IL MERITO DELL’AUMENTO DELL’OCCUPAZIONE IN ITALIA NON E’ DI GIORGIA MELONI
L’ECONOMISTA ANDRA ROVENTINI ANALIZZA I VERI MOTIVI ALLA BASE DI QUESTO AUMENTO (DOVE IL GOVERNO MELONI NON C’ENTRA NULLA)
Disoccupazione giovanile, femminile e lavoro povero. L’Istat ha pubblicato i dati sull’occupazione di novembre 2023, e come accade periodicamente gli esponenti del centrodestra e del governo Meloni hanno celebrato l’aumento del numero di occupati.
Rispetto a un anno prima, in Italia c’erano 520mila persone in più con un lavoro. Era calato sia il numero di disoccupati, sia quello di inattivi, cioè le persone che non hanno un lavoro né lo cercano. In più, l’aumento dell’occupazione era dovuto in gran parte a contratti a tempo indeterminato. Numeri alla mano, però, ci sono aspetti meno positivi.
Il tasso di occupazione femminile in un anno è aumentato di 1,4 punti, andando al 52,9%. Ma resta ancora bassissimo rispetto al resto dei Paesi europei. I dati Eurostat più aggiornati nel 2022 ponevano l’Italia nettamente all’ultimo posto in Ue. Anche per quanto riguarda i giovani, l’Istat non è incoraggiante. Sui 520mila nuovi occupati, ben 477mila hanno più di 50 anni. Solo 19mila sono under 24, mentre nella fascia di età 35-49 anni ci sono 47mila occupati in meno. I 25-34enni sono ancora a un tasso di occupazione inferiore a quello del 2007, prima della crisi economica.
Andrea Roventini, professore di Economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, intervistato da Fanpage.it ha spiegato perché anche al di là dei dati il governo ha poco da festeggiare per l’aumento dell’occupazione.
Ci sono molti fattori per spiegarlo, ma le politiche promosse da Meloni non sono uno di questi. E anzi, l’esecutivo sta puntando a un mercato del lavoro più precario e con sempre meno tutele.
Professore, la maggioranza ha esultato per i dati sull’occupazione e la presidente Meloni ha detto che il governo risponde agli “attacchi gratuiti” con “fatti e risultati”. Ha ragione?
Anche nel migliore dei casi, una rondine non fa primavera. Non non mi esalterei per il dato di un mese, né tantomeno – se fossi il ministro dell’Economia o il presidente del Consiglio – mi intesterei questi dati. Non vedo particolari interventi del governo che abbiano prodotto questo risultato. Una possibile chiave di lettura, per la quale io troverei questo dato piuttosto deprimente, è che nell’ultimo anno l’Italia è il Paese europeo dove i salari sono stati meno protetti rispetto all’inflazione.
Questo come si collega all’occupazione?
È ovvio che se i salari sono in picchiata, la competitività delle imprese migliora e l’occupazione può aumentare. Il nostro sistema di indicizzazione dei salari non funziona. La disuguaglianza aumenta, e questo dipende anche dalle politiche sbagliate del governo: bisognerebbe introdurre subito un salario minimo, le ricerche economiche mostrano che nei Paesi che lo hanno introdotto gli stipendi sono stati più protetti dall’inflazione, mentre l’occupazione non si è ridotta.
Quindi l’Italia ha deciso di non tutelare gli stipendi, e questo ha contribuito a far lavorare più persone?
Il fatto che Paesi come la Francia, la Spagna, la Germania abbiano protetto di più i loro salari comporta che l’Italia possa avere guadagnato competitività nei loro confronti. Ma non in maniera virtuosa, perché i guadagni di competitività si ottengono comprimendo ulteriormente il costo del lavoro, quindi soffocando le retribuzioni. E questo dato si innesta sul fatto che le retribuzioni in Italia non sono cresciute negli ultimi trent’anni, unico Paese tra quelli Ocse. Nel frattempo, mentre c’è un aumento dell’occupazione in un mese, tutti i problemi strutturali della nostra economia sono ancora lì: dalla bassa crescita della produttività, alla bassa crescita del Pil, all’aumento delle disuguaglianze.
Se non si può dare al governo il merito dell’occupazione, non gli si può nemmeno dare la colpa per la scarsa crescita del Pil?
Sono problemi strutturali, vecchi di almeno 30 anni, quindi riguardano anche i governi precedenti. Detto questo, la politica economica di questo governo non andrà a risolvere i problemi italiani, ma li aggraverà. Non si rilancia la crescita comprimendo i salari, aumentando la precarietà del lavoro. È una strategia che non funziona come le varie riforme strutturali del mercato del lavoro, lo dimostrano studi recenti di ricercatori della Banca d’Italia e del Fondo monetario internazionale.
Tornando ai dati dell’Istat, c’è stato un aumento soprattutto dei contratti a tempo indeterminato: 551mila in più, mentre scende di 57mila il numero dei dipendenti a tempo determinato. È positivo?
È vero, l’ultimo dato mostra che aumentano i contratti a tempo indeterminato, ma il problema di fondo resta la politica di questo governo che, al contrario, sta andando di nuovo nella direzione della precarietà. Si cerca di liberalizzare e ‘flessibilizzare’ di nuovo il mercato del lavoro. È stato cancellato il decreto Dignità e si sono reintrodotti i voucher… È stato poi fondamentalmente eliminato il Reddito di cittadinanza, riducendo così il potere contrattuale di un lavoratore, che è costretto ad accettare impieghi sottopagati e quindi ad accettare di diventare un lavoratore povero. Questa politica economica è disastrosa.
Se non è merito delle politiche del governo, come si spiega l’aumento dell’occupazione? Siamo ancora in una fase di risalita dopo la pandemia?
Ci sono diversi fattori. Ad esempio, abbiamo tutte le risorse del Pnrr come stimolo all’economia. Allargando lo sguardo, però, il quadro è desolante.
Perché?
Siamo nel mezzo di una crisi europea e mondiale, che è iniziata con il Covid e continuata con la guerra in Ucraina e l’aumento dell’inflazione, e che sta proseguendo con la politica monetaria restrittiva della Banca centrale europea. La Germania sta scivolando in recessione, ed è molto probabile che la nostra economia la segua. Una minore crescita farà riaffiorare i problemi strutturali del Paese. Infine, nel medio periodo, le nuove regole fiscali europee si faranno sentire.
Il governo Meloni ha sbagliato ad accettare l’accordo preso con gli altri Paesi Ue sul Patto di stabilità?
Si è comportato in modo irresponsabile andando a negoziare senza prevedere una riduzione del rapporto debito/Pil per i prossimi anni. Avremo una boccata d’ossigeno dall’Europa per i prossimi tre anni, dato che la spesa per interessi sarà conteggiata più blandamente, ma quando le nuove regole fiscali entreranno completamente in vigore, si ridurranno di molto i margini per fare politiche economiche espansive. E cosa programma di fare il governo per i prossimi tre anni? Le politiche economiche del governo non finanziano investimenti pubblici per la crescita, ma distribuiscono mance e sussidi. Anche taglio del cuneo fiscale è un sussidio mascherato alle imprese, che così non devono aumentare i salari.
Come detto, il numero di occupati è cresciuto di 520mila persone. Un dato particolare, però, è quello sull’età: 477mila di queste persone sono over 50È un dato che si può spiegare solo con l’invecchiamento della popolazione?
Non ho tutte le informazioni a disposizione per commentare in modo completo il dato, ma si conferma il fatto che l’Italia non è un Paese per i giovani. I dati mostrano un’emorragia inarrestabile di giovani che emigrano all’estero ogni anno, le politiche economiche dovrebbero focalizzarsi su questo. Questa fuga si blocca solo se i giovani hanno dei buoni posti di lavoro in Italia, e buoni posti di lavoro vuol dire a tempo indeterminato e con buone retribuzioni.
(da Fanpage)
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