglio più sentire niente di diverso”.
Ilaria Cucchi, ha poi concluso il suo discorso con parole amare: “La cosa che mi sento di dire è che ne usciamo tutti sconfitti. Sicuramente è un grande momento, perché hanno vinto la verità e la giustizia ma il prezzo che ho pagato io e che hanno pagato i miei genitori è stato troppo alto. E su questo invito tutti a riflettere”.
(da agenzie)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
PUBBLICATE LE IMMAGINI
Anonymous prosegue la sua guerra parallela alla Russia. Il collettivo di hacker ha rivendicato la violazione del sistema di telecamere a circuito chiuso del Cremlino.
Il palazzo della Presidenza russa, luogo pressoché inaccessibile se non agli autorizzati, ha installato al suo interno diverse telecamere sparse per le varie stanze e che immortalano anche alcuni incontri istituzionali.
E ora quel segnale è finito sui computer dei pirati informatici che stanno continuando nelle loro azioni dimostrative contro Vladimir Putin, schierandosi ogni giorni di più in sostegno dell’Ucraina.
Nel tweet rilanciato dal profilo social del collettivo di hacker è stato condiviso anche un video di circa un minuto in cui vengono mostrate (senza audio) le immagini trapelate dalla violazione delle telecamere a circuito chiuso del Cremlino.
“Gli hacker di The Black Rabbit World che operano per conto di Anonymous hanno ottenuto l’accesso al sistema CCTV del Cremlino. E hanno dichiarato: ‘Non ci fermeremo finché non riveleremo tutti i tuoi segreti. Non sarete in grado di fermarci. Ora siamo all’interno del castello, Cremlino’”.
Un gesto più che simbolico e rilanciato al mondo per mostrare come anche quella zona d’ombra che sembrava essere inaccessibile e inviolabile sia finita nelle mani del collettivo di hacker.
E questo atto si aggiunge a tutti quelli già rivendicati nel corso delle scorse settimane da Anonymous: dalle stampanti dei militari, ai sistemi informatici della Banca Centrale russa violati, passando per i siti governativi (compreso quello del governo) e le televisioni in cui sono state in onda le immagini della guerra. Di quella guerra di cui non si può parlare in Russia.
(da NetQuotidiano)
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Aprile 6th, 2022 Riccardo Fucile
E LUI FA LA VITTIMA ALLA TV RUSSA
Cacciato dal suo partito e degradato – con la revoca delle sue deleghe – direttamente dal sindaco di Ceccano.
Nei giorni scorsi abbiamo parlato della vicenda che ha visto protagonista l’ormai ex assessore alla Cultura del comune in provincia di Frosinone.
Sulle sue pagine social, infatti, Stefano Gizzi aveva pubblicato diversi contenuti a sostegno di Vladimir Putin e dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Quella “Z”, la stessa con cui il Cremlino ha fatto marchiare i carri armati russi scesi in Ucraina e quel simbolo diventato l’emblema di questa guerra. Lui non si è mai pentito di quella mossa, arrivando a negare anche diverse evidenze emerse durante questo conflitto e attribuendo – seguendo una vulgata molto diffusa – solamente all’Occidente (compre l’Italia), all’Europa e agli Stati Uniti tutte le colpe di questo conflitto. Insomma, il classico cliché di chi sostiene che Putin stia facendo bene
E ora, come da copione, Stefano Gizzi è tornato a parlare.
Dopo la decisione della Lega – su indicazione del coordinatore Regionale del Lazio Claudio Durigon e di altri rappresentanti locali e nazionali del Carroccio – di cacciarlo dal partito e dopo che il sindaco Roberto Caligiore (Fratelli d’Italia) gli ha revocato la delega da assessore, l’ex esponente leghista ha fatto trasparire tutta la sua delusione e rabbia. Dove? Alla televisione di stato russa. E ne ha esaltato il modello.
“Ho rimarcato che in Italia c’è un clima intollerante nei confronti delle opinioni favorevoli alla Russia. Soprattutto c’è uno scollamento fra il governo ormai appiattito sulle posizioni degli Usa con scandaloso servilismo. È stata una bella lezione anche per il mondo politico locale, che non ha voluto nemmeno lontanamente ascoltare le mie ragioni. I giornalisti russi, con grande attenzione e rispetto, hanno formulato varie domande alle quali ho risposto”.
Chiuse le porte dell’assessorato, dunque, per Gizzi si sono aperte quelle degli studi televisivi di Mosca. Ma rigorosamente da casa sua.
(da NetQuotidiano)
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