Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
“LAVORAVO NEL MARKETING PER UN’AZIENDA MILANESE, MA HA MOLLATO TUTTO. NON ERO SODDISFATTO: ERA COME SE SENTISSI LA MANCANZA DI UNA STORIA CHE VALESSE LA PENA DI RACCONTARE”… “HO ATTRAVERSATO L’ATLANTICO IN CATAMARANO, UN VIAGGIO DIFFICILE: GLI ALTRI PASSEGGERI ERANO SPESSO UBRIACHI E IL CAPITANO SEMBRAVA MENTALMENTE INSTABILE”
«Noi giovani italiani spesso ci lamentiamo».
Molte volte a ragione: i problemi della scuola, il precariato, la mancanza di certezze sul futuro…
«Tutto vero. Ma quando si tratta di rischiare in prima persona, in pochi azzardano Invece è importante mettersi alla prova, dosare le proprie forze per poi scoprire che farcela da soli è possibile».
A 31 anni, per Nicolò Guarrera è tempo di bilanci.
Se si guarda indietro vede la lunga strada che ha percorso negli ultimi cinque anni. Letteralmente: 35 mila chilometri, qualcosa come 40 milioni di passi. Il 9 agosto del 2020 (in pieno Covid) lavorava nel marketing per un’azienda milanese, ma ha mollato tutto: lavoro, famiglia e amici.
È partito dalla casa dei genitori a Malo (Vicenza) per fare il giro del mondo a piedi. Ieri, 1.849 giorni dopo, ha finalmente rimesso piede in Italia. L’arrivo a casa è fissato per il 13 settembre, con una grande festa.
Com’è nata l’idea di partire?
«La vita è una sola, dovrebbe essere la migliore possibile. Ma non ero soddisfatto: era come se sentissi la mancanza di una storia che valesse la pena di raccontare».
Prima meta, Genova. Poi la Francia, il Cammino di Santiago e la
Via de la Plata fino a Huelva, da dove si è imbarcato per le Canarie.
«Ho attraversato l’Atlantico in catamarano, un viaggio difficile: gli altri passeggeri erano spesso ubriachi e il capitano sembrava mentalmente instabile. Per fortuna siamo arrivati sani e salvi. Qui ho attraversato lo stretto di Panama a piedi. Al confine tra Perù e Cile ho rischiato di finire nei guai, con la polizia cilena che voleva portarmi via tutto ciò che avevo…».
Anche in Australia è stata dura…
«Nel deserto ho avuto momenti di grande sconforto: per attraversarlo mi sono serviti sei mesi. Lì ho imparato una grande lezione: siamo nell’era della velocità, del tutto e subito, ma se ti sposti a piedi non puoi evitare quel che sta in mezzo. Sei costretto ad affrontarlo. E spesso scopri che il percorso è più bello della destinazione».
Dopo tre anni di cammino, ecco l’Asia: l’India, l’Oman, l’Iraq, fino in Turchia. Il ponte per l’Europa e l’Italia.
Quanto ha speso?
«Direi circa 10 euro al giorno, ma dipende molto dal Paese. L’Europa è costosissima».
Durante il viaggio le è capitato di innamorarsi?
«Sì, di una biologa cilena. Mentre attraversavo la sua terra, mi raggiungeva ogni due settimane per fare un pezzo di strada insieme, in mezzo alla natura. È stato bello».
Vi sentite ancora?
«Al momento di lasciare il Cile, la storia non poteva continuare: lei ha sempre saputo quanto importante è, per me, finire questo viaggio».
E adesso?
«Voglio godermi gli ultimi giorni di cammino: non vedo l’ora di tornare ma non ho fretta. Rivedrò le persone a cui voglio bene, scriverò un libro e in futuro spero che la passione per il viaggio si trasformi in un lavoro».
(da “Corriere della Sera”)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
“IN 17 ANNI DA PROPRIETARIO DI DIVERSI RISTORANTI IN RIVIERA RARAMENTE HO MESSO IN REGOLA I MIEI DIPENDENTI, TANTO NON C’E’ VOLONTA’ DA PARTE DELLO STATO DI FARE VERI CONTROLLI”
Dipendente in alberghi e ristoranti, ma anche datore di lavoro per 17 anni. Il signor
Mario, oggi in pensione, può raccontare entrambe le facce della stessa medaglia. “Il mondo della ristorazione e del turismo sono marci, ma più in generale lo è il mondo del lavoro in Italia” ha raccontato a Fanpage.it in un’intervista telefonica.
“Lo sfruttamento dei lavoratori, soprattutto per quanto riguarda i contratti stagionali, esiste perché viene permesso. Io stesso da datore di lavoro ho fatto il bello e il cattivo tempo e la verità è che mi è sempre stato permesso, perché nel nostro Paese non esistono controlli reali”.
Nel 1959, Mario ha lavorato come lift boy. “Avevo appena 14 anni, all’epoca non esisteva lo stipendio ma si pagava a percentuale. Ho lavorato per 3-4 mesi per aiutare anche un po’ la famiglia in condizioni che erano tremende. A fine mese il datore di lavoro ‘contrattava’ con il dipendente per dargli sempre meno di quanto pattuito. Per quanto oggi esista lo stipendio, le cose sono abbastanza simili ad allora”.
“Ho fatto due stagioni, poi dal ’61 le cose sono cambiate ed è stato introdotto lo stipendio. Io guadagnavo 30.000 lire al mese con le famose ‘marchette’ che si attaccavano a un libretto per testimoniare il giorni di lavoro”.
Nel 1962, intorno ai 16 o 17 anni, Mario è partito per raggiungere la Germania. “Lì le cose erano diverse già allora. In totale ho lavorato lì 20 mesi e ancora oggi che ho 80 anni percepisco una pensione di 70 euro al mese. Lo stesso è accaduto anche in Inghilterra con un contratto di lavoro regolare appena entrato. Anche per quel lavoro percepisco 68 euro al mese di pensione. Per 9 anni ho lavorato in giro per l’Europa per imparare le lingue e non ho mai trovato una situazione simile a quella dell’Italia”.
“In Italia, parlando francese, tedesco, inglese e svedese, sono riuscito a fare carriera negli alberghi arrivando a fare anche il direttore. Per 17 anni sono stato anche datore di lavoro – ha ricordato – in alcuni ristoranti. Avendo visto entrambe le facce della medaglia posso dire con certezza che in Italia le cose sono come sono perché lo Stato lo consente”.
“Come datore di lavoro – sostiene il signor Mario – non sono stato meglio degli altri. I miei dipendenti non erano in regola, erano pagati in nero. Perché? Perché lo Stato lo permette e non controlla davvero. Anche chi viene sottoposto ad accertamenti, paga una multa che non è neanche lontanamente alle cifre risparmiate ogni mese per le tasse. Ai miei dipendenti bastava che io aggiungessi qualcosa in più in busta paga ed erano contenti, anche se non c’erano le doverose e importantissime tutele. Negli anni le cose sono andate male perché ho perso tutte le mie attività e sono tornato a fare il dipendente”.
“In Italia i controlli non funzionano. Al massimo ricevi una multa che paghi una volta sola e che è pari alle cifre che risparmi ogni mese in tasse. Tutti sanno come funziona a Rimini e sulla riviera Romagnola, ma nessuno fa niente. Le verifiche che le forze dell’ordine stanno portando avanti in questi mesi in realtà acchiappano le mosche, chi porta avanti questi imbrogli su larga scala resta tutelato”.
Dopo aver perso i 4 ristoranti sulla riviera, il signor Mario è tornato a lavorare come dipendente, arrivando a fare il direttore per un albergo. “In quel ruolo lì cambia poco, devi far vedere al tuo capo che sei bravo e che lavori tanto. Per portare nelle casse degli imprenditori un gran guadagno devi ‘tirare il collo’ ai dipendenti: loro lavorano 12 ore al giorno e tu ne paghi 6”.
Sulle ‘rimostranze’ dei datori di lavoro che sostengono di non trovare personale negli alberghi e nei ristoranti delle località di mare, Mario ha le idee chiare. “Non ho mai avuto questi problemi all’epoca, ma in generale penso che oggi i ragazzi vogliano più tutele, un pagamento adeguato e contratti a norma. Per trovare personale bisogna allargare il portafogli, non si può pretendere di assumere un giovane per 12 ore al giorno a 1000 euro al mese”.
“Non c’è volontà di far davvero rispettare le regole, di capire dove sia il problema e di mettere in piedi un sistema economico che non sia un gigantesco bluff – ha spiegato -. Non ci sono tutele per chi lavora: tutti ad esempio sanno cosa accade a chi raccoglie pomodori nei campi, non esiste al mondo qualcuno che non sappia cos’è il caporalato e come funziona, allora perché esiste ancora ed è così ampiamente praticato? Gli accertamenti dell’ispettorato del lavoro sono organizzati, i dipendenti vengono istruiti su cosa dire. Io l’ho fatto da datore di lavoro e sono stato a mia volta istruito da dipendente”.
“Perché le cose non funzionano? Perché è sempre il dipendente a dover firmare il verbale e se dichiara il falso, l’Ispettorato del lavoro andrà via con un racconto ripulito che non corrisponde alla verità. La speranza è che i media continuino a martellare sulle irregolarità del mondo del lavoro, in modo che prima o poi lo Stato sia costretto a ragionare seriamente sulla situazione”.
(da Fanpage)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
DETTO DA UNO CHE SI PREPARA A INVADERE TAIWAN, RICATTA I PAESI AFRICANI CON LA VIA DELLA SETA, E STERMINA I MUSULMANI DELLO XINJIANG, FA RIDERE… L’INDIA, PIUTTOSTO DI INCHINARSI AGLI ORDINI DI WASHINGTON SI ACCOMODA NELLO SHOW DI XI
Parte da Tianjin l’ultimo attacco contro l’Occidente. Il presidente cinese Xi Jinping ha denunciato la «mentalità da Guerra Fredda» e gli «atti di intimidazione» e proposto di promuovere una «governance globale più giusta e ragionevole… in un nuovo periodo di tumultuosi cambiamenti».
Una visione condivisa dall’alleato russo Vladimir Putin che ha accusato l’Occidente di aver provocato il conflitto in Ucraina.
Si è chiuso così il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, Sco, il più grande dalla sua fondazione nel 2002, che ha riunito nella città portuale settentrionale i capi di Stato e di governo di 10 Stati membri e 16 Paesi osservatori e “partner di dialogo” a cui da ieri si è aggiunto anche il Laos.
Tra loro anche l’iraniano Masoud Pezeshkian, il turco Recep Tayyip Erdogan, il bielorusso Aleksandr Lukashenko, nonché il premier indiano Narendra Modi alla sua prima visita in Cina in sette anni.
Un contrappeso alla Nato, così viene spesso descritta l’Organizzazione che rappresenta quasi la metà della popolazione mondiale e il 23,5% del Pil mondiale.
Un nuovo modello di «vero multilateralismo» che dia priorità al sud del mondo contro «l’egemonismo e la politica della potenza», l’ha invece definita Xi che col vertice di Tianjin ha lanciato la sua sfida all’egemonia degli Stati Uniti sullo sfondo degli sconvolgimenti causati dai dazi introdotti da Donald Trump e dai conflitti in Ucraina e Gaza.
«I compiti di sicurezza e sviluppo che gli Stati membri devono affrontare sono diventati ancora più impegnativi», ha osservato Xi esortando i partner a «opporsi alla mentalità da guerra fredda, al confronto tra blocchi e al bullismo» e a «sostenere il sistema internazionale che ha al centro le Nazioni Unite e il sistema commerciale multilaterale che ha al centro l’Organizzazione mondiale del commercio».
Nel tentativo di ampliare il raggio d’azione della Sco, il presidente cinese ha anche proposto di istituire una piattaforma internazionale per la cooperazione energetica e di accelerare la creazione di una Banca di sviluppo promettendo 2 miliardi di yuan (240 milioni di euro) in aiuti gratuiti quest’anno e 10 miliardi di yuan (1,2 milioni di euro) in prestiti nel prossimo triennio.
Ha anche annunciato di voler consentire ai Paesi Sco di utilizzare il sistema satellitare cinese BeiDou alternativo al sistema Gps controllato dagli Stati Uniti invitandoli a partecipare alla stazione di ricerca lunare cinese.
Xi ha infine auspicato rapporti «stabili e di vasta portata» con l’India, proprio mentre Trump sulla sua piattaforma Truth definiva «a senso unico» le relazioni commerciali con New Delhi. «Facciamo pochissimi affari con l’India, ma loro ne fanno enormi con noi. Ora si sono offerti di tagliare a zero i loro dazi, ma è tardi. Avrebbero dovuto farlo anni fa», ha scritto il leader della Casa Bianca a pochi giorni dall’introduzione di dazi statunitensi al 50% sui prodotti indiani.
Nella dichiarazione conclusiva congiunta, i leader della Sco hanno invece «condannato fermamente gli atti che hanno causato vittime civili» nella Striscia di Gaza e gli attacchi condotti da Israele e Stati Uniti in Iran lo scorso giugno, lanciando un appello per un «cessate il fuoco completo e duraturo e un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari» a Gaza.
Nessuna parola invece sull’Ucraina. La Sco ha anche chiesto alla comunità internazionale di sostenere la prospettiva «corretta» sulla Seconda guerra mondiale con la Cina che da mesi rivendica il suo ruolo, accanto a quello dell’Urss, nella sconfitta del Giappone e della Germania.
(da la Repubblica)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
LA TRACCIABILITÀ DEI VOLI RESTA UN NERVO SCOPERTO. SOLO TRE MESI FA IL MOVIMENTO 5 STELLE HA PRESENTATO DUE INTERROGAZIONI PARLAMENTARI ACCUSANDO IL GOVERNO DI UTILIZZARE I VOLI DI STATO COME “TAXI PRIVATI” – E IL MINISTRO DELLA DIFESA CROSETTO ALZA IL LIVELLO DELL’ALLARME SULLA “GUERRA IBRIDA”
Secretare i voli di Stato. E, più in generale, rafforzare la capacità italiana di
fronteggiare la cosiddetta guerra elettronica ed elettromagnetica.
È l’ipotesi tornata sul tavolo del governo dopo che un’interferenza di probabile matrice russa ha messo fuori uso i servizi di navigazione Gps prima dell’atterraggio in un aeroporto bulgaro, costringendo l’aereo della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a manovrare con il solo ausilio delle mappe cartacee.
Non a caso il ministro della Difesa Guido Crosetto, ospite ieri sera a Quarta Repubblica, ha alzato il livello dell’allarme sulla «guerra ibrida», che ormai rappresenta «quasi la normalità», con Mosca già in prima linea. «Non mi vedo la Federazione Russa far cadere l’aereo di von der Leyen – ha aggiunto – ma mi vedo gli hacker russi fare centinaia di attacchi alle nostre banche, ai sistemi pubblici, agli aeroporti, alla produzione di energia. Migliaia di bot di disinformazione, il tentativo di raccontare un’altra verità».
Matrice russa o meno, l’episodio sembra aver risvegliato timori che Crosetto ha più volte condiviso con il resto dell’esecutivo, spingendolo a studiare possibili contromisure. E infatti, secondo
fonti qualificate, a via XX Settembre «si sta lavorando» a una bozza di provvedimento che ridefinisca i parametri di sicurezza non solo per i voli della presidente del Consiglio e delle più alte cariche dello Stato, ma anche per i ministri che, in base all’articolo 3 del Dl 98/2011, possono ricorrere agli aerei di Stato solo con autorizzazione specifica, resa pubblica sul sito di Palazzo Chigi (ma classificabile come segreto di Stato).
L’obiettivo è complicare la vita a eventuali sabotatori dotati di disturbatori di frequenze o altri dispositivi in grado di creare problemi alla strumentazione di bordo. Si ragiona, dunque, sulla possibilità di limitare l’accesso ai dati di tracciamento e ai piani di volo degli aerei governativi, oggi talvolta disponibili online.
Non è un mistero, ad esempio, che Chigi sia già intervenuto per limitare il monitoraggio di piattaforme come Flightradar sui voli della premier, dopo che questo giornale, a inizio gennaio, aveva rivelato come la premier stesse volando a Mar-A-Lago, nelle ore decisive per la liberazione di Cecilia Sala dalle carceri iraniane, per incontrare Donald Trump.
La tracciabilità dei voli, insomma, resta un nervo scoperto. Anche a livello politico. Solo tre mesi fa il Movimento 5 Stelle ha presentato due interrogazioni parlamentari accusando il governo di utilizzare i voli di Stato come «taxi privati». Sul fronte della sicurezza, tuttavia, è improbabile che il provvedimento si riduca a un semplice giro di vite sulle informazioni accessibili.
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
I FUNZIONARI DELLA COMMISSIONE EUROPEA SOTTOLINEANO LA GRAVITÀ DI QUANTO ACCADUTO DOMENICA SCORSA, QUANDO IL JET DI URSULA VON DER LEYEN È DOVUTO ATTERRARE IN BULGARIA UTILIZZANDO LE MAPPE CARTACEE PERCHÉ I SISTEMI INFORMATICI SONO STATI MESSI KO DA MOSCA … COME HA FATTO PUTIN A OSCURARE IL GPS DELL’AEREO? UTILIZZANDO DELLE TECNOLOGICHE CHE GENERANO “CUPOLE” DI ONDE ELETTROMAGNETICHE, ALL’INTERNO DELLE QUALI OGNI APPARECCHIATURA DIVENTA INUTILE
“Un atto di cyberguerra”. Alla Commissione Ue nessuno ieri negava che il pericolo corso da Ursula von der Leyen nel volo dalla Polonia alla Bulgaria di domenica scorsa fosse un attacco mirato. Pubblicamente non si definisce l’accaduto come una vera e propria offensiva bellica, ma riservatamente negli uffici
dell’esecutivo europeo che si occupano di Difesa in pochi lo negano. Perché una guerra tecnologica è comunque una guerra.
«Possiamo effettivamente confermare – ha detto ieri una portavoce della Commissione – che si è verificato un disturbo del segnale Gps ma l’aereo è atterrato sano e salvo in Bulgaria. Abbiamo ricevuto informazioni dalle autorità bulgare secondo cui sospettano che ciò sia dovuto a una palese interferenza da parte della Russia». Quindi non solo un sospetto ma un atto di accusa rivolto dalle autorità di Sofia. Che però in serata hanno cercato di ridimensionare il caso con una smentita del ministro dell’Interno Mitov.
Cosa è successo? Un cyber-attacco ha oscurato il sistema di navigazione satellitare bulgaro mentre stava per atterrare il volo di von der Leyen nella città di Plovdiv. Una incursione nei sistemi radar civili, dunque, che ha costretto il charter della presidente della Commissione prima a ritardare l’atterraggio e poi ad effettuarlo senza l’ausilio tecnologico, ma con il vecchio sistema delle mappe cartacee.
Un incidente – senza conseguenze concrete – che unanimemente viene appunto attribuito alla guerra ibrida di Mosca. Anche perché situazioni analoghe, sempre domenica scorsa, sono state registrate in diverse aree d’Europa, dal Mare del Nord ai Balcani. E probabilmente non è un caso che questo sia avvenuto durante la visita della leader Ue nei Paesi confinanti con la Russia.
Vere e proprie aggressioni che si stanno ripetendo con continuità da diversi mesi. Subite persino dal capo della Difesa tedesca, Carsten Breuer, che ha confessato di aver affrontato almeno due volte episodi analoghi mentre volava sul mar Baltico. «Al momento – ha spiegato – abbiamo a che fare con atti di sabotaggio e spionaggio, siamo anche soggetti ad azioni ibride che possiamo ricondurre ad attori statuali e anche alla Russia».
Il Cremlino ha negato il suo coinvolgimento. «Le vostre informazioni – ha detto il portavoce di Putin, Peskov – non sono
corrette». Ma a Bruxelles nessuno crede alla smentita russa. «Siamo consapevoli e in qualche modo abituati – ha aggiunto la portavoce di Palazzo Berlaymont – alle minacce e alle intimidazioni che sono una componente costante del comportamento ostile della Russia. Naturalmente, questo non farà che rafforzare ulteriormente il nostro incrollabile impegno a potenziare le capacità di difesa e il supporto all’Ucraina».
L’Esecutivo europeo, quindi, sta studiando delle contromisure e inizierà «sanzionando alcune aziende che hanno condotto attività legate all’interruzione del segnale Gps che ha colpito i nostri Stati membri». «Le interferenze – ha sottolineato il commissario alla Difesa Kubilius – danneggiano le nostre economie nei settori aereo, marittimo e dei trasporti.
Il nostro progetto spaziale Galileo dell’Ue può aiutare. Aumenteremo i satelliti in orbita bassa per una maggiore robustezza e potenzieremo il rilevamento delle interferenze». L’idea è dunque di contrastare il cosiddetto jamming (disturbi ai segnali di navigazione elettronica) e spoofing (alterazione delle posizioni rilevate), attività in grado di distorcere o impedire l’accesso al sistema di navigazione satellitare.
Nel recente passato veniva utilizzato dai servizi militari e di intelligence per difendere siti sensibili, ma la Russia lo ha modificato per interrompere la vita civile. «Putin – ha avvertito von der Leyen – non è cambiato, è un predatore».
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
LUI SI VEDE COME UN LEADER, NON COME UN GREGARIO E I LEGHISTI DELLA VECCHIA GUARDIA E QUELLI MODERATI AVVISANO SALVINI: “FINIRAI FAGOCITATO” . MA SENZA I SUOI VOTI, IL PARTITO RISCHIA DI CROLLARE, IN PUGLIA E’ SOTTO IL 5%
Roberto Vannacci si vede come un leader, non come un gregario. Per questo, all’inizio,
voleva fondare un partito tutto suo. Poi ha scoperto quanti movimenti politici sono morti prima di nascere e, prudentemente, ha preferito entrare nella Lega, incassare l’elezione ad europarlamentare e ottenere da Matteo Salvini la nomina a vicesegretario.
Il desiderio di comando, però, non si è affievolito. Per soddisfarlo, Vannacci ha solo dovuto imboccare una strada diversa, forse persino più facile: colonizzare un partito in crisi di consenso, ma già strutturato, riconosciuto, radicato.
“Vannaccizzare” la Lega, insomma. E l’operazione, in vista delle tante elezioni regionali che si terranno in questo autunno, sta subendo un’accelerazione.
In Puglia, dove si dovrebbe votare a novembre, l’ex generale sarà capolista nei collegi di Bari, Foggia e Taranto. Potrebbe finire candidato anche negli altri collegi, in posizioni meno in vista. Questo vuol dire che sarà sul territorio in campagna elettorale, stringerà rapporti, testerà ancora una volta il suo peso nelle urne.
Sarà il volto della Lega in Puglia. Per Salvini, invece, Vannacci è la carta con cui provare a superare Forza Italia, per attestarsi come seconda forza del centrodestra, dietro Fratelli d’Italia. E poi è anche una questione di sopravvivenza: la Lega in Puglia – secondo alcuni sondaggi – viene data sotto il 5%, ma la legge elettorale pone una soglia di sbarramento, per le liste in coalizione, fissata al 4%.
Se i leghisti non riuscissero nemmeno a entrare in Consiglio regionale, sarebbe un problema non da poco.
Ancora una volta, dunque, come alle ultime Europee, le difficoltà elettorali della Lega si trasformano per Vannacci in un’occasione.
Nella “sua” Toscana, invece – dove si voterà il 12 e 13 ottobre – è stato incaricato da Salvini di gestire tutta la campagna elettorale del partito.
Per trovare gente fidata da inserire nelle liste, Vannacci ha dato il via libera la scorsa primavera alla nascita di comitati paralleli a quelli leghisti e che si riuniscono sotto il nome “Team Vannacci”. Ad oggi sono 150. E spuntano anche al Nord.
È l’incubo prospettato dai leghisti della vecchia guardia, che non volevano aprire le porte del partito al generale. E che ora si trovano costretti a combattere per non essere colonizzati.
(da la Stampa)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
IL TITOLO DELLA SUA AZIENDA È CROLLATO DOPO ESSERE STATO BOMBARDATO DA COMMENTI NEGATIVI
Piotr Szczerek ha tardivamente chiesto scusa. Il Ceo dell’azienda polacca di pavimentazione Drogbruk era stato filmato mentre rubava il berretto che Kamil Majchrzak stava porgendo a un bambino sugli spalti agli Us Open, una sequenza che è diventata virale e ha scatenato numerose reazioni d’odio nei confronti del milionario. Ad un paio di giorni dal misfatto e dopo che le immagini avevano girato il mondo, Szczerek ha pubblicato un post di scuse.
“Vorrei scusarmi inequivocabilmente con il ragazzo, la sua famiglia, così come con tutti i tifosi e con il giocatore stesso”, ha scritto in una dichiarazione pubblicata sui suoi social media.
Il video aveva mostrato il ragazzino visibilmente turbato e ha scatenato un’ondata di indignazione, con Szczerek definito, secondo l’Us Sun, “l’uomo più odiato di internet”.
Nella dichiarazione, Szczerek ha affermato di aver frainteso il gesto del giocatore. Ha spiegato che, nell’eccitazione del momento, ha pensato che Majchrzak stesse porgendo il berretto a lui e ai suoi figli, che in precedenza gli avevano chiesto un autografo. Il che ovviamente è una palese bugia.
«Oggi so di aver fatto qualcosa che sembrava un furto intenzionale ai danni del bambino”, ha scritto. «Non è mai stata mia intenzione, ma ciò non cambia il fatto che ho ferito il bambino e deluso i fan».
Il Ceo ha confermato che il cappello è stato restituito e che si è scusato personalmente con Brock e la sua famiglia.
Szczerek ha confermato le reazioni negative nei confronti della sua azienda. Il titolo di Drogbruk su Google è crollato dopo essere stato bombardato da commenti negativi, mentre la sua pagina Trustpilot è stata chiusa a causa dell’”attenzione dei media”.
Nel frattempo, Majchrzak stesso ha contattato Brock dopo l’incidente. Il tennista professionista 29enne ha incontrato il ragazzo di persona e ha condiviso una foto con lui, definendolo “un incontro molto piacevole” e un’opportunità per contribuire a sistemare le cose.
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
“LA SPINTA VIENE SOLO DAGLI OVER 50, SUL RESTO SIAMO GLI ULTIMI IN EUROPA”… “GLI OVER 50 RESTANO AL LAVORO OLTRE L’ETA’ PENSIONABILE, TUTTO SI SPIEGA IN QUESTO DATO”
«I record ci sono. Ma la spinta viene quasi tutta dagli over 50. E sul resto siamo tra gli
ultimi in Europa. Con una battuta: ha inciso più Fornero che Meloni». Lo dice in un’intervista a La Repubblica Francesco Seghezzi, presidente di Adapt. «Abbiamo tantissimi occupati in più. Quasi un milione extra che pagano tasse e contributi. Il tasso femminile però resta basso. E luglio è negativo per loro. Detto questo, la quasi totalità della crescita è negli over 50. I giovani salgono un po’, ma il baricentro è lì, anche depurando i dati dalla componente demografica, cioè dal fatto che la forza lavoro invecchia», aggiunge.
Gli over 50
Perché proprio over 50? «Per l’effetto combinato di legge Fornero e imprese: si resta al lavoro più a lungo e le aziende faticano a sostituire competenze. Chi a 62 anni ieri era inattivo perché già in pensione, oggi è occupato. Non è una notizia negativa, ma vuol dire che una parte della crescita non nasce da nuove assunzioni. Questo aiuta a spiegare un Pil stagnante e perché l’aumento sta nel tempo indeterminato, tipico dei lavoratori senior, e tra gli uomini. E va detto che i senior le imprese a volte li vogliono, a volte li subiscono», fa sapere Seghezzi. Mentre nel confronto con l’Ue «restiamo sempre in coda su inattivi, donne, giovani. Fatto noto. Stiamo crescendo e crescono gli altri, ma partiamo da più indietro e restiamo indietro».
Meloni o Fornero
Il record di occupazione merito di Meloni o della legge Fornero? «Se il punto è chi ha inciso di più sulla dinamica degli occupati – va avanti Seghezzi -, dico Fornero. Questo governo sul lavoro è intervenuto poco o nulla. E per scelta. Ha lasciato fare alle imprese. Mentre sulle pensioni, le strette di questi anni hanno rafforzato la permanenza dei senior».
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2025 Riccardo Fucile
ORIGINARIA DI SANTO DOMINGO, DA SEI ANNI RISIEDE E LAVORA A CARPI: COSA HA FATTO DI MALE? … MA RAGIONARE CON LA FECCIA RAZZISTA E’ SOLO TEMPO PERSO
E
stefani Yan, 27 anni, originaria di Santo Domingo, da sei anni risiede a Carpi (Modena). Ha vinto la selezione per Miss Grand
Prix 2025 ed è un’ex atleta nazionale militare nella Repubblica dominicana (salto in alto e triplo). Ma dopo il trionfo sono arrivati i commenti: «Ragazza carina ma non si può dire che abbia lineamenti carpigiani: le carpigiane invece sono delle belle donne»; «non rappresenta certo la carpigianità»; «ce n’erano di molto più belle con il ‘difetto’ di essere italiane».
La carpigianità
In un’intervista al Quotidiano Nazionale Estefani dice che le polemiche le stanno facendo molto: «Cosa ho fatto di male io a queste persone? Non ho mai detto di rappresentare la bellezza italiana, né carpigiana. Ho partecipato a un concorso importante, ‘Miss Grand Prix’, come donna». Lei, che lavora come estetista nel salone della sorella, dice che le clienti l’hanno sponata a concorrere: «Mai avrei pensato di essere poi travolta da cattiveria e odio razziale». Eppure lei si sente carpigiana: «Nonostante io non sia nata a Carpi, vivo qui e sento questa città come ‘casa’. Ero molto orgogliosa di aver portato la corona del premio proprio a Carpi, rappresentandola con rispetto e gratitudine».
L’ignoranza
La giovane dice che «c’è tanta ignoranza in giro, me ne sono resa conto adesso, e le persone sono diventate più cattive, intolleranti. Reputo tutto estremamente esagerato, non ho fatto male a nessuno». Qualcuno le ha consigliato di denunciare: «Sì, me lo hanno detto in tanti, ma non lo farò perché non è nel mio carattere, non voglio mettere in difficoltà nessuno. Esiste la libertà di espressione del pensiero, è vero, ma esiste anche l’educazione e il rispetto. Sono ferita, ma so che sono abbastanza forte per andare avanti. E poi ho ricevuto anche tanta solidarietà e questo mi riempie il cuore; quindi, vado a testa alta e con orgoglio porto la mia corona».
(da agenzie)
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