Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
INCREDIBILE CHE NESSUNO LO SAPESSE… L’IRA DEGLI AGENTI COSTRETTI A 21 ORE DI SERVIZIO CONSECUTIVE
È paradossale quanto denunciato dal sindacato Siulp della Polizia di Stato in relazione a un
volo di rimpatrio che si sarebbe dovuto compiere nella giornata di ieri e che, invece, è stato bloccato dall’Algeria per motivi attualmente sconosciuti.
“Agenti di polizia della Questura di Torino costretti a 21 ore di servizio continuative, dopo che un volo charter, con a bordo 40 nigeriani destinati al rimpatrio, è stato costretto a tornare indietro per il divieto dell’Algeria di sorvolare i suoi cieli”, ha dichiarato Eugenio Bravo, segretario generale provinciale del sindacato di polizia Siulp.
Il volo può essere considerato un tentativo collettivo europeo di portare a termine un rimpatrio, perché era stato organizzato da dall’Italia insieme a Belgio, Cipro e Svizzera. A bordo, dei 40 nigeriani, 29 provenivano dall’Italia e 11 dagli altri Paesi europei. Il volo era partito regolarmente dall’aeroporto di Roma, ma è stato costretto a invertire la rotta a causa del diniego di
sorvolo da parte delle autorità algerine. Così tutti i migranti sono rientrati in Italia e ricondotti nel Cpr di Gradisca d’Isonzo. Quindi, attualmente, anche i migranti che prima si trovavano in altri Paesi sono in una struttura italiana.
Gli agenti di scorta italiani, tra questi quelli della questura torinese sono rimasti, spiega il Siulp “in servizio di vigilanza agli stranieri da rimpatriare per oltre 21 ore consecutive, dalle 7 del mattino alle 4.15 della notte seguente, confortati con una cena alle 11 di sera da un panino e una bottiglietta d’acqua compensata solo alle 3.30 sul volo di ritorno per Gradisca”.
Una situazione di forte disagio per gli agenti, frutto di un blocco che, attualmente, non ha spiegazioni.
Possibile ce il Viminale non fosse stato informato o non avesse chiesto il permesso?
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
MELONI HA PAURA DI PERDERE CONSENSI: I SONDAGGI DICONO CHE I TRE QUARTI DEGLI ITALIANI SONO SCONVOLTI DAL COMPORTAMENTO DI ISRAELE A GAZA
Poche volte Giorgia Meloni si è trovata dentro una strettoia così assillante. Una leader che ha basato l’intera sua narrazione sulla volontà del popolo assiste quasi inerme a sondaggi che danno i tre quarti degli italiani sconvolti dal comportamento di Israele a Gaza, e a masse di cittadini che – al netto di un’estrema minoranza di violenti strumentalizzata dalla propaganda della destra – scendono pacificamente in strada con le bandiere della Palestina per chiedere di fermare il massacro di civili nella Striscia.
Meloni deve raddrizzare la percezione di lei rimasta isolata e senza una strategia autonoma di fronte alla scelta storica di tre Paesi del G7 – Francia, Regno Unito, Canada – di riconoscere lo Stato palestinese.
Per il secondo giorno di fila la premier diserta un’altra riunione organizzata da Macron sulla stabilizzazione della Palestina, a margine dell’Assemblea dell’Onu. Ma Meloni deve anche chiarire a favore di telecamera di non essere contraria al riconoscimento, tanto più lo deve fare poco prima di incontrare il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che durante il suo intervento alle Nazioni Unite ha mostrato le foto dei bambini
palestinesi ischeletriti dalla fame.
L’ansia di dare una risposta e una linea meno ambigua si percepisce sotto il palazzo della Rappresentanza italiana, sulla Second Avenue, dove i giornalisti vengono radunati per un veloce punto stampa. C’è un’intenzione chiara, un messaggio confezionato tra Roma e New York con l’ufficio del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che sovrintende alla comunicazione.
Meloni ha preparato una proposta da offrire alla platea, più quella nazionale che quella internazionale: «La maggioranza presenterà in Aula una mozione per dire che il riconoscimento della Palestina deve essere subordinato a due condizioni: il rilascio degli ostaggi e ovviamente l’esclusione di Hamas da qualsiasi dinamica di governo all’interno della Palestina. Io non sono contraria al riconoscimento, però dobbiamo darci le priorità giuste».
È una mossa tutta in chiave interna. E diventa palese subito dopo le dichiarazioni rilasciate a New York, quando Fazzolari le rilancia e Fratelli d’Italia le trasforma in una sfida alle opposizioni. Meloni auspica che la proposta «possa trovare anche il consenso» di tutti i partiti, «sicuramente non trova il consenso di Hamas, non trova magari il consenso da parte degli estremisti islamisti, ma dovrebbe trovare consenso nelle persone di buon senso».
L’accostamento tra l’opposizione e i mujaheddin della Striscia è evidentemente malizioso, ancora più chiaro nelle parole di
Fazzolari quando invita l’intero Parlamento «a votare compatto la mozione» per evitare «ambiguità su Hamas».
È un invito che l’opposizione respinge: «Meloni comincia a capire che sulla Palestina sta perdendo la faccia. Basta propaganda e giochi di prestigio: dica se la riconosce o no» attacca la leader del Pd Elly Schlein, mentre il presidente del M5s Giuseppe Conte parla di «un misero espediente che conferma l’ignavia del nostro governo».
In realtà, l’estromissione degli islamisti da qualsiasi orizzonte futuro per la Palestina è già presente nelle due principali proposte diplomatiche, quella franco-saudita e quella dell’ex premier britannico Tony Blair.
In premessa, prima di formulare il suo annuncio, Meloni ammette di non essere d’accordo con la tempistica di Macron, convinta «che in assenza di uno Stato che abbia i requisiti della sovranità, il riconoscimento non risolve il problema e non produce risultati tangibili concreti per i palestinesi».
E a chi le spiega e le ribadisce da mesi – partner internazionali, avversari politici, l’enorme numero di manifestanti – che può comunque rivelarsi un efficace strumento di pressione politica risponde che allora «la principale pressione politica va fatta nei confronti di Hamas, che ha iniziato questa guerra» e non libera gli ostaggi.
Concentrare le risposte su Hamas, levare dal quadro generale le responsabilità di Benyamin Netanyahu di aver concepito e realizzato una reazione sproporzionata, per numeri di vittime
civili, alla strage terroristica del 7 ottobre firmata dagli islamisti; e poi alludere alle complicità con i miliziani con vaghi riferimenti alla sinistra e ai manifestanti: questo è il piano ideato dalla premier e da Fazzolari, anche per compensare un silenzio che sta diventando elettoralmente troppo rischioso.
Restare agganciati a Donald Trump e subordinare ogni mossa a quello che farà la Germania – unico altro grande Paese europeo e del G7 a non riconoscere per il momento la Palestina – non basta più. Anche se è una tensione naturale a portare Meloni a essere sempre o quasi d’accordo con il presidente americano
Con un un’unica sfumatura di divergenza che emerge sulla tesi di The Donald secondo la quale il comportamento dell’Ue è «imbarazzante» perché continua a comprare petrolio da Mosca mentre combatte contro Vladimir Putin.
(da La Stampa)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
DEVE ESSERE UN IMPEGNO DELLE OPPOSIZIONI: QUANDO SARANNO AL GOVERNO QUALCUNO DOVRA’ PAGARE
Centomila euro di multa per aver sorvolato il Mediterraneo in cerca di migranti in difficoltà:
il 5 settembre 2025 il velivolo Colibri 2 di Pilotes Volontaires, partner di diverse ong, è stato fermato per 20 giorni dalle autorità italiane.
«Questa procedura – spiega l’organizzazione dandone notizia -si
inserisce in una tendenza preoccupante: la criminalizzazione sistematica degli attori civili impegnati nella ricerca e soccorso in mare. In soli pochi mesi, i nostri partner hanno visto le loro navi e i loro aerei bloccati e le loro missioni ostacolate da multe arbitrarie. Ogni fermo, ogni sanzione, si traduce concretamente in vite perse in mare. Con questa decisione, l’Italia prosegue la sua politica repressiva e compie un ulteriore passo nella volontà di tenere Ong e associazioni lontane dalle loro aree di operazione».
«La multa inflitta a Pilotes Volontaires – prosegue l’organizzazione – non ha nulla a che vedere con un presunto rispetto della legge: rappresenta invece un accanimento amministrativo con l’obiettivo politico di soffocare e far sparire le organizzazioni civili di soccorso nel Mediterraneo centrale, in particolare dopo l’adozione del decreto-legge Flussi. Eppure, i tribunali italiani, fino alla Corte costituzionale, hanno ricordato che qualsiasi decisione fondata su norme punitive e discriminatorie che eludono il diritto marittimo internazionale deve essere considerata illegale e illegittima. Il decreto legge Flussi, che impone tra l’altro di avvertire sistematicamente la cosiddetta «guardia costiera» libica, ne è una perfetta illustrazione: è illegale, illegittimo e contrario ai diritti umani».
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
I PIÙ SCETTICI TRA ITALIA VIVA E AZIONE (64,7%)
Quasi il 90% degli intervistati ha risposto positivamente al sondaggio realizzato da Izi, azienda di analisi e valutazioni economiche e politiche, presentato questa mattina nel corso della trasmissione l’Aria che Tira condotta da David Parenzo su La7. L’87,8% delle persone – per l’esattezza – ritiene sia giusto che nasca il nuovo Stato palestinese.
Tra gli intervistati che dichiarano elettori del centrodestra la percentuale di favorevoli è del 73,7%, mentre il 64,7% degli elettori di Azione e Iv è favorevole al nuovo stato palestinese. Alla domanda sulla politica estera del governo italiano, quasi il 63% degli italiani pensa che possa danneggiare l’esecutivo in termini di minor consenso.
Per il 71% degli elettori di governo le posizioni espresse sulla questione mediorientale e riguardo le politiche trumpiane non rappresentano un problema, mentre per i principali partiti di opposizione la situazione è del tutto opposta: l’81% degli elettori ritiene che il governo Meloni adotti una politica estera che non raccoglie il consenso degli elettori.
Anche qui il Terzo Polo si assesta in una posizione di medietà con il 42,4% di elettori che non ritiene problematica la politica estera di Meloni . ”Che la maggioranza degli italiani fosse favorevole al riconoscimento dello Stato della Palestina era un dato atteso, ma non in queste proporzioni e con un contributo importante degli elettori dei partiti di governo.
Un governo che fino ad oggi, ovvero prima delle dichiarazioni della premier all’Onu, aveva alzato un muro senza crepe contro
questa possibilità. Per quanto riguarda la politica estera non si chiede un giudizio, quanto una valutazione su quanto le scelte possano influire sul consenso per il governo italiano.
Anche qui, a parte la valutazione negativa prevedibile da parte degli elettori dei partiti di opposizione, tra gli elettori dei partiti di governo si registra una certa preoccupazione: per uno su tre le scelte governative sulla politica estera possono erodere i consensi del governo stesso”, è l’analisi di Giacomo Spaini, presidente e ceo di Izi.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
L’UOMO RITRATTO SI RIFERISCE A UN EPISODIO CE NON E’ MAI STATO ATTRIBUITO A SALIS NEANCHE DALLE AUTORITA’ UNGHERESI… QUESTA E’ DIFFAMAZIONE AGGRAVATA, COSTERA’ CARO AL CARROCCIO
La Lega di Matteo Salvini, nel tentativo di rilanciare le accuse contro Ilaria Salis, proprio nel
giorno in cui il Parlamento europeo ne ha confermato l’immunità, è incorsa in una clamorosa svista – sperando che di questo si tratti.
Coma fa notare Viola Giannoli su La Repubblica, sui propri canali social il partito ha pubblicato la foto di un uomo con il volto tumefatto, accompagnata dalla scritta: «Immunità alla Salis? Un’altra bastonata» e dal commento: «Gli estremisti di sinistra l’hanno ridotto così. Ilaria Salis è tra i colpevoli, come sospettano gli ungheresi?».
La cantonata presa dalla Lega
In realtà, l’immagine non ha nulla a che fare con le contestazioni mosse all’eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra. L’uomo ritratto è László Dudog, detto “Csöpi”, esponente della scena neonazista ungherese e membro della band Divízió 88, nota per testi antisemiti al punto da essere censurata anche in Ungheria. Dudog fu aggredito il 10 febbraio 2023 a Budapest, attorno alle 23.30, riportando gravi ferite al cranio e al setto nasale, con una prognosi di 6-8 settimane. Ma quell’episodio, precisano i documenti ufficiali, non è mai stato attribuito a Salis neanche dalle autorità ungheresi.
L’utilizzo improprio di quella fotografia da parte della Lega non fa altro che confondere l’opinione pubblica e alimentare polemiche su un caso già altamente sensibile.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
“LA GIUSTIZIA IN UNGHERIA NON ESISTE, SOLO VENDETTA E PROPAGANDA”
Dopo il voto della commissione affari giuridici che le ha confermato l’immunità, Ilaria Salis non se la sente ancora di festeggiare. «Ho tirato un sospiro di sollievo ma la mia storia non è finita, ho fiducia nei miei colleghi al Parlamento europeo», spiega in un’intervista a Repubblica.
L’eurodeputata di Avs dovrà infatti incassare la conferma anche dall’assemblea plenaria dell’eurocamera. «Non faccio nomi, ma ho ricevuto solidarietà anche da colleghi di destra, che si sono mostrati sinceramente preoccupati per la mia situazione», racconta Salis.
In commissione si è salvata per un solo “no” alla revoca, ed è probabile che qualche membro del Ppe abbia votato a suo favore. Salis parla di una «vera e propria persecuzione da parte del governo ungherese, come è riemerso chiaramente anche dalle ultime dichiarazioni di Viktor Orbán e del suo portavoce». Il riferimento è al tweet del portavoce ungherese Zoltan Kovacs, che accusa Bruxelles di «dare rifugio a una terrorista».
Le provocazioni di un giornalista ungherese
Non solo. Durante la conferenza stampa di Salis, a Bruxelles, un giornalista ungherese, Zoltán Bugnyár di HirTV, si è avvicinato al podio mostrando su un iPad il volto tumefatto di uno degli attivisti di estrema destra che, secondo l’accusa della giustizia magiara, sarebbe stato picchiato da militanti di estrema sinistra, tra cui la stessa Salis. Il cronista ha quindi chiesto all’eurodeputata italiana se riconoscesse l’uomo e se lo avesse
aggredito. Salis ha replicato dicendo di essere «stufa di ricevere accuse e diffamazioni». Poi ha aggiunto: «Neanche la magistratura ungherese mi ha mai accusato di aver picchiato quella persona. Io ho già detto e ribadisco la mia innocenza: è il motivo per cui chiedo di essere processata in un Paese dove ci sia la possibilità di un processo equo», conclude l’attivista, che era finita in carcere in Ungheria con l’accusa di aver aggredito dei neonazisti nel 2023.
La richiesta in conferenza stampa: «Voglio un processo in Italia»
«Auspico che le autorità italiane intervengano quanto prima al fine di tutelare una propria concittadina e di garantire che i suoi diritti fondamentali siano rispettati. La mia richiesta è chiara: voglio essere processata in Italia, non in Ungheria», ha dichiarato ancora Salis a Bruxelles.
Aggiungendo che «un processo con garanzie democratiche in quel Paese è impossibile». L’ex docente di 41 anni ha commentato anche la reazione della Lega di Matteo Salvini, che ha accusato il Ppe di «tradimento» innescando uno scontro a distanza con Forza Italia: «Se hanno ancora qualcosa da obiettare vuol dire che il loro modello di giustizia è quello ungherese, dove la magistratura non è indipendente dal potere esecutivo». Poi continua: «La giustizia in Ungheria è vendetta e propaganda. Dimostra una volontà precisa: silenziarmi e screditarmi in quanto eurodeputata attraverso il metodo della diffamazione e della minaccia», ha concluso Salis parlando ai giornalisti.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
IL DIPLOMATICO HA INCONTRATO ANCHE UN ALTRO DETENUTO ITALIANO, L’IMPRENDITORE MARIO BURLO’
Dopo 312 giorni di prigionia a Caracas, in Venezuela, l’operatore umanitario Alberto Trentini
ha finalmente ricevuto la visita dell’ambasciatore italiano nel Paese, Giovanni de Vito, che ha incontrato lui e un altro detenuto italiano, Mario Burlò, del quale da tempo non si avevano notizie.
La notizia è stata confermata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, secondo cui l’ambasciatore avrebbe trovato Trentini e Burlò «in buone condizioni, anche se un po’ dimagriti». I due detenuti avrebbero inoltre riferito di mangiare regolarmente, di avere quotidianamente accesso all’ora d’aria e di essere trattati
bene dalle guardie penitenziarie. L’ambasciatore è riuscito a consegnare ad entrambi lettere da parte dei familiari e beni prima necessità.
Alberto Trentini, 46 anni, è prigioniero nel carcere di El Rodeo 1, a trenta chilometri da Caracas, dal 15 novembre 2024. Da allora non si sono più avute sue notizie, se non attraverso due brevi telefonate alla famiglia, la prima delle quali dopo sei mesi di detenzione. Trentini e Burlò non sono gli unici italiani reclusi nelle carceri venezuelane: oltre a loro ci sarebbero altre persone con doppia cittadinanza italiana e venezuelana, spesso detenute con presunte accuse di terrorismo e cospirazione.
Il loro numero è cambiato più volte in questi mesi e neanche Tajani sa di preciso quante siano. Per il momento il ministro degli Esteri si è limitato a parlare di «dieci-dodici connazionali». Tra questi Trentini sarebbe l’unico che ha solo la cittadinanza italiana.
Un segnale dal Venezuela
Il ministro Tajani, che ora si trova a New York per l’assemblea generale delle Nazioni Unite, si è espresso positivamente riguardo all’incontro tra i prigionieri e l’ambasciatore. «Avevano chiesto fortemente una visita consolare, è stata autorizzata e quindi vuol dire che anche il regime di detenzione si è leggermente alleggerito». Anche la deputata di Azione Federica Onori, segretaria della Commissione Esteri, ha parlato di un «passo importante», sebbene questo sia arrivato «con un ritardo inaccettabile, in violazione dei diritti fondamentali dei nostri
connazionali». Onori ha poi rilanciato un appello: «Trentini e Burlò devono poter tornare immediatamente in Italia. Il governo venezuelano deve assumersi la piena responsabilità delle sue azioni e restituire ai loro familiari i nostri connazionali ingiustamente detenuti».
La situazione dei prigionieri politici in Venezuela
Sebbene sia difficile fare stime, ad oggi in Venezuela si contano quasi novecento prigionieri politici, di cui ottantanove stranieri, molti di loro occidentali. In molti casi il loro arresto è avvenuto nell’ambito della crisi politica innescata nell’estate 2024 con la rielezione di Nicolas Maduro, la cui vittoria, contestata dall’ex-candidato oppositore Edmundo Gonzalez Urrutia, in esilio a Madrid, non è stata riconosciuta né riconosciuta dagli Stati Uniti né dai ventisette Paesi Ue. Le condizioni di prigionia, inoltre, non sono trasparenti e al Consiglio per i diritti umani dell’Onu sono già stati denunciati molti casi di «repressione», «violazione dei diritti umani» e «insabbiamenti» nei confronti degli oppositori.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA PRENDE LE DISTANZE DALL’ATTIVISTA ULTRA-TRUMPIANO: “BUONA PARTE DELLE IDEE ESPRESSE DA KIRK NON È CONDIVISIBILE; ANZI, SU TEMI CRUCIALI CHE RIGUARDANO I DIRITTI DELLE PERSONE ALCUNE SUE POSIZIONI CONTRASTANO CON I PRINCIPI FONDAMENTALI CHE ISPIRANO IL NOSTRO IMPEGNO”
La Camera dei deputati, unico parlamento al mondo a farlo a parte la House of Representatives, commemora Charlie Kirk. Caspita, una cosa grossa, ci saranno tutti, banchi pieni per il «martire della libertà». Be’, a dire il vero non è che ci sia tutta questa ressa. Ai banchi del governo prendono posto Eugenia Roccella e Luca Ciriani, due ministri due, e si mettono pure seduti distanti così da amplificare l’effetto pneumatico. Bene, si comincia.
Ma intanto – a dimostrazione che la scoperta di Kirk per la destra italiana è abbastanza recente – ci si dovrebbe mettere d’accordo su come si pronuncia: “Kerk” va per la maggiore, ma si difende bene anche “Kirk”.
Fratelli d’Italia, in teoria il partito che ha lanciato l’idea della seduta in onore dell’attivista conservatore, affida la sua elegia a un deputato, sia detto con rispetto, non proprio di primissimo piano, Alessandro Amorese – piccolo editore di libri su Bombacci e gli squadristi – che emozionatissimo si lancia a freddo contro «docenti e opinionisti che avrebbero dovuto dire che la persona che ha ucciso Charlie Kirk doveva essere condannata, dovevano essere condannati coloro – la matrice è
chiara – che hanno armato quel ragazzo. Sono chiare le frasi su quelle pallottole».
Il sillogismo di Amorese è altrettanto chiaro: su una pallottola l’assassino ha scritto «Hey fascist! catch!», ergo la matrice è l’antifascismo mondiale e non lo sparatutto Helldivers2 da cui è stata presa o Far Cry 6, da cui lo svitato cecchino ha tratto «Bella Ciao». Dettagli.
Quindi Cuperlo fa quello che hanno fatto in molti in questi giorni, andando su Google a vedere cosa predicava il campione del free speech: “Michelle Obama ha il cervello più piccolo di una donna bianca”; “se stuprano mia figlia io le dico devi tenerti il bambino. Ti piaccia o no. Perché? Legge di Dio”; “la pena di morte io la metterei in televisione, che la vedessero i bambini”. «Chi ha parlato così – osserva Cuperlo – era un uomo che, come tutti in democrazia, aveva il diritto di pronunciare anche delle bestialità, ma non era un simbolo della libertà».
Dato a Kirk quel che è di Kirk, l’altra cosa che finisce nei taccuini sono le piccole increspature nel fronte di centrodestra. Perché non tutti, da quella parte, ci stanno a farsi intruppare nella narrazione del Kirk faro della civiltà occidentale. Un giovane uomo è morto ammazzato ma da Forza Italia Paolo Emilio Russo, dopo il doveroso omaggio alla vittima, ci tiene a precisare: «È bene essere chiari, ritengo che buona parte delle idee espresse da Kirk non sia condivisibile; anzi, su temi cruciali che riguardano i diritti delle persone alcune sue posizioni contrastano con i principi fondamentali che ispirano il nostro
impegno politico».
Riccardo Ricciardi, il capogruppo dei 5S, alla fine dice quello che tutti sospettano: «Tre quarti di persone qua dentro due settimane fa nemmeno sapevano chi era Charlie Kirk».
(da EditorialeDomani)
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Settembre 24th, 2025 Riccardo Fucile
HA PROCLAMATO CHE “CON ME L’AMERICA È NELL’ETÀ DELL’ORO”. MA IL MERCATO DEL LAVORO RISTAGNA E IL DEBITO PUBBLICO AUMENTA.. L’ECONOMISTA DELLA COLUMBIA UNIVERSITY, JEFFREY SACHS: “QUEL DISCORSO È UNA VERGOGNA IMBARAZZANTE PER GLI USA, PIENO DI FALSITÀ E DELIRI. TRUMP È UN ANZIANO COMPLETAMENTE IGNORANTE E CORROTTO. NON SA NULLA DEL CLIMA”
«Il mondo deve smetterla di illudersi: Trump sta portando gli Usa fuori dall’ordine
internazionale creato dopo la Seconda guerra mondiale. Il resto della comunità globale ha l’urgenza di unirsi, per tenerlo in vita anche senza l’America».
A questa accusa l’economista della Columbia University Jeffrey Sachs, ex consigliere del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, aggiunge un monito speciale rivolto a noi: «L’Europa deve prendere la decisione più importante, ossia se continuare a supplicare la benedizione di una Casa Bianca che la detesta, o guidare l’alternativa».
Come giudica il discorso del presidente?
«Una vergogna imbarazzante per gli Usa, piena di falsità e deliri. Dimostra quanto sia instabile la scena politica americana».
Quali falsità?
«Quasi ogni paragrafo era pieno di bugie, travisamenti, esagerazioni o deliri. Conteneva megalomania, grossolanità, umiliazioni di ogni altro governo. E stata una rappresentazione autentica del modo in cui vede il mondo».
Procediamo per temi, cominciando dai cambiamenti climatici.
«È un anziano completamente ignorate e corrotto. Non sa nulla del clima e dei sistemi energetici. Non ho dubbi che sia sostenuto finanziariamente dall’industria petrolifera, ma ogni parola pronunciata era falsa e ciò è facilmente dimostrabile».
Perché detesta così tanto il Vecchio continente?
«Odia tutti, non fatene una questione personale. È la manifestazione della sua insicurezza. Non ci sono amici per Trump, solo vassalli che baciano l’anello».
Dopo aver ceduto sui dazi, l’Europa può ancora rialzarsi?
«Certo. L’Europa ha completamente frainteso gli ultimi 25 anni, diventando un vassallo degli Usa. Leader dopo leader, vi siete preoccupati solo di compiacere il presidente americano. Ora dovete affrontare il collasso politico Usa, una crisi di malevolenza e ignoranza, dove non è nel vostro interesse baciare l’anello».
Non riconoscerà la Palestina perché sarebbe un regalo ad Hamas.
«Gli Usa sono complici di genocidio. Trump è un criminale di guerra in senso letterale, perché aiuta l’omicidio di massa del
popolo palestinese. Lo ha dimostrato la settimana scorsa la Commissione diritti umani dell’Onu».
È la fine dell’ordine internazionale e del multilateralismo?
«No, perché gli Usa sono solo uno dei 193 membri dell’Onu, col 4,1% della popolazione mondiale e forse il 14% del pil globale. Non possono distruggere l’organizzazione degli altri 192 paesi. Gli Usa vivono una crisi profonda che continuerà per anni, ma ciò non dovrebbe impedire agli altri di risolvere i problemi cruciali del pianeta.
Molto però dovrà essere fatto senza gli Usa, o nonostante gli Usa. Potrebbero anche uscire dall’Onu, ma il suo lavoro resta più essenziale che mai e va portato avanti anche senza Washington».
Quindi il resto del mondo deve capirlo e attrezzarsi?
«Esatto, e la scelta cruciale tocca all’Europa. Gli altri vanno avanti, voi continuate a correre alla Casa Bianca per ottenere il permesso su tutto. È patetico, dovete cambiare».
(da La Repubblica)
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