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I GIUDICI DI TORINO RIFILANO UNO SCHIAFFONE A SALVINI: IL BONUS PATENTE (INTRODOTTO NEL 2021) DEVE VALERE ANCHE PER I CITTADINI EXTRACOMUNITARI RESIDENTI IN ITALIA

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

LA SENTENZA BOLLA IL PROVVEDIMENTO COME “DISCRIMINATORIO”: PER EFFETTO DELLA SENTENZA LA GRADUATORIA DEGLI AVENTI DIRITTO DOVRÀ ESSERE RIFORMULATA

Bonus patenti anche per i cittadini extracomunitari. I soldi che servono per contribuire a ottenere i permessi per guidare mezzi pensati, spingendo sempre più persone verso la professione di autotrasportatori, devono essere messi a disposizione anche dei cittadini extracomunitari residenti che ne facciano domanda.
Una sentenza del tribunale di Torino obbliga il ministero dei Trasporti, guidato da Matteo Salvini, a modificare un decreto del 2021 in materia del “bonus patenti” per i cittadini stranieri. Sentenza che definisce “discriminatorio” il comportamento del ministro Salvini perché riserva il contributo solo ai cittadini italiani ed europei. E non a quelli extracomunitari.
Escluse quindi la categoria A e B per motocicli e autoveicoli. La norma in vigore “prevede che al bonus – osserva l’Asgi – possono accedere solo i cittadini ed europei anche se tale limitazione non era prevista dalla legge istitutiva”.
L’Associazione, sostenendo che la disposizione è “illegittima e ingiustificata”, si è rivolta al ministero: ne è nato un contenzioso che è stato chiuso a Torino con “la modifica del decreto. Non solo l’ecuadoriano ha maturato il diritto al rimborso delle spese di scuola guida, ma “il requisito della cittadinanza italiana ed europea è stato eliminato”. Per effetto della sentenza, secondo l’Asgi, la graduatoria degli aventi diritto dovrà essere riformulata, anche per gli anni 2022 e 2023.
Il click day si è tenuto il 4 marzo e in poche ore il fondo di circa 5 milioni di euro è stato esaurito, con l’emissione di 1.950 voucher. Anche per il 2024 il governo ha reso disponibile un fondo che consente, solo ai cittadini italiani ed europei fino alla sentenza di Torino, di età compresa tra i 18 e i 35 anni di ottenere il contributo per ottenere il permesso di guida. Circa 5 milioni la disponibilità per il 2024.
(da agenzie)

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FRATELLI, SORELLE E NIPOTINI D’ITALIA

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

GIOVANNI CROSETTO, NIPOTE DEL MINISTRO, SARA’ CANDIDATO DI FDI ALLE EUROPEE

Non ne fa mistero: se è lì, il cognome che porta ha avuto il suo peso. Certo, non si chiama Meloni come la premier o come la sorella Arianna di cui si discute in queste ore la candidatura alle Europee.
Ma quella di Giovanni con il co-fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto è pur sempre una parentela che conta. Soprattutto quando si tratta di convincere gli elettori a scrivere il proprio nome sulla scheda. «La mia fortuna è avere un rapporto veramente paterno con mio zio — ripete spesso il nipote del ministero della Difesa —, lui è un maestro, mi dà consigli e mi indica la strada da seguire».
Così, adesso i «fratelli» vogliono portare il piccolo Crosetto a Bruxelles. «Sarà uno dei nostri candidati di punta in Piemonte», ha dichiarato al Corriere il vicecoordinatore regionale di FdI, Paolo Bongioanni.
Trentatré anni, cuneese trapiantato a Torino, dove si è laureato in Economia, Giovanni appartiene alla dinastia di costruttori di rimorchi della famiglia del «gigante di Marene».
L’esito era stato più che onorevole: eletto con 1.002 voti di preferenza. E così, da tre anni, Giovanni siede nei banchi del Consiglio comunale, dove ricopre l’incarico di capogruppo. Da allora qualcuno lo ha ribattezzato il «nipote d’Italia». Il giovane Crosetto si è distinto per aver criticato quei «fratelli» che hanno partecipato alle presentazioni del libro del generale Vannacci, lotta contro la carne sintetica, che definisce una «porcheria», e sostiene la linea filoatlantista e pro Israele nei dibattiti sulle questioni internazionali. Di recente ha fatto storcere il naso a qualche vecchio nostalgico del Msi, quando ha condannato apertamente le decine di saluti romani al raduno di Acca Larentia: «Una agghiacciante apologia del fascismo».
(da il Corriere della Sera)

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DALLA VILLA AL TWIGA, LA NUOVA PISTA DEI SOLDI DELLA MINISTRA SANTANCHE’

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

COSI’ IL SUO COMPAGNO DIMITRI KUNZ HA FINANZIATO LA MELONIANA IN DIFFICOLTA’… GLI INTRECCI TRA IL SALVATAGGIO DI VISIBILIA E L’AFFARE IMMOBILIARE IN VERSILIA

Riciclaggio? Quale riciclaggio? A Milano si racconta che Daniela Santanchè abbia accolto con una “sonora risata” l’ultima novità sulle indagini giudiziarie che mettono in dubbio l’onorabilità di una manager e imprenditrice che «in trent’anni di carriera – parole sue – non ha mai avuto nessun problema con le aziende» che ha gestito. Alle inchieste della procura di Milano che venerdì sono arrivate al giro di boa del fine indagini per la presunta truffa all’Inps di Visibilia editore, si è aggiunto il procedimento sulla compravendita della villa di Forte dei Marmi.
Tra luglio 2022 e gennaio 2023 l’affare in Versilia venne gestito da Dimitri Kunz, il compagno della ministra del Turismo, e da Laura De Cicco, moglie del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che di Santanchè è collega di partito in Fratelli d’Italia nonché, all’occorrenza, anche legale di fiducia.
COLPO GROSSO
Come Domani ha rivelato l’estate scorsa, la coppia De Cicco-Kunz il 12 gennaio 2023 è riuscita a rivendere all’imprenditore Antonio Rapisarda una villa acquistata, come conferma il rogito, solo un’ora prima.
Un’operazione lampo che ha fruttato l’eccezionale guadagno un milione di euro. L’immobile era stato ceduto a De Cicco e Kunz dal sociologo Francesco Alberoni, che è morto a 93 anni nell’agosto scorso.
Ebbene, due settimane fa, la procura di Milano ha dato mandato alla Guardia di Milano di fare tutte le opportune verifiche sui movimenti di denaro legati a questo affare da record, per cancellare anche l’ombra del sospetto che l’operazione immobiliare di Forte dei Marmi possa essere servita in qualche modo a puntellare i disastrati conti di Visibilia editore. Quest’ultima, va ricordato, all’inizio di marzo è stata commissariata su richiesta dei magistrati milanesi.
Se è vero (ma sarà vero?) che Santanchè ha liquidato con una risata la notizia delle indagini sulla villa in Versilia, Laura De Cicco ha dato la sua versione dei fatti all’agenzia Ansa. Tutto regolare, ha detto la moglie del presidente del Senato.
«Tutto alla luce del sole», ha aggiunto, precisando che le trattative per arrivare al rogito del 12 gennaio 2023 sono durate «un anno» e che quasi sei mesi prima della rivendita all’atto del preliminare era stato versato ad Alberoni “una parte cospicua del prezzo convenuto dallo stesso professore in base ad una perizia da lui fatta fare”.
CAPARRA D’OR
Domani ha confrontato le affermazioni di De Cicco con i documenti depositati al catasto, “alla luce del sole”, per usare le parole della moglie del presidente del Senato.
Dalle carte risulta che con il preliminare di vendita siglato il 21 luglio del 2022 la coppia di compratori si è impegnata a versare ad Alberoni, in due tranche, una caparra di 350 mila euro come anticipo sul prezzo pattuito che inizialmente era di 2,5 milioni. Una somma certo cospicua, ma normale in operazioni immobiliari di questo tipo.
Tra l’altro, agli acquirenti fin dal 5 luglio erano state consegnate le chiavi della villa per “curare la manutenzione del giardino e quant’altro”, si legge nell’atto. Al momento del rogito del gennaio successivo, Kunz e De Cicco otterranno anche uno sconto di 50 mila euro “in dipendenza dell’esecuzione di alcuni lavori di manutenzione”.
Una volta firmato il preliminare, ai due compratori restavano quindi da pagare 2,150 milioni per il saldo. I documenti catastali rivelano che almeno metà di quella somma è stata versata da Rapisarda. Proprio lui, il compratore che a gennaio si aggiudicherà Villa Alberoni a un prezzo del 40 per cento superiore rispetto a quello appena pagato da chi gliel’ha rivenduta.
DA DOVE ARRIVANO I SOLDI
Il 7 ottobre, infatti, Rapisarda ha girato ben un milione di euro a Kunz e De Cicco come anticipo sul prezzo della villa, che verrà poi fissato a 3,450 milioni.
Un milione di euro, questa sì che è una somma non solo cospicua, ma anche fuori dall’ordinario, a maggior ragione perché è stata pagata come anticipo del pagamento per un immobile che ancora non era nella disponibilità dei venditori.
Secondo quanto Domani ha potuto accertare, Rapisarda è riuscito a finanziare l’acquisto della villa grazie alla vendita di un altro immobile di pregio a Forte dei Marmi, che ha fruttato 3,1 milioni. Il rogito per quest’ultima operazione è stato siglato il 7 novembre, esattamente un mese dopo la firma del preliminare con Kunz e De Cicco.
L’imprenditore milanese aveva però già ricevuto 500 mila euro come anticipo a luglio. Lo stesso mese in cui Alberoni si accorda con il compagno di Santanchè e la moglie di La Russa.
Quindi a ottobre del 2022, Kunz e De Cicco ricevono un milione da Rapisarda, rientrano dalle spese (350 mila euro) del preliminare di luglio possono dividersi altri 650 mila euro.
APPUNTAMENTO AL TWIGA
Proprio in quelle settimane Kunz stava completando un altro affare importante. Un affare in cui era coinvolta Santanchè, la sua compagna appena nominata ministra del Turismo nel nuovo governo di Giorgia Meloni.
Anche in questo caso la trama dell’operazione porta in Versilia. Il 18 novembre del 2022 passa di mano una quota dell’11 per cento del Twiga, il celebre stabilimento balneare fondato da Flavio Briatore. A vendere è Santanché, che di Briatore è amica di lunga data. Per trovare un compratore la ministra non è andata lontano: vende la sua partecipazione nel Twiga al compagno Kunz che tramite due società paga un milione e 433 mila euro.
Carte alla mano, quindi, da una parte Kunz incassa grazie alla vendita della villa e dall’altra paga più di un milione di euro a Santanchè. Alla ministra quei soldi facevano comodo come non mai. La galassia Visibilia rischiava il dissesto e servivano garanzie tangibili da offrire ai creditori, dal fisco ai dipendenti. Missione compiuta? Pare di no, la storia di Villa Alberoni promette di offrire nuovi colpi di scena.
(da editorialedomani.it)

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“SANTANCHE’ SAPEVA DELLA TRUFFA”

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

I DIPENDENTI DI VISIBILIA ACCUSANO LA MINISTRA

Le parole contenute nei verbali dei dipendenti di Visibilia Editore e Concessionaria, sentiti come testimoni da investigatori, inquirenti e anche nell’ambito degli accertamenti dell’Inps, avrebbero consentito alla Procura di Milano di ottenere prove sulla presunta consapevolezza di Daniela Santanchè nella ipotizzata truffa sulla cassa integrazione a zero ore, tra il 2020 e il 2022, nel periodo Covid.
Nel corso delle indagini condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza e coordinate dall’aggiunto Laura Pedio e dai pm Luigi Luzi e Marina Gravina, sono state acquisite le testimonianze dei lavoratori, dalle quali sarebbe emerso che la ministra del Turismo sarebbe stata a conoscenza che i dipendenti lavoravano, malgrado la società avesse chiesto e ottenuto la Cig Covid. E per un totale di oltre 126mila euro, ossia l’ammontare della presunta truffa, spalmati su 13 dipendenti delle due società del gruppo fondato dalla senatrice di Fdi, che ha dismesso cariche e quote nel 2022.
Dunque, per gli inquirenti non solo Santanchè e il suo compagno Dimitri Kunz in quel periodo, quando veniva chiesta indebitamente la cassa Covid e i dipendenti continuavano a lavorare, hanno amministrato la società, ma erano entrambi consapevoli del presunto schema illecito, così come messo a verbale dai lavoratori.
La ministra del Turismo, che ha sempre respinto l’accusa, contestata nella chiusura indagini notificata tre giorni fa anche a Kunz e a Paolo Concordia, consulente esterno di Visibila Editore e Concessionaria, già lo scorso luglio in Senato aveva detto: “Di fronte alla contestazione tardiva della dipendente pur ritenendo le sue informazioni infondate ed essendo certa che lei non ha mai messo piede in Visibilia, la società ha sanato la situazione considerandola in servizio senza che fosse pervenuta alcuna richiesta dagli enti preposti e prima della vicenda mediatica. Nessun altro dipendente ha sollevato questioni sulla cassa integrazione”.
Il riferimento era a Federica Bottiglione, ex responsabile Investor Relations di Visibilia, la quale con la sua denuncia ha portato la Procura milanese ad aprire l’indagine. L’ex manager aveva registrato una serie di conversazioni avute anche con Kunz e finite in una perizia giurata di trascrizione, poi acquisita anche nell’inchiesta milanese. Ha depositato anche gli screenshot di alcune chat, come una in cui dialogava, nel settembre del 2021, sempre col compagno della senatrice e gli chiedeva: “Buongiorno mi puoi fare link zoom per cda di oggi ore 16 così faccio invitation” e Kunz le inoltrava il link con cui “sen. Daniela Santanchè” invitava alla “riunione”.
Dalle conversazioni registrate dall’ex manager veniva a galla già la presunta consapevolezza nel raggiro all’Inps da parte di Kunz e di Concordia. Tanto che Bottiglione a più riprese diceva che avrebbe sollevato la questione, ossia il fatto di aver scoperto di essere in cassa a zero ore ma che stava comunque lavorando, e Kunz le rispondeva: “Ma non lo puoi fare Federica, sennò metti nei casini tutti”.
“Cosa dobbiamo aspettare perché la ministra al Turismo Daniela Santanchè si dimetta?” si domanda in un post su Facebook la senatrice M5S, Sabrina Licheri. “Non è bastata la notizia che fosse indagata per truffa all’Inps per farle fare un passo indietro – aggiunge l’esponente pentastellata -, anzi rilancia e dice che se verrà rinviata a giudizio si dimetterà. La Santanchè dimentica però che oltre alla giustizia c’è una questione di opportunità politica. Con quale faccia può rappresentare il nostro Paese? Ha ragione Fiorello, altro che Open to Meraviglia. Qui siamo arrivati all’Amen to Meraviglia, ma a farne le spese è l’Italia e il suo prezioso patrimonio artistico e culturale”
“A che ora si dimette la ministra Santanchè?” ha chiesto il deputato del Pd, Andrea Casu, intervenendo in aula alla Camera nell’ambito della discussione generale sulla proposta di legge sul conflitto d’interesse. “Non abbiamo sentito ancora nessuna parola da parte della presidente del consiglio Meloni – ha aggiunto l’esponente dem – sulle inquietanti notizie che riguardano la ministra. E dopo il danno, la beffa: a scrivere la nuova legge sul conflitto d’interesse dovrebbe essere proprio la Santanchè insieme agli altri ministri del Governo. Infatti come per le proposte di legge sul salario minimo e il voto per i fuori sede, ancora una volta, la maggioranza azzera il dibattito parlamentare con un emendamento che snatura una legge in quota alle opposizioni e delega il governo a legiferare entro due anni. In questo modo – conclude Casu – la maggioranza si assume la responsabilità di chiudere il dibattito sulla legge sul conflitto d’interesse in questa legislatura”.
(da lanotiziagiornale.it)

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DIETRO LE MANGANELLATE DI MARINE LE PEN ALLA MELONI C’E’ LA LEADERSHIP DEI SOVRANISTI EUROPEI: “CARA GIORGIA, LA DESTRA EUROPEA SONO IO! TU SEI SOLO LA PORTABORSETTE DI URSULA!”

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

MELONI BRIGA PER LA RICONFERMA DI VON DER LEYEN MA I SUOI ALLEATI CONSERVATORI SONO CONTRARI: PIS, VOX, ZEMMOUR, ORBAN…URSULA E’ SEMPRE PIU’ NEL MIRINO DEL TRIO WEBER-MACRON-SCHOLZ

Il fronte sovranista europeo è diventato un pollaio: tanti galletti, uno contro l’altro, e dagli obiettivi confliggenti.
Se Giorgia Meloni briga per la riconferma di Ursula Von der Leyen, contro la cofana tedesca si sono già schierati il Pis polacco, i neo-franchisti di Vox, il mal-destro Zemmour, tutti alleati della Ducetta nel gruppo Ecr.
Nella schiera dei nemici della Presidente della Commissione c’è anche il filo-russo Viktor Orban.
Il premier ungherese, che non ha mancato di congratularsi con Putin per la vittoria delle elezioni farsa in Russia, è in predicato di sbarcare, dopo il 9 giugno, nel gruppo dei Conservatori.
Il suo futuro ingresso, però, avendone combinate più di Carlo in Francia, appare incerto: Giorgia Meloni è stata costretta a prendere le distanze sull’arruolamento di Fidesz in Ecr (“Non è all’ordine del giorno”).
L’ammuina tra i sovranisti può rappresentare per Giorgia Meloni un’opportunità e un problema. Avere alleati così ingombranti, ingestibili e ideologici potrebbe spalancare le porte a una “Melon-exit” dal gruppo, che la sora Giorgia presiede. Non sarebbe complesso, in futuro, giustificare un addio ai Conservatori, mettendo all’indice le posizioni euro-critiche e filo-Putin dei suoi alleati…
D’altro canto, una pattuglia di camerati così divisa pone Giorgia Meloni in una posizione di estrema debolezza. Il sito “Politico.eu” l’ha incoronata “Gran sacerdotessa della destra europea” (“High priestess of the European right”), e invece si ritrova una falange versione Armata Brancaleone, bersagliata quotidianamente dal suo “cagacazzi numero uno”, Matteo Salvini.
Il “Capitone”, che non solo ha rivendicato per sé il ruolo di autentico sovranista (“mica è una parolaccia”), ha gioco facile nel minare la corsa di Ursula al secondo mandato.
A dargli manforte, c’è la sua alleata, Marine Le Pen, che ha attaccato la Meloni dal palco del summit sovranista “Wings of change”, a Roma: “Signora Presidente, sosterrete von der Leyen? Io credo di sì. Così si contribuirà ad aggravare le politiche di cui tanto soffrono i popoli d’Europa. Unico che si opporrà a von der Leyen a destra sarà Matteo Salvini”.
La Duciona di Francia, a differenza di quanto immaginato dai cronisti de’ noantri, non ha dato fuoco alle polveri su innesco del suo caro amico Matteo, per infilarsi nella disputa tutta italiana tra la premier e il suo ministro delle Infrastrutture. Dietro le sue parole di fuoco si gioca una partita più ampia: quella sulla leadership della destra europea.
L’affondo di Marine Le Pen è un guanto di sfida lanciato alle euro-ambizioni di Giorgia Meloni: “Ah bella, la destra c’est moi”.
L’amazzone del Rassemblement National non può certo puntare all’Eliseo nel 2027 da junior partner della “Thatcher della Garbatella”: dopo le europee, se RN dovesse essere il primo partito delle destre, e una delle delegazioni più numerose all’Europarlamento, si faranno i conti.
Ps. A tal proposito sono molti quelli che, in trepidante attesa, aspettano di maneggiare i sondaggi di aprile sulle elezioni europee del 9 giugno…
(da agenzie)

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“LA LEGA? SENZA IDENTITA’ E COLLEGIALITA’ NON SI FA STRADA”: LUCA ZAIA TORNA A RANDELLARE IL “CAPITONE” PER COME HA GESTITO IL PARTITO

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

L’AFFONDO SUL TERZO MANDATO CONTRO GIORGIA MELONI (CHE NON VUOLE CONCEDERLO): “LASCIAMO CHE A DECIDERE SIANO I VENETI, SONO LORO CHE DEVONO POTER SCEGLIERE E VALUTARE”

«Presidente Luca Zaia come sta?» . «Sto!» . E allora come va? «Va!» . Tra “sto” e “va”, cinque lettere in tutto si snoda il “viaggio” politico del governatore veneto. Che sì parla del suo libro “Fa presto, vai piano” (in una affollata sala romana dove la lingua universale è il veneto, ed Eleonora Daniele tiene le fila tra i veneti accorsi, e non solo), ma chi ascolta – giornalisti compresi – fatica a non declinare il lessico di Zaia in esemplari metafore del travagliato viaggio della “sua” Lega.
A cominciare dal fatto che lui sta bene in «Veneto e che resta concentrato nella sua attività amministrativa». Risposte univoche che provano a sminare polemiche (politiche soprattutto), ma che comunque riaffiorano senza mai citare il partito né il suo segretario Matteo Salvini: insomma, un miracolo dialettico
Certo, non è mistero ma un fatto che Luca Zaia a questa Lega preferiva rigorosamente «la vecchia Lega, la Liga veneta». E se evita rigorosamente colpi bassi da parte sua, in questa fase, non risparmiano invece dure critiche i suoi amici e i militanti storici convenuti nella capitale: sono loro i “ventriloqui” del Doge che aprono la piazza del dibattito pubblico sul ruolo e le prospettive del partito fondato da Umberto Bossi. Non può essere un caso, infatti, che in ogni incontro pubblico ma anche privato, sempre senza mai citare il vicepremier Matteo Salvini
Per questo Luca Zaia rilancia secco: «Lasciamo che a decidere siano i veneti, sono loro che devono poter scegliere e valutare se sono stati amministrati bene o male». Pausa. Anche perché arringa il governatore: «L’elezione diretta è il sale della democrazia» ma soprattutto perché il «Veneto non è la periferia dell’impero» e quindi «va difeso con i fatti e non con le chiacchiere». E i fatti, sostiene il governatore, narrano che la mia regione è un boccone prelibato, «un gioiellino da 180 miliardi di Pil con nove siti dell’Unesco e le Olimpiadi alle porte, che io mi sono inventato, ma soprattutto una sanità d’eccellenza che trae la sua migliore forza nei centri sanitari pubblici perché l’incidenza di quella privata eroga solamente l’11 per cento delle prestazioni contro il 30-40% di altre regioni».
Quindi, allarga le braccia e scandisce: «Questa è la regione che governo, una parte del Paese che riesce ancora ad attivare investimenti esteri». E chiarisce subito con i suoi, tra un selfie e un autografo sul libro che, personalmente «non ho alcuna ansia per il terzo mandato», e infatti, «non perdo il sonno per questo» ma certamente i «veneti molti dubbi se li pongono» anche perché quando «si inizia un viaggio è indispensabile capire la direzione che si vuole prendere». Come dire: «Bisogna capire da dove si parte e soprattutto dove si vuole arrivare».
Da qui il sillogismo politico di Luca Zaia: sono in Veneto, resto in Veneto e da qui difendo i veneti. Altro che bandierine, altro che ruolo in Europa.
Inutile, quindi, parlare di programmi, proposte, risarcimenti personali, il governatore da questo punto di vista è chiarissimo e ribadisce che «il mio futuro lo programmerò quando sarà ora, io resto concentrato sulla mia azione amministrativa che in tanti anni mi pare sia stata apprezzata dai miei cittadini ma anche dalla destra, dalla mia parte politica». A prescindere dal dibattito che sarà sul terzo mandato, che per ora il governo, ma anche le forze politiche della coalizione come Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno riposto in un cassetto e anche dal risultato del prossimo voto europeo. «Ogni tappa ha il suo ristoro, ogni calvario ha la sua croce».
Insomma, la corsa di Zaia tra Venezia, Padova, Treviso e le colline di Conegliano va avanti a prescindere, lascia intuire, consapevole che «quando si parte per un viaggio è bene avere in mente la direzione da prendere. Se non si sa da dove e quando si parte non si sa nemmeno dove e quando si arriva». Tornano così alla mente le frasi sulla vecchia Lega che sapeva mirare un bersaglio mentre l’attuale pare aver smarrito gli obiettivi da puntare.
Per Luca Zaia, dunque, il tema centrale a chi lo sente da giorni resta uno, o meglio due: l’identità e la collegialità. Requisiti senza i quali «non sempre si fa strada», anzi, «direi che non se ne fa, perché senza identità non c’è consenso, e il consenso è il carburante dei cittadini».
«Può accadere – dice Zaia – che in qualche circostanza da soli si faccia anche prima e più in fretta ma di sicuro insieme si fa un viaggio più lungo e più sicuro». Una curiosa sintesi politica, che casualmente a leggerla bene riflette la parabola della Lega salviniana che da primo partito alle elezioni europee del 2019 con il 34 per cento dei consensi rischia di scivolare alle prossime del 9 giugno sotto Forza Italia e divenire la terza gamba di una coalizione sempre più a trazione Giorgia Meloni.
È lo scenario più temuto da Matteo Salvini, ma forse è anche quello al quale si stanno preparando tutti al casato di via Bellerio e dintorni. I silenzi di queste settimane di tanti dirigenti anche vicini al leader parlano molto di più di tante liturgie politiche ascoltate in queste settimane.
Anche Luca Zaia non parla, scuote la testa e rimarca che la destra, tutto il centrodestra, ad esempio, non può più rinunciare a parlare di diritti perché «la società è già molto oltre la lentezza della politica». «Il testamento biologico, il dopo di noi sono temi che riguardano tutti, il nostro dovere è discuterne, non lasciare che siano argomenti esclusivi solo per la sinistra. È di questo che vorrei discutere nel mio partito, nella mia destra”. Altro che raduno sovranista, altro che “Winds of change”. Per Zaia la formula resta sempre la stessa, prima il territorio poi tutto il resto. E così la pensano i suoi, e così «la pensano i veneti».
(da la Stampa)

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UNA REPUBBLICA SFONDATA SUL LAVORO: OLTRE LA META’ DEI LAVORATORI PRECARI IN ITALIA FA UN “PART-TIME INVOLONTARIO”, IL DATO PIU’ ALTO DI TUTTA L’EUROZONA

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

IN MOLTI CASI LE ORE DI LAVORO ECCEDONO QUELLE PREVISTE DAL CONTRATTO, VENGONO RETRIBUITE IN NERO O NEANCHE PER INTERO

Quasi un lavoratore su cinque in Italia ha un contratto part time. Ma non si tratta sempre di flessibilità buona, di conciliazione tra vita privata e impegno professionale: l’incidenza del part time involontario, denuncia la Cgil, è pari al 57,9%, la più alta di tutta l’Eurozona.
«Se alcuni lavoratori preferiscono o scelgono il part time come un’opportunità – sottolinea infatti la Cgil – la realtà evidenzia come per la stragrande maggioranza dei part time involontari le condizioni di estrema flessibilità nell’uso degli orari rendono i lavoratori persone che si devono adattare al ciclo e agli orari delle aziende». O peggio: «Come emerge anche dall’attività ispettiva condotta dall’Inail, in un rapporto regolarizzato a part time spesso si nasconde un full time irregolare». Le ore che eccedono quelle previste dal contratto di lavoro, a volte, vengono retribuite in nero, e spesso neanche per intero.
Nel confronto con il quarto trimestre 2022, i contratti part time crescono del 3,4%, mentre quelli a tempo pieno del 2%. I lavoratori a tempo parziale arrivano così a 4,3 milioni, ma con una incidenza molto diversa sul totale degli occupati per gli uomini (7%) piuttosto che per le donne (31,1%). Con l’aggravante che anche le donne che scelgono volontariamente il part time lo fanno perché è spesso l’unico strumento di conciliazione, in un Paese che offre pochi servizi per l’infanzia e un numero estremamente limitato di scuole a tempo pieno.
La retribuzione media annua di un lavoratore part time, calcola la Cgil, è di 11.451 euro, e si abbassa ancora nel Mezzogiorno, ma se all’orario ridotto si aggiunge anche il contratto a tempo determinato, e quindi l’occupazione discontinua, il salario lordo medio annuo si riduce a 6.267 euro. I lavoratori poveri diventano poi per forza anche pensionati poveri e, soprattutto, pensionate povere, e si sposta molto più avanti il momento in cui è possibile ritirarsi dal lavoro.
Ecco perché i sindacati chiedono da tempo l’introduzione di una pensione di garanzia, e anche il superamento, per i part time, del minimale contributivo necessario al raggiungimento dell’anzianità previdenziale. La Cgil rivendica inoltre per il part time ciclico (che quindi prevede periodi di lavoro solo per una parte dell’anno) la proroga dell’ammortizzatore s ociale introdotto con la legge di Bilancio 2021, ma non rifinanziato dal governo Meloni.
(da la Repubblica)

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PUNITI PER AVER ESPRESSO IL LORO PENSIERO SU BEATRICE VENEZI: PRONTO IL RICORSO CONTRO IL VERGOGNOSO PROVVEDIMENTO DEGNO DELLA RUSSIA PUTINIANA

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

I LEGALI DEI MUSICISTI: “VIOLATA LA LIBERTA’ DI PENSIERO, HANNO ESPRESSO LE STESSE CRITICHE TECNICHE CHE HANNO EVIDENZIATO ANCHE I CRITICI MUSICALI SPECIALIZZATI”

Il caso di Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra criticata da alcuni musicisti dell’Orchestra sinfonica siciliana durante i suoi concerti al Politeama, non è chiusa. Ieri il sovrintendente Andrea Peria ha sospeso i tre musicisti rei di aver creato dissensi nei confronti della Venezi, molto stimata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro Sangiuliano (di cui è stata consulente). I dipendenti annunciano ricorso. Sette giorni senza stipendio a due dei dissidenti (Luciano Saladino, violinista, e Claudio Sardisco, flautista, dal 17 al 24 marzo), mentre una collega (Ivana Sparacio, violinista) subirà un solo giorno di stop.
La loro colpa, secondo il sovrintendente, è quella di aver violato i doveri contrattuali di correttezza e diligenza. Se insomma c’è da lamentarsi si fa per strade interne, non sui giornali.
Per ora i sindacati non si sono espressi, ricostruisce Repubblica Palermo, ma la questione sta diventando politica. «È un provvedimento scandaloso – attaccano i 5 stelle Luca Pirondini e Dolores Bevilacqua – che non può essere accettato e che dimostra la concezione ignobile della cultura che esprime questo governo. Un governo che è andato ben oltre l’amichettismo, colpendo deliberatamente chi osa contestare gli amichetti del capo».
La richieste (inascoltate) del sovrintendente
Subito dopo le dichiarazioni fatte dai musicisti sui giornali il sovrintendente della Foss aveva chiesto, secondo quanto riportato dall’edizione palermitana di Repubblica, un confronto immediato con gli orchestrali ribelli. Non solo, ha preteso che “le prime parti” ovvero i leader di ogni settore musicale della Sinfonica prendessero le distanze dalle dichiarazioni dei loro colleghi. Quattro di loro si sono rifiutati perché i colleghi avevano dichiarato aspetti «perfettamente corrispondenti alla realtà».
Oggi, i musicisti puniti tornano al lavoro dopo lo stop di una settimana. C’è da provare “Le sette ultime parole del nostro Redentore sulla croce”, spiega Repubblica. Ma la via Crucis sul caso sembra proseguire.
Il parere del legale: «Un provvedimento che viola la libertà di pensiero»
Secondo l’avvocato Francesco Leone, dello studio “Leone, Fell & C”, specializzato in diritto amministrativo e del lavoro, la decisione è «un atto gravissimo». «Un provvedimento che viola la libertà di pensiero e di critica, una sanzione spropositata che non rispetta i diritti sindacali dei lavoratori», spiega a Repubblica.
Tra l’altro una decisione attaccabile su più fronti. «Un conto – precisa il legale – è esprimere giudizi che ledono l’onorabilità della persona o in qualche modo la calunniano o la diffamano. Un altro è esprimere un parere meramente tecnico sul modo di condurre un’orchestra. Dalle dichiarazioni riportate dalla stampa viene fuori una critica di tipo tecnico. E questo avviene in un contesto in cui la direttrice era stata criticata anche dalla stampa, che aveva interpellato il pubblico, raccogliendo pure pareri negativi».
(da agenzie)

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DELITTO DI LESA MAESTA’: GLI ORCHESTRALI CHE CRITICARONO LA DIRETTRICE MELONIANA BEATRICE VENEZI SONO STATI SOSPESI DAL LAVORO E DALLO STIPENDIO PER UNA SETTIMANA

Marzo 26th, 2024 Riccardo Fucile

IL PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE, FIRMATO DAL SOVRINTENDENTE ANDREA PERIA, RIGUARDA DUE MUSICISTI DELL’ORCHESTRA SINFONICA SICILIANA. CHE AVEVANO DEFINITO LA NUOVA STAR SOVRANISTA “NON ADEGUATA E INCOERENTE CON L’ESECUZIONE MUSICALE”

“Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per una settimana”. È il provvedimento disciplinare adottato da Andrea Peria, sovrintendente della fondazione Orchestra sinfonica siciliana, contro due dei tre professori d’orchestra che il 24 gennaio su Repubblica avevano giudicato la direzione di Beatrice Venezi “non adeguata” e “incoerente con l’esecuzione musicale”. Il terzo “dissidente” se l’è cavata con un solo giorno di stop.
La sanzione arriva dopo una nota emessa a fine febbraio in cui si faceva presente ai tre orchestrali di avere tenuto un comportamento incompatibile con i doveri contrattuali, di avere causato con le loro dichiarazioni un danno di immagine al teatro e di avere incrinato i rapporti con Beatrice Venezi, obbligando la direzione della Sinfonica a correre ai ripari per salvare la faccia e la buona riuscita dei concerti del 2 e del 3 febbraio.
Concerti che avrebbero visto Venezi protagonista sul podio del Politeama a due settimane di distanza dal doppio concerto di Cajkovskij che aveva scatenato le critiche di parte dell’orchestra. Evidentemente, le ragioni sostenute a propria difesa dai musicisti, presentate entro cinque giorni dalla ricezione della nota, non hanno convinto la direzione della Sinfonica. Perché due settimane fa ciascuno dei tre orchestrali ha ricevuto una telefonata che non presagiva nulla di buono. In sostanza, venivano convocati al Politeama dove li aspettava la raccomodata che annunciava la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. Di più, nella stessa nota, il sovrintendente Peria sottolinea che in caso di altre critiche incorrerebbero in ulteriori e più pesanti provvedimenti disciplinari.
(da agenzie)

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