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LA DUCETTA E’ SVENUTA QUANDO IL NEO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO, ANTONIO COSTA, HA COMUNICATO CHE IL DIRITTO DI VETO VERRA’ CASSATO: FINE DEI RICATTI

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

CON IL VOTO ALL’UNANIMITÀ NON SI PUÒ PIÙ GOVERNARE L’UNIONE EUROPEA, NE APPROFITTANO I PICCOLI STATI OSTILI A BRUXELLES PER METTERE IL BASTONE TRA LE RUOTE… E’ CHIARO CHE IL NO AL BIS DI URSULA CONDANNA IL GOVERNO DUCIONI A UNA EMARGINAZIONE CON ‘’RAPPRESAGLIA’’ SU COMMISSARI E FINANZIARIA

Sono giorni che fa un caldo da togliere il respiro ma Giorgia Meloni suda freddo. E’ un momento delicatissimo per la premier della Garbatella: è giunta a un bivio in cui sono diventate inutili le sue quattro maschere da camaleonte in gonnella. Come direbbe qualcuno dei suoi: è giunta l’ora delle “decisioni irrevocabili”. Lo ha ben capito ieri, a Palazzo Chigi, quando Meloni si è trovata di fronte il successore di Charles Michel, il neo presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa.
Il portoghese, un abile politico che ha salvato il suo paese da una crisi endemica, ha scelto di affrontare come prima tappa del suo tour delle capitali europee, proprio la premier italiana che bocciò la sua nomina a Strasburgo. I fazzolari in servizio militare a Palazzo Chigi hanno fatto sapere ai giornali che i due hanno discusso di “immigrazione” e “competitività”. In realtà, l’incontro si è trasformato in uno scontro.
Quando Costa, dopo i soliti diplomatici convenevoli, ha fatto presente alla Ducetta che uno dei primi atti del nuovo Consiglio Europeo riguarderà il diritto di veto: con il voto all’unanimità non si può più governare l’Unione Europea, ne approfittano solo i piccoli Stati e l’Italia è un grande paese, bla-bla.
Ovviamente, l’eliminazione del diritto di veto per la Melona vorrebbe dire tagliare le unghie ai Conservatori di Ecr e ai Patrioti dell’ultradestra di Orban-Lepen.
Una decisione che la Fiamma Magica di Palazzo Chigi considera alla stregua di un golpe del quartetto che ha vinto le elezioni europee del 9 giugno: Scholz (Germania), Macron (Francia), Tusk (Polonia), Sanchez (Spagna).
Ma è quello che succede a chiunque quando dimentica il terzo e fondamentale principio della Dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Il no di Meloni al bis di Ursula von der Lejen è servito per salvare la sua presidenza dei conservatori di Ecr, quindi salvaguardarsi dagli attacchi sul fianco destro del suo nemico più intimo, il “vannaccizzato” Salvini, e infine per timore di una reazione del suo zoccolo duro post-fascio di FdI.
Tale azione ha innescato la reazione ed è partita la prima “rappresaglia” al suo governo. Ecco farsi avanti il segretario uscente della Nato, Jens Stoltenberg, che in modalità “Jena” annuncia la nomina di uno spagnolo come rappresentante speciale dell’Alleanza Atlantica per il Sud Europa, facendo fuori il candidato italiano reclamato dal governo Ducioni.
Oggi tocca a Forza Italia, malgrado la sua appartenenza ai vincitori del Partito Popolare Europeo, pagare il costo di far parte di un governo formata da un partito di destra (FdI) e di un partito di ultra-destra (Lega), apertamente ostile ai nuovi vertici europei: così, a Ciccio Tajani viene sfilata una presidenza di Commissione a Strasburgo e si deve accontentare di una ininfluente delegazione per l’Asia Centrale.
Mentre il dem Decaro prende la commissione Ambiente e perfino il 5stelle Tridico intasca la sottocommissione per le questioni fiscali). Ovviamente ai “Patrioti” di Orban e Le Pen, nisba incarichi. E Salvini grida al “furto” tra gli sghignazzi degli euro-burocrati di Bruxelles
E’ chiaro che tale emarginazione con ‘’rappresaglia’’ inclusa potrebbe costare carissima al governo di “Io so’ Giorgia”. A metà agosto l’agenda di Ursula prevede di prendere in esame i nomi dei commissari proposti dai 27 paesi dell’unione, per poi trovare una quadra con i vertici del quartetto al comando. Non è finita: ci sarà poi l’esame dei commissari prescelti da parte del Parlamento, e le sorprese non mancheranno di sicuro.
Anche perché Ursula vuole avere dai 27 governi la candidatura di due nomi per ogni commissario e la possibilità di scegliere lei tra un uomo e una donna. Di qui, i recenti dubbi dei meloniani sul decollo europeo di Fitto: se il ministro non otterrà un commissario economico di primo piano (Pnrr, Coesione o Bilancio), è destinato a restare al suo dicastero romano per sbrogliare i ritardi del Pnrr.
E la Melona infinocchiata, ma felice di non dover fare un rimpastino di governo, spedirà la tuttofare Elisabetta Belloni che, come astutissima diplomatica sopravvissuta alla grande con qualsiasi governo transitato a Palazzo Chigi, non avrà problemi a trovare la giusta alchimia con Bruxelles.
A novembre, quando si insedierà la nuova Commissione di Ursula, il percorso della Ducetta dovrà affrontare salite terribili per riuscire ad ottenere in qualche modo la flessibilità sulle linee guida “lacrime e sangue” del Patto di Stabilità per riuscire infine a licenziare la legge di Bilancio che poi deve passare all’esame degli odiati euro-burocrati. A quel punto, le smorfie e le moine da attrice di borgata potrebbero non bastarle più. Anche perché l’Italia di Meloni e Salvini è l’uno Paese che continua a rifiutarsi di ratificare il Mes.
Le strade di Meloni sono tutte in salita, peggio della via Crucis, e, al suo fianco, non c’è più la vecchia Forza Italia sdraiata ai suoi voleri ma si troverà in compagnia di una Lega in modalità Orban-Le Pen, che da Putin ha abbracciato la campagna elettorale di Trump, completamente ostile e astiosa nei confronti dell’Unione Europea che mai, come in tale disordine mondiale, ha bisogno di essere unita e serrare le fila per non farsi trovare impreparata dall’esito a novembre delle presidenziali americane.
Se Kamala Harris perde, l’’’America First” di Trump abbandonerà l’Europa al suo destino. Dunque, meglio prepararsi all’esplosione di un conflitto inedito nel mondo occidentale sbattendo subito ai margini del potere europeo chi, come la Camaleonte italiana, è già pronta a farsi baciare la testolina bionda dal fraudolento bancarottiere di New York col debole di andare a letto con le attricette del porno.
(da Dagoreport)

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GIORNALISTA AGGREDITO, CHI SONO I QUATTRO INDAGATI DI CASA POUND: UNO ERA CAPOLISTA DELLA LEGA A IVREA

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

HANNO TUTTI PRECEDENTI SPECIFICI, A SECONDA DEI CASI, PER LESIONI, VIOLENZA PRIVATA, DANNEGGIAMENTO

I primi due identificati sono torinesi. Rispondono ai nomi di Euclide Rigato, 45 anni, Maurizio Galiano, 53 anni, meglio conosciuto col soprannome di “Maurizione”. A chiudere il quartetto dei mazzieri di CasaPound si aggiungono Igor Bosonin, 46 anni, militante in Cpi e tesserato leghista a Ivrea e Marco Berra, 35 anni, di Cuneo. Sono tutti dei volti noti di CasaPound in Piemonte.
Gli agenti della Digos, diretti da Carlo Ambra, li hanno identificati attraverso tre video, il primo ripreso da una telecamera pubblica, gli altri due registrati con i cellulari dai residenti in via Cellini. Martedì mattina gli investigatori, coordinati dal procuratore Paolo Scafi, hanno eseguito le perquisizioni domiciliari sequestrando i vestiti che indossavano sabato sera. Nessun cimelio neofascista in casa, come non è stato trovato nulla di rilevante all’Asso di bastoni.
Al netto delle identità, che figure sono i picchiatori di Joly.
Rigato, 45 anni, di Beinasco si guadagna da vivere facendo il tassista. Già consigliere comunale nello scorso mandato di Varisella, 825 abitanti della città metropolitana di Torino, si spende nei comitati antispaccio collegati a CasaPound e animati da Matteo Rossino, ex attivista delle tartarughe frecciate oggi tesserato in quota Lega: era presente alla festa ma non ha partecipato all’aggressione.
Rigato, secondo l’accusa, invece è stato parte del quartetto che minacciato, spintonato e picchiato Joly. Non è proprio un fulmine della politica, alle amministrative del 2016 aveva incassato appena 14 preferenze. Meno di un amministratore di condominio.
Galiano, invece, fisico possente ma non atletico, lavora come tecnico ferroviere. Nella sua galleria Facebook sfoggia una foto con il ghigno e la mannaia in pugno.
Un’altra istantanea scattata sabato sera lo ritrae al bancone dell’Asso abbracciato a Igor Bosonin, l’uomo che secondo gli investigatori assesta un calcio a Jolie quando è a terra. Bosonin oggi è portavoce del Comitato 10 febbraio a Ivrea, “un’associazione di promozione sociale con lo scopo di difendere e diffondere la cultura italiana delle terre giuliane e dalmate”. Nel 2018 si era candidato a sindaco nelle liste di Casapound, mentre alle ultime amministrative si è candidato come capolista della Lega.
Bosonin solo il 4 aprile scorso aveva incassato l’apprezzamento pubblico del parmentare Giglio Vigna: “È una persona impegnata nel sociale, con esperienza amministrativa, padre di famiglia, gran lavoratore e un militante di cui la Lega di Ivrea è orgogliosa”.
Un sigillo politico. Bosonin oltre a essere un militante politico è anche batterista della band d’area i “Ribelli d’Indastria”: con Marca Racca, capo di Cpi a Torino e voce della band torinese, il 29 maggio scorso aveva registrato “+39’”, la canzone dedicata alla tragedia dell’Heysel del 29 maggio 1985. Rigato, Galiano e Bosonin, difesi dall’avvocato Luigi Vatta, sono accusati insieme a Berra (assistito da Giulio Magliano) di violenza privata e lesioni aggravate dai futili motivi e dal fatto di aver agito in molti contro uno.
Berra oltre al primato di aver picchiato Joly, può vantare un altro record precedente: aveva ottenuto una sola preferenza (la sua?) alle amministrative del 2016 con la lista di CasaPound a Cuneo.
(da la Repubblica)

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LA PRESIDENTE DELLA RAI MARINELLA SOLDI SI E’ DIMESSA E PASSA ALLA BBC

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

UNA PERSONA DI LIVELLO NON PUO’ AVALLARE TELEMELONI, DOPO TANTI CONTRASTI ANCHE LEI SE NE VA: DIVENTA CONSIGLIERA DEL COMMERCIAL BOARD DELLA TV INGLESE

Marinella Soldi, presidente della Rai, si è dimessa. In una lettera indirizzata al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, spiega che non coprirà il suo ruolo a partire dal 10 agosto 2024.
La scelta di lasciare l’incarico parte da ragioni personali e professionali – riporta una nota di Viale Mazzini – ed è stata comunicata ai vertici aziendali e sarà formalizzata nella riunione del consiglio di amministrazione prevista per la prossima settimana. Soldi assumerà un nuovo incarico all’emittente pubblica britannica Bbc, come consigliere non esecutivo del Commercial Board, ottenuto dopo essere entrata nel consiglio del gruppo nel settembre 2023.
I consiglieri di Bbc Commercial sono nominati dal Consiglio della Bbc su proposta del Comitato per le Nomine che comprende Dr Samir Shah, Presidente della Bbc, e Sir Damon Buffini, Presidente del Consiglio Bbc Commercial. Bbc Commercial è una controllata della Bbc.
Il consiglio di Bbc Commercial supervisiona le attività commerciali del Gruppo e la realizzazione degli obiettivi di Bbc Studios, in linea con la strategia complessiva commerciale della Bbc. Ha un consiglio composto da otto membri con la maggioranza non esecutiva e un massimo di 3 esecutivi.
Insieme a Damon Buffini, Marinella Soldi sarà il secondo membro non esecutivo a far parte sia del Consiglio principale della Bbc che di Bbc Commercial.
La dirigente ha, tra l’altro, una lunga esperienza nel settore dei media anche nel Regno Unito e a Viale Mazzini era quasi a scadenza di mandato. Per Samir Shah, Presidente della Bbc, «Marinella ha una significativa esperienza globale ed una profonda comprensione delle sfide affrontate dai servizi pubblici. Il suo ulteriore contributo sarà prezioso».
«Sarò felice di lavorare con Marinella nella nostra posizione unica in entrambi i consigli», ha dichiarato Damon Buffini, presidente del Commercial Board e vicepresidente della Bbc. «È un momento critico ed entusiasmante per Bbc Commercial, che deve continuare a fornire un rendimento soddisfacente al Gruppo attraverso una ambiziosa strategia di crescita», ha sottolineato Buffini.
(da agenzie)

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UE, L’ITALIA PERDE UNA PRESIDENZA DI COMMISSIONE A STRASBURGO

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

FORZA ITALIA PAGA IL NO DI MELONI A VON DER LEYEN

Rischio irrilevanza in Europa. Questo si temeva dopo il pasticcio del governo italiano sull’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione. Ora si correrà a minimizzare, ma le prime ripercussioni del no della premier Meloni si iniziano a intravedere.
Ecco dunque che al Parlamento europeo l’Italia ottiene una sola presidenza di commissione, quella del dem Decaro, mentre nessuna andrà a Forza Italia, che nella scorsa legislatura aveva la presidenza della commissione Affari costituzionali con Salvatore De Meo (in questa passa al tedesco Sven Simon).
Esito indigesto per il partito di Antonio Tajani, che è dentro la maggioranza Ursula bis ma si vede assegnare soltanto la capo delegazione per l’Asia Centrale, con Giuseppina Princi. Non proprio un incarico di primo piano. Una mezza sconfitta] considerato che al Ppe andranno ben 8 presidenze.
“Nelle scelte ha pesato anche il fatto che Massimiliano Salini è stato eletto vicepresidente del gruppo del Ppe all’Eurocamera”, provano a rintuzzare il colpo da FI. Mentre Tajani ha annunciato che non voterà i candidati dei Verdi: “Non fanno parte della maggioranza”, ha spiegato.
Sono invece 5 le commissioni che vanno al gruppo dei Socialisti e democratici, di cui una, quella Ambiente, va al dem italiano Antonio Decaro. Il Pd perde però una commissione di peso come quella Economia che nella scorsa legislatura era nelle mani di Irene Tinagli e in questa è passata alla socialista francese Aurore Lalucq.
Altro segnale non positivo per la maggioranza italiana, il fatto che sarà un altro esponente delle opposizioni in Italia, il capodelegazione M5S Pasquale Tridico, a ottenere un altro ruolo di peso: la presidenza della sottocommissione per le questioni fiscali. “La lotta ai paradisi fiscali e l’armonizzazione dei sistemi di tassazione sono da sempre uno dei nostri cavalli di battaglia”, fanno sapere fonti del Movimento a Strasburgo.
(da agenzie)

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MARINA E PIER SILVIO ORDINANO AL “CAMERIERE” TAJANI DI IMBARCARE PEONES ALLA CAMERA E AL SENATO PER RINFOLTIRE FORZA ITALIA

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

TAJANI DOVRA’ RIPRENDERE IL DIALOGO CON I GRUPPUSCOLI CENTRISTI: NON SOLO LUPI E CESA, MA ANCHE LE TRUPPE CAMMELLATE DI CARLO CALENDA.. IL RITORNO DI CARFAGNA E GELMINI

La fase due sul rinnovamento e i volti smart ci sarà, per carità, come desiderano dalle parti di Arcore e Cologno Monzese. Ma intanto inizia una fase due molto più prosaica per contare di più in Parlamento specie all’inizio di un percorso che porterà a tensioni e riequilibri nel centrodestra.
Forza Italia, via segretario Antonio Tajani ma con la benedizione della famiglia Berlusconi, Marina e Pier Silvio, punta ad accogliere moderati per pesare di più tra Camera e Senato, nelle commissioni ma anche nei confronti degli alleati abbastanza nervosetti dopo il voto a Bruxelles sulla Commissione europea a guida Ursula von del Leyen.
L’idea che si fa spazio tra gli azzurri è che gli attacchi del Carroccio di Matteo Salvini contro Tajani e il partito siano sostenuti dietro le quinte dalla premier Giorgia Meloni, e che quindi sia iniziata una fase di logoramento alla quale bisogna in qualche modo rispondere e farsi trovare preparati.
Non a caso il presidente dei senatori berlusconiani Maurizio Gasparri ha già detto che la musica deve cambiare e che, in soldoni, non «siamo all’unicameralismo» e su alcuni ddl, a partire da quello sul codice della strada caro a Salvini, Forza Italia presenterà emendamenti. Insomma, basta fare i pigia-bottoni e i signor sì dei desiderata altrui.
Per far questo più parlamentari si hanno sotto l’ombrello azzurro meglio è. Ed ecco quindi la nuova strategia di Tajani: riprendere intanto il dialogo con i gruppuscoli moderati, non solo quello di Maurizio Lupi, che conta un squadretta di deputati, da Saverio Romano a Ilaria Cavo e Giuseppe Bicchielli, ma anche quello di Lorenzo Cesa. E iniziare ad accogliere nuovi ingressi nei gruppi azzurri.
Il mese scorso è arrivato da Azione Giuseppe Castiglione, ex forzista d’altronde, ma altri potrebbero a breve entrare nella truppa azzurra: in Transatlantico si dà quasi per chiusa la trattativa con Enrico Costa, grande sostenitore della riforma della giustizia targata Carlo Nordio e che in Piemonte sostiene il governatore Alberto Cirio.
Resta invece il veto di Tajani a nomi ingombranti: come quelli di Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna. Da tempo entrambe silenti in Azione e abbastanza scettiche. Forza Italia è pronta ad allargare il controllo di deputati e senatori, con ingressi diretti o con intese con i gruppi moderati tra i quali anche la Svp che ormai vota in sintonia con gli azzurri.
Intanto il segretario getta acqua sul fuoco delle tensioni nella maggioranza: «È sempre stato chiaro che ci sono — ha detto ieri Tajani — posizioni diverse in Europa. Ma questo non ha alcuna ri caduta sul l’attività di maggioranza e di governo. Forza Italia ha fatto sempre il suo dovere, è sempre stata in prima fila per realizzare il programma di governo senza creare alcuna turbolenza. Ma all’interno della maggioranza abbiamo sempre difeso i nostri valori. Forza Italia è un partito europeista ».
(da agenzie)

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AUTONOMIA, DIFFERENZIATA, IL SINDACO DI PARMA GUERRA CONTRO LA RIFORMA: “IL REFERENDUM SARA’ UN’OCCASIONE UNICA PER IL CAMPO LARGO”

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

E’ IL PRIMO CITTADINO PIU’ AMATO D’ITALIA

«L’Autonomia crea diseguaglianze, divide il Paese senza essere ben vista da tutto il Nord. Il problema, anche in una regione forte come l’Emilia-Romagna, è la tenuta del sistema-Paese». Michele Guerra, sindaco di Parma e di recente nominato primo cittadino più amato d’Italia, spiega perché l’autonomia differenziata voluta dal governo Meloni non è una buona riforma ma è un’occasione per le opposizioni di ritrovare unità e mettersi alla prova. «La raccolta di firme per il referendum contro l’Autonomia è una bella prova per il campo largo, un test di forza per il centrosinistra e una riflessione necessaria sul concetto di democrazia», ha spiegato a la Repubblica, «del resto non esiste salvezza fuori dal campo largo, se vogliamo proporre un modello forte e alternativo al centrodestra. Elly Schlein ha lavorato moltissimo, i risultati si vedono. L’Emilia-Romagna ha dimostrato che funziona, è questa la strada giusta». Lo stesso Guerra è stato eletto da indipendente, alla testa di nove liste diverse tra loro. «Non è stato facile, ma si è trattato di un esercizio decisivo», dice oggi, «ci si è confrontati sui vari temi da posizioni non così vicine, ma dentro un perimetro di valori. Si trova la quadra, poi il programma però dev’essere la Bibbia». Le politiche del 2022 vinte dal centrodestra dimostrano che il centrosinistra deve «proporre un modello forte alternativo»: «Oggi il Pd è più forte come perno di una coalizione. Sono certo che le altre forze coglieranno un’occasione che il contesto storico ci obbliga a cogliere». Guardando sia al Movimento 5 Stelle che all’ex Terzo polo, pur con le dovute specificità. «A Parma, l’esperienza con il Movimento 5 Stelle è stata peculiare: l’espulsione del sindaco Federico Pizzarotti ha di fatto “cancellato” il M5S. Però la loro presenza nel campo largo è necessaria», ragiona Guerra, «il dialogo ora deve essere diverso, perché hanno cavalcato in maniera poco assennata alcune linee populiste e ne portano le ferite». Ammette poi di avere qualche dubbio sulle posizioni di Giuseppe Conte: «Non ho sinceramente mai apprezzato le pose sprezzanti ogni volta che il Pd ha teso la mano, non si può accettare questo atteggiamento in coalizione». C’è poi Matteo Renzi, con il quale il dialogo è ancora possibile: «Se il centro capisce che il suo spazio è nel centrosinistra e non da altre parti, è una notizia buona e importante».
(da agenzie)

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AMAZON ITALIA, SEQUESTRATI 121 MILIONI PER FRODE

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

LA PROCURA DI MILANO: “LAVORATORI SFRUTTATI, CON L’ALGORITMO COMANDA ANCHE I CORRIERI ESTERNI”

La procura di Milano ha disposto un sequestro preventivo d’urgenza di 121 milioni di euro per frode fiscale ad Amazon Italia Transport Srl, la filiale italiana del gigante del e-commerce fondata da Jeff Bezos. Il provvedimento, eseguito dalla Guardia di finanza, rientra nell’ambito delle inchieste dei magistrati Paolo Storari e Valentina Mondovì sulla gestione della manodopera di grandi aziende italiane e multinazionali: la tesi della procura guidata da Marcello Viola è che esista un sistema di serbatoi di manodopera messo in atto da queste società per abbattere i costi del lavoro tramite una serie di cooperative e consorzi filtro a cui vengono appaltati in maniera irregolare i servizi di logistica, facchinaggio e vigilanza privata. Nelle altre inchieste, che hanno riguardato tra le altre Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs del gruppo Carrefour e Gxo, i magistrati hanno evidenziato come i lavoratori dei servizi in appalto fossero costretti a essere assunti da queste società filtro, o consorzi, perdendo contributi previdenziali e assistenziali. Il presunto schema ipotizzato dalla Procura si realizzava con fatture false ed evasione dell’Iva. Le inchieste hanno finora portato al versamento da parte delle aziende coinvolte di circa 500 milioni di euro all’erario, alla stabilizzazione di circa 14mila dipendenti e ad aumenti di stipendio per circa 70mila.
L’inchiesta su Amazon Italia Transport Srl
In una nota il procuratore Viola come i rapporti «di lavoro con la società committente sono stati “schermati” da società “filtro” che a loro volta si sono avvalse di diverse società cooperative, dette società serbatoio, che hanno sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale». Amazon Italia avrebbe stipulato finti contratto di appalto con società terze da cui attingere manodopera, in uno schema piramidale che la vede al vertice. In apparenza il servizio di ultimo miglio veniva affidato a terzi, ma di fatto era controllato direttamente dalla società madre. «Attraverso i propri dispositivi tecnologici», scrive la Procura, «esercita poteri direttivi organizzando l’attività complessiva di distribuzione e consegna merci, compresa quella relativa alla cosiddetta consegna “di ultimo miglio”, in apparenza appaltata a fornitori, esercitando direttamente nei confronti dei singoli corrieri, formalmente dipendenti dei fornitori, i poteri specifici del datore di lavoro, anche nel controllo del loro operato». Amazon Italia poi si serve del proprio algoritmo gestionale per monitorare nel dettaglio i corrieri e stilare delle schede con le performance medie, anche attraverso la geolocalizzazione e la stima dei tempi di consegna. «Il ciclo di consegna viene elaborato dal software considerando un tempo complessivo pari a 400-500 minuti, decorrenti dall’avvenuta esecuzione della prima consegna», scrive la Procura nel decreto di sequestro, «il tempo di materiale esecuzione della consegna del pacco al cliente è uniformemente quantificato dal software in tre minuti». Un controllo così capillare e certosino del lavoro dei corrieri che mal si sposa con il fatto che risultavano assunti da società terze.
(da Open)

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LA SORA GIORGIA PROVA L’ENNESIMA GIRAVOLTA E SI RIAVVICINA A TRUMP, L’IDEA È QUELLA DI PORTARE I SUOI CONSERVATORI AD OSPITARE DELEGATI DEL TYCOON IN UN VERTICE DA TENERE IN ITALIA O IN CROAZIA PRIMA DEL 5 NOVEMBRE

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

MA LA DUCETTA CAMMINA SULLE UOVA: LA PREMIER NON PUO’ FARSI TERRA BRUCIATA CON WASHINGTON IN CASO DI RIMONTA DELLA HARRIS

In equilibrio, senza sbilanciarsi troppo. Muovendo passi verso il trumpismo, ma senza esagerare. Ecco la strategia di Giorgia Meloni, alle prese con il dilemma delle Presidenziali americane. Un progetto che dovrebbe portare i suoi Conservatori ad ospitare delegati del tycoon in un Cpac da tenere in Europa — e forse addirittura in Italia — prima del 5 novembre. Ma evitando allo stesso tempo di strappare per adesso con i democratici, la cui collaborazione è servita a cementare l’esecutivo nei primi due anni di governo.
Non c’è nulla di casuale, nelle mosse con cui la presidente del Consiglio affronta questa fase. Non è un caso, ad esempio, che non abbia ancora commentato il ritiro di Joe Biden. Prudenza, quindi.
A differenza di Matteo Salvini, che di fatto è in campagna elettorale per Donald Trump, la premier non intende bruciare ponti che, in caso di rimonta del candidato dem, finirebbero per far collassare il suo rapporto con l’alleato d’Oltreoceano. E d’altra parte, la cautela è anche frutto di un’analisi contenuta nei report più sensibili che i suoi diplomatici hanno elaborato dal G7 di Borgo Egnazia in poi. Tutti contenevano una indicazione: il Presidente si ritirerà e la partita si riaprirà. Senza escludere l’opzione “Michelle”, vale a dire la possibilità di una clamorosa discesa in campo della moglie e first lady di Obama.
E però, è altrettanto vero che sottotraccia il tentativo di riavvicinamento a Trump è comunque partito. E potrebbe subire un’accelerazione nelle prossime settimane, se la corsa del tycoon dovesse apparire destinata a vittoria certa. La manovra ha avuto un passaggio chiave durante la recente Convention repubblicana di Milwaukee, a cui ha partecipato il meloniano e segretario generale dell’European Conservatives and Reformists Party (Ecr) Antonio Giordano. Il mandato ricevuto era chiaro: rafforzare l’alleanza. Come? Anche puntando ad organizzare in Europa una tappa della Conservative Political Action Conference.
È ancora un piano embrionale, infatti prevede almeno tre possibili sbocchi. Una tappa utile a ospitare i trumpiani potrebbe essere quella della convention di Ecr già pianificata per settembre in Croazia. Una seconda è quella in agenda per novembre a Stoccolma: si terrebbe però dopo il voto americano. La terza è quella più suggestiva: allargare l’appuntamento dei gruppi di Fratelli d’Italia del 4-6 ottobre a Brucoli, in Sicilia, organizzando una giornata di lavori “europei” e “atlantici” per ospitare i repubblicani americani.
Equilibrismo, si diceva. Il forte ritorno sulla scena di Trump ha creato insieme un’opportunità, un dilemma e una competizione all’interno della coalizione di governo. Meloni ha collaborato con Biden, bilanciando le difficoltà con Bruxelles. Ha garantito il sostegno all’Ucraina, finora senza sbavature.
E ha assicurato fino a qualche mese fa un’interlocuzione con Orbán e il resto della destra europea, con cui altrimenti Washington avrebbe ovvie difficoltà di comunicazione. Dall’altra parte, però, Fratelli d’Italia è un partito conservatore e adesso, con l’approssimarsi del voto del 5 novembre, questo bivio torna a rendere necessario un investimento progressivo su questo rapporto, senza rompere anzitempo con i dem.
Il segretario di Ecr ne ha approfittato per incontrare membri della campagna presidenziale, parlamentari, esponenti del Partito repubblicano e think tank. Un modo per recuperare terreno rispetto al Carroccio. Per discutere di Nato e investimenti nella difesa, anche oltre il 2% pattuito al vertice di Cardiff (l’Italia si è impegnata a farlo, compatibilmente con i suoi problemi di bilancio).
Si è parlato di Ucraina, forse il tema più delicato, perché il ritorno di Trump alla Casa Bianca potrebbe imporre alla premier un’inversione a U difficile da giustificare. La percezione però è che cambierà la linea, senza l’abbandono di Kiev. Fondamentale resta comunque l’opzione di organizzare una CPAC europea, forse addirittura in Italia. La Conservative Political Action Conference è ormai l’appuntamento annuale del trumpismo, con un’estensione a Budapest dall’amico Orbán. Sia pure con tutte le cautele e gli equilibrismi, si tratterebbe di un passaggio chiave che segnerebbe l’inevitabile ravvicinamento con Trump.
(da repubblica.it)

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NO, IL PNRR NON VA BENE COME DICONO

Luglio 23rd, 2024 Riccardo Fucile

IL 56% DELLE SCADENZE SONO ANCORA DA COMPLETARE

Giorgia Meloni si dice “fiera di quanto fatto” sul Pnrr e ricorda che “la fase due non ammette errori e ritardi”. Esulta anche il ministro Fitto, che con il Pnrr spera di avere abbastanza rincorsa per meritarsi un posto a Bruxelles. Scorrendo le dichiarazioni si potrebbe credere di essere di fronte a un trionfo. E invece no, non è così.
Partiamo dai numeri: nel 2024 è stata effettuata una nuova revisione del Pnrr che ha influenzato anche la programmazione dei flussi finanziari. Attualmente, scrive Openpolis, il 56% delle scadenze del Pnrr sono ancora da completare, con molte posticipate al 2025 e 2026.
Nel contesto del piano europeo Next Generation EU, all’Italia spettano 194,4 miliardi di euro, distribuiti in diverse rate condizionate al raggiungimento di specifici traguardi e obiettivi verificati semestralmente dalle istituzioni europee. Dopo il versamento della quinta rata, che deve ancora essere autorizzato dal Consiglio dell’Unione Europea, l’Italia avrà incassato 113,5 miliardi di euro.
Nel 2023, il governo ha operato una significativa revisione del Pnrr italiano. Dopo l’approvazione di tale modifica, l’erogazione della sesta rata doveva essere condizionata al completamento di 39 scadenze per un valore di circa 9,2 miliardi di euro. Tuttavia, la richiesta italiana è stata inferiore di 700 milioni di euro rispetto al previsto. La revisione del 2024 ha comportato una riprogrammazione del quadro delle scadenze fino al giugno 2026, influenzando i flussi finanziari delle future rate.
Questa riprogrammazione non ha risolto tutte le criticità. Più della metà delle scadenze relative alla realizzazione del Pnrr devono ancora essere conseguite. È quindi cruciale proseguire nell’attività di monitoraggio. A giugno 2026 è previsto il completamento di 173 scadenze, un obiettivo ambizioso e rischioso.
Le modifiche del 2024, passate quasi inosservate, hanno interessato 24 misure. L’investimento “Partenariati per la ricerca e l’innovazione – Orizzonte Europa” è stato eliminato per insufficienza di domanda, mentre altre misure sono state riprogrammate. L’importo della sesta rata è stato ridotto di 700 milioni di euro rispetto alla versione del 2023.
Il nuovo programma di erogazione delle risorse Pnrr prevede che l’Italia debba incassare 28,6 miliardi di euro entro la fine del 2024. Anche se la quinta rata ha visto un incremento di 500 milioni di euro, passando da 10,6 a 11,1 miliardi, l’importo totale è ancora inferiore rispetto al cronoprogramma iniziale di 6,9 miliardi di euro.
Per ottenere tutti i fondi del Pnrr, l’Italia deve realizzare 618 traguardi e obiettivi suddivisi su 10 rate. Supponendo che non ci siano problemi sull’ottenimento dei fondi legati alla sesta rata, le scadenze ancora da conseguire sarebbero 349. La settima rata, da richiedere entro la fine dell’anno, ha visto una riduzione delle scadenze programmate da 74 a 69.
Il governo italiano ha adottato misure per accelerare l’implementazione del Pnrr, inclusa l’eliminazione di alcuni progetti per ridurre il rischio di mancato completamento entro il 2026. Tuttavia, le motivazioni per il definanziamento di specifiche misure non sono sempre chiare, come rilevato dal Prof. G. Viesti dell’Università di Bari. Con il decreto Pnrr quater, il governo ha anche previsto l’uso di poteri sostitutivi e il commissariamento delle opere in ritardo.
La Corte dei Conti ha evidenziato ritardi significativi nella realizzazione dei progetti pubblici, un settore tradizionalmente lento per l’amministrazione pubblica italiana. Nonostante l’Italia sia riuscita a ottenere i fondi relativi alle prime cinque rate del Pnrr, il futuro e i risultati sono meno facili e meno scontati di come vengono raccontati. I numeri parlano, per questo sono così odiati dalla propaganda.
(da lanotiziagiornale.it)

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