Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
“PUTIN NON HA CAMBIATO IL GOVERNO DI KIEV, HA IN MANO SOLO DEI TERRITORI DISTRUTTI. TRUMP? È IL MIGLIOR PRESIDENTE AMERICANO CHE POSSA CAPITARGLI”
Mikhail Khodorkovsky, un tempo l’uomo più ricco della Russia, ha passato dieci anni in
detenzione in Siberia per aver contestato Vladimir Putin. Oggi vive a Londra ed è uno degli oppositori più temuti dal Cremlino.
Lei pensa che Putin punti a un accordo sull’Ucraina?
«Credo abbia delle buone ragioni per negoziare sul serio. In Russia i problemi economici e di reclutamento si stanno accumulando. In più i territori occupati in Ucraina si stanno rivelando un altro problema e un costo enorme, in prospettiva». Quanto serve per ricostruirli?
«Almeno duecento o trecento miliardi di dollari. Se si aggiungono altri territori, di più. Poi c’è la questione delle popolazioni: nell’Ucraina occupata sono rimasti 3,5 milioni di persone e altri 2,5 milioni si sono spostati in Russia. Molti di loro sono anziani o disabili, gente che non lavora e ha bisogno di assistenza. Sono sei milioni di abitanti disabituati da un quarto di secolo a vivere sotto un regime autoritario».
Potrebbero esserci atti di resistenza?
«Non credo possa formarsi una lotta partigiana clandestina. Ma quella è gente abituata a lottare per i propri diritti economici. È un’area mineraria paragonabile in Russia a Kemerovo, che però
è a oltre tremila chilometri da Mosca. Il Donbass invece è ad ottocento chilometri e le strade sono buone.
Negli anni ’90 i minatori russi marciavano sulla capitale e protestavano, sbattendo i loro caschi contro le inferriate della Casa Bianca (la sede del governo dopo il 1993, ndr). Ormai i russi hanno perso l’abitudine a queste cose, ma gli ucraini no. Putin si è messo in casa un problema cinque volte più grande della Cecenia».
Quanto conta il rapporto di Putin con Donald Trump?
«Putin capisce che Trump è il miglior presidente americano che possa capitargli, non gli andrà mai meglio di così. Questo è il momento in cui può tenersi tutto quel che ha conquistato e recuperare un riconoscimento internazionale quasi totale. Prima di Trump era impossibile e anche dopo lo sarà».
La tolleranza di Trump non rischia di rendere Putin anche più aggressivo?
«A Trump piace Putin perché è un uomo forte, vorrebbe essere come lui se potesse. Ma Putin è anche un uomo attento, cauto. Teme di calpestare per sbaglio qualche linea rossa del leader americano.
Alla squadra di Trump sto spiegando che non si può parlare a Putin con lo spirito dei buoni poliziotti. Putin ha una mente criminale, bisogna mostrargli che si è più forti di lui. Invece in Russia si sta diffondendo l’idea che l’America non abbia più armi o che le voglia preservare per un’eventuale guerra con la Cina.
Se Trump e i suoi danno a Putin l’impressione che non sono in grado di combattere contro la Russia, le conseguenze rischiano di essere serie. Ma per ora Putin resta guardingo».
La popolazione russa continua ad accettare la guerra?
«Il 15-20% della popolazione è contro la guerra; il 50% è freddo, ma teme un’eventuale sconfitta della Russia. Solo il 30% della popolazione è davvero a favore. Per lo più sono gli anziani, che non devono combattere. Questi sono elettori di Putin e, benché lui sia un dittatore, li cura molto. Ma la guerra sta diventando visibile nelle strade grazie ad alcuni contrattacchi ucraini ad alto impatto. Di fatto gli aeroporti nella parte europea della Russia sono chiusi e gli attacchi dei droni sulle raffinerie fanno scarseggiare la benzina. In più, nell’ultimo paio di mesi il numero dei volontari per andare a combattere è crollato».
In sostanza Putin può continuare la guerra per un po’, ma la situazione per lui è sempre meno facile».
Lei presenta un quadro secondo il quale Putin non ha concluso molto in tre anni e mezzo di morti e distruzioni. L’élite russa è sempre con lui?
«Putin in generale ha perso la guerra, anche se lui non sarebbe d’accordo. Non sembra che l’abbia persa. Ha perso la guerra per la Russia, non per sé: per sé ha guadagnato altri cinque o sei anni
al potere. Ha usato la guerra per mascherare i suoi fallimenti sociali, economici. Non ha cambiato il governo di Kiev, ha in mano solo dei territori distrutti. Alla fine, questo diventerà evidente anche per le élite russe».
(da corriere.it )
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
ZELENSKY ACCELERA LA PRODUZIONE IN CASA DEL RAZZO FLAMINGO, IN GRADO DI COLPIRE MOSCA, L’OBIETTIVO E’ FAR SENTIRE AI RUSSI CHE LA GUERRA È ARRIVATA ANCHE A CASA LORO
La raffineria di Novoshakhtinsk brucia da mercoledì e ieri è stato centrato lo snodo di pompaggio del gas del porto di Ust-Luga, a sud di San Pietroburgo
Ogni giorno le incursioni ucraine diventano più incisive, tanto da far temere all’amministrazione Trump che possano far saltare in aria anche il fragile percorso di pace inaugurato con il vertice di Anchorage. Secondo il Wall Street Journal, dalla primavera il Pentagono ha posto il veto all’impiego oltre la frontiera delle armi a lungo raggio consegnate dagli Usa.
Oltre a impedire l’uso dei missili Atacms, che non superano i trecento chilometri di distanza, i comandi americani avrebbero pure negato le informazioni di intelligence necessarie a programmare la guida degli ordigni europei Storm Shadow.
Si tratta di paletti imposti già negli scorsi anni e accolti con irritazione a Kiev, trasmettendo la sensazione che gli Stati Uniti non volessero permettere la vittoria ucraina ma solo sfruttare il conflitto per logorare l’esercito di Mosca.
Le cancellerie occidentali invece hanno considerato prioritario evitare il pericolo che il Cremlino scatenasse una ritorsione nucleare, una minaccia ripetuta spesso e apparsa concreta alla fine di ottobre 2022. Solamente nell’agosto del 2025 Biden, Macron e Starmer hanno autorizzato i lanci nella regione di Kursk per sostenere l’offensiva ucraina in territorio russo.
Il presidente Zelensky ieri ha ribadito che non ci sono
consultazioni con Washington sugli attacchi e che le missioni sulla Russia sono affidate esclusivamente ad armi di produzione nazionale. Da tre anni le fabbriche sfornano droni che volano per oltre mille chilometri, aggiornando gli apparati di navigazione dotati di intelligenza artificiale, e hanno brevettato modelli superiori a quelli della Nato.
Si sono preoccupati pure di essere indipendenti dagli 007 occidentali, costruendo ricognitori senza pilota e acquistando immagini satellitari commerciali. La campagna contro il settore energetico russo è ripresa a inizio agosto e non è stata interrotta dal summit in Alaska: dopo l’incontro tra Trump e Putin sono stati bersagliati gli impianti di Syzran, di Saratov, di Novoshakhtinsk e infine di Ust-Uga. La distruzione della stazione di pompaggio di Unecha è stata quella che ha avuto maggiori ripercussioni diplomatiche, perché alimenta le consegne petrolifere a Ungheria e Slovacchia.
Tutti gli osservatori hanno notato come i droni ucraini si stiano dimostrando più precisi e devastanti: i danni richiedono lunghe riparazioni, con ripercussioni sulla distribuzione del carburante: in alcune zone della Crimea il diesel sarebbe introvabile. L’obiettivo diretto di Kiev è chiaro: minare la risorsa che
alimenta la macchina bellica putiniana.
L’incremento degli attacchi ha però anche uno scopo diplomatico: spingere il Cremlino ad accettare una tregua, come più volte chiesto da Zelensky e dai partner europei. Si tratta di una strategia ad alto rischio, che può provocare l’ira dello Zar o causare incidenti disastrosi. Sabato una bomba volante è precipitata nel perimetro della centrale nucleare di Kursk: secondo le fonti di Mosca, prive finora di conferme neutrali, l’incendio avrebbe bloccato un generatore di corrente obbligando a dimezzare l’attività dell’unico reattore attivo.
(da La Repubblica)
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
4500 METRI QUADRI, CON 126 STANZE E UN PARCO DI 120 ETTARI, DUE IMMOBILI MINORI, UN TEATRO, UNA TORRE, UNA SERRA E IL MITICO VULCANO ARTIFICIALE… È LA FINE DI UN’ERA
Villa Certosa è pronta a cambiare proprietario. È la fine di un’era, la residenza dorata di
Porto Rotondo non sarà più legata al nome di Silvio Berlusconi.
A colpi di milioni – tantissimi milioni – il mercato immobiliare di lusso in Sardegna è più vivo che mai. Tanto che se da una parte c’è Whoopi Goldberg che in un batter d’occhio vende la sua villa da 12 milioni di euro a Stintino, a due anni dalla morte di Silvio Berlusconi il suo costosissimo buen retiro cambierà proprietario: Villa Certosa a Porto Rotondo passerà di mano a brevissimo.
Ancora massima riservatezza sull’acquirente, ma i venti dei
milioni soffiano dalla penisola arabica. L’ultima valutazione che fece fare il Cavaliere, nel 2021, si aggirava attorno ai 260 milioni di euro, per i figli eredi quel rifugio che sembra un microcosmo a sé, a Punta Lada, vale non meno di mezzo miliardo.
Con molta probabilità, il ricco arabo, per ora ignoto, che sembra aver portato avanti la trattativa, se la aggiudicherà per una cifra di poco inferiore. Si tratterà della compravendita più ricca mai avvenuta in Sardegna.
I figli dell’ex presidente del consiglio, dopo la sua morte nel 2023, avevano fatto intuire che non ci fosse alcuna fretta di vendere la villa, che per loro era la villa delle vacanze estive e per il resto del mondo la villa con più occhi puntati sopra.
Inizialmente l’unica azienda di servizi immobiliari incaricata era la Dils, vicina a Barbara, Luigi ed Eleonora Berlusconi. Da poco la villa invece è stata presa incarico da Sotheby’s International Realty, con la collaborazione di Knight Castle Real Estate, e con la chiara volontà degli eredi di capitalizzare l’immobile.
Il patron di Fininvest decide di comprare la villa negli anni ’80 da Flavio Carboni. Non resiste al fascino di quella tenuta, che allora si chiamava Villa Monastero, affacciata sul mare del golfo di Marinella. Dopo l’acquisto, la ristruttura su progetto dell’architetto di fiducia, Gianni Gamondi. Carboni tornò su quella compravendita molto tempo dopo, nel 2018, e con amarezza, definendola «un furto»: «Diedero al mio assistente Emilio Pellicani mi pare 800 milioni di lire, ma non corrispondevano neanche a un ventesimo del suo valore».
La residenza estiva del Cavaliere ha cambiato forma fino a raggiungere i 4.500 metri quadri, con 126 stanze e un parco di circa 120 ettari. Oltre all’abitazione principale, sono inclusi quattro bungalow, due immobili minori, il “Cactus” e l’ “Ibiscus”, un teatro, una torre, una serra, una palestra, una struttura per la talassoterapia. I frequentatori di Villa Certosa hanno sempre parlato di un via vai continuo di addetti alle pulizie, giardinieri, muratori, cuochi, camerieri, governanti. Un piccolo mondo lontano da tutto e sempre popolato, di giorno e di notte.
Tony Blair, Mirek Topolánek, José Maria Aznar, Hosni Mubarak, l’amico zar di Russia Vladimir Putin, sono solo alcuni dei potenti del mondo passati da Villa Certosa, ospiti dell’ex premier. Cornice di vertici internazionali, luogo dove sono state prese decisioni importanti per la politica del Paese. Ma dei primi anni Duemila si ricordano anche le foto compromettenti scattata dal fotoreporter sardo Antonello Zappadu e che finirono sulle prime pagine dei giornali italiani e internazionali.
Ed è lunga e piena di protagonisti la storia di Villa Certosa, più volte nei desideri di personalità facoltose di tutto il globo. Nel 2009 la famiglia Al Nahyan di Abu Dhabi è pronta a sborsare un patrimonio pur di aggiudicarsi la residenza dei balocchi, proprio all’indomani delle foto-scandalo.
Berlusconi smentisce. Nel 2013 esce fuori un magnate di Madrid con 400 milioni di euro sul tavolo. Altra smentita ufficiale. Un anno fa le voci si rincorrono: prima il sultano del Brunei, il 77enne Hassanal Bolkiah, poi la catena alberghiera Four Season controllata da Bill Gates. Si parla in entrambi i casi di emissari in Sardegna per vedere di persona le meraviglie berlusconiane. Poi tutto tace. Ma adesso la vendita sembra più di una voce, anche se l’identità del ricco arabo ancora non è nota.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
NELL’ULTIMO ANNO LE VENDITE SONO AUMENTATE DEL 50%: IL BUSINESS DI INDUMENTI PROTETTIVI CONTRO I RAGGI UV TRA I CINESI HA RAGGIUNTO GLI 11 MILIARDI DI DOLLARI NEI PRIMI SETTE MESI DELL’ANNO
Visi pallidi a tutti i costi. Ma senza rinunciare al piacere di un bagno al mare. Ecco il motivo che spiega il boom cinese per il facekini. Più esattamente di mascherine protettive che sono
l’opposto di quelle per il Covid. Nel senso che lasciano liberi occhi e naso
Le mascherine protettive per il viso (appunto facekini) – racconta l’Economist – fanno parte di un settore fiorente in Cina che offre accessori per la protezione dai raggi ultravioletti ( UV ).
A differenza delle mascherine chirurgiche utilizzate per la pandemia di Covid-19, le mascherine solari sono realizzate in tessuto sintetico lavabile. Alcune coprono solo la parte inferiore del viso; altre si estendono fino a fronte, collo e petto. Il loro prezzo varia da pochi dollari a quasi 50 dollari.
Nel complesso, le vendite di indumenti protettivi anti-UV in Cina hanno raggiunto circa 80 miliardi di yuan (11 miliardi di dollari) lo scorso anno.
Secondo Daxue Consulting, una società di ricerca, le vendite di facekini, destinate alle donne, sono aumentate di circa il 50% nell’anno fino a luglio.
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
ORA PASSA PER ECCESSIVA, ISTERICA O PAZZA, MA NON E’ COMPITO DEL MASCHIO STABILIRE I CONFINI DEL PIANTO DI UNA DONNA DOPO UNA MOLESTIA O QUELLI DELLA SUA RABBIA
Ho letto i commenti che migliaia di persone, in prevalenza uomini, stanno rivolgendo a
Marzia Sardo, che ha denunciato in video una molestia all’interno dell’ospedale Policlinico Umberto I di Roma.
Mi vergogno per gli uomini che la pensano eccessiva, isterica o pazza. Mi vergogno per chi le scrive “la tua è stata una reazione esagerata”, come se fosse compito di un maschio stabilire i confini del pianto di una donna dopo una molestia, o quelli della sua rabbia.
Ma voi uomini cosa ne sapete di come ci si sente a essere viste come una performance sessuale anche quando si sta male, in un ambiente scelto solo per necessità dettata dal dolore, con maschi sconosciuti di fronte che pensano alle tue tette invece che soltanto a curarti?
Facciamo un passo indietro: Marzia Sardo è chiusa in bagno e piange. Lo fa per tutta la durata del suo video, quasi tre minuti; Marzia ha girato quel video nel bagno dell’ospedale, probabilmente lo avete visto.
Nel video Marzia racconta di avere avuto un’emicrania fortissima, e di essere andata al pronto soccorso dove hanno optano per una terapia endovenosa. Dopo alcune ore Marzia continuava a stare male, allora viene disposta una tac d’urgenza al cranio, temono un’emorragia cerebrale.
In quelle condizioni, sdraiata perché neanche si reggeva in piedi, un operatore sanitario – a cui Marzia aveva chiesto se per la tac fosse necessario togliere anche il reggiseno, che conteneva un
ferretto all’interno – risponde “no, però se poi lo vuoi togliere, ci fai felici tutti”, ammiccando agli altri uomini nella stanza.
Mi vergogno dell’operatore sanitario per le sue parole. Mi vergogno per gli altri uomini presenti nella stanza, per il loro silenzio. Mi vergogno perché quello che è accaduto – inaccettabile in qualsiasi contesto – è ancora più grave all’interno di un ospedale, che dovrebbe essere luogo di cura anche dalle sopraffazioni.
Mi vergogno perché qualcuno, di fronte a una paziente senza neanche la forza di reggersi in piedi, distesa dal dolore, con il dubbio di un’emorragia cerebrale in corso, decideva di pensare sessualmente alle sue tette e dirlo ad alta voce.
Mi vergogno per chi – maschio – cerca scuse. Le ho lette tutte, in migliaia di commenti sotto il video di Marzia, e sotto gli articoli che ne parlano. Marzia ha dovuto mettere i suoi profili privati per la quantità di offese e insinuazioni che sta ricevendo, soprattutto da uomini ma non soltanto da uomini, perché il patriarcato riguarda noi maschi, ma certe strutture sono state introiettate da moltissime persone indipendentemente dal loro genere. Persone che ancora confondono la molestia con un complimento, al massimo poco opportuno.
Ve lo dico chiaramente: mi infastidisce la vostra insensibilità, uomini. Mi indispone la possibilità di essere accomunato a voi che avete la pretesa di sapere come ci si comporta di fronte al sopruso sessuale, voi che non ne avete ricevuto neanche uno in tutta la vostra vita.
Mi disturbano gli uomini che vogliono insegnare la giusta reazione e il comportamento adeguato a una ragazza molestata.
Maschi, siete mai stati in preda al dolore in una stanza d’ospedale, con quattro mediche che scherzavano sul vostro batacchio e la possibilità di sfilarvi le mutande anche se non era necessario per la visita?
Ve lo dico io: non vi è mai successo e so benissimo il perché: non è mai accaduto neanche a me. E allora, di grazia, quello che noi possiamo fare è presto detto: restare in silenzio e ascoltare le parole delle donne e delle ragazze che anche per colpa di quelli come voi hanno vissuto questa o tante altre esperienze uguali o peggiori.
Maschi che scrivete “ci vuole buon senso ed equilibrio anche nelle denunce”, perché non pensate che prima di tutto quello che occorre sono uomini che non commentano il corpo delle donne?Maschi, cosa vi passa per la testa quando pensate che questa cosa sia normale?
Cosa vi passa per il cervello quando pensate che sia giusto, o tollerabile?
Maschi, non se ne può più di frasi del tipo “era una battuta, diceva per scherzare, te la prendi per tutto”, o di stereotipi come “le donne non sanno parcheggiare” o “hai le tue cose?” o anche “dovresti scopare di più”. Realizzai un video alcuni anni fa, si intitolava Le reazioni delle donne agli insulti sessisti. Purtroppo siamo ancora da quelle parti, confermate anni dopo quando andai alla festa degli alpini a Rimini, tra palpeggiamenti, strattoni e insulti a minorenni. E poi quando dopo un anno di riflessione gli stessi alpini in festa affermarono di fronte alla mia telecamera che le molestie erano colpa di come si vestivano le donne, e chi denunciava le molestie doveva essere multata.
Maschi, mi rivolgo ancora a voi: non c’è nessun problema nell’essere maschi. Il mio problema è con chi pensa che le molestie non lo riguardano perché lui non ne fa, o pensa di non averne mai fatte. Mi spiace per voi ma non basta perché il silenzio è già un problema, bisogna prendere posizione tutti i giorni.
Patriarcato è anche non fare niente perché le cose cambino, e nel frattempo continuare a godere dei privilegi del patriarcato stesso.
Il mio problema è con il vostro comportamento da maschi tossici, e su come finite per rappresentare l’intera categoria. Siamo usciti dalle caverne ormai da un pezzo ma ancora le vostre parole sembrano un’incisione sulle pareti, o il disegno di una caccia al mammut. Evolvetevi, cazzo.
(da Fanpage)
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
“RITIRATE L’INVITO A PARTECIPARE ALLA MOSTRA A GERARD BUTLER, GAL GADOT E A QUALUNQUE ARTISTA E CELEBRITÀ CHE SOSTENGA PUBBLICAMENTE E ATTIVAMENTE IL GENOCIDIO A GAZA” … NEI GIORNI SCORSI 1.500 PERSONALITÀ DEL MONDO DEL CINEMA HANNO CHIESTO UNA NETTA PRESA DI POSIZIONE DELLA MOSTRA SULLA TRAGEDIA IN CORSO NELLA STRISCIA
Un invito esplicito a ritirare «l’invito a partecipare alla Mostra a Gerard Butler, Gal Gadot e a qualunque artista e celebrità che sostenga pubblicamente e attivamente il genocidio. E che invece quello spazio venga messo a disposizione di una nostra delegazione che sfili sul red carpet con la bandiera palestinese».
È una delle richieste formulate, alla Biennale da parte del gruppo di attori, registi e attivisti riuniti sotto la sigla V4P (Venice4Palestine), in risposta alla replica della Biennale di Venezia al primo documento, firmato da circa 1500 personalità del mondo del cinema a favore di una netta presa di posizione della Mostra sulla tragedia in corso a Gaza durante l’imminente
82esima edizione, in programma da mercoledì al 6 settembre.
Tra i sostenitori Ken Loach, Jasmine Trinca, Carlo Verdone, Marco Bellocchio, Laura Morante, Abel Ferrara, Alba e Alice Rohrwacher, Toni e Peppe Servillo, Matteo Garrone, Valeria Golino, Mario Martone, Céline Sciamma, Audrey Diwan e Charles Dance, Fiorella Mannoia e Paola Turci.
Nella replica contestata si sottolinea «che la Biennale di Venezia e la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica sono sempre stati, nella loro storia, luoghi di confronto aperti e sensibili a tutte le questioni più urgenti della società e nel mondo», e si ricordano inoltre le dichiarazioni del presidente Pietrangelo Buttafuoco e del direttore artistico della Mostra Alberto Barbera, alla presentazione di Venezia 82, quelle in occasione della Biennale Architettura 2025 e della Biennale Arte 2024, oltre alla lectio magistralis di Luciano Violante del giugno scorso.
Troppo poco a giudizio dei firmatari: «La comunicazione ufficiale della Biennale sceglie ancora di non menzionare la Palestina e il genocidio in corso, né tantomeno lo Stato di Israele che lo sta perpetuando.
Se la Biennale vuole davvero essere un “luogo di confronto aperto e sensibile”, allora questo spazio deve essere innanzitutto uno spazio di verità. Apprezziamo ovviamente la presenza di film come The Voice of Hind Rajab della regista Kaouther Ben Hania, ma allo stesso tempo ci chiediamo come si può rendere omaggio a figure come Gerard Butler e Gal Gadot, protagonisti di un film fuori concorso, che sostengono ideologicamente e materialmente la condotta politica e militare di Israele».
Inoltre si chiede che durante la cerimonia d’apertura della sia dato spazio a artisti e artiste palestinesi per portare una testimonianza diretta. Si esprime sostegno manifestazione Stop al genocidio-Palestina libera, indetta per il 30 agosto alle 17 al Lido promossa da diversi gruppi politici, collettivi e associazioni regionali e nazionali e sostenuta dalla rete Artisti #NoBavaglio e da tante realtà e firme del cinema.
Accanto alla richiesta di ritiro dell’invito a Gadot e Butler, si aggiunge quella «alla Biennale di esporsi con azioni e con posizioni chiare e che si impegni a interrompere le partnership con qualunque organizzazione che sostiene il governo israeliano, direttamente o indirettamente».
(da agenzie)
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
“VA DA SÉ CHE LA POLEMICA TRANSFRONTALIERA HA COME OBIETTIVO LA STESSA MELONI. IL LEADER DELLA LEGA È PREOCCUPATO PER I DATI DI SCARSA VISIBILITÀ DEL SUO PARTITO”
C’era voluto un anno e passa di lavoro diplomatico e la pressione dell’incubo di un
completo abbandono dell’Europa e dell’Ucraina al loro destino per normalizzare (?) le relazioni tra Italia e Francia, e soprattutto tra Meloni e Macron, due leader fatti apposta per non piacersi ma costretti loro malgrado a fingere.
Dal G7 di Borgo Egnazia in Puglia del 2024 dove si celebrò lo scontro sull’aborto, con il Presidente francese che pubblicamente si doleva del mancato inserimento della parola nel documento finale del vertice, e la premier italiana che gli ricordava che era il
modo di preservare un minimo di unità tra i presenti, all’incontro con Trump di una settimana fa alla Casa Bianca, in cui i partner europei si sono presentati insieme a Zelensky al cospetto di The Donald
In mezzo, ci sono quattro ore di faccia a faccia il 3 giugno, per ricucire una tela troppe volte strappata anche solo per esigenze di immagine, e nella speranza di una vera svolta nella guerra in corso da oltre tre anni al centro dell’Europa.
Un equilibrio di relazioni bilaterali in cui – al di là degli impegni del Trattato del Quirinale, che dal 2021, per iniziativa di Mattarella, formalmente ha legato in due Paesi in un patto di cooperazione troppe volte violato da entrambe le parti –, tutto ci voleva tranne l’entrata in scena di Salvini con il suo linguaggio abituale rivolto contro l’inquilino dell’Eliseo: «Si metta l’elmetto, vada lui a combattere…».
Va da sé che la polemica transfrontaliera, volutamente sottolineata da Macron con il richiamo dell’ambasciatrice italiana, ha come obiettivo la stessa Meloni.
Il leader della Lega, preoccupato per i dati di scarsa visibilità del suo partito, ha deciso di rientrare in campo sul terreno che divide gli alleati europei: una forza multinazionale con soldati sul campo proposta da Macron e Starmer e aperta ai Paesi “volenterosi”.
Da cui l’Italia, con Meloni, ha preso subito le distanze, schierandosi più vicino a Trump, che teme così di irritare Putin in una trattativa di pace ferma e già molto complicata di suo.
Marcello Sorgi
per “La Stampa”
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
CONTINUANO LE IMPRESE CRIMINALI DELL’ASSOCIAZIONE A DELIQNUERE CHE L’ITALIA FINANZIA… SOS MEDITERRANEE ACCUSA IL GOVERNO ITALIANO: “ASSEGNARCI PORTI LONTANI VUOL DIRE DILUIRE LA NOSTRA ATTIVITA’ E FAVORIRE I MANCATI SOCCORSI”
«Oggi la Ocean Viking è stata deliberatamente e violentemente attaccata in acque internazionali dalla Guardia Costiera libica che ha sparato centinaia di colpi contro la nostra nave. Gli 87 sopravvissuti e l’equipaggio stanno bene. Stiamo lavorando a ricostruire gli eventi».
Lo scrive Sos Mediterranee in un post su X, allegando le foto dei bossoli e dei finestrini frantumati dai colpi, dopo il salvataggio di 47 persone da parte della nave Ocean Viking. La ong nel pomeriggio di domenica 24 agosto ha soccorso e tratto in salvo un gommone. L’imbarcazione di fortuna si trovava alla deriva al largo delle coste libiche. Tra le persone a bordo c’erano anche nove minori non accompagnati, per lo più in fuga dalla guerra in Sudan. La barca, che ha contattato Roma per l’assegnazione di un approdo sicuro, dovrà viaggiare per altri quattro giorni.
L’accusa all’Italia: «Ci assegnano porti lontani per farci perdere tempo»
È la stessa SOS Mediterranee a denunciare l’accaduto: «Le autorità italiane hanno assegnato Marina di Carrara come porto di sbarco», scrivono sui social. «Sono 1.300 km lontano dall’area di salvataggio e tre giorni e mezzo di navigazione in più». Una assegnazione che, secondo la Ong, non è
assolutamente casuale: «Ancora una volta, un porto distante ci trascina lontani dal Mediterraneo centrale, dove gli sforzi di soccorso sono disperatamente necessari. Questa pratica costa vite umane, ogni giorno».
(da Fanpage)
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Agosto 25th, 2025 Riccardo Fucile
ROMA QUARTICCIOLO OSTAGGIO DELLA CRIMINALITA’, LA DENUNCIA DI DON COLUCCIA
Don Antonio Coluccia ha denunciato ancora una volta la situazione di forte degrado e
illegalità che da anni grava sull’area alla periferia est della Capitale
«A Roma Quarticciolo il crimine spadroneggia. Saranno le persone di buona volontà a riscattare il territorio. Il cambiamento è possibile». Con queste parole, accompagnate da un video girato nelle strade del quartiere, don Antonio Coluccia ha denunciato ancora una volta la situazione di forte degrado e
illegalità che da anni grava sull’area alla periferia est della Capitale. Il sacerdote, noto per il suo impegno contro le mafie e per le attività di recupero dei giovani a rischio, ha voluto puntare i riflettori su una realtà dove lo spaccio, le occupazioni abusive e la microcriminalità restano piaghe quotidiane per i residenti.
Un quartiere segnato dalla criminalità
Nel video girato al Quarticciolo, quartiere popolare di Roma Est, si vede la realtà di una zona in cui la criminalità sembra avere ancora troppo spazio. Nel filmato si vedono giovani in sella a scooter che percorrono le vie del quartiere a tutta velocità, in gruppo, con atteggiamenti che richiamano una sorta di controllo del territorio. Attorno, palazzi popolari segnati dal tempo, muri scrostati e strade in cui la normalità della vita quotidiana convive con il senso di abbandono e disordine. Nel messaggio che accompagna il video, don Antonio insieme denuncia e invita all’azione: contro chi impone la propria legge nelle periferie, serve la risposta civile di una comunità unita. Il sacerdote, già sotto scorta per le minacce ricevute dalle organizzazioni criminali, continua così la sua battaglia per restituire dignità a quartieri spesso dimenticati dalle istituzioni, ma non dalla quotidiana resistenza di chi li abita.
(da agenzie)
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