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IL REATO DI ABUSO D’UFFICIO POTREBBE ESSERE REINTRODOTTO FORZOSAMENTE DALL’UE

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

LA COMMISSIONE STA DISCUTENDO L’INTRODUZIONE DI UNA DIRETTIVA CHE PREVEDE “NORME MINIME” PER COMBATTERE ALCUNI CRIMINI, TRA CUI QUELLO CHE CHE IL GOVERNO STA SBIANCHETTANDO IN ITALIA

L’abolizione del reato d’abuso d’ufficio rappresenta un passo indietro nella lotta alla corruzione e una svolta nella direzione opposta verso la quale sta andando l’Ue. Per questo la Commissione è tornata a bacchettare il provvedimento firmato dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio.
Per questo – ora che l’iter legislativo è entrato nel vivo con il via libera della commissione Giustizia del Senato – la Commissione è tornata a farsi sentire, nella speranza che il Parlamento corregga la sua rotta prima che sia troppo tardi. Un intervento destinato ad alimentare le polemiche politiche tra la maggioranza (sostenuta anche da Italia Viva) e l’opposizione (all’interno della quale, però, il Partito democratico deve fare i conti con le richieste di modifica del reato da parte degli amministratori locali).
Gli argomenti di Bruxelles sono sempre gli stessi e sostanzialmente in linea con le osservazioni che arrivano dalla sinistra, dal M5S e con la posizione ufficiale del Pd: «Le modifiche proposte – ha rimarcato il portavoce della Commissione – depenalizzerebbero importanti forme di corruzione e potrebbero incidere sull’efficacia dell’individuazione dei fatti di corruzione e sulla lotta per contrastarla».
Per questo da Palazzo Berlaymont assicurano: «Continueremo ovviamente a seguire gli sviluppi del processo legislativo». Le parole hanno subito scatenato la reazione della Lega: «Quella della Commissione è l’ennesima intromissione in vicende che riguardano solo l’Italia e gli italiani».
Il richiamo europeo, per il momento, è di natura puramente politica. Qualora l’Italia dovesse abolire il reato d’abuso d’ufficio, da un punto di vista strettamente giuridico non ci sarebbero conseguenze immediate sul piano europeo, visto che si tratta di un tema ancora di competenza nazionale. Ma le cose potrebbero presto cambiare perché l’Ue sta discutendo l’introduzione di “norme minime” per combattere alcuni crimini e l’Italia rischia di trovarsi ben presto costretta a reintrodurre il reato di abuso d’ufficio.
Nel maggio scorso l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ha messo sul tavolo una direttiva che punta ad «armonizzare le definizioni di reati perseguibili come corruzione» e che prevede di includere in questa fattispecie non soltanto la concussione, ma anche altri reati come appunto l’abuso d’ufficio, oltre che l’appropriazione indebita e il traffico di influenze.
In sostanza, qualora la direttiva venisse approvata, tutti i Paesi sarebbero costretti a prevedere nei rispettivi ordinamenti giuridici il reato di abuso d’ufficio, che verrebbe così riconosciuto nell’intera Ue. Bruxelles ha sondato tutti i Paesi per chiedere informazioni in merito ai rispettivi quadri normativi. Soltanto la Danimarca (che ha una serie di esenzioni per le politiche della Giustizia) e la Bulgaria non hanno risposto al questionario.
Dalla tabella riepilogativa inserita nella direttiva emerge che l’abuso d’ufficio è punito in tutti i 25 Stati membri sui 25 che hanno fornito i dati, con una durata della pena che va da un minimo di un anno a un massimo di 20. Stesso discorso per il peculato, l’appropriazione indebita e il reato di intralcio alla giustizia. Il traffico di influenze è reato in 23 Paesi su 25, mentre “l’arricchimento senza causa” soltanto in otto. L’iter di approvazione della direttiva Ue, che poi andrà recepita nell’ordinamento nazionale, non si è ancora concluso.
In estate il Parlamento italiano aveva adottato un parere sulla proposta avanzata dalla Commissione di Ursula von der Leyen, contestando in primo luogo la violazione del principio di sussidiarietà: la maggioranza, in sintesi, ritiene che la materia non sia di competenza europea, ma nazionale. Una mossa che non aveva spostato di una virgola la posizione della Commissione, convinta invece del contrario.
Il punto è che il governo Meloni non ha il potere di bloccare l’approvazione della direttiva, per la quale è sufficiente la maggioranza qualificata degli Stati membri (almeno 15 che rappresentino il 65% o più della popolazione). Per mettersi di traverso, l’Italia dovrebbe costruire una minoranza di blocco, ma non sarà facile. Ancor più difficile pensare di poter bocciare il provvedimento all’Europarlamento, dove basta la maggioranza semplice.
(da La Stampa)

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VITTORIO SGARBI E IL QUADRO RUBATO: PERQUISITE TRE CASE DEL SOTTOSEGRETARIO, SEQUESTRATA LA TELA DEL MANENTI

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

NE PARLA TUTTO IL MONDO, SALVO LA MELONI

Quando i carabinieri hanno bussato alla sua porta, il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi già conosceva il motivo di quella visita: volevano il quadro della discordia, ovvero La Cattura di San Pietro, un caravaggesco del Seicento senese opera del maestro Rutilio Manetti.
Una tela ormai nota anche ai non esperti in materia: il dipinto, infatti, è al centro del fascicolo della Procura di Macerata che ha iscritto nel registro degli indagati il sottosegretario alla Cultura del Governo Meloni con l’accusa di riciclaggio di beni culturali.
Il motivo? La Cattura di San Pietro è stato rubato nel 2013 dal castello di Buriasco, in Piemonte. Poi è riapparso nel 2021 a Lucca, in una mostra a tema, indicato come proprietà personale di Vittorio Sgarbi. Si tratta dello stesso quadro? L’inchiesta giornalistica de Il Fatto Quotidiano e di Report ha evidenziato tutta una serie di elementi che lasciano pochi dubbi in merito. Ora toccherà agli inquirenti chiudere (o meno) il cerchio.
I carabinieri del Nucleo tutela patrimonio, infatti, hanno preso in consegna il dipinto (si tratta di sequestro probatorio) dopo aver perquisito tre abitazioni riconducibili al celebre critico d’arte (a San Severino Marche, Roma e Rò Ferrarese) che, dal canto suo, non ha potuto far altro che consegnare spontaneamente la tela per permettere tutti gli accertamenti necessari.
Contestualmente, a Sgarbi è stata consegnata la notifica della posizione di indagato, relativa all’ipotesi di reato di riciclaggio per – si legge nella nota dei carabinieri – “avere acquisito la disponibilità di un bene culturale costituito da un quadro del 1600 di grosse dimensioni raffigurante un giudice che condanna un uomo dal viso venerando dal profilo di San Pietro di autore ignoto ricordante i pittori Solimena e il Cavallino“.
Non solo. Sono stati sequestrati anche dispositivi telematici, informatici e documentali. Ancora la nota dei carabinieri: “L’opera sarebbe il provento di furto avvenuto presso il castello di Buriasco ai danni della proprietaria Margherita Buzio, denunciato il 14.02.2013 ai carabinieri di Vigone (To), in concorso con persone allo stato ignote. Le perquisizioni – si legge nel prosieguo del comunicato – hanno portato al sequestro del dipinto per i successivi riscontri scientifici, dipinto che è stato trovato dalle autorità presso magazzini di Ro Ferrarese (Fe) nella disponibilità della Fondazione “Cavallini-Sgarbi” assieme ad una copia in 3d, fatta eseguire da un laboratorio di Correggio (Re)”. Il laboratorio in questione è quello dei fratelli De Petri, che nei giorni scorsi hanno raccontato in anteprima al Fatto e a Report (con tanto di foto e video a corredo) le visite di Sgarbi nella loro sede, i lavori fatti per lui e la sua recente retromarcia. “Fa finta di non conoscerci” hanno detto, sostenendo che il sottosegretario “mente su di noi per sviare le indagini”.
La nota dei carabinieri, poi, contiene un particolare non di secondo piano: l’accusa è di aver compiuto “in concorso con persone allo stato ignote, su tale quadro operazioni finalizzate ad ostacolarne la provenienza delittuosa, facendovi inserire in alto a sinistra della tela una torcia, attribuendo l’opera al pittore senese Rutilio Manetti dal titolo ‘La cattura di San Pietro’ e affermando la titolarità del quadro asseritamente rinvenuto all’interno di un immobile acquistato dalla fondazione Cavallini-Sgarbi”.
Si tratta di Villa Maidalchina, vicino Viterbo, acquistata dal sottosegretario negli anni passati. A questo punto non è difficile immaginare che il prossimo passo dell’indagine sia quello di confrontare La Cattura di San Pietro sequestrata Sgarbi con il lembo di tela originale che i ladri hanno lasciato attaccato alla cornice al momento del furto. Come documentato da Il Fatto e da Report, infatti, nel 2013 i malviventi si sono introdotti nel maniero di Buriasco per rubare la tela, l’hanno tagliata per rimuoverla, ma hanno incautamente lasciato un pezzetto di stoffa dell’epoca nel riquadro del capolavoro del Seicento. Un reperto da cui ora dipende l’esito della vicenda.
Il sottosegretario del Governo Meloni ha sempre rispedito al mittente ogni accusa, attaccando a sua volta i giornalisti e chiunque avesse denunciato il suo comportamento, cercando anche di impedire la messa in onda del servizio e minacciando richieste danni milionarie.
Una difesa, quella di Sgarbi, fatta anche di risposte paradossali. In un’occasione, alla richiesta dei cronisti che hanno condotto l’inchiesta di visionare il quadro, ha risposto: “Non posso, l’ho venduto”. Parole che erano sembrate di circostanza sin da subito, ma che ora – con il sequestro della tela da parte dei carabinieri – rappresentano l’ennesimo aspetto kafkiano di una vicenda davvero incredibile. Tanto incredibile che la notizia dell’indagine a carico del sottosegretario alla Cultura ha fatto il giro del mondo. Ne ha scritto chiunque, giornali molto importanti e testate di settore, dal Sud America all’Europa: “Ladròn de cuadros?” si chiedono alcune testate, mentre quasi tutte hanno sottolineato il silenzio tombale sulla vicenda della premier Giorgia Meloni. Che forse non potrà più tacere ora che l’indagine della procura (e l’inchiesta giornalistica) è arrivata al punto di svolta.
(da il Fatto Quotidiano)

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VANNACCI IN TOUR, CROSETTO INCAZZATO NERO: “PERCORSO POLITICO, FUORI DA REGOLE MILITARI”

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

MAI VISTO UN GENERALE IN SERVIZIO CHE GIRA L’ITALIA PER PRESENTARE IL SUO LIBRO

Il ministro Guido Crosetto stavolta tace, ma lo raccontano “incazzato nero”. Perché l’idea di un generale in servizio, che resta in servizio ma gira l’Italia per presentare il suo bestseller estivo (Il mondo al contrario, autoprodotto e poi ripubblicato da Il Cerchio) e intanto prepara un secondo libro, stavolta autobiografico, in vista di una sempre più probabile candidatura alle Europee con la Lega, fa pensare più al Sudamerica – nel senso deteriore del termine – che a una democrazia europea. Alla Difesa pensano che “l’attuale attività pubblica del generale Vannacci non ha più nulla a che fare con la semplice presentazione di un libro o con il dibattito culturale sulle sue idee, ma evidenzia l’intenzione di costruirsi un percorso politico fatto di prese di posizione che nulla hanno a che vedere con le leggi, gli ordinamenti e il decoro che ogni militare è tenuto a rispettare”.
Non è andato giù, a Crosetto, l’annuncio dell’uscita a marzo de La forza e il coraggio, anticipato ieri dal Fatto. “La notizia de Il Fatto non è assolutamente vera”, ha detto Vannacci ad affaritaliani.it, ripreso dall’Ansa. Ma la notizia del Fatto è in realtà di Piemme, il nuovo editore del generale, che ha inviato alle librerie un lancio di promozione del volume indicando l’uscita a marzo 2024, tre mesi prima del voto. Ufficialmente la candidatura non c’è ancora, Matteo Salvini l’ha offerta e Vannacci, oggi capo di Stato maggiore e cioè numero tre del Comando delle forze terrestri, dice che “ci sta pensando”. Con il Fatto il generale è più prudente: “Sono a buon punto, ma non so se esce a marzo”. Secondo Piemme, il libro racconterà “l’infanzia a Parigi, gli anni della formazione, il comando di uomini straordinari nei teatri operativi di tutto il mondo”.
Questi ultimi aspetti riguardano attività di servizio e per scriverne, secondo i regolamenti, i militari devono chiedere l’autorizzazione. Non l’ha ancora chiesta. “Farò tutto ciò che è necessario ”, assicura Vannacci al Fatto. Non l’aveva chiesta per il caso letterario dell’estate, il libro che attacca gay, figli di stranieri, femministe e ambientalisti: è in corso l’indagine disciplinare, Vannacci è accusato in sostanza di fare politica in divisa e vedremo come finirà. Le regole non sono così chiare. Ma forse il generale ha già vinto: checché ne pensi Crosetto, i suoi superiori non mostrano di voler entrare in conflitto con un ufficiale in cui si riconoscono gran parte dei militari e della destra italiana.
(da il Fatto Quotidiano)

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A BRUXELLES PREPARANO LA VENDETTA SULL’ITALIA, COME CI FARANNO PAGARE IL NO AL MES?

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

DOMBROVSKIS, SUPER-FALCO VICEPRESIDENTE ESECUTIVO DELLA COMMISSIONE: “L’ITALIA DA MOLTI ANNI HA CONOSCIUTO STRUTTURALI BASSI TASSI DI CRESCITA. È IMPORTANTE USARE LE OPPORTUNITÀ FORNITE DAL PNRR PER LE RIFORME STRUTTURALI”…“A GIUGNO APRIREMO LE PROCEDURE PER DISAVANZO ECCESSIVO, E AVREMO BISOGNO DI CHIAREZZA”

“Abbiamo anche chiarito che raccomanderemo al Consiglio l’apertura delle procedura per disavanzo eccessivo nel giugno 2024, ma avremo bisogno di chiarezza e prevedibilità analoghe anche per i prossimi anni”. “E’ essenziale che il Parlamento e il Consiglio raggiungano un accordo sulle nuove regole di governance economica e adottino la legislazione il più rapidamente possibile”. Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis in audizione alla Commissione Econ del Parlamento europeo “Dato anche il contesto odierno di tassi di interesse elevati e sfide economiche significative dobbiamo portare le finanze pubbliche di nuovo in pista preservando la sostenibilità e dando spazio agli investimenti e alle riforme”, ha sottolineato Dombrovskis.
“Dato anche il contesto odierno di tassi di interesse elevati e sfide economiche significative dobbiamo portare le finanze pubbliche di nuovo in pista preservando la sostenibilità e dando spazio agli investimenti e alle riforme”, ha sottolineato Dombrovskis.
“L’Italia da molti anni ha conosciuto strutturali bassi tassi di crescita. Quel che è importante è usare le opportunità fornite dal Pnrr, non solo di investimento ma anche di riforma per implementare le necessarie riforme strutturali”. Lo ha detto il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, interpellato in Commissione Econ al Pe su come sia possibile che nonostante i fondi del Recovery i tassi di crescita del Paese siano stati bassi.
(da agenzie)

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IL DEBUTTO DI DRAGHI DA “SUPER-CONSULENTE” DELLA COMMISSIONE

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

FACCIA A FACCIA COI LEADER UE SULL’ECONOMIA: “CI FAREMO GUIDARE DAL TUO RAPPORTO”

L’ex governatore della Bce Mario Draghi ha fatto oggi il suo nuovo debutto in Ue nelle vesti di “super-consulente” della Commissione europea. All’ex premier nei mesi scorsi Ursula von der Leyen ha chiesto di elaborare un rapporto sul futuro della competività dell’Unione. Compito preso molto sul serio da Draghi, impegnato in questa fase in un ampio giro di ascolto degli interlocutori sul tema: a Milano prima, a Bruxelles poi, “SuperMario” ha incontrato i leader delle rappresentanze delle più grandi aziende del continente. Quindi oggi il primo faccia a faccia con il Collegio dei commissari di Bruxelles al gran completo. La riunione si è svolta in una località top secret a sud di Bruxelles, nella campagna belga. È stato Draghi a dare il via all’incontro introducendo il dossier e le sfide sul tavolo per l’Unione: poi il giro di tavolo tra i commissari per ascoltare spunti e pareri. «Caro Mario Draghi, grazie per l’eccellente scambio di vedute avuto oggi con la Commissione sulla competitività», ha scritto su X von der Leyen pubblicando le foto dell’incontro e guardando alle prossime tappe. «Non vedo l’ora di ricevere il tuo rapporto per aiutarci a guidare il dibattito su come rafforzare l’economia dell’Ue».
Draghi lo elaborerà nei prossimi mesi e lo consegnerà dopo le elezioni europee d’inizio giugno: a basarsi su di esso, se vorrà, sarà dunque la prossima Commissione, quella che s’insedierà a novembre 2024 anche sulla base dei risultati delle Europee.
Il nome di Draghi è da giorni nuovamente sulla bocca di molti attori della politica europea: dopo il passo indietro di Charles Michel, che ha annunciato il suo ritiro anticipato dal ruolo di presidente del Consiglio europeo (per candidarsi in Belgio alle Europee stesse), quello dell’ex “mister Euro” è. uno dei nomi più gettonati per guidare nel prossimo quinquennio i lavori dei capi di Stato e di governo Ue. Ma di acqua sotto i ponti di Bruxelles ne deve passare ancora parecchia.
(da agenzie)

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FISCO, IL CONCORDATO PREVENTIVO DEL GOVERNO MELONI DIVENTERA’ PIU’ CONVENIENTE PER GLI EVASORI

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

UFFICIALMENTE DOVREBBE AGEVOLARE GLI ONESTI, MA DUE MODIFICHE FAVORIRANNO I POTENZIALI EVASORI

Il concordato preventivo biennale – la novità per il 2024 che rientra nella riforma fiscale del governo Meloni – potrebbe diventare uno strumento che favorisce chi evade le tasse.
Il ragionamento alla base del concordato nella sua forma attuale è semplice: chi ha una partita Iva ed è particolarmente affidabile a livello fiscale può fare un accordo con l’Agenzia delle Entrate, stabilire in anticipo quanto si pensa di incasserà nei successivi due anni e quindi quante tasse dovrà pagare; in cambio, la partita Iva evita i controlli, perciò se guadagna più del previsto paga comunque la stessa quantità di imposte già decisa.
Tuttavia, il testo del decreto che introdurrà il concordato è passato dalla commissione Finanza della Camera, dove il centrodestra ha approvato delle “osservazioni”.
Si tratta di richieste di modifica che il governo ha accettato, stando a quanto ha dichiarato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo al Sole 24 Ore. E queste modifiche cambierebbero molto il modo in cui il concordato funziona. Tanto che Maria Cecilia Guerra, deputata del Pd e responsabile Lavoro della segreteria dem, ha dichiarato: “Essere affidabili darà solo svantaggi”.
Come cambiano le regole sulle pagelle di affidabilità
Cosa cambierebbe con le modifiche chieste dalla Camera? Soprattutto due cose. La prima riguarda il cosiddetto Indice Isa. L’Indice sintetico di affidabilità fiscale è una ‘pagella’ che l’Agenzia delle Entrate calcola per alcuni contribuenti. L’Isa è un voto da 1 a 10, che l’Agenzia assegna a 2,4 milioni di contribuenti. Attualmente, il concordato preventivo è riservato a chi ha un punteggio Isa di almeno 8. Secondo i dati più aggiornati, circa il 44% del totale degli interessati soddisfa questo requisito, quindi poco più di un milione di partite Iva.
Il viceministro all’Economia Maurizio Leo, uno dei principali promotori della riforma fiscale, aveva sottolineato che, anche grazie al requisito Isa, il concordato non sarebbe stato un “favore agli evasori”.
La commissione Finanze della Camera ha chiesto invece che “l’accesso al concordato preventivo biennale venga esteso, nel rispetto della disciplina relativa agli Isa, a tutti i contribuenti che ne facciano richiesta”. Insomma, accesso libero a tutti coloro che lo chiedono, a prescindere dal loro punteggio.
Perché chi ha evaso ci guadagnerebbe con il nuovo concordato
La seconda modifica più rilevante, invece, riguarda l’importo delle tasse da pagare. La commissione ha chiesto quando l’Agenzia calcola il possibile reddito della partita Iva interessata, possa prevede un aumento massimo del 10% rispetto all’anno di riferimento. Insomma, se la richiesta viene da un lavoratore autonomo che nel 2022 risulta aver guadagnato 50mila euro, l’Agenzia potrà proporre che per i successivi due anni si paghino le tasse per un guadagno massimo di 55mila euro, cioè il 10% in più.
Non importerà, quindi, se l’Agenzia delle Entrate ha motivo di credere quel lavoratore potrebbe aumentare parecchio le sue entrate negli anni successivi.
Se vorrà proporre una tassazione più alta, il Fisco dovrà fare una proposta motivata e sottoposta a eventuale contraddittorio. Il rischio, secondo l’opposizione, è che potrebbe richiedere il concordato anche chi negli anni precedenti non ha dichiarato tutte le sue entrate.
Se il suo effettivo guadagno è stato di 100mila euro, ad esempio, ma ne ha dichiarati solo 50mila, l’Agenzia potrebbe proporre al massimo di pagare tasse per 55mila euro. E, per due anni, si eviterebbero anche i controlli e gli accertamenti. “Quanto più si è evaso nell’anno di riferimento tanto più ci si guadagna. Avevano promesso che avrebbero ridotto le tasse, ora sappiamo a chi”, ha commentato Guerra.
(da Fanpage)

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FISCO, AUMENTANO LE DISEGUAGLIANZE: L’1% DI ITALIANI PIU’ RICCHI PAGA IN PROPORZIONE MENO TASSE DEL RESTANTE 99%

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

LO STUDIO SUL SISTEMA FISCALE ITALIANO DELLE UNIVERSITA’ DI PISA E MILANO

Aumentano (ancora) le diseguaglianze. Un nuovo studio congiunto di Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Milano-Bicocca, sui redditi italiani e il panorama fiscale, certifica come l’1% più ricco della popolazione paghi in proporzione meno tasse del restante 99% dei contribuenti. La ricerca, pubblicata anche dalla rivista scientifica Journal of the European Economic Association, definisce il sistema fiscale italiano come “blandamente progressivo”, ma che “diventa addirittura regressivo” per il 5% dei contribuenti più abbienti, che finiscono per pagare un’aliquota effettiva inferiore al 95% degli altri.
Non solo: nello studio si evidenziano anche importanti differenze rispetto alla tipologia di reddito. I lavoratori dipendenti sono quelli che pagano più imposte, seguiti dagli autonomi, dai pensionati e, infine, da chi percepisce soprattutto rendite finanziarie e locazioni immobiliari.
Demetrio Guzzardi, autore dello studio e ricercatore in Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha spiegato come siano state individuate “le fasce di reddito che hanno perso di più negli ultimi anni”. Si tratta del 50% più povero degli italiani: dal 2004 al 2015 il reddito nazionale reale si è ridotto del 15% e a farne le spese sono stati i meno abbienti con un calo del 30% circa. All’interno del 50% più povero di popolazione, a fare le spese di questo calo sono stati soprattutto i giovani tra i 18 e i 35 anni, che hanno perso circa il 42% del loro reddito. Lo studio evidenzia poi significative diseguaglianze di genere, che sussistono in ogni classe di reddito, ma raggiungono i valori più alti nell’1% più ricco della popolazione, dove una donna si trova a guadagnare circa la metà di un uomo.
Il 50% più povero degli italiani detiene circa il 17% del totale del reddito nazionale e vive con meno di 13mila euro all’anno. Elisa Palagi, autrice dello studio e ricercatrice di Economia alla Scuola Superiore Sant’Anna, sottolinea invece come l’1% più ricco del Paese detenga invece ben il 12% di tutta a ricchezza nazionale, che in altri termini significa una media di 310 mila euro all’anno. Ancor più in particolare, lo 0,1% più ricco detiene il 4,5% del reddito nazionale, con entrate medie superiori al milione di euro. Se anche il 50% più povero del Paese volesse arrivare a queste cifre dovrebbe risparmiare il proprio intero reddito, senza spenderne un centesimo, almeno per 76 anni.
“L’intero sistema fiscale italiano è solo blandamente progressivo per il 95% più basso della distribuzione del reddito, con un’imposizione fiscale che sale dal 40% al 50%. Il sistema diventa addirittura regressivo per il 5% dei contribuenti più ricchi con un’aliquota effettiva che scende fino al 36% per chi guadagna oltre i 500 mila euro annui. Il sistema fiscale è addirittura sempre regressivo se si considera la distribuzione del patrimonio invece che quella del reddito”, ribadisce Andrea Roventini, autore dello studio, direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna.
Secondo gli autori dello studio, alla luce dei dati emersi, è necessario “avviare una profonda e seria discussione sullo stato attuale del sistema fiscale italiano”. Quindi la conclusione: “L’evidenza di una regressività che favorisce solo le fasce di reddito più elevate sottolinea l’urgenza di riforme mirate che non penalizzino i redditi più bassi, ma mirino a correggere gli squilibri presenti riducendo le disuguaglianze e promuovendo una distribuzione del carico fiscale in modo proporzionato. L’avvio di questo dibattito rappresenta un passo cruciale verso un sistema fiscale italiano più giusto e inclusivo, capace di sostenere una crescita economica sostenibile e di garantire benefici tangibili per l’intera società”.
(da Fanpage)

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IL MERITO DELL’AUMENTO DELL’OCCUPAZIONE IN ITALIA NON E’ DI GIORGIA MELONI

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

L’ECONOMISTA ANDRA ROVENTINI ANALIZZA I VERI MOTIVI ALLA BASE DI QUESTO AUMENTO (DOVE IL GOVERNO MELONI NON C’ENTRA NULLA)

Disoccupazione giovanile, femminile e lavoro povero. L’Istat ha pubblicato i dati sull’occupazione di novembre 2023, e come accade periodicamente gli esponenti del centrodestra e del governo Meloni hanno celebrato l’aumento del numero di occupati.
Rispetto a un anno prima, in Italia c’erano 520mila persone in più con un lavoro. Era calato sia il numero di disoccupati, sia quello di inattivi, cioè le persone che non hanno un lavoro né lo cercano. In più, l’aumento dell’occupazione era dovuto in gran parte a contratti a tempo indeterminato. Numeri alla mano, però, ci sono aspetti meno positivi.
Il tasso di occupazione femminile in un anno è aumentato di 1,4 punti, andando al 52,9%. Ma resta ancora bassissimo rispetto al resto dei Paesi europei. I dati Eurostat più aggiornati nel 2022 ponevano l’Italia nettamente all’ultimo posto in Ue. Anche per quanto riguarda i giovani, l’Istat non è incoraggiante. Sui 520mila nuovi occupati, ben 477mila hanno più di 50 anni. Solo 19mila sono under 24, mentre nella fascia di età 35-49 anni ci sono 47mila occupati in meno. I 25-34enni sono ancora a un tasso di occupazione inferiore a quello del 2007, prima della crisi economica.
Andrea Roventini, professore di Economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, intervistato da Fanpage.it ha spiegato perché anche al di là dei dati il governo ha poco da festeggiare per l’aumento dell’occupazione.
Ci sono molti fattori per spiegarlo, ma le politiche promosse da Meloni non sono uno di questi. E anzi, l’esecutivo sta puntando a un mercato del lavoro più precario e con sempre meno tutele.
Professore, la maggioranza ha esultato per i dati sull’occupazione e la presidente Meloni ha detto che il governo risponde agli “attacchi gratuiti” con “fatti e risultati”. Ha ragione?
Anche nel migliore dei casi, una rondine non fa primavera. Non non mi esalterei per il dato di un mese, né tantomeno – se fossi il ministro dell’Economia o il presidente del Consiglio – mi intesterei questi dati. Non vedo particolari interventi del governo che abbiano prodotto questo risultato. Una possibile chiave di lettura, per la quale io troverei questo dato piuttosto deprimente, è che nell’ultimo anno l’Italia è il Paese europeo dove i salari sono stati meno protetti rispetto all’inflazione.
Questo come si collega all’occupazione?
È ovvio che se i salari sono in picchiata, la competitività delle imprese migliora e l’occupazione può aumentare. Il nostro sistema di indicizzazione dei salari non funziona. La disuguaglianza aumenta, e questo dipende anche dalle politiche sbagliate del governo: bisognerebbe introdurre subito un salario minimo, le ricerche economiche mostrano che nei Paesi che lo hanno introdotto gli stipendi sono stati più protetti dall’inflazione, mentre l’occupazione non si è ridotta.
Quindi l’Italia ha deciso di non tutelare gli stipendi, e questo ha contribuito a far lavorare più persone?
Il fatto che Paesi come la Francia, la Spagna, la Germania abbiano protetto di più i loro salari comporta che l’Italia possa avere guadagnato competitività nei loro confronti. Ma non in maniera virtuosa, perché i guadagni di competitività si ottengono comprimendo ulteriormente il costo del lavoro, quindi soffocando le retribuzioni. E questo dato si innesta sul fatto che le retribuzioni in Italia non sono cresciute negli ultimi trent’anni, unico Paese tra quelli Ocse. Nel frattempo, mentre c’è un aumento dell’occupazione in un mese, tutti i problemi strutturali della nostra economia sono ancora lì: dalla bassa crescita della produttività, alla bassa crescita del Pil, all’aumento delle disuguaglianze.
Se non si può dare al governo il merito dell’occupazione, non gli si può nemmeno dare la colpa per la scarsa crescita del Pil?
Sono problemi strutturali, vecchi di almeno 30 anni, quindi riguardano anche i governi precedenti. Detto questo, la politica economica di questo governo non andrà a risolvere i problemi italiani, ma li aggraverà. Non si rilancia la crescita comprimendo i salari, aumentando la precarietà del lavoro. È una strategia che non funziona come le varie riforme strutturali del mercato del lavoro, lo dimostrano studi recenti di ricercatori della Banca d’Italia e del Fondo monetario internazionale.
Tornando ai dati dell’Istat, c’è stato un aumento soprattutto dei contratti a tempo indeterminato: 551mila in più, mentre scende di 57mila il numero dei dipendenti a tempo determinato. È positivo?
È vero, l’ultimo dato mostra che aumentano i contratti a tempo indeterminato, ma il problema di fondo resta la politica di questo governo che, al contrario, sta andando di nuovo nella direzione della precarietà. Si cerca di liberalizzare e ‘flessibilizzare’ di nuovo il mercato del lavoro. È stato cancellato il decreto Dignità e si sono reintrodotti i voucher… È stato poi fondamentalmente eliminato il Reddito di cittadinanza, riducendo così il potere contrattuale di un lavoratore, che è costretto ad accettare impieghi sottopagati e quindi ad accettare di diventare un lavoratore povero. Questa politica economica è disastrosa.
Se non è merito delle politiche del governo, come si spiega l’aumento dell’occupazione? Siamo ancora in una fase di risalita dopo la pandemia?
Ci sono diversi fattori. Ad esempio, abbiamo tutte le risorse del Pnrr come stimolo all’economia. Allargando lo sguardo, però, il quadro è desolante.
Perché?
Siamo nel mezzo di una crisi europea e mondiale, che è iniziata con il Covid e continuata con la guerra in Ucraina e l’aumento dell’inflazione, e che sta proseguendo con la politica monetaria restrittiva della Banca centrale europea. La Germania sta scivolando in recessione, ed è molto probabile che la nostra economia la segua. Una minore crescita farà riaffiorare i problemi strutturali del Paese. Infine, nel medio periodo, le nuove regole fiscali europee si faranno sentire.
Il governo Meloni ha sbagliato ad accettare l’accordo preso con gli altri Paesi Ue sul Patto di stabilità?
Si è comportato in modo irresponsabile andando a negoziare senza prevedere una riduzione del rapporto debito/Pil per i prossimi anni. Avremo una boccata d’ossigeno dall’Europa per i prossimi tre anni, dato che la spesa per interessi sarà conteggiata più blandamente, ma quando le nuove regole fiscali entreranno completamente in vigore, si ridurranno di molto i margini per fare politiche economiche espansive. E cosa programma di fare il governo per i prossimi tre anni? Le politiche economiche del governo non finanziano investimenti pubblici per la crescita, ma distribuiscono mance e sussidi. Anche taglio del cuneo fiscale è un sussidio mascherato alle imprese, che così non devono aumentare i salari.
Come detto, il numero di occupati è cresciuto di 520mila persone. Un dato particolare, però, è quello sull’età: 477mila di queste persone sono over 50È un dato che si può spiegare solo con l’invecchiamento della popolazione?
Non ho tutte le informazioni a disposizione per commentare in modo completo il dato, ma si conferma il fatto che l’Italia non è un Paese per i giovani. I dati mostrano un’emorragia inarrestabile di giovani che emigrano all’estero ogni anno, le politiche economiche dovrebbero focalizzarsi su questo. Questa fuga si blocca solo se i giovani hanno dei buoni posti di lavoro in Italia, e buoni posti di lavoro vuol dire a tempo indeterminato e con buone retribuzioni.
(da Fanpage)

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LA RELATRICE ONU FRANCESCA ALBANESE: “OBIETTIVO DI ISRAELE E’ LA PULIZIA ETNICA, L’UMANITA’ STA MORENDO A GAZA”

Gennaio 12th, 2024 Riccardo Fucile

“E’ GIA’ SUCCESSO NEL ’47 E NEL ’67″…. “9 FAMIGLIE SU 10 NON BEVONO E NON MANGIANO NULLA PER OLTRE 24 ORE”

Le Nazioni Unite ci hanno da sempre abituato ad un linguaggio ponderato, spesso anche in contrasto con le immagini di guerra e violenza che arrivano dal mondo, ma Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei territori palestinesi, non usa mezzi termini. In questa intervista con Fanpage.it descrive, numeri e dati alla mano, la situazione di Gaza in tutta la sua drammatica brutalità. Una “catastrofe”, come abbiamo più volte letto nei rapporti delle Nazioni Unite degli ultimi mesi, ma è davvero impressionante la sequela di numeri sulla situazione a Gaza descritti da Albanese, che si appresta a preparare il suo prossimo rapporto per l’ONU che sarà consegnato nel marzo prossimo. L’autrice del volume “J’accuse”, ha parlato anche di quelli che secondo lei sono gli obiettivi reali dell’offensiva israeliana. “Si tratta di pulizia etnica” ci spiega, e sottolinea come “la deportazione forzata di una popolazione, è un crimine contro l’umanità”.
Gli ultimi dati dell’ONU ci dicono che a Gaza è stato ucciso l’1% della popolazione a seguito dell’attacco voluto da Netanyahu, qual è la situazione oggi
La situazione è quella che non sarebbe possibile non avere dopo quasi 100 giorni di bombardamenti violentissimi, nei quali Israele ha lanciato su una striscia di terra che è di appena 365 Km quadrati, non lo dimentichiamo, 6000 bombe a settimana in media. Alcune di queste superano i 200 kg e hanno una capacità di distruzione di un’area grande come diversi campi da calcio. Oltre il 60% delle infrastrutture di Gaza è distrutto, interi quartieri residenziali sono stati rasi al suolo, hanno distrutto scuole, moschee, ospedali, panetterie, i luoghi in cui si produceva l’unico cibo possibile. Quasi tutti i 40 ospedali di Gaza non sono più operativi se non come rifugio per la popolazione sfollata, che è pari a 1 milione e 900 mila persone. Non ci sono medicine, carburante, acqua e cibo, i medici operano alla luce delle torce dei cellulari ricaricati con i pannelli solari. Ogni giorno almeno 3 bambini vengono amputati di una gamba o due.
Secondo alcuni analisti l’obiettivo di Netanyahu è quello di deportare la popolazione di Gaza, secondo lei è mai possibile che possa essere davvero questo l’obiettivo?
L’obiettivo di questo assalto è la pulizia etnica. In tempi di guerra Israele porta avanti sfollamenti forzati della popolazione, deportazioni, ce ne fu un’altra nel 1967, con 350 mila persone che furono sfollate ed a cui non è mai stato consentito di rientrare, la pulizia etnica è una realtà. E’ la storia della “nackba” che si ripete, anche nel 1947 cominciò così. A Gaza effettivamente ci sono stati già dai primi giorni elementi che lasciavano trasparire questa intenzione, c’erano delle figure nel governo o vicine al governo, che parlavano di “soluzione egiziana”. Dobbiamo ricordare che lo sfollamento forzato, la deportazione, è crimine contro l’umanità. I palestinesi si vedono derubati delle loro terre e delle loro case giorno dopo giorno, a Gaza c’è stata anche una ricostruzione di pezzi di terra con nuovi insediamenti di coloni. Oggi direi che larga parte dell’opinione pubblica israeliana sostiene che i palestinesi “se ne devono andare” perché non è possibile vivere vicini. Ci sono stati contatti tra Netanyahu e i governi di Congo e Rwanda affinché accolgano la migrazione volontaria da Gaza.
Quindi trova fondamento la tesi della deportazione dei palestinesi di Gaza in Africa?
Si l’idea c’è, e i contatti ci sono stati.
In Cisgiordania da un punto di vista bellico c’è minore intensità, ma anche lì l’esercito israeliano sta compiendo delle operazioni militari, perché?
I coloni sono stati nuovamente armati, e sollecitati da dichiarazioni genocidiali come quelle del ministro Ben Gvir. Stanno facendo razzie, dei veri e propri pogrom a tutte le ore del giorno e della notte, soprattutto nei confronti della popolazione palestinese che vive in aree più remote e rurali.
Sono supportati dall’esercito?
Si certamente sono protetti dall’esercito.
Netanyahu sta attaccando le basi di Hezbollah in Libano, le chiedo come questo si possa conciliare con il diritto internazionale e se c’è il rischio di una escalation del conflitto in tutta la regione?
Sì c’è il rischio di una escalation del conflitto in tutta la regione, anche se la regione in questo momento è in ginocchio. Io spero che non ci sia una esclation militare perché quella popolazione non ne ha bisogno, è chiaro però che lanciare missili contro il territorio di uno Stato sovrano è un attacco che potrebbe provocare, nel caso specifico nel Libano, l’invocazione del diritto di autodifesa. Vede è questa l’incapacità e la schizofrenia del mondo occidentale, l’attacco di Hamas nei confronti di Israele del 7 ottobre, ma anche prima il lancio dei razzi, giustificano la guerra, ed il Libano e la Siria che si stanno prendendo frequentemente i missili israeliani? Questa non è la prima volta che Israele lancia missili contro un paese della stessa regione di questi tempi. Che dire? Dissonanza cognitiva.
Cosa sta succedendo ai valichi di confine dove gli aiuti umanitari dovrebbero provare ad entrare a Gaza?
Immagina che un giorno tutto ciò che possiedi, dalle lenzuola, ai libri, ai ricordi della tua infanzia, ai documenti che ti servono per dimostrare chi sei, tutto venga spazzato via e distrutto, non hai più niente e non hai neanche da mangiare. Non hai un tetto sulla testa, non hai di che vivere, dipendi dalla mano caritatevole delle Nazioni Unite. Ma come si fa a dare da mangiare a 1 milione e 900 mila persone nel momento in cui piovono bombe? Questo è il nocciolo del problema. E poi Israele non permette l’ingresso dei convogli umanitari necessari. L’8% della popolazione a Gaza, si intende quella del Sud perché il Nord è irraggiungibile, è completamente sotto il controllo militare israeliano che non consente di far entrare niente e nessuno, questo 8% della popolazione ottiene quello di cui ha bisogno, il minimo. Il 50% della popolazione è affamata, ci sono molte aree in cui 9 famiglie su 10 non bevono e non mangiano neanche una volta nell’arco temporale delle 24 ore, pensate anche alle donne incinte ed ai bambini. L’impatto di questa realtà inciderà su questo popolo per generazioni.
In tutto questo sembra che nell’opinione pubblica internazionale ci sia una assuefazione, il mondo resta a guardare
Sì, io trovo che ci sia una mancanza di conoscenza, nel senso che non si conosce necessariamente il dato oggettivo nella sua profondità ma anche nel suo interconnettersi ad altri elementi, il dato storico non si capisce. Quindi magari si sente il numero di morti, ai quali ci si è ormai assuefatti, però non si spiega il contesto, quindi c’è una mancanza di conoscenza e una mancanza di comprensione. Anche perché certi media main stream, soprattutto in Italia ma non sono in Italia, hanno smesso di fare informazione preferendo una chiave propagandistica, e la popolazione fa fatica ad avere una visione d’insieme. Poi c’è una mancanza di azione, il nostro governo si è astenuto sulle risoluzioni per il cessate il fuoco. E’ una frattura immensa dal punto di vista morale enorme e la nostra umanità sta morendo a Gaza.
Quando sarà presentato il suo prossimo rapporto?
Il mio prossimo rapporto sarà presentato al consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Marzo, dovrebbe essere pubblico tra un mese.
(da Fanpage)

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