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PUTIN HA TROVATO I SUOI SCHIAVI, I NORDCOREANI: KIM JONG-UN HA INVIATO NON SOLO SOLDATI DA SACRIFICARE AL FRONTE, MA ANCHE OPERAI, CHE SOSTITUISCONO NEI CANTIERI EDILI I LAVORATORI RUSSI PARTITI COME SOLDATI PER L’UCRAINA

Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile

ALCUNI NORDCOREANI SCAPPATI DALLA RUSSIA HANNO RACCONTATO LE CONDIZIONI DI LAVORO “ABOMINEVOLI”: COSTRETTI A LAVORARE DALLE 6 DI MATTINA ALLE 2 DI NOTTE, TRATTATI ALLA STREGUA DI PRIGIONIERI

Vivono in condizioni di schiavitù. Costretti a lavorare dalle 6 di mattina alle 2 di notte, con un paio di giorni liberi all’anno e le mani che ormai faticano ad aprirsi. La Russia si è ripetutamente rivolta alla Corea del Nord per avere un supporto nella guerra in Ucraina, utilizzando i suoi missili, i suoi proiettili di artiglieria e soprattutto i suoi soldati.
Ora, con molti uomini russi uccisi o fuggiti dal paese, i funzionari dell’intelligence sudcoreana hanno rivelato che Mosca fa sempre più affidamento sui lavoratori nordcoreani, trattati alla stregua di prigionieri.
Alcuni nordcoreani che sono riusciti a scappare dalla Russia hanno raccontato come i loro compatrioti siano sottoposti a condizioni di lavoro «abominevoli» e come le autorità nordcoreane stiano rafforzando il controllo sui lavoratori per impedirne la fuga. Uno di loro è comunque riuscito a scappare.
E ha detto alla Bbc che una volta atterrato nell’estremo oriente russo è stato accompagnato dall’aeroporto a un cantiere edile da un agente di sicurezza nordcoreano che gli ha intimato di non
parlare con nessuno, né di guardarsi in giro. «Il mondo esterno è il nostro nemico», gli ha sussurrato. È stato subito messo a lavorare per costruire grattacieli per più di 18 ore al giorno.
«Svegliarsi era terrificante», ha spiegato il fuggitivo senza rivelare la propria identità per ragioni di sicurezza. «Al mattino le mani si bloccavano, incapaci di aprirsi, paralizzate dall’incessante lavoro. Durante il giorno alcuni lasciavano il loro posto per dormire o si addormentavano in piedi, ma i supervisori li trovavano e li picchiavano. Era davvero come se stessimo morendo».
Gli evasi hanno raccontato che gli operai nordcoreani sono confinati nei cantieri giorno e notte, dove sono sorvegliati da agenti del Dipartimento di sicurezza di Pyongyang. Dormono in container sporchi, sovraffollati e infestati da insetti, oppure sul pavimento di palazzi in costruzione, con i teloni arrotolati sugli stipiti delle porte per cercare di ripararsi dal freddo.
Un altro operaio ha confessato di essere caduto da un’altezza di quattro metri e di essersi «fracassato» il volto, ma anche in quel caso i suoi supervisori non gli hanno permesso di lasciare il cantiere per andare in ospedale.
Lo scorso giugno l’ex ministro della difesa russo, Sergei Shoigu, ha ammesso per la prima volta che 5mila nordcoreani erano stati inviati a ricostruire Kursk, una regione russa che nel 2024 era stata occupata dalle forze ucraine.

(da agenzie)

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“MIA SORELLA È STATA UCCISA DALL’IDF, MA NESSUNO VUOLE INDAGARE”: PARLA TONY, IL FRATELLO DI SHIREEN ABU AKLEH, LA REPORTER CON PASSAPORTO AMERICANO DI AL JAZEERA, UCCISA NEL 2022 A JENIN

Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile

“GLI ISRAELIANI HANNO CAMBIATO VERSIONE SEI VOLTE E NON HANNO CONDOTTO UNA INDAGINE. RIVOLGERSI A UN TRIBUNALE PALESTINESE È INUTILE PERCHÉ NON HA IL POTERE DI ESEGUIRLA. BLINKEN MI PROMISE CHE AVREBBE FATTO DI TUTTO PER ASSICURARE ALLA GIUSTIZIA IL COLPEVOLE. POI ALLA CASA BIANCA HANNO INSABBIATO TUTTO”

«Sono tre anni che cerco giustizia per mia sorella Shireen, uccisa a Jenin da un soldato israeliano. È morta con la scritta “Press” addosso. Sono tre anni che faccio di tutto, spendo un sacco di soldi e mi danno l’anima per scoprire chi ha premuto il grilletto e fargli assumere la responsabilità di ciò che ha fatto. […] non esiste neppure un processo a nome Shireen Abu Akleh. E dopo i funerali nessuno da Israele mi ha contattato, né un procuratore, né un giudice, né un poliziotto. Hanno ammazzato mia sorella e pretendono anche che me ne dimentichi».
Parla a Repubblica Tony Abu Akleh, 62 anni, fratello di Shireen, la popolare reporter di Al Jazeera colpita a morte l’11 maggio 2022, mentre stava seguendo un raid delle Idf nel campo profughi. Quando è morta, la giornalista palestinese-americana aveva 52 anni.
Dopo l’uccisione è stata aperta un’inchiesta penale?
«Questo accade nei Paesi civili, non nella Cisgiordania occupata. Non è stata condotta alcuna indagine da una corte israeliana. Tutti gli avvocati con cui ho parlato mi hanno detto la stessa cosa: rivolgersi a un giudice israeliano è impraticabile, rivolgersi alle autorità palestinesi è inutile».
Perché?
«Perché se anche un tribunale palestinese emettesse una sentenza, non avrebbe il potere per eseguirla. Inoltre, l’esercito israeliano ha provato a manipolare i fatti. Prima ha detto che erano stati i militanti palestinesi a sparare a mia sorella, poi che era morta per un proiettile vagante. Sei volte hanno cambiato versione.
L’allora premier Bennet pubblicò un video che doveva essere la prova che scagionava le Idf, poi si è scoperto che non era girato all’ingresso dove Shiriin è stata colpita. Ci hanno ingannato, fornendoci elementi fasulli».
Né Israele, né l’Autorità palestinese: da chi spera di ottenere giustizia, quindi?
«Dagli Stati Uniti, mia sorella aveva il passaporto americano».
Hanno analizzato il proiettile?
« È stato consegnato agli americani dopo essere stato esaminato da militari canadesi a Tel Aviv. Dopo l’esame – era il 3 luglio 2022 – l’ambasciatore americano di allora, Tom Knight, mi disse che i fatti erano chiari e che sarei stato contento di leggere la relazione finale sul proiettile. Il 4 luglio mi ha richiamato e mi ha detto che la relazione era cambiata. C’era scritto che il proiettile non combaciava con le dotazioni dell’esercito israeliano e che comunque non era possibile identificarne l’origine. Una palese bugia. Esperti forensi mi hanno detto che sui proiettili rimane sempre una sorta di “impronta digitale” per risalire all’arma».
A chi si è affidato negli Usa?
«Avevo trovato un’avvocata brava e molto potente. All’inizio era entusiasta di seguire il caso, dopo il 7 ottobre ci ha mollati».
Il caso è ancora aperto negli Stati Uniti?
«L’allora segretario di Stato Blinken mi promise che avrebbe fatto di tutto per assicurare alla giustizia il colpevole. Poi alla Casa Bianca hanno cambiato linea e hanno insabbiato tutto, volevano solo che smettessimo di parlare di Shireen. Mi hanno detto “caso chiuso”. Di recente ho scoperto che Biden, durante il viaggio in Medio Oriente organizzato tre mesi dopo l’uccisione di mia sorella, col governo isralieano non ha neppure sollevato la questione».
E Trump?
«Sono stato a Washington a maggio, ho scritto sia a Trump che a Rubio, nessuna risposta. Né questa, né la precedente amministrazione farebbero qualcosa che possa disturbare Israele. Ma io non mi arrendo, continuo a lottare, lo devo a Shireen».
I cinque giornalisti uccisi dall’Idf all’ospedale di Khan Younis. Cosa ha pensato?
«È il sistema per silenziare chi, con coraggio, documenta la realtà. Come mia sorella Shireen, colpita apposta per il lavoro che faceva. Non attaccano solo i giornalisti ma anche il diritto di tutti a sapere quel che sta accadendo in Palestina. È così triste e frustrante sapere che i soldati israeliani possono uccidere i reporter senza rischiare niente, rimanendo impuniti».
Ci sarà mai giustizia per i giornalisti uccisi a Gaza?
«Se anche solo uno di quei 246 cronisti, fotoreporter e cameraman avrà giustizia, se cioè qualcuno finirà in prigione per uno almeno di quegli omicidi, sarà sufficiente. Ne basta uno per svegliare il mondo. Dopo nessuno potrà eliminare con questa facilità chi tiene in mano una telecamera o impugna una penna».

(da agenzie)

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SALUTAME A GIORGIA. L’ASSE FRANCO-TEDESCO È PIÙ FORTE CHE MAI: IL CANCELLIERE FRIEDRICH MERZ VOLA IN FRANCIA, DOVE SI TERRÀ IL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONGIUNTO DEI GOVERNI DI PARIGI E BERLINO

Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile

L’ASSE REGGE E I DUE FIRMERANNO ACCORDI STRATEGICI, SEGNO CHE MERZ STA CON LA FRANCIA, IN BARBA AL SOGNO DELLA DUCETTA DI UN ASSE TRA ITALIA E GERMANIA

Secondo il cancelliere tedesco, Friederich Merz, è “evidente” che non ci sarà alcun incontro tra Volodymir Zelensky e Vladimir Putin. Il cancelliere lo ha detto parlando al fianco del presidente francese, Emmanuel Macron, che lo ospita questa sera nella residenza estiva dei capi di Stato francesi, al Fort de Brégançon.
“E’ evidente che non ci sarà alcun incontro fra il presidente Zelensky e il presidente Putin – ha detto Merz dopo aver ringraziato Macron per l’invito, un “onore riservato a pochi capi di governo”, ha sottolineato – “e questo contrariamente a quanto era stato convenuto fra il presidente Trump e il presidente Putin”.
Un giorno prima delle consultazioni franco-tedesche sulla politica economica e di sicurezza a Tolone, il cancelliere tedesco Friedrich Merz è arrivato in Francia. Merz è atterrato a Marsiglia nel pomeriggio.
In serata, incontrerà il presidente Emmanuel Macron nella sua residenza estiva, Fort de Brégançon, sulla Costa Azzurra, per preparare il Consiglio dei ministri. Metà del governo Merz parteciperà alla riunione di venerdì. Tra i presenti, il ministro delle Finanze Lars Klingbeil, la ministra dell’Economia Katherina Reiche, il ministro della Difesa Boris Pistorius e il ministro degli Interni Alexander Dobrindt.
L’incontro è oscurato dalla profonda crisi di governo in Francia. Il Primo Ministro François Bayrou prevede di chiedere al Parlamento un voto di fiducia l’8 settembre. Dopo la battuta d’arresto della cooperazione franco-tedesca sotto la guida del predecessore di Merz, Olaf Scholz, Parigi e Berlino ora spingono per un “nuovo inizio franco-tedesco”.
Secondo l’Eliseo, si dovrà stabilire un programma comune sia per le relazioni tra i due Paesi sia per la politica europea. Il rapporto di Macron con Merz è considerato significativamente migliore di quello con Scholz. Ciononostante, permane una lunga lista di divergenze tra i due Paesi.
”La Russia ha mostrato di nuovo il suo vero volto ieri sera. Condanniamo con la massima fermezza i gravi attacchi contro la popolazione civile”. Lo ha scritto in un post su ‘X’ il cancelliere tedesco Friedrich MERZ sottolineando che ”il fatto che anche la rappresentanza dell’Ue sia ora sotto attacco testimonia la crescente spietatezza del regime russo”.

(da agenzie)

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L’EMINENZA NERA DI TRUMP E’ IL MILIARDARIO PETER THIEL: ATTRAVERSO PALANTIR TECHNOLOGIES, UNO TRA I POCHI COLOSSI HI-TECH CHE COLLABORA CON LE AGENZIE MILITARI E DI INTELLIGENCE USA, THIEL HA CREATO UNA VERA E PROPRIA INFRASTRUTTURA DI POTERE CHE NON SOLO SOSTIENE IL TRUMPONE, MA CONTRIBUISCE A DEFINIRNE L’IDENTITÀ, LE PRIORITÀ E LA DIREZIONE FUTURA

Agosto 29th, 2025 Riccardo Fucile

LA SVOLTA AUTORITARIA DI TRUMP HA LE SUE RADICI IN UN SAGGIO IN CUI THIEL SOSTIENE APERTAMENTE CHE ‘’LIBERTÀ E DEMOCRAZIA SONO INCOMPATIBILI’’ PERCHÉ IL POTERE SI COLLOCA “OLTRE LA LEGGE” …LE AZIONI DI PALANTIR SONO QUINTUPLICATE NEGLI ULTIMI 12 MESI, E NON SOLO GRAZIE ALLE COMMESSE DI STATO MA ANCHE PER GLI STRETTI INTERESSI CON L’INTELLIGENCE ISRAELIANA

Se siete curiosi di sapere dovrà andrà a parare il delirio di onnipotenza trumpiana, è interessante seguire le opere e i propositi della sua “eminenza nera”, Peter Thiel.
Nato a Francoforte nel 1967, laureato in filosofia a Stanford, multimiliardario grazie al suo fiuto per gli affari, cofondatore di PayPal e Palantir, azienda leader nell’analisi dei dati per la sicurezza e l’intelligence, Peter Thiel non solo sostiene l’amministrazione Trump, ma contribuisce a definirne l’identità, le priorità e la direzione futura.
Pur non comparendo mai in pubblico, la rete di Thiel è una vera e propria infrastruttura di potere che non ha alcun bisogno di un incarico nel governo o di traslocare a Washington: oltre alle sue lunghissime telefonate quasi quotidiane con il “Caligola della Casa Bianca”, supportate dagli ottimi rapporti con la potentissima capogabinetto del presidente, Susie Wiles, e con il segretario al Tesoro Scott Bessent, con cui ordisce le trame economiche per Trump, Thiel è stato il principale artefice della nomina alla vice presidenza di JD Vance, che ha lavorato per lui alla Mithril Capital, una società di investimenti, tra il 2016 e il 2017.
Altri esponenti dell’amministrazione Trump legati a Thiel, che ricoprono incarichi di responsabilità, sono il vice del no-vax Robert Kennedy al dipartimento della Sanità, Jim O’Neill, già
Ceo della Thiel Foundation dal 2009 al 2012; Jacob Helberg, consulente di Palantir, come sottosegretario alla crescita economica, energia e ambiente; Trae Stephens, partner del Founder fund di Thiel, come viceministro della Difesa, mentre David O. Sacks presiede il Comitato dei Consiglieri della Casa Bianca per la Scienza e la Tecnologia, che si occupa in particolare di intelligenza artificiale e, soprattutto, è stato nominato “zar” delle criptovalute.
Non è finita. Chi ha scelto Trump per conquistare la Groenlandia, territorio danese semi-autonomo ricco di minerali e strategicamente situato nell’Artico, come ambasciatore USA in Danimarca? Ha scelto Ken Howery, co-fondatore di PayPal insieme a Thiel e Musk.
La svolta autoritaria di Trump, che in sei mesi di presidenza ha capovolto i paradigmi dello stato di diritto, ha le sue radici nel pensiero della sua “eminenza nera”. Nel saggio “The Education of a Libertarian”, scritto nel 2009 per il Cato Institute, Peter Thiel arriva a scrivere: “Non credo più nella compatibilità di democrazie e libertà (perché) se abilitato, il demos finirà inevitabilmente per votare restrizioni al potere dei capitalisti e quindi restrizioni alle loro libertà” perché “è la tecnologia a guidare il futuro“.
Secondo la mente dietro molte delle decisioni più rilevanti in ambito tecnologico e politico di Trump, la democrazia elettorale rappresenterebbe un metodo estremamente e burocraticamente inefficace per assumere decisioni, mentre il vantaggio di una tecnologia non regolamentata consisterebbe nella possibilità di provocare cambiamenti epocali senza bisogno di ricevere l’approvazione degli altri, meno che mai di una qualche maggioranza.
Per Thiel il potere si colloca “oltre la legge”: “Il liberalismo è una negazione della politica: cerca di risolvere i conflitti con discussioni infinite invece che con decisioni sovrane”. In questa frase, c’è tutto Trump.
Una visione anarcocapitalista del mondo che non nasconde dichiarate affinità suprematiste (la chiama “energia maschile”), ben inzuppata di elitismo tecnocratico ispirato a Leo Strauss, il filosofo conservatore noto per la sua critica alla democrazia parlamentare, e infine mescolata con le culture esoteriche plasmate su fantasy e fantascienza.
Tra il pensiero di Platone e quello di Carl Schmitt, il filosofo politico tedesco noto per la sua adesione al nazismo, Thiel non ha problemi a tirare in ballo la saga di ‘’Guerre Stellari” mettendola insieme al romanzo caro a Giorgia Meloni, “Il signore degli anelli’” di J.R.R. Tolkien, a cui Thiel si è ispirato per dare il nome alla propria azienda: i palantir sono sfere di cristallo che distorcono la verità e propongono aspetti selettivi della realtà.
Nel delirio di Thiel, tra crescita incontrollata del capitalismo, avanzata della tecnologia e superamento del sistema democratico, spiccano anche le teorie sul cambiamento climatico provocato dall’uomo (è arrivato a definire l’attivista Greta Thunberg, un potenziale “Anticristo”) e la funzione positiva dei vaccini nell’affrontare gli agenti patogeni e nel prevenire le malattie.
Per sfanculare quello che resta dei principi della democrazia e fondare una “nuova rivoluzione americana”, Thiel ha messo su Palantir Technologies, uno tra i pochi colossi della Silicon Valley che collabora con le agenzie militari e di intelligence statunitensi, procurando le informazioni per prendere di mira gli oppositori politici di ‘’The Donald’’, inclusa la repressione dell’immigrazione: dei 229,2 milioni di dollari per commesse pubbliche, il pagamento più importante (50,31 milioni) è arrivato dall’ICE, il famigerato ‘’Immigration and Customs Enforcement’’.
Nota per la sua capacità di formare ingegneri del software con elevata capacità di lavoro e di sacrificio (“Palantir Mafia può masticare il vetro”), Thiel vanta clienti in ogni angolo del mondo (Oman, Giordania, Iraq, Siria, Germania, etc) ai quali fornisce piattaforme di data intelligence.
Se mezzo mondo è finito a gambe all’aria, il futuro della mente strategica del trumpismo sembra tinto di “verdoni”. Le sue azioni sono quintuplicate negli ultimi 12 mesi, arrivando a capitalizzare 326,35 miliardi di dollari, non solo grazie alle commesse di Trump ma anche agli stretti interessi con l’intelligence israeliana del Mossad (uno dei motivi per cui Trump non rompe con la macelleria di Netanyahu si chiama appunto Thiel).
Ah, dimenticavamo: Bessent e Thiel hanno in comune non solo Trump ma lo stesso desiderio sessuale: sono ambedue dichiaratamente gay. Thiel fece il suo coming out addirittura dal palco della convention repubblicana nel 2016, quando era in campagna per la prima candidatura di Trump alla presidenza, e un anno dopo si sposò a Vienna con il suo compagno di lunga data Matt Danzeisen, manager della sua società di investimenti Thiel capital. La loro unione è stata rallegrata dalla nascita di una bambina.

(da Dagoreport)

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