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UN’ALTRA VERGOGNA DI TELEMELONI: AL TG1 BUGIE SULLA PELLE DEGLI ANZIANI

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

FALSITA’ IN UN SERVIZIO DOVE SI SPACCIA UN AIUTO DI 1.000 EURO PER 14 MILIONI DI ANZIANI: BALLE, RIGUARDA SOLO 25.000 PERSONE

Una nuova polemica investe la Rai. Questa volta nel mirino è finito ancora un servizio del Tg1, dopo quello su Gioventù nazionale e quello di presentazione su Atreju, la festa di FdI che si e svolta lo scorso mese. Si tratta di un servizio del telegiornale che annuncia “una prestazione universale da 1000 euro per 14 milioni di anziani, quando in realtà quella prestazione toccherà solamente a 25.000 Italiani”.
“‘Mille euro in più per gli anziani. Si voterà l’8 e il 9 giugno’. Questo è l’incredibile titolo del servizio del Tg1 di venerdì sera. Non solo l’associazione con il voto elettorale – una piccineria da propaganda di regime – ma il capolavoro di annunciare ‘una prestazione universale da 1000 euro per 14 milioni di anziani’.
Una bugia vergognosa, detta a milioni di italiani come se fosse verità – scrive su X Marco Furfaro, responsabile Contrasto alle diseguaglianze e Welfare nella segreteria nazionale Pd – Sapete a quanti toccherà quella prestazione universale che universale non è? A 25 mila persone. Perché ci sono requisiti stringenti: almeno 80 anni, livello di bisogno assistenziale gravissimo, Isee inferiore a 6000 euro e titolarità di indennità di accompagnamento”.
Una nuova denuncia da parte del partito di Elly Schlein scoppia nel giorno in cui i dem hanno annunciato una mobilitazione “per difendere la libertà di stampa e il valore di un servizio pubblico che sia davvero libero e plurale” con un sit in davanti alla Rai. Denuncia ancora il parlamentare dem: “Da 14 milioni annunciati al Tg1 a 25mila persone nella realtà. Ma sarebbe questa la ‘grande Nazione’ che ha in mente Meloni? Un’Italia al servizio del potere? Il giornalismo piegato a fare il megafono di falsità per ingannare le persone? La Rai è diventata TeleMeloni. E la cosa più vergognosa di oggi è che lo fa sulla pelle degli anziani. Da servizio pubblico al servizio della destra, povera Italia”. In più, i componenti Pd della Commissione di vigilanza sulla Rai chiederanno “la rapida calendarizzazione dell’audizione del direttore in commissione per i suddetti fatti”.
(da agenzie)

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IL “COLPO DI MANO” AL TEATRO DI ROMA DIVENTA INTERNAZIONALE: IL “TIMES” DI LONDRA, AUTOREVOLE QUOTIDIANO CONSERVATORE DEDICA UNA PAGINATA ALLA “PRESA DI POTERE” DELLA MELONI NELLA CULTURA

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

TRA “AMICHETTISMO” DI DESTRA E MANCANZA DI CLASSE DIRIGENTE

Questo mese, al Teatro di Roma, sono andati in scena drammi, accuse di gioco sporco e furiosi battibecchi, ma non si trattava di opere teatrali. Gli attori hanno inscenato una rumorosa protesta di strada e i politici dell’opposizione di sinistra hanno pronunciato infuocati soliloqui mentre i sostenitori del governo di Giorgia Meloni insediavano il loro candidato come direttore generale.
Secondo Elly Schlein, leader dell’opposizione di sinistra del Partito Democratico, la nomina è “un insulto alla cultura”, mentre il sindaco di Roma ha minacciato azioni legali. La Meloni si è rallegrata, sostenendo che ciò fa parte dello smantellamento del controllo della cultura italiana da parte di quelli che i suoi sostenitori chiamano “radical chic”. “Il mondo in cui l’appartenenza al Partito Democratico ti faceva guadagnare punti quando si trattava di impieghi pubblici è finito”, ha detto la Meloni. “L’era dell’amichettismo è finita”, ha aggiunto.
La presa di potere del Teatro di Roma è l’ultimo episodio di una lotta su chi debba controllare la cultura in Italia. La coalizione di destra della Meloni ha già nominato una serie di manager in posizioni chiave del pantheon culturale italiano, tra cui la televisione di Stato, la Biennale di Venezia e la galleria d’arte Maxxi di Roma.
“Il Teatro di Roma è stato il caso peggiore, un vero e proprio colpo di Stato”, ha dichiarato l’attrice Sylvia de Fanti. Ha protestato contro l’appuntamento romano insieme al regista Matteo Garrone, candidato all’Oscar quest’anno per il film Io capitano. I sostenitori della Meloni hanno negato di voler piazzare manager di destra in posti di rilievo, sottolineando che la loro scelta per il teatro di Roma, Luca De Fusco, era un tempo socialista. Questo non fa alcuna differenza per lo scrittore di sinistra Christian Raimo, che ha organizzato la protesta di strada. “Il partito della Meloni manca di spessore culturale a causa del suo background fascista, quindi a volte non riescono a trovare persone per i ruoli e scelgono persone di secondo piano che salgono sul loro carro”, ha detto.
Altri nuovi dirigenti hanno un vero e proprio pedigree di destra, a cominciare da Pietrangelo Buttafuoco, ex ammiratore del partito di estrema destra italiano CasaPound, che ora dirige la Biennale, che sovrintende al festival del cinema di Venezia. Giampaolo Rossi, recentemente nominato direttore generale della Rai, ha elogiato il leader ungherese Viktor Orban, denunciato il finanziere George Soros e suggerito che l’avvelenamento di Salisbury del 2018 sia stato un complotto occidentale volto a screditare il presidente Putin.
Buttafuoco e Rossi hanno partecipato a una conferenza sulla cultura tenuta dai sostenitori della Meloni lo scorso aprile, dove hanno ascoltato un discorso di Federico Mollicone, il deputato di Fratelli d’Italia accusato di aver organizzato il colpo “di teatro”.
Mollicone, che ha chiesto all’Italia di bloccare un episodio di Peppa Pig che ritrae due madri lesbiche, ha dichiarato: “Dobbiamo puntare a liberare la cultura da decenni di egemonia della sinistra. “La conquista dell’egemonia culturale precede la conquista del potere politico. Questo avviene attraverso l’infiltrazione degli intellettuali nei mezzi di comunicazione, di espressione e nel mondo accademico”.
Francesco Giubilei, ex consigliere del ministro della cultura Meloni e organizzatore della conferenza, ha dichiarato al Times che è giunto il momento per la destra italiana di porre fine al monopolio decennale della sinistra su musei, biblioteche, cinema, festival culturali e televisione in Italia.
Ha detto che il teatro di Roma era la punta dell’iceberg. “Ci sono migliaia di posti di lavoro come questo controllati dalla sinistra in Italia, ma la destra, finora, non ha ritenuto che la cultura fosse importante. E non si può dire che la destra non abbia cultura”, ha detto, citando tre icone del conservatorismo britannico: GK Chesterton, JRR Tolkien e Roger Scruton.
La sinistra italiana ha sostenuto che la destra non può “fare” cultura perché il suo innato conservatorismo le impedisce di sfidare le ortodossie – un’ambizione necessaria per qualsiasi scrittore, poeta o drammaturgo. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha contestato questo punto di vista alla conferenza di aprile, sostenendo che il dominio culturale della sinistra e l’obbedienza servile al politicamente corretto non le permettono più di sfidare le regole.
“La vera forma di anticonformismo, l’unica trasgressione, è il conservatorismo”, ha detto, aggiungendo che il compito dei conservatori è quello di combattere il “politically correct monolitico” e riaffermare la “libertà delle idee”. Sandro Ruotolo, portavoce del Partito Democratico per la cultura, ha sostenuto che l’acquisizione da parte della destra di posizioni chiave in Rai sta ottenendo il risultato opposto e sta portando la televisione di Stato alla censura. Ha citato la decisione della Rai di bloccare la trasmissione di un programma sulla mafia presentato da Roberto Saviano, autore del reportage sulla mafia Gomorra, che è stato denunciato con successo dalla Meloni per averla definita “bastarda” a causa delle sue politiche migratorie. Ruotolo ha detto: “In che razza di Paese viviamo? Vediamo il programma”.
Tom Kington
per “The Times”

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IL CONGEDO DI LETTA DA FORZA ITALIA E LA VOLONTÀ DI “PIER DUDI” DI PRENDERSI IL PARTITO

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

I MACCHINONI DI BETTY CASELLATI, ANGELUCCI CHE FA IL SEGNO DEL SILENZIO, LA FOTO DI BERLUSCONI STEMPIATO

Immaginate vostro nonno di 89 anni ballare, all’Eur, al Salone delle Fontane, “Get Lucky” dei Daft Punk e poco lontano il ministro Gilberto Pichetto muovere il suo piedino sulle note di “è un’emozione/ sarà perché ti amo”. Se lo avete immaginato avete anche capito che i prossimi trent’anni di Forza Italia saranno da balera.
Le luci sono tecno, Betty Casellati arriva con due macchinoni, pronta a scatenarsi sulle note di Annalisa e della sua “Bellissima”. Sulla carta si celebrano i trent’anni della discesa in campo di Berlusconi, “questo è il paese che amo”, ma dopo pochi minuti sembra di stare a una festa del generone romano, dove mettono “Bandiera Gialla” di Pettenati e Maurizio Gasparri si toglie la cravatta, frustra Sigfrido Ranucci di Report.
Un’altra volta ancora è cerimonificio e si evoca lo spirito di Silvio che, come dice Tajani, “anche se non c’è ci guarda dall’alto”. Speriamo per lui che il Cav. si sia distratto perché se avesse visto la fotografia che il vicepremier ha scelto, lo avrebbe demansionato a parcheggiatore di Segrate. La fotografia è in bianco e nero, risale agli anni ottanta, e si vedono le prime stempiature di Silvio. Accanto c’è Tajani con tutti i suoi capelli. Un parricidio. L’evento è più seguito di un G7. La Gazzetta del Mezzogiorno ha mandato la firma delle firme, il campione De Feudis, il Corriere ha il gran maestro Verderami.
Per fortuna Gianni Letta, che rompe il silenzio (“difficile vincere l’emozione dopo aver sentito quella voce”) il partigiano Gianni, ci promette che ci difenderà lui da Giorgia Meloni e da tutti i concorrenti.
La famiglia Berlusconi lo ha spedito per confermare che i 98 milioni di debiti di FI li coprono ancora loro. Sollievo. Marta Fascina è rimasta nel suo castello con i folletti e i suoi cento milioni. Il partigiano Gianni indossa un gessato che se lo vede Fazzolari muore di invidia, ma il partigiano Gianni indica pure la direzione per tutti i gappisti in nome di Silvio: “Quello che ha creato Silvio deve continuare nel suo ricordo”.
Seduto c’è Cesare Previti e pure D’Amato, ex presidente di Confindustria. Ma dicevamo di Letta, uno che, come raccontava Dell’Utri a Salvatore Merlo, era contrario alla discesa in campo salvo poi piazzarsi a Palazzo Chigi dove ancora c’è il suo pettinino di madreperla e acqua di Avezzano, il profumo di Gianni.
Dice che il discorso di Berlusconi ha “fatto la storia” e che, “grazie a te, “caro presidente, siamo qui. Io sono qui e non ho i titoli anche se qualche giornale ha voluto …”. Boia chi Letta! Mentre parla si presenta un simpaticone, un militante, con un capello a cilindro con su scritto “da Scafati, Silvio per sempre”.
Giannilotta, che in pratica fa il postino (porta il messaggio dell’imperatore con la schiscetta, Piersilvio Berlingueroni, e di Marina B.) resta convinto che il “miracolo è destinato a ripetersi. Proseguitene l’opera per un altro ventennio e trent’anni ancora”. Fa l’elenco delle tessere: “C’era la numero due quella di Martino, la tre di Tajani”, del tenero Antonio, uno che per Berlusconi, dice sempre Letta, “non ha mai sbagliato una dichiarazione”.
Mentre il partigiano parla si aggira con il suo dolce vita anche il patron del Giornale, Angelucci, che ci fa segno del silenzio. Ha gli occhiali da sole, il baffetto impomatato. Gli manca solo il marranzano. Vito Bardi, governatore della Basilicata che la Lega non vuole ricandidare, e neppure Ronzulli, si diverte e dice che “serve pazienza. Io resisto”.
Ci sono le bandiere, le stampelle, i bastoni e poi è vero che ci sono i giovani, i nipotini dei dirigenti di Publitalia ma si può ancora celebrare, come fa Forza Italia, il giorno del ricordo del Berlusconi ricordato? Tajani urla che “c’è aria di vittoria” e non lo si vuole ferire, ma c’era anche aria di Berlusconipardo. Quando veniva diffusa “Azzurra libertà” sembrava infatti di trovarsi nelle pagine di Tomasi di Lampedusa: “Noi fummo i berlusconiani, i dellutri, i gianniletta, i fidelconfalonieri, quelli che ci hanno sostituito sono i Fazzolari, i Delmastro, i Sangiuliani, e tutti si sentono il sale di Palazzo Chigi”.
(da Il Foglio)

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POZZOLO E’ L’INCUBO DI FRATELLI D’ITALIA: IL DEPUTATO PISTOLERO SI FA VEDERE IN PUBBLICO E PROMETTE DI “TORNARE A FAR POLITICA”, NONOSTANTE LA SOSPENSIONE DAL PARTITO DELLA MELONI

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

NUOVO CAPO D’ACCUSA PER PORTO ILLEGALE D’ARMI E I DUBBI SUL CAPOSCORTA DI ANDREA DELMASTRO, PABLITO MORELLO

Ha lasciato tutti i presenti piuttosto sorpresi l’arrivo in Sinagoga a Vercelli, per le celebrazioni della Giornata della Memoria, del deputato Emanuele Pozzolo (al momento sospeso dal suo partito, Fratelli d’Italia), unico indagato per lo sparo alla festa di Capodanno a Rosazza, nel Biellese.
Un’apparizione pubblica decisamente inattesa, proseguita poi con la partecipazione alla cerimonia in Prefettura, e motivata dallo stesso Pozzolo con la sua intenzione di rientrare in gioco. «È tempo di tornare a far politica», ha risposto a chi gli chiedeva il motivo per cui è riapparso a un evento pubblico.
Dichiarazione destinata a far discutere anche all’interno di FdI, dove i giudizi sull’esponente vercellese sono andati facendosi via via più affilati. «Proseguirò anche con gli impegni già in calendario come deputato», ha aggiunto più tardi. Poca, invece, anzi nessuna voglia di parlare […] su quanto successo poco meno di un mese fa e sui risultati dell’indagine. Si limita ad annuire a chi gli chiede se, avendo affermato da subito di non essere stato lui a esplodere il colpo che ha ferito il biellese Luca Campana, si aspetta che venga fuori la verità, forse anche prima che inizi un eventuale processo.
Pozzolo è scivolato via alle 11 sempre in silenzio. Forse è stato un modo per reagire alle novità degli ultimi giorni, confermate dalla procura di Biella: cioè all’arrivo di un nuovo capo d’accusa per «porto illegale di arma da fuoco in luogo pubblico o aperto al pubblico», dato che la pistola da cui è partito il colpo e che aveva portato lui alla festa sarebbe considerata «da collezione», e quindi non trasportabile nemmeno con il porto d’armi per difesa personale.
Anche il risultato dell’esame sui campioni dello stub prelevato quella notte su mani, giubbotto, maglione in pile e jeans di Pozzolo, consegnato dal Ris di Parma, sembrerebbe lasciare pochi dubbi. Una conferma importante per la procura.
Andrea Corsaro, avvocato di Emanuele Pozzolo, ribadisce di non voler mostrare anzitempo le proprie carte: «Parleremo nelle sedi opportune: i processi non si fanno sui giornali». Dalla notte di Capodanno il suo assistito, indagato per lesioni colpose, omessa custodia dell’arma ed esplosioni pericolose, ha sempre detto «non sono stato io a sparare» e la linea non è mutata nemmeno dopo che lo Stub ha rilevato la presenza di 15 particelle di piombo, bario e antimonio sulle mani del parlamentare e di 43 sui vestiti.
«Quei dati dimostrano che Pozzolo era vicino a dove è partito il colpo, non che ha sparato lui», ribadisce Corsaro […]. Elementi che la difesa sta mettendo da parte e che, in futuro, davanti al giudice, potrebbero essere utilizzati per contestare la rilevanza dell’esame.
Intanto, si attendono i risultati degli accertamenti tecnici e biologici richiesti da entrambe le parti: la perizia balistica e l’esame delle impronte digitali sulla pistola, per le quali si prevede già che verranno trovate anche impronte dell’ex caposcorta di Delmastro, Pablito Morello, che ha detto di aver preso l’arma per metterla al sicuro. Ma anche gli esiti dell’esame biologico, chiesto dalla difesa, per la ricerca del dna sul cane della piccola arma dalla quale è partito il colpo che ha ferito a una coscia il 31enne Luca Campana. Pozzolo, fin dall’inizio, ha negato di aver sparato: se sul cane dell’arma venisse isolato un dna diverso dal suo forse la sua versione troverebbe un primo supporto.
(da La Stampa)

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AUTOSTRADA A1, CHIUSO IL CASELLO DI ORTE PER LA PROTESTA DEGLI AGRICOLTORI: CENTO TRATTORI BLOCCANO PER ORE IL TRAFFICO, MA SALVINI NON HA NULLA DA DIRE

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

OGGI TACE QUELLO CHE VOLEVA MANDARE IN GALERA I RAGAZZI DI ULTIMA GENERAZIONE AUTORI DI BLOCCHI STRADALI

Chiuso in entrata e in uscita il casello autostradale di Orte a causa della protesta degli agricoltori. Gli iniziali 60 mezzi agricoli, con le ore sono diventati più di 100. I mezzi pesanti sono tutti fermi intorno alla rotatoria che si trova di fronte al casello, impedendo di fatto sia l’accesso che l’uscita dall’autostrada. Intorno alle 14 il casello è stato chiuso, come spiega il sito di Autostrade.
E’ stato riaperto il casello autostradale di Orte, chiuso per ore a causa della protesta degli agricoltori. Decine di mezzi pesanti si erano bloccati intorno alla rotatoria che si trova di fronte al casello, impedendo di fatto sia l’accesso che l’uscita dall’autostrada e costringendo alla chiusura del casello
Al centro della rotatoria è stata allestita una cucina da campo, a dimostrazione dell’intento degli agricoltori, di rimanere saldi sulla loro posizione. “Non vogliamo sussidi, vogliamo il giusto prezzo per cio’ che produciamo”, si legge su un cartello esposto da un manifestante. E poi ancora: “sosteniamo il Made in Italy”. “Protestiamo contro uno Stato che ci ha abbandonato”, dice ancora un altro agricoltore.
Sul posto diverse pattuglie della polizia stradale di Orvieto e di altri comandi. Congestionato dal traffico il casello di Attigliano, uscita consigliata provenendo da Firenze. L’uscita consigliata da Autostrade provenendo da Roma è invece quella di Magliano Sabina.
(da agenzie)

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SALVINI E TAJANI GUERREGGIANO PER NON ESSERE QUELLO CHE CE L’HA PIÙ PICCOLO (IL RISULTATO)

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

GLI AZZURRI SPERANO IN UN CLAMOROSO SORPASSO SULLA LEGA, NEL CARROCCIO SONO PREOCCUPATI DALLA LINEA MAL-DESTRA DEL “CAPITONE”… GLI IMPRENDITORI DEL NORD SI PREOCCUPANO DELLE LORO ATTIVITÀ, NON SONO INTERESSATI ALLE ALLEANZE IN EUROPA CON GLI ESTREMISTI DI AFD

Il sorpasso c’è chi lo auspica e c’è chi lo teme: è lo stato d’animo di Forza Italia e della Lega in vista delle Europee. Era scontato che ieri Tajani — alla convention per i trent’anni del partito — spronasse il gruppo dirigente azzurro e pronosticasse un risultato alle elezioni «che nessuno oggi ci accredita».
Meno scontato era che esponenti di primo piano del Carroccio facessero le stesse previsioni: «Dovevamo inghiottire Forza Italia in un sol boccone e invece a giugno rischiamo di finire alle loro spalle».
I due ragionamenti si sono rivelati convergenti anche quando il leader dei forzisti e alcuni rappresentanti del Carroccio si sono attardati ad analizzare il motivo che potrebbe portare a un risultato per certi versi clamoroso. Secondo il ministro degli Esteri è «anche per effetto della linea politica di Salvini». Secondo un dirigente autorevole della Lega è «soprattutto per il posizionamento del partito deciso da Salvini».
Insomma il sorpasso sarebbe una conseguenza della postura assunta dal leader della Lega. Postura che per un verso sta facendo risaltare il profilo «moderato e rassicurante di Forza Italia». E che per l’altro «ci sta mettendo in difficoltà con i nostri elettori del Nord», impreca il maggiorente del Carroccio: «Perché finora abbiamo potuto fare affidamento sulla rete di consensi tenuta insieme dai nostri amministratori del Settentrione, mentre al Sud siamo di fatto spariti». Più o meno quanto sostiene il governatore della Calabria, Occhiuto: «Da noi i leghisti sono in difficoltà. Non so quale sia la situazione al Nord».
Infatti è lì che si giocherà il derby del centrodestra per il secondo posto nella coalizione. «È lì — anticipa il capogruppo forzista Barelli — che in punta di piedi cercheremo di intercettare i consensi di imprenditori e commercianti delusi dalla Lega». Di quelli cioè che si preoccupano soprattutto delle loro attività, «e non sono interessati — lamentano nel Carroccio — alle alleanze in Europa con gli estremisti di AfD».
Si vedrà quale sarà il risultato. D’altronde il sistema proporzionale esalta la competizione tra partiti limitrofi e contemporaneamente produce forme di alleanza.
Ma nel partito che — dopo la scomparsa di Berlusconi — sembrava condannato a lottare per raggiungere la quota di sopravvivenza del 4%, c’è un motivo se traspare un timido ottimismo in vista delle urne: «È che in questo centrodestra fatto di estremi — commenta il vice presidente della Camera Mulè — emerge sempre più il ruolo essenziale e centrale di Forza Italia».
Mentre sul fronte del Carroccio fa da contraltare lo sconforto misto a depressione di quanti non hanno mai creduto al progetto salviniano della «Lega nazionale»: «Lo avevamo detto a Matteo che al Sud ci avrebbero usato come un taxi. Lui era però convinto che ci fosse un’adesione ideologica al progetto. E invece…».
Sarà lunga e sarà dura fino a giugno. Senza più il Cavaliere, gli azzurri ieri hanno potuto aggrapparsi all’icona di Gianni Letta: «Vederlo parlare dal palco sotto il simbolo di Forza Italia… E quando ricapita», sorrideva eccitato Gasparri.
Pure il gran visir a un certo punto si è immedesimato nel ruolo, dato che durante il discorso ha detto: «Se siamo qui lo dobbiamo a te, Silvio». Terminato l’incontro però si è ricomposto, e dopo aver cantato l’inno di Forza Italia ha chiesto di essere «lasciato fuori dalla politica».
Francesco Verderami
per il “Corriere della Sera”

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OGNI ANNO, BUTTIAMO 180 MILIARDI DI EURO PER COLPA DEGLI SPRECHI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

LA STIMA HORROR DELLA CGIA DI MESTRE, SECONDO CUI LA BUROCRAZIA INEFFICIENTE CI COSTA PIÙ DEL DOPPIO DELL’EVASIONE FISCALE (CHE VALE 83 MILIARDI L’ANNO)

Gli sprechi e le inefficienze della P.a costano agli italiani 180 miliardi di euro, più del doppio dell’eveasione fiscale che, secondo i dati del ministero dell’Economia assomma a 83,6 miliardi di euro. E’ la tesi dell’ufficio studi della Cgia di Mestre. Tra le principali inefficienze della Pa, secondo l’ufficio studi, vi sono il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la burocrazia, pari a 57,2 miliardi; i debiti commerciali della Pa nei confronti dei fornitori per 49,5 miliardi; la lentezza della giustizia, che costa al sistema Paese 2 punti di Pil pari a 40 miliardi; inefficienze e sprechi nella sanità per 24,7 miliardi all’anno; del trasporto pubblico locale sprechi per 12,5 miliardi all’anno.
“Sia chiaro – precisa la Cgia -: questo non significa che in presenza di tanti sprechi l’evasione sia giustificata. Ci mancherebbe. Significa invece che l’evasione fiscale rappresenta un cancro per la nostra economia e che va debellata. Ma con la stessa determinazione dobbiamo eliminare anche le inefficienze che, purtroppo, caratterizzano negativamente le performance della nostra macchina pubblica”.
Dalla Cgia tengono a precisare che “sarebbe sbagliato generalizzare e non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori della nostra Pa, come, ad esempio, la sanità nelle regioni centro-settentrionali, il livello di insegnamento e di professionalità presenti in molte Università-enti di ricerca e la qualità del lavoro effettuato dalle forze dell’ordine”.
“E’ bene chiarire – puntualizza inoltre la nota – che la comparazione tra evasione e sprechi non ha alcun rigore scientifico: infatti, gli effetti economici delle inefficienze pubbliche che si ‘scaricano’ sui privati sono di fonte diversa, gli ambiti in molti casi si sovrappongono e, per tali ragioni, non sono addizionabili. Detto ciò, il ragionamento ha tuttavia una sua fondatezza logica: nonostante ci sia tanta evasione, una Pa poco efficiente causa ai privati danni economici nettamente superiori.
E’ altresì chiaro a tutti che se recuperassimo una buona parte delle risorse nascoste al fisco, la nostra macchina pubblica avrebbe più risorse, funzionerebbe meglio e, forse, si potrebbe ridurre il carico fiscale. Ma è altrettanto plausibile supporre che se si riuscisse a tagliare sensibilmente le inefficienze presenti nella spesa pubblica, il Paese ne trarrebbe beneficio e, molto probabilmente, l’evasione e la pressione fiscale sarebbero più contenute. Non a caso molti affermano che la fedeltà fiscale sia inversamente proporzionale al livello delle tasse a cui sono sottoposti i propri contribuenti”. Una conclusione che, sottolinea la nota dell’ufficio studi “non appare per nulla scontata, poiché una buona parte dell’opinione pubblica ha da un lato una forte sensibilità verso il tema dell’evasione, ma dall’altro avverte in misura meno preoccupante gli effetti degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze della Pa”
(da agenzie)

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L’INSEGNANTE ILARIA SALIS VERSO IL PROCESSO FARSA IN UNGHERIA, IL GOVERNO ITALIANO INCAPACE DI TUTELARE UNA NOSTRA CONNAZIONALE

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

IL LEGALE: “TRATTATA COME UNA TERRORISTA, RISCHIA 11 ANNI DI CARCERE”… “ACCUSATA DI AVER AGGREDITO DEI NEONAZISTI, COSA RIDICOLA”

Rischia 11 anni di carcere Ilaria Salis, l’insegnante 39enne già in prigione da 11 mesi a Budapest, con l’accusa di aver aggredito due neonazisti. La pena, che la donna potrebbe ricevere dovesse essere giudicata colpevole, proposta dalla procura nell’atto di rinvio a giudizio. A farlo sapere uno degli avvocati che difende Salis, Gyorgy Magyar, il cui studio è specializzato e particolarmente noto in Ungheria per il proprio impegno in difesa dei diritti umani.
L’avvocato ha ribadito che Salis si trova incarcerata in condizioni estreme. Sotto «stretta sorveglianza» e nell’«impedimento per molto tempo dei contatti con la famiglia e le autorità italiane».
La docente, in sostanza, è trattata come «un terrorista internazionale pericoloso». Sono state respinte anche le richieste di giugno da parte della difesa affinché Salis potesse scontare la propria pena ai domiciliari in Italia.
L’avvocato difensore
«La mia assistita si dichiarerà all’udienza preliminare non colpevole, così è sicuro che il processo continuerà con udienze di merito. All’udienza di lunedì, Ilaria dirà di non aver commesso gli atti gravi che le sono imputati e che comportano sanzioni così pesanti. È in dubbio lo stesso fatto che fosse presente alle aggressioni in questione, o che sia intervenuta incontrando i neonazisti. L’atto di rinvio della Procura è privo di fondamento e non ci sono prove nemmeno per il concorso in associazione per delinquere, presenteremo le nostre prove», ha aggiunto il legale.
«Abbastanza bizzarro che, in Ungheria, i neonazisti passeggiano su e giù liberamente, mentre gli antifascisti sono trattati con estrema severità dalle autorità».
L’intervento di Tajani
Sulla questione, pochi giorni fa, era intervenuto anche il ministro degli esteri Antonio Tajani. Menzionando all’omologo magiaro Péter Futsal Szijjártó, «il problema della nostra connazionale in carcere in Ungheria, chiedendo che le venga riservato un trattamento rispettoso delle regole e della dignità della persona ed eventualmente, trovare soluzioni alternative alla detenzione in carcere come gli arresti domiciliari».
Su Salis pende un accusa di lesioni non gravi. Il processo avrà inizio il 29 gennaio alla presenza dei legali Eugenio Loasco e Mauro Straini. Secondo quanto dichiarato dal padre Roberto Salis, la docente «è molto speranzosa che finalmente tutta questa attività di sensibilizzazione sul suo caso, che stiamo portando avanti, abbia qualche effetto».
Il viaggio in Ungheria del padre
L’uomo, che ora riesce a parlare con la figlia quasi ogni giorno, si recherà a Budapest per l’udienza di lunedì prossimo. a situazione è un po’ difficile. Le comunicazioni che facciamo sono operative. Parliamo delle cose che servono per farla uscire, ha spiegato, aggiungendo che quello che si può fare è firmare la petizione, ormai oltre le 48 mila firme. In quei giorni ci sono stati attacchi di nazifascisti contro antifascisti e persone che si trovavano sulla loro strada. Però sono stati liberati in due giorni. Gli antifascisti in Ungheria non sono graditi e vengono colpiti in modo impari, ha concluso amareggiato il padre.
(da agenzie)

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LA LEGA E’ RIUSCITA A FARSI MULTARE ANCHE ALL’EUROPARLAMENTO

Gennaio 27th, 2024 Riccardo Fucile

IL GRUPPO IDENTITA’ E DEMOCRAZIA E’ L’UNICO AD AVER RICEVUTO UNA SANZIONE PER AVER DIFFUSO INFORMAZIONI ERRATE SULLA COMPOSIZIONE DEL PROPRIO UFFICIO DI PRESIDENZA

Non era facile farsi riconoscere anche all’estero tra tanti politici e partiti. Eppure la Lega ci è riuscita anche questa volta. In tutto l’Europarlamento e in tutta la legislatura, c’è un solo gruppo che è stato sanzionato dall’Autorità per non aver rispettato il regolamento europeo: e questo gruppo è proprio Identità e Democrazia, la casa dell’ormai ex Carroccio, del Rassemblement National di Marine Le Pen e di altri partitelli di ultradestra, con presidente il leghista Marco Zanni.
La sanzione è abbastanza importante: il 5% del budget annuale, pari a 47 mila euro. Una somma che comunque è meno di un millesimo rispetto ai noti 49 milioni di euro di rimborsi elettorali che la Lega ha sottratto indebitamente in Italia.
Ma più della sanzione e della sua eccezionalità anche a Strasburgo, il vero elemento politico da analizzare è il perché questa è arrivata.
Al gruppo Id è stata infatti contestata la diffusione di informazioni errate sulla composizione del proprio ufficio di presidenza: quando uno dei suoi membri è cambiato, il sito del gruppo e i social collegati hanno continuato a riportarne il nome per circa un anno. E anche dopo le segnalazioni dell’Autorità nulla è cambiato. La ragione è persino disarmante: il gruppo aveva appaltato all’esterno la realizzazione del sito e la gestione dei social e, avendo interrotto il contratto con il fornitore, non ha potuto aggiornarli per mesi.
Un “incidente” che mostra un movimento non proprio in salute: le ambizioni e i proclami rivoluzionari del Salvini capace di raccogliere nel 2019 il 34% dei voti e 28 seggi hanno infatti lasciato il posto all’irrilevanza politica. Non stupisce, quindi, che anche le altre attività del gruppo latitino: l’ultimo evento della fondazione di Id risale al 2020 e l’ultimo numero del suo magazine è uscito due anni fa.
Così, anche le donazioni private vanno male, totalizzando poche migliaia di euro. E persino la stessa Lega, a differenza degli altri partiti, nell’ultimo anno risulta non aver versato il suo contributo alla causa.
La carenza di donazioni per Id è un unicum a destra dove, oltre alla già citata Ecr, i bilanci degli altri gruppi possono contare sulla generosità di lobby e multinazionali di ogni tipo.
Il partito Alde, parte dei centristi di Renew, solo negli ultimi due anni ha incassato oltre 340 mila euro da colossi della farmaceutica, delle telco e del digitale, tutti settori sensibilmente interessati dalle decisioni del Parlamento. Microsoft ha pagato 58 mila euro in cinque anni, Meta (cioè Facebook e Instagram) ne ha versati 18 mila nel 2022, Vodafone 36 mila in due anni, Google 18 mila nel 2021, Amazon 18 mila nel 2023, AT&T arriva a 93 mila euro durante la legislatura, mentre i farmaci di Janssen si fermano a 48 mila euro in tre donazioni. Non mancano poi Uber (10 mila euro nel 2021) e il gigante del fast food McDonald’s (con 9 mila euro nel 2022).
Stesso discorso e donatori simili anche per il Ppe, ossia i popolari di centrodestra che costituiscono una delle due storiche colonne portanti degli equilibri europei. Per loro, negli ultimi due anni sono arrivati nelle casse circa 150 mila euro con nomi come Apple (24 mila euro in due anni), AT&T, Microsoft, Google, Sky, Janssen, Liberty media e la Camera di Commercio americana in Europa.
Se ci si sposta a sinistra, invece, la situazione cambia radicalmente. I gruppi di quest’area registrano donazioni da poche migliaia, quando non da poche centinaia, di euro e senza multinazionali o big a supportarli. Sia per i Verdi sia per i Socialisti europei, gruppo che contiene anche il Pd, ci sono poche eccezioni di rilievo. La prima è costituta dal sindacato Uni Europa, che ha versato 13 mila euro al Pse nel 2022. L’altra è invece Open society, fondazione creata da George Soros, il magnate americano di origini ungheresi, identificato dalla destra del continente come il grande burattinaio della sinistra e accostato di volta in volta a qualsiasi teoria del complotto esistente, dal piano Kalergi per la sostituzione etnica alle varie declinazioni antisemite dei savi di Sion. Open Society nel 2023 ha versato 18 mila euro alla fondazione legata ai Verdi e altrettanti a quella dei Socialisti.
da L’Espresso)

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