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ISTRUZIONE SEMPRE PIU’ CARA E FAMIGLIE INDEBITATE: IL BOOM DEI PRESTITI SCOLASTICI

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

SONO ARRIVATI A 370 MILIONI DI EURO… BALZO DEL 15% IN UN SOLO ANNO

Per lungo tempo il debito scolastico è statato il timore delle migliaia di studenti che arrivavano a fine anno con quelle insufficenze da sanare poi in estate. Oggi invece, l’accezione di debito scolastico sta cambiando e spaventa più le famiglie che gli studenti. Studiare in Italia costa sempre di più e sempre più famiglie si rivolgono alle banche per far fronte alle spese. Secondo quanto riportato da La Stampa, negli ultimi dodici mesi i prestiti personali destinati a scuola, università e formazione hanno superato i 370 milioni di euro, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. A cresce non è solo il volume ma
anche l’importo medio per ciascun studente: circa 7 mila euro.
Il costo degli studi
Quello del prestito scolastico non è un fenomeno marginale: già nel 2024 il 5% delle famiglie italiane aveva dovuto accendere un prestito per le spese scolastiche e un ulteriore 31% aveva intaccato i propri risparmi o chiesto aiuto a parenti e amici. In parallelo, il 28% delle famiglie aveva tagliato alcune spese legate all’istruzione dei figli. Questo perché la fotografia dei costi dell’isturzione è impietosa: secondo i dati Moneyfarm, il ciclo di scuola dell’obbligo costa oggi oltre 24.700 euro, 3 mila euro in più rispetto al 2022. Crescere un figlio fino alla maggiore età significa affrontare circa 156 mila euro di spese, tra istruzione, tecnologia, sport, viaggi studio e supporto scolastico. Ma è l’università a far livitare il conto.
Spesa pubblica scarsa
Nonostante in Italia solo l’1% degli studenti ricorra a prestiti per studiare, contro il 5% in Spagna e oltre il 50% nei Paesi Bassi e in Svezia, i numeri sono in crescita: nel 2023 le richieste di finanziamento sono più che raddoppiate, arrivando a 139 milioni di euro, con un importo medio di quasi 19 mila euro. Secondo gli esperti questa situazione è imputabile alla scarsa spesa pubblica per l’istruzione: in Italia resta ferma al 7,3% del totale, la più bassa in Europa.
Meglio invece sul fronte universitario dove gli studenti ricevono in media 2578 euro, e nessuno in Europa fa altrettanto. Le formule più diffuse di prestito sono quelle che, beneficiando di una garanzia statale al 70%, garantiscono che la restituzione dell’importo non inizi prima dei 30 mesi dalla fine degli studi, ipotizzando che quello che prima era uno studente sia riuscito in quell’arco di tempo a diventare un lavoratore.
(da agenzie)

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MELONI CHE PARLA DI PASTARELLE A DOMENICA IN E’ UN’IMMAGINE CHE CI DICE QUANTO E’ DEBOLE LA RAI

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

LA SCENA DI APERTURA DELLA NUOVA EDIZIONE DIMOSTRA CHE LA RAI E’ ORMAI MALATA DI REGIME

Con la scena di Meloni collegata che ricorda nostalgicamente le pastarelle come simbolo delle sue domeniche, si è aperta la nuova stagione di Domenica In. La cinquantesima, per l’esattezza. Difficile immaginare un avvio più sgrammaticato, per un programma che tornava già sospinto da forti dubbi sulla nuova formazione, dopo che nell’estate Venier è riuscita a
ribaltare i piani dell’azienda e, come era stato anticipato su Fanpage, fare in modo da spingere fuori dal progetto Gabriele Corsi per imbarcare Tommaso Cerno, a cui si sono poi aggiunti Enzo Miccio e Teo Mammucari.
L’impatto della trasmissione in questa domenica inaugurale è il frutto di una forzatura, quella con cui Venier ha deciso di rimanere al timone di un programma che ha meritevolmente riportato ai suoi fasti negli anni scorsi, trovando un nuovo linguaggio e una capacità di farsi ponte generazionale, dal quale si era più volte congedata annunciando la sua ultima stagione per poi fare un passo indietro, esattamente come l’anno scorso. La conduttrice per l’ennesima ultima edizione di Domenica In ha messo a punto un nuovo assetto che nasce scarico e demotivato, se non dal lato di chi la fa, almeno da quello di chi la guarda.
In questa prima puntata il senso di accumulo e forzature è palpabile ed è la stessa conduttrice a riconoscerlo nel finale di puntata, sottolineando che c’è stata un po’ di confusione, di cui il momento gioco con Mammucari è stato emblema.
Nello scenario decritto, l’immagine di Meloni collegata a distanza ha un effetto disturbante. Non tanto perché una premier non possa intervenire in una trasmissione nazional popolare, quanto per ciò che l’immagine in sé trasmette, ovvero la facilità con cui la premier si serva del servizio pubblico. Le opposizioni, impotenti, si ribellano a questa telepromozione, ma il problema resta la Rai, le fisiologiche ingerenze del potere a cui è esposta, la genuflessione all’esecutivo risalente alla riforma del 2015. Ogni governo, da allora, ha rimodulato la Rai secondo le proprie esigenze, chi con maggiore senso delle istituzioni, chi con un
approccio più irruento, come sta accadendo con l’attuale maggioranza, che ad esempio tiene bloccato l’organo di commissione di Vigilanza da mesi, disertando puntualmente le sedute e impedendo l’elezione di un presidente della Rai.
Meloni, che paradossalmente aveva contestato l’intervento a Domenica In dell’allora presidente del Consiglio Conte in piena pandemia, a proposito dei tempi che cambiano, dà così vita a un siparietto con Venier sulle tipicità culinarie nostrane direttamente dal Colosseo, nell’ambito di una campagna per proporre la cucina italiana come patrimonio immateriale Unesco. Lo fa in tutta libertà e impunità, senza che la commissione stessa possa chiederne conto, svolgendo il minimo delle proprie funzioni.
Tra il normale e l’assurdo non c’è più differenza, forse il problema sta proprio qui. La Rai è un animale malato e circostanze come queste non fanno che provarlo.

(da Fanpage)

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I “COLONNELLI” CONTRO IL GENERALE: A PONTIDA I GOVERNATORI E I BIG DEL CARROCCIO HANNO LANCIATO BORDATE CONTRO VANNACCI, CHE SI E’ PAPPATO IL PARTITO

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

PER LUCA ZAIA “VANNACCI PUÒ ESSERE UN VALORE SE FA IL LEGHISTA”. ATTILIO FONTANA SI RICHIAMA A UMBERO BOSSI: “IL FEDERALISMO RESTA LA PROSPETTIVA DEL FUTURO”. E GIORGETTI AVVERTE: “LA LEGA HA UN SOLO LEADER NAZIONALE PER VOLTA” … IL CAPIGRUPPO RICCARDO MOLINARI: “LA LEGA NON HA BISOGNO DI RIFARSI A IDEOLOGIE CHE NULLA C’ENTRANO CON LA NOSTRA STORIA”

Giù le mani da Pontida, giù le mani dalla Lega. Il giorno dopo i
cori dei giovani padani «C’è solo un generale, c’è solo un generale», così calorosi da costringere un Matteo Salvini ancora dolorante per i calcoli renali a presentarsi sul “sacro pratone” per non lasciare al solo Roberto Vannacci il palco del sabato sera, ci pensano i decani del Carroccio a riportare nei ranghi lo straripante vice segretario nostalgico della Decima Mas, i suoi team che assomigliano tanto a un partito dentro al partito (a Pontida hanno uno stand tutto per loro ma in seconda fila) e le sue temute velleità di Opa sulla creatura politica fondata da Umberto Bossi
Un primo indizio arriva dagli striscioni: quello con la scritta “Il mondo al contrario” nei caratteri tipici del Ventennio e il gemello “In generale tutto benissimo” con tre punti esclamativi, sono appesi alle transenne dalle prime ore del mattino, ma vengono presto spostati per fare spazio agli Alberto da Giussano rossi (logo ufficiale di Pontida 2025 per omaggiare i colori della Lega lombarda che fu) e alle bandiere con il leone di San Marco.
Ma sono soprattutto le parole dei governatori e degli altri big del Carroccio a far capire che il generale eletto all’Europarlamento avrà pure preso 560 mila preferenze e sarà pure stato nominato vice-segretario di via Bellerio, ma la “vannaccizzazione” della Lega non è certo all’ordine del giorno.
Tutti parlano di federalismo, autonomia e persino di un nuovo modello di partito che prenda ispirazione dal rapporto fra Csu bavarese e Cdu in Germania. «Vannacci può essere un valore se fa il leghista» mette in chiaro il presidente del Veneto Luca Zaia, appena arrivato sul pratone e subito assediato dai cacciatori di selfie.
E ai cronisti che gli chiedono se il generale sarà la Lega dei prossimi dieci anni risponde: «Perché dovrebbe esserlo? In Lega abbiamo un sacco di persone in gamba, i segretari si scelgono nei congressi e coinvolgono il popolo della Lega». Quindi la battuta: «Noi legalizziamo tutti».
Il segretario lumbard Massimiliano Romeo, impegnato a raccogliere firme per la sua Carta per la Lombardia (in estrema sintesi “Meno Roma in Lombardia, più Lombardia a Roma”), è della stessa opinione. Dice che i nuovi arrivati possono dare una mano «coinvolgendo elettori che magari non si avvicinano alla Lega per varie ragioni» ma che deve esserci rispetto per «la storia della Lega, le nostre regole e i nostri valori».
Il presidente del Trentino Maurizio Fugatti spiega a chi fra il pubblico incrocia le braccia mimando la X della Decima Mas che i principi dell’autogoverno e dell’autonomia sono principi «anticomunisti e antifascisti», mentre il governatore della Lombardia Attilio Fontana mostra un video con il Senatur che firma la Carta per la Lombardia e attacca la «palude romana».
Persino il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, di solito poco incline a mettere becco nelle dispute politiche, ricorda che la Lega sopravvive solo se ha «un capo nazionale, un capo regionale, un capo provinciale e un capo a livello di Comune» e che è necessario avere «rispetto per la gerarchia». Un messaggio chiaro a chi avesse in mente fughe in avanti.
Quando è il suo momento di parlare Vannacci sembra aver capito l’antifona. E così, più che a “vannaccizzare” i leghisti, questa volta è lui a dar prova di volersi “leghistizzare”. «…Chi nell’ora dei rischi è codardo, più da voi non isperi uno sguardo e senza nozze consumi i suoi dì…» esordisce recitando un verso di Giovanni Berchet dedicato al giuramento di Pontida del 1167 contro il Barbarossa che ispirò il Senatur.
Poi cita il gran lombardo Alessandro Manzoni, a suo dire “futurista” nell’immaginare un’Italia che rischia di svendersi agli stranieri. E da leghista sono anche gli slogan, a partire dal celebre «Padroni a casa nostra» che ripete almeno quattro volte.
Più tardi, intercettato dai cronisti, propone che il giuramento di Pontida venga insegnato nelle scuole insieme alle gesta degli eroi della Decima Mas. La reazione del pubblico è tiepida, in linea con quella destinata un po’ a tutti gli speaker in un’edizione che certo non brilla per numeri ed entusiasmo. I militanti storici preferiscono riderci sopra.
(da La Stampa)

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MOSCA E I SUOI MOSCONI , SUL PRATONE DI PONTIDA RIAPPARE GIANLUCA SAVOINI, EX PORTAVOCE DI SALVINI COINVOLTO NELL’INCHIESTA “METROPOL” SUI RAPPORTI TRA LEGA E RUSSIA

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

SAVOINI GODE ASCOLTANDO IL DISCORSO FILO-PUTINIANO DEL LEADER DEL CARROCCIO (“NON MANDEREMO MAI FIGLI E NIPOTI A COMBATTERE IN UCRAINA”)

«Si ricorda “Padroni a casa nostra”? Allora non si parlava di sovranismo. Ma era già tutto lì…». Gianluca Savoini rappresenta bene la Lega di ieri e di oggi. Già ai vertici della comunicazione leghista, è stato poi coinvolto nell’inchiesta Metropol sui rapporti tra Lega e Russia, poi archiviata. Ieri, a Pontida, ascoltava Vannacci: «In fondo, un moderato rispetto a Borghezio e Gentilini. Certo, con federalismo e autonomia c’entra poco…». Però, osserva, «ai giovani piace. C’era uno striscione: “Vannacci moderato, noi no”. Ci farà recuperare voti. Se ci attaccano è perché la Lega è in crescita. Se è moderata perde voti come dimostra il 34% del 2019. Ma mi pare che chi di dovere lo abbia capito». Quello che più ha apprezzato della Pontida 2025 è la
mozione «sulla pace» annunciata da Salvini che sarà presentata nei Comuni: «Quella metterà in chiaro le posizioni di tutti. Anche degli alleati».
E prosegue: «Se si fosse dato retta a Salvini quando diceva che la demonizzazione della Russia era sbagliata e si sarebbero invece dovuti costruire rapporti, forse non si sarebbe arrivati a una guerra vera». L’ex portavoce del segretario non vede dualità di leadership: «In realtà colpiscono uniti. Il generale ha preso 500 mila voti? Perché Salvini ha avuto l’intuizione di farlo entrare in un partito importante come la Lega».
(dea agenzie)

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URGE TSO. LA PAROLA PIÙ CITATA AL FUNERALE DI CHARLIE KIRK È ‘ALLELUJA: È LA MESSA CANTATA DELL’AMERICA RAZZISTA E SEDICENTE CRISTIANA, CHE CONSACRA CHARLIE KIRK COME IL SUO MARTIRE, “RICHIAMATO A SÉ DA DIO PERCHÉ COSÌ FA LUI CON CHI GLI È DAVVERO CARO”

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

IL PASTORE ROB MCCOY: ‘STASERA CON NOI C’È UN OSPITE SPECIALE, È DIO”… IL TONO DIVENTA SEMPRE PIÙ DELIRANTE: ‘SIETE PRONTI A INDOSSARE LA CORAZZA DI DIO? DOBBIAMO SALVARE LA CIVILTÀ OCCIDENTALE’”

La messa cantata dell’America bianca e cristiana, che consacra Charlie Kirk come il suo martire, richiamato a sé da Dio perché così fa lui con chi gli è davvero caro sta qui il senso del funerale del giovane attivista super conservatore, chi crede di possedere la verità rivelata sente anche il dovere di convertire chi la ignora, per il suo stesso bene e per salvarlo.
Procede così per quasi tre ore il funerale di Kirk, dopo che alle sette del mattino si aprono i cancelli al popolo di Charlie, migliaia di seguaci rimasti in strada a dormire, pur di non mancare l’appuntamento finale con il loro ispiratore. Sul palco si alternano cantanti della musica cristiana che nel resto del mondo pochi conoscono, ma qui dentro sono più popolari dei Beatles
La parola più citata è alleluja, non a caso. I fedeli conoscono a memoria e ripetono ogni verso, perché dentro ci ritrovano la convinzione che abbia ragione la moglie di Charlie, Erika, quando indossando la catenina ancora insanguinata del marito assicura che la sua morte «ha compiuto il piano di Dio». Partendo dalla Casa Bianca, Trump sceglie un tono adatto allo spirito della cerimonia: «Oggi celebreremo la vita di un grande uomo». Poi aggiunge che a Erika e alla famiglia di Charlie Kirk «darò il mio amore».
Sottolinea una cosa che lo ha aiutato a tornare alla Casa Bianca: «I giovani lo rispettavano. Dieci anni fa i college sarebbero stati un posto pericoloso per i conservatori, ora non lo sono». In un’intervista con la Fox definisce «terribile» che 58 democratici abbiano votato contro la risoluzione alla Camera per onorare Charlie: «Sono squilibrati e malati». Tipo la deputata democratica del Texas Jasmine Crockett, che nota: «Kirk accusava noi neri di volere la “grande sostituzione” dei bianchi. Non sono disposta a onorare tutto il male che cercava di infliggere questa persona». Trump rivela alla Fox che «Charlie mi disse che avrei dovuto prendere TikTok», probabilmente per fare ancora più proseliti fra i giovani.
Una linea ripresa sul palco da Rob McCoy, il suo pastore: «Stasera con noi c’è un ospite speciale, non annunciato nel programma. È Dio, che ha guidato la vita di Charlie, e ora ci chiede di seguire il suo esempio». Il tono diventa sempre più religioso, quasi un culto. La politica subordinata alla fede evangelica, strumento secolare della fede. Amici e leader della destra cristiana si avvicendano sul palco: «Siete pronti — chiede Jack Posibiec — indossare la corazza di Dio? Dobbiamo salvare la civiltà occidentale». Il vice presidente Vance: «Questo non è un funerale, è una rinascita nel nome dei valori cristiani».
(da La Repubblica)

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IL GENERALE SPODESTA IL CAPITANO CHE INSEGUE UN CARROCCIO CHE NON C’È PIÙ

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

MENO GENTE DEL SOLITO A PONTIDA. SALVINI GUITTO SUL VIALE DEL TRAMONTO, AVANZANO LE TRUPPE DA AVANSPETTACOLO DEL BAGAGLINO, QUELLI CHE JUNIO VALERIO BORGHESE AVREBBE PRESO A CALCI NEL CULO

L’ultima Pontida leghista. Nel senso che la Lega (quella del “brand” Nord) è stata archiviata da parecchio, con buona pace di quei militanti che vogliono continuare a credere che, tutto sommato, si mantenga una continuità col partito creato dal Senatur.
Ma pure quella salviniana è stata ormai sostituita dalla neo-organizzazione ogm – un po’ partito, un po’ associazione, un po’ movimento – di Roberto Vannacci. Del resto, “Generale” conta più di “Capitano”, con il secondo che è dovuto rientrare in fretta e furia sul pratone della kermesse, nonostante gli accertamenti clinici a cui si era sottoposto per una colica renale
E sebbene siano stati spostati gli striscioni de Il mondo al contrario, che i fedelissimi del generalissimo avevano deposto ai piedi del palco, la vannaccizzazione della fu “Lega per Salvini premier” appare un processo irreversibile.
Non costituisce ancora il suo partito personale ma, a suon di preferenze nelle ultime Europee, Vannacci ne è già l’azionista di maggioranza. L’inveramento della metamorfosi nazionalpopulista in un partitello di estrema destra, satellite italico dell’Internazionale sovranista tra la Washington trumpista, il Cremlino e la costellazione dei Patrioti eurofobici – come conferma, da ultimo, anche la frase vannacciana sul «dobbiamo essere gli eredi di Kirk».
Con Salvini assai bisognoso del pacchetto di voti vannacciani e costretto, anche fisicamente, a inseguirlo per tentare di ribadire la sua (azzoppata) leadership, al punto da essersi infilato a piè pari in una sorta di “dilemma del prigioniero” nominando l’ex parà a cui piacciono la Decima e il karaoke – due nuovi tratti identitari – come vicesegretario.
E, infatti, l’agenda ideologico-propagandistica di Vannacci è molto chiara (oltre che nerissima): sfacciata, aggressiva e di ultradestra, e rappresenta una fotocopia del discorso reazionario «russamericano», a partire dalle guerre culturali, dall’autoritarismo e dall’hate speech spacciato per libertà d’espressione, con l’aggiunta qua e là delle strizzate d’occhio al regime mussoliniano e al neofascismo per intercettare settori dell’elettorato meloniano.
Mentre la Lega “doc” si presentava come la formazione macroregionale del Settentrione d’Italia, con un software politico che stava tra Gianfranco Miglio e Carlo Cattaneo (seppur molto
tirato per la giacchetta); e va ricordato per l’ennesima volta che Umberto Bossi, che del discorso d’odio abusava ampiamente pure lui, non transigeva però sull’antifascismo
Ecco quella Lega, con le sue specificità e la caratteristica di partito più antico post-Prima Repubblica, oggi non c’è più. Un paradigma politico autonomista su cui è stata costruita una classe di governo locale di esperienza (da tempo silente e incapace di opporsi), appare totalmente sotterrato per andare dietro a Bannon, Musk, il putinismo e tutta la paccottiglia complottista e antivaccinista che alimenta i neopopulismi e l’alt-right.
E, di sicuro, non basta dichiararsi nazionalisti per essere rappresentativi di una cultura politica patriottica, né – dati elettorali alla mano – per tornare a essere competitivi con FdI.
(da La Stampa)

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FRANCIA, I MUNICIPI ISSANO LA BANDIETRA PALESTINESE

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

LE PAROLE DI MACRON ATTESE QUESTA SERA PER L’ASSEMBLEA ONU

In Francia cresce l’attesa per l’annuncio di Emmanuel Macron sul riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina, previsto oggi durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Dopo la mossa di Regno Unito, Australia, Canada e Portogallo che hanno anticipato di un giorno la decisione, anche
diversi municipi francesi hanno deciso di bruciare le tappe e di esporre, insieme al tricolare francese, le bandiere palestinesi. A Nantes, la sindaca socialista Johanna Rolland ha annunciato su X che la bandiera resterà esposta per l’intera giornata «Questa sera, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron annuncerà all’Onu il riconoscimento dello Stato di Palestina. Nantes accompagna questa decisione storica della Repubblica francese issando, per l’intera giornata, la bandiera palestinese». Stessa iniziativa a Saint-Denis, alle porte di Parigi, dove era presente anche il segretario del Partito socialista, Olivier Faure.
C’è chi dice no
La mobilitazione, però, divide: in alcuni comuni, come Malakoff, i sindaci hanno scelto di mantenere la bandiera esposta nonostante i richiami del governo, rivendicando la libertà di espressione e ricordando gesti simili di solidarietà fatti in passato, come con l’Ucraina. In altri casi, come a Mauléon-Licharre, la bandiera è stata rimossa dopo un intervento giudiziario, scatenando le proteste delle amministrazioni locali.
Bandiera palestinese anche a Bologna
Il gesto francese trova sponda anche oltre confine, nonostante l’Italia abbia ribadito di non aver intenzione di riconoscere lo Stato palestinese, almeno a queste condizioni. A Bologna il Comune ha esposto la bandiera palestinese sulla facciata di Palazzo d’Accursio, mentre in Piazza Maggiore è in corso la manifestazione nazionale di associazioni, sindacati e studenti per
chiedere la fine della guerra a Gaza. È stato lo stesso sindaco del capoluogo emiliano, Matteo Lepore, a pubblicare sui suoi profili social l’immagine della grande bandiera che scende dal balcone del municipio con la didascalia «Per Gaza, Palestina libera»
(da agenzie)

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FRANCIA, IL POLITICO CATTOLICO CONTRARIO AI MATRIMONI GAY BECCATO CON ESCORT BOY

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

E IL SINDACO VOLEVA RICATTARLO CON SOLDI PUBBLICI

Oggi comincia il processo per Gaël Perdriau, 53 anni, espulso dal partito di destra Les Républicains. Per un complotto contro un suo avversario politico.
Un escort boy, una telecamera nascosta e un’accusa di ricatto. Sono questi gli ingredienti di un processo che partirà oggi in Francia. E che vede alla sbarra il sindaco di Saint-Etienne Gaël Perdriau, 53 anni, espulso dal partito di destra Les Républicains. Il quale, secondo l’accusa, avrebbe usato fondi pubblici per finanziare un video che mostrava un rivale politico mentre si accompagnava con un prostituto. I reati contestati a lui e ad alcuni suoi stretti collaboratori sono ricatto, associazione a delinquere e appropriazione indebita di fondi pubblici.
Sesso, bugie e sextapes
Lo scandalo risale all’agosto 2022 e l’ha fatto scoppiare la rivista d’inchiesta online Médiapart. Basandosi sulle confessioni di un “pentito”, il sito ha parlato del complotto per azzittire Gillers Artigues, allora deputato di Perdriau. Artigues, cattolico centrista e contrario al matrimonio omosessuale, è stato filmato a sua insaputa nel gennaio 2015 mentre si trovava in una stanza d’albergo con un escort boy.
Il caso Artigues
Negli anni successivi il video è stato utilizzato per fermare le sue ambizioni politiche. Dopo la pubblicazione della storia Artigues ha presentato una denuncia per ricatto aggravato. Sono seguite le indagini fatte di intercettazioni telefoniche e perquisizioni. Poi, a giugno, la richiesta di rinvio a giudizio del sindaco insieme al suo ex capo di gabinetto Pierre Gauttieri, al suo ex vice all’Istruzione Samy Kéfi-Jérôme e all’ex compagno di
quest’ultimo, Gilles Rossary-Lenglet. Quest’ultimo è proprio la fonte di Médiapart. Dopo aver rotto con il compagno ed essere rimasto senza lavoro e con problemi di salute, si è presentato ai giornalisti con il sex tape intitolato Societé taxi.
Societé taxi
E ha raccontato che il sindaco e il suo braccio destro avevano concluso un accordo elettorale per riprendere la città nel 2014. Ma avevano paura che Artigues tentasse di emanciparsi. Allora ne avevano parlato con l’assessore all’istruzione. Gilles Rossary Lenglet ha ammesso di aver avuto allora l’idea di incastrare Artigues «sul piano morale».
Davanti agli inquirenti, Samy Kéfi-Jérôme ha ammesso di aver attirato Artigues nella camera d’albergo e di aver nascosto una telecamera. Dopo le iniziali smentite, il capo di gabinetto ha ammesso il suo coinvolgimento e di aver pensato di compromettere un altro avversario, l’ex sindaco di Saint-Étienne Michel Thiollière, con una prostituta minorenne, senza però concludere il piano.
I soldi pubblici
Soprattutto, i Républicains hanno abbandonato Gaël Perdriau, che, a suo dire, ha dato il “via libera” al complotto e ne ha preso in carico l’aspetto finanziario. Secondo le conclusioni degli inquirenti, consultate dall’AFP, la trappola è stata effettivamente finanziata con 40 mila euro di fondi comunali, tramite sovvenzioni erogate dalla riserva del sindaco a due associazioni,
che fungevano da “compagnia di taxi”. Due coppie, a capo di queste associazioni, saranno processate. Ignare dell’esistenza del video, hanno trasferito le sovvenzioni a Rossary-Lenglet, che le ha utilizzate per pagare il ragazzo accompagnatore con cui Artigues è stato filmato.
(da agenzie)

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GLOBAL SUMUD FLOTILLA, DI NUOVO DRONI SULLE BARCHE DURANTE LA NOTTE: “SIAMO STATI SEGUITI”

Settembre 22nd, 2025 Riccardo Fucile

“HANNO VOLATO PER DIVERSE ORE SULLE NOSTRE TESTE”

Notte di tensione per la Global Sumud Flotilla, la spedizione internazionale di imbarcazioni che venerdì 19 settembre è salpata nuovamenteda Portopalo di Capo Passero con l’obiettivo di raggiungere Gaza. Nella notte, a circa 200 miglia dalla costa siciliana, sono stati avvistati tre droni che hanno sorvolato per ore le barche della Flotilla. A lanciare l’allarme sono stati i deputati del Pd Arturo Scotto e Annalisa Corrado, a bordo della Karma: «Li abbiamo visti chiaramente anche dalla nostra imbarcazione, la Karma. Non è noto che origine abbiano e per quale motivo abbiano volato per diverse ore della notte sopra le nostre teste. Possiamo solo auspicare che non si tratti di una forma di avvertimento. Facciamo appello ai governi europei affinché viglino perché questo non accada. Nessuno tocchi la Flotilla». scrivono in un nota.
Delia: «Notte non tranqullissima»
Sono diverse le imbarcazioni che hanno sgnalato la presenza dei droni durante la notte, tra cui anche la Selvaggia, la barca a vela su cui viaggiano solo donne partite dall’Italia. «Comincia il quarto giorno di navigazione» racconta Maria Elena Delia, portavoce italiana della spedizione «ma la notte è stata non tranquillissima perché alcune delle nostre barche sono state seguite per diverso tempo da droni».
Il comunicato ufficiale
La Flotilla, composta da più imbarcazioni internazionali, sta attraversando un corridoio migratorio nel Mediterraneo centrale. Iara Modarelli, responsabile comunicazione globale, ha invitato alla calma: «Stiamo tutti bene» ha scritto sui suoi profili ufficiali «stiamo attraversando un corridoio migratorio, quindi potremmo vedere molti droni di Frontex. Niente di cui preoccuparsi al momento». In una nota diffusa dalla Global Sumud Flotilla si legge che «i droni, la cui origine non è ancora stata identificata, sono stati avvistati mentre seguivano la flotta. L’aumento improvviso di attività aerea desta preoccupazione, ma la priorità resta la sicurezza di tutti a bordo». Il coordinamento internazionale sta documentando e monitorando la situazione mentre in rete circolano i video dei presunti droni che avrebbero monitornato le imbarcazioni.
(da Open)

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