Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
MASSIMO ARLECHINO (EX MSI E FONDATORE DI AN): “E’ IL GOVERNO AD AVER MESSO IN IMBARAZZO L’ITALIA”… “I GIOVANI MISSINI ERANO ANTI-IMPERIALISTI, ANTI USA , PER LA LIBERTA’ DEI POPOLI, CONTRO LA DESTRA BORGHESE”… “MELONI HA TRADITO I VALORI PER ENTRARE NEI SALOTTI BUONI, NELLA BASE DI FDI C’E’ MALCONTENTO, PRIMA O POI ESPLODERA’”
Giorgia Meloni ha tradito la causa della destra su Gaza e la Palestina. Mentre la Flotilla
«è un’iniziativa di alto valore politico che ha il merito di attirare l’attenzione del mondo intero su Gaza. Penso che Meloni in cuor suo lo sappia bene». Anche se ha litigato con il suo ministro Crosetto per l’invio della fregata italiana. Che secondo lei non doveva partire. A parlare è Massimo Arlechino, uno dei fondatori di Alleanza Nazionale ed ex militante del Msi. Oggi è presidente di Indipendenza!, il movimento di Gianni Alemanno. E in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano dice che le frasi di Meloni «mi meravigliano molto perché pronunciate da una donna che mangia pane e politica da quando era ragazzina e a cui immagino non sfugga il valore simbolico dell’iniziativa».
Meloni e la Palestina
Secondo Arlechino «gli aiuti erano chiaramente una questione secondaria. Intercettare le barche in acque internazionali è
un’azione illegale, come illegale è il blocco navale di Israele davanti a Gaza. A destra molti la pensano come me, ma non hanno il coraggio di dirlo. Non è la Flotilla ad aver messo in difficoltà il governo, ma l’esecutivo ad aver messo in imbarazzo l’Italia». L’ex An dice che di fronte a Gaza «non si può restare indifferenti. I giovani di destra, quelli del Fronte della Gioventù e quelli venuti dopo, erano anti-imperialisti, anti-americani e si battevano per l’autodeterminazione dei popoli, tra cui quello palestinese. Difendevano anche gli indiani d’America! Ora è tutto il contrario».
Il tradimento di Giorgia
«Erano ragazzi con profondi valori che si battevano contro la destra borghese e si abbeveravano agli scritti di Beppe Nicolai (deputato e pensatore del Msi, ndr). Che diceva: i giovani non possono essere conservatori, ma solo rivoluzionari! Sulla causa palestinese e sul rapporto con gli Usa Meloni ha tradito i valori della comunità in cui è cresciuta, ma non fa nulla per correggere la rotta», conclude Arlechino. Che parla di una mutazione iniziata con Gianfranco Fini in Israele. E conclusa proprio con lei a Palazzo Chigi: «Perché finché FdI stava all’opposizione aveva posizioni molto critiche verso gli Usa e Israele, ma anche, per esempio, sulle banche, mentre oggi non riescono a fare nemmeno una legge sugli extraprofitti. A Palazzo Chigi Meloni si è tolta la kefiah e s’è messa la grisaglia».
La destra moderata
E c’è anche «la sudditanza militare verso gli Usa. Si fa come dicono loro. L’abbiamo visto con il bombardamento sul Kosovo
durante il governo D’Alema, con l’attacco alla Libia con Berlusconi e sull’Ucraina con Meloni». Ma la motivazione più importante della premier è quella politica. Ovvero «l’ambizione di occupare uno spazio politico rimasto vuoto: quello di una destra moderata, liberale e filo-Usa. Lei scontava una sorta di sindrome di Calimero e in Europa avevano il terrore della “fascista” al potere. Una volta a Palazzo Chigi ha dovuto farsi accettare dalle cancellerie: è entrata nel salotto buono, dove si usano le posate d’argento. Ha dovuto dimostrare di essere una leader affidabile. Ma c’è modo e modo di farlo. Lei si è appiattita troppo su posizioni atlantiste e pro-Israele. Di fronte a quello che tutto il mondo reputa un genocidio o, comunque, uno sterminio di massa, il suo intervento all’Onu è stato imbarazzante».
Fratelli d’Italia
Infine, il partito. «Nella base, tra i militanti, c’è molto malcontento, la timidezza su Gaza non è affatto condivisa, tanti la pensano diversamente ma non parlano per paura o interesse, ma prima o poi la questione esploderà, anche tra i parlamentari», conclude Arlechino.
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LA MAGGIORANZA GUIDATA DA KYRIAKOS MITSOTAKIS HA VARATO ANCHE UNA LEGGE CHE PERMETTE AI CITTADINI DI LAVORARE FINO A 74 ANNI, OVVERO 7 ANNI OLTRE IL LIMITE FISSATO PER L’ETÀ PENSIONABILE
Ieri la Grecia si è fermata per l’intera giornata per protestare contro il disegno di legge voluto dal governo conservatore di Nea Dimokratia — non ancora presentato al Parlamento — che prevede, tra le altre misure, che, a determinate condizioni, un dipendente possa lavorare 13 ore al giorno per un unico datore di lavoro.
I trasporti, in particolare treni e traghetti che collegano la terraferma alle isole, sono stati gravemente interrotti, così come metropolitane e autobus in determinati orari. Anche insegnanti, personale ospedaliero e dipendenti pubblici si sono astenuti dal lavoro su richiesta della Confederazione dei lavoratori greci (Gsee) e della Confederazione dei dipendenti pubblici (Adedy), oltre che del sindacato comunista Pame.
La proposta del governo guidato da Kyriakos Mitsotakis, secondo il Gsee «mette a repentaglio la salute e la sicurezza dei lavoratori e distrugge ogni equilibrio tra vita professionale e personale». Ma per il primo ministro, molti giovani desiderano lavorare di più per guadagnare di più.
La giornata lavorativa di 13 ore non avrebbe carattere «generalizzato» ma eccezionale, si tratterebbe, come spiega il ministero greco del Lavoro, «di una disposizione valida fino a 37 giorni all’anno solo con il consenso del dipendente e con un aumento del 40 per cento della retribuzione». Per i sindacati invece la misura «smantellerà anche le tutele minime» dei dipendenti.
In Grecia, la settimana lavorativa, pari a 39,8 ore, è già superiore alla media Ue che si ferma a 35,8 ore, secondo i dati Eurostat. Il governo di Kyriakos Mitsotakis, rieletto un paio di anni fa nel giugno del 2023, ha varato inoltre una legge che permette ai cittadini di lavorare fino a 74 anni, vale a dire 7 anni oltre il limite fissato per l’età pensionabile.
Tra le altre misure che vanno contro l’equilibrio tra impegno professionale e vita privata, oltre che contro la sicurezza del posto di lavoro — denunciano i sindacati — ci sono la settimana lavorativa di sei giorni, il licenziamento di un dipendente senza preavviso entro il primo anno e un periodo di prova fino a sei mesi per gli impiegati.
Sono state introdotte anche nuove limitazioni al diritto di sciopero: chi ostacola il lavoro dei colleghi, per esempio con il picchettaggio, può essere multato fino a cinquemila euro o finire in carcere per sei mesi.
Nonostante il miglioramento del rating del debito pubblico, passato a tripla B, la crescita economica (+2,3% nel 2024) e il calo del tasso di disoccupazione, la Grecia resta uno dei Paesi dell’Ue con i salari più bassi a fronte di un costo della vita in continua crescita.
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
IL RIFERIMENTO È ALLA DECISIONE DI COSTRUIRE LA NUOVA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA, MENTRE IL RESTO DEL PAESE È IN GINOCCHIO PER LO SHUTDOWN
Gavin Newsom ha paragonato Donald Trump alla controversa regina francese Maria
Antonietta mentre ha preso brutalmente in giro il presidente per la sua decisione di proseguire con la costruzione della sua sala da ballo, mentre il resto del Paese affronta l’incertezza legata alla chiusura del governo.
L’ufficio stampa del governatore della California ha scritto su X:
“TRUMP ‘MARIE ANTOINETTE’ DICE: ‘NESSUNA ASSISTENZA SANITARIA PER VOI POVERACCI, MA UNA SALA DA BALLO PER LA REGINA!’”.
È l’ultimo di una serie di post che parodiano in modo feroce lo stile di scrittura in maiuscolo che caratterizza i messaggi del presidente sui social.
La didascalia accompagnava un’immagine apparentemente generata con l’intelligenza artificiale che raffigurava un ritratto
di Trump vestito da Maria Antonietta, con un abito e una parrucca del XVIII secolo.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
IN TRE GIORNI SARANNO NELL’AREA SOTTO CONTROLLO DEO TERRORISTI DI ISRAELE
Fra 72 ore o poco più, meteo permettendo, una nuova flotta potrebbe raggiungere la zona arancione.
Si tratta di 11 barche, «la seconda ondata» è stata definita, che hanno rivolto la prua verso Gaza. Le imbarcazioni provengono da Otranto e da Catania.
La missione nasce dallo sforzo congiunto di due diverse organizzazioni. La prima, Freedom Flotilla, che mette in campo due mini-velieri, Al Awda e Ghassan Kanafani. L’altra, ThousandMadleen, mette in mare otto barche.
Poi c’è la Conscience, vittima a maggio di un attacco di un drone al largo di Malta che l’ha messa ko. Fino ad ora. A bordo ci sono quasi cento medici, infermieri, giornalisti provenienti da 25 Paesi.
Intanto 200 attivisti sono nel carcere di Ketziot. E ci sono stati contatti tra le autorità italiane e il capo del Mossad David Barnea. Per smentire le voci che parlavano di maltrattamenti nei confronti dei fermati. Roma ha chiesto con urgenza a Barnea di fornire immagini dei detenuti. Chiarendo che la voce stava alimentando le proteste a Roma.
La Marinette
Una nave, la Marinette, «navigava ancora a gonfie vele», hanno dichiarato gli organizzatori della flottiglia in una diretta streaming che mostrava l’equipaggio al timone. Gli organizzatori hanno affermato che la Marinette si trovava a circa 80 miglia nautiche da Gaza giovedì sera. E a circa 10 miglia nautiche da dove Israele aveva iniziato a intercettare le altre imbarcazioni
L’intercettazione della Marinette
Marinette è stata intercettata alla fine alle 10:29 ora locale, a circa 42,5 miglia nautiche da Gaza. Lo fa sapere il canale Telegram della Global Sumud Flotilla: «In 38 ore, le forze navali di occupazione israeliane hanno intercettato illegalmente tutte le nostre 42 imbarcazioni, ciascuna delle quali trasportava aiuti umanitari, volontari e la determinazione di rompere l’assedio illegale di Israele su Gaza. Marinette ha navigato con lo spirito del sumud – fermezza – anche dopo aver visto il destino di 41 imbarcazioni prima di lei», scrivono gli attivisti. E concludono: «Ma questa non è la fine della nostra missione. La nostra determinazione ad affrontare le atrocità di Israele e a schierarci al fianco del popolo palestinese rimane incrollabile. Mentre le persone si ribellano nelle città di tutto il mondo per chiedere la fine di questi orrori e prendere posizione per l’umanità, noi ci uniamo con una sola voce: non ci fermeremo finché il genocidio non finirà. Non ci fermeremo finché la Palestina non sarà libera».
150 km da Gaza
Secondo gli attivisti la Marinette «conosce il destino delle sue sorelle in mare. Sa cosa l’aspetta. E si rifiuta di tornare indietro. Questa non è solo una nave. Marinette è Sumud: fermezza di fronte alla paura, al blocco e alla brutalità. È ciò che vediamo nelle strade di tutto il mondo: persone che conoscono i rischi, che vedono la repressione e che comunque sono solidali. Qualunque cosa accada, questo rifiuto ha già scritto un nuovo
capitolo. Gaza non è sola. La Palestina non è dimenticata. Non andremo da nessuna parte». .
Il capitano della Marinette
Parlando in videochiamata con gli organizzatori della Flotilla nella tarda serata di ieri, scrive Al Jazeera, il capitano australiano, che si è identificato solo come Cameron, ha spiegato che l’imbarcazione aveva avuto problemi al motore. E quindi era rimasta indietro rispetto al gruppo. Ora la nave sta «navigando a tutta velocità» verso Gaza. «Abbiamo a bordo un gruppo di turchi molto tenaci… io e una signora dell’Oman, e continueremo nella stessa direzione», ha detto. Un video dello yacht, attivo alle 4:00 Gmt (6.00 in Italia), mostra l’equipaggio al timone della nave mentre il sole sorge alle loro spalle.
L’altra Flotilla in arrivo
Intanto ci sono 45 navi civili che vanno verso Gaza. Si tratta di imbarcazioni salpate ieri dal porto di Arsuz in Turchia. Va segnalato che secondo Repubblica invece il rimpatrio “veloce” presuppone l’acquisto del biglietto aereo: sono esibendolo gli attivisti verrebbero accompagnati in aeroporto per rientrare.
I rimpatri forzati invece verrebbero sostenuti da Israele.
L’Onu
Nel frattempo l’Onu fa sapere che considera una violazione l’intercettazione da parte di Israele delle barche della Flotilla in acque internazionali. «Certamente riteniamo che le leggi applicabili alle acque internazionali debbano essere rispettate. Questo è tutto ciò che ho da dire in merito», ha risposto il portavoce, Farhan Haq, ai giornalisti. Anche perché, ha spiegato, «non riteniamo che la Flotilla rappresenti un’escalation, ma
siamo consapevoli di come la situazione si sia sviluppata sul terreno e in mare. Ciò che stiamo cercando di fare assicurarci che tutto venga risolto senza, in particolare, che venga arrecato alcun danno a coloro che stanno partecipando a questo atto non violento».
I parlamentari italiani
Infine, sono stati liberati dalle autorità di Israele i 4 parlamentari italiani che facevano parte della Flotilla. Il senatore Marco Croatti (M5s), l’eurodeputata Annalisa Corrado (Avs), il deputato Arturo Scotto e l’eurodeputata Benedetta Scuderi erano stati fermati mentre si avvicinavano alla costa di Gaza. Lo riferisce una nota della Farnesina. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva avuto più contatti con il ministro israeliano Gideon Sa’ar chiedendo la liberazione immediata. I parlamentari italiani sono stati trasferiti all’aeroporto di Tel Aviv e prenderanno un volo di linea assistiti dal personale dell’ambasciata, si legge nella nota della Farnesina. Partiranno per Roma con il volo IZ 335 delle 10 locali.
In tutto sono 473 i componenti degli equipaggi della Global Sumud Flotilla trasferiti dalle autorità israeliane nel carcere di Saharonim, nel deserto di Neghev, nel sud di Israele, in attesa del completamento delle procedure per il previsto trasferimento nei rispettivi paesi. Lo ha confermato Loubna Yuma, legale di Adalah, il team giuridico della Flotilla, all’agenzia Efe.
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LE RETI RAI OSCURANO L’ABBORDAGGIO DELLA FLOTILLA E MANDANO IN ONDA UNA REPLICA DI MONTALBANO
Finirà che l’intemerata, alcune sere fa, di Bruno Vespa contro il ragazzo portavoce della
Flotilla — il nonno che mette a suo posto il nipotino discolo — resterà come il momento più rappresentativo del racconto Rai su quanto sta avvenendo. E al netto dei tg e di RaiNews 24 (ci mancherebbe altro che non se ne occupassero) il vuoto pneumatico in casa Rai nella prima serata di mercoledì quando la tensione in quei luoghi era salita alle stelle, si aggiunge a un elenco infinito di occasioni mancate del Servizio pubblico in casi simili. Ci ha dovuto pensare, per pochi minuti, Federica Sciarelli in apertura di Chi l’ha visto, con breve collegamento e rapido punto della situazione, ma Sciarelli era lì per fare altro e il chi l’ha visto sulla situazione al largo di Gaza
se l’è accollato l’intera prima serata Rai.
Non si poteva far nulla? Figuriamoci. Raiuno aveva addirittura un Montalbano in replica, Raidue l’imperdibile versione live-action del vecchio cartone per ragazze Occhi di gatto. Niente per cui, in caso di cancellazione, si sarebbero organizzate manifestazioni di protesta — mentre ieri a Torino i manifestanti hanno urlato di tutto sotto la sede della Rai.
Per di più, la concorrenza che ha ogni sera uno spazio fisso informativo su Retequattro ha avuto buon gioco: Tommaso Labate nel suo nuovo Real Politik su Rete 4 ci ha costruito la puntata e il fatto che si sia avuta la netta sensazione di una Mediaset sul pezzo, e altri no, è diventato ufficiale. Peraltro Labate ha visto crescere gli ascolti del programma: e quindi c’è da dubitare che la motivazione non ufficiale ma evidente — non rischiare, abolendo la replica di Montalbano su Raiuno, di andare sotto negli ascolti — magari per una volta non regge: che in Rai abbiamo il terrore delle cose serie in prima serata è quasi giustificato, sul versante ascolti, ma stavolta, con tutta la tensione in ballo e l’ansia per quanto stava per succedere, o non succedere, il giro era completamente diverso.
Quindi se c’è qualcuno che ritiene che magari una diretta dal mare avrebbe portato appoggio ulteriore ai naviganti nell’opinione pubblica ed era questo che si voleva evitare, magari pensa male ma forse ci azzecca. Magari un giorno sbucherà una dirigenza in grado di sparigliare e avere coraggio in casi simili. Ma non era questa volta.
(da repubblica.it)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
TAJANI S’INCEPPA SUL DIRITTO, NETANYAHU DIVENTA UN “GRANDE LIBERALE” MENTRE GLI ATTIVISTI VANNO “INDAGATI”
Croceristi, furfantelli, gretini, prezzolati da Hamas, spacciatori di frodo, affamatori di Gaza, illusionisti.
Molte e, come leggete, piene d’amore le attenzioni che la destra di governo, direttamente, per interposto social o anche attraverso la stampa amica, ha dedicato alle gesta della Flotilla.
Noi, però, pensiamo che il meglio del meglio del meglio l’abbia pronunciato l’altra sera da Bruno Vespa il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Giunto in Rai già in debito d’ossigeno, forse anche per via del karaoke canoro e del frenetico ballo che lo ha accompagnato durante la festa conclusiva del congresso dei giovani di Forza Italia, Tajani ha dovuto subìre anche le domande cattive di
Vespa.
Le acque internazionali in cui stanno navigando le imbarcazioni zeppe di farina sono veramente internazionali? “Certamente internazionali”. E nel qual caso, signor ministro? Obbligato alla risposta, ma avvertendo su di sé il dovere di dubitare delle sue stesse parole, ha sibilato: “Il diritto internazionale conta, lì c’è stata una violazione. Noi abbiamo detto agli israeliani: non bloccateli in acque internazionali”.
Domanda dallo studio: “Ma sono stati fermati in acque internazionali!”. Tajani, assai più mogio, e in verità disorientato: “Lo so, avevo anche chiesto: non fermateli subito ma fateli arrivare abbastanza vicini così da dar loro più tempo per ricredersi”.
È chiaro che gli attivisti, provocando Israele, se la sono cercata, e qualche miglio in più, magari proprio l’ultimo miglio vai tu a sapere, avrebbe provocato la riflessione sul da farsi e – magari – persino un atto di contrizione, l’espiazione del peccato, tra l’altro in condivisione con il senso dello Yom kippur, la festività ebraica concomitante.
Sul valore civile dell’abbandono delle barche, dirottando verso Cipro la farina pur di avere fatta salva la pelle, si è dilungato Guido Crosetto, il ministro della Difesa. La rinunzia a cercare a Gaza la strada per Gaza suonava alle sue orecchie come una conquista, un atto di dignità, di coerenza e non di resa, giacché, come ha più volte assicurato Giorgia, in un attimo il governo italiano avrebbe trasferito le 500 tonnellate di cibo della Flotilla ai palestinesi effettivamente affamati e alcuni messi davvero male, ma non del tutto ancora morti. Meno di ventiquattr’ore prima Crosetto si era dilungato sui rischi assurdi. Per quanto irresponsabili e di sinistra, Crosetto si era però augurato per i naviganti solo il carcere: “Do per scontato che vengano arrestati, questo mi sembra il minimo”.
Perciò Tajani, alla fine della fiera, si è detto convinto che le cose erano già chiare dall’inizio: “Il diritto internazionale conta, ma fino a un certo punto”. Lì si è sciolta la tensione e Vespa, visibilmente disteso, si è congratulato anch’egli con se stesso per placare la fiammata d’ira esplosagli in bocca durante il collegamento con un antipatico portavoce degli attivisti: “Non ve ne fotte niente dei palestinesi”, ha decretato il mega conduttore.
“Avete rotto” ha scritto Alessandro Sallusti sul Giornale, incavolato nero, lui che generalmente affronta temi più spinosi (il delitto di Garlasco, eccetera), per essersi dovuto occupare di questa barzelletta, di questa flotta che è “a metà tra cronaca nera e spettacolo”.
“Tragica pagliacciata”, secondo il sempre in ordine Mario Sechi, il quale, aderendo al sentimento patriottico invocato dalla maggioranza per far restare l’Italia con i piedi saldamente nel mondo della libertà e della democrazia, affida ai bagarini del derby Israele-Flotilla il suo pronostico: “Mi auguro che le barche vengano affondate tutte, obbligandoli almeno a ricomprarle”. Lo interrompe Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: “Tanto ci pensa Hamas” (a ricomprarle, chiaro ndr).
Su libertà e democrazia è chiamata da Radio1 Fiamma Nirenstein, la corrispondente del Giornale da Gerusalemme: “Ma sapete che Netanyahu è un grande liberale?”. Al silenzio in
studio, raddoppia: “La sua capacità di accettare tutte le critiche, tutte le proteste. Con lui tutto è permesso”.
Comprensibile lo spavento della redazione e il nostro sollievo quando il timone è passato nelle mani di Claudio Velardi che sul Riformista, dovendo trovar spazio tra la Flotilla e Hamas, ha infilato l’una e l’altro in un cerchio: “Irresponsabili”. Indicativo che Maurizio Molinari, che ha persino diretto Repubblica, oggi veda la questione palestinese con l’occhio disteso di chi sa che il cielo tornerà sereno. Intervistato da Velardi, ha assicurato: “Israele torna al centro, terroristi isolati”.
Sechi, già portavoce di Giorgia Meloni, oggi assiso sul direttorio di Libero ma nelle scorse settimane quasi al Tg1 in sostituzione di Gian Marco Chiocci che la premier avrebbe voluto come portavoce (e tutto torna), ha come compagno d’avventura il sempreverde Daniele Capezzone, un vero kapò del giornalismo. Infatti: “Ci sono gli estremi per invocare l’articolo 244 del codice penale nei confronti degli attivisti protagonisti di atti ostili verso uno Stato estero che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra”. Dopo Capezzone, il misurato Tommaso Cerno che dal pontile del Tempo, e quasi in zona Cesarini, storicizza la questione: “Flotta continua”.
Avventuroso, scrive una avvincente nota di cronaca da un anfratto di Palazzo Chigi, ai piedi del quale da qualche mese è disteso. “Bastardi, fateci passare”, dicono in piazza del Parlamento, appena dopo il blocco navale della Flotilla, ai poliziotti terrorizzati e al medesimo Cerno, pronto col taccuino, i fratelli incappucciati dei “croceristi”, degli “amici di Hamas”, come anche il portavoce del ministero degli Esteri di Israele
definisce gli attivisti in mare. Vogliono occupare Palazzo Chigi, buttare all’aria il portone, magari imbrattarlo. Meno male che Matteo Salvini ha promesso che l’Italia non cadrà “nel caos” al quale puntano le giubbe rosse scioperanti.
“È il weekend lungo dei rivoluzionari”, ha detto – concludendo – la premier.
Odiatori di tutto il mondo, unitevi!
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
SULLA FLOTILLA MACRON HA DETTO PAROLE DA STATISTA, LA MELONI DA CAPOFAZIONE… PER ESSERE “PATRIOTI” CI VUOLE CULTURA POLITICA, MELONI RIPASSI TRA UN PAIO DI SECOLI
Chiediamo che i nostri compatrioti che hanno fatto questa scelta, che è una scelta di
impegno di fronte a una situazione che noi stessi abbiamo denunciato nel modo più duro, e di fronte alla quale stiamo agendo e vogliamo continuare ad agire, siano protetti. Per questo motivo, monitoriamo la situazione mano a mano che si evolve. Adotteremo le misure appropriate”.
Beati i francesi della spedizione Flotilla, che hanno un presidente in grado di dire le parole che avete appena letto. Parole di rispetto e di protezione civile, parole di un uomo di Stato, non di un capofazione. Nota bene: Macron non è di sinistra. È un presidente centrista, liberista in economia, molto avversato dalla sinistra del suo Paese. Ma ha cultura politica quanta ne basta per sapere che Flotilla – sulla quale con ogni certezza non ci sono suoi elettori – è una spedizione umanitaria internazionale forse ingenua, forse velleitaria, ma certamente degna di rispetto.
Al capo opposto del borghese europeo Macron si è collocata, per naturale mancanza di spirito nazionale, la presidente Meloni, il cui sguardo piccolo certo non è assistito dalla piccola gente che la circonda, né dai mortificanti media di destra che hanno coperto di sghignazzi e disprezzo la gente di Flotilla. La differenza balza all’occhio: per Macron francesi sono tutti i
francesi, per Meloni gli italiani sono solo quelli della sua tribù politica. Essere patrioti non è facile, ci vuole qualche secolo di cultura nazionale. Meloni e il suo manipolo di arditi ripassino tra un paio di secoli, forse saranno migliorati.
(da Repubblica)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
“IL GOVERNO DEMONIZZA I GIOVANI MA LORO SE NE FREGANO”
Pier Luigi Bersani beve birra chiara, mangia qualche tarallo, e si scalda quando parla dei giovani che hanno fatto assemblee straordinarie nelle scuole e che oggi saranno nelle piazze per Gaza: «Voglio credere che chi quei cortei li sta promuovendo col mio assoluto sostegno, abbia occhio che la violenza distrugge ogni buona ragione. Vanno evitate, isolate, espulse tutte le provocazioni che abbiano un sapore di violenza, ma mi pare che in larga parte questo movimento abbia chiare le istanze pacifiche che rappresenta. Credo molto in questa nuova generazione che si mobilita: per loro Gaza e la Cisgiordania sono quello che per noi fu il Vietnam».
Un risveglio?
«Un risveglio civile, una maturazione, una presa di coscienza forte dell’ingiustizia, che lascerà un segno profondo».
Il governo la pensa diversamente, evoca la violenza politica e gli anni di piombo.
«Demonizzano anche loro, lo so, ma i ragazzi se ne fregano. Si ribellano e fanno bene».
Come gli attivisti e i parlamentari sulla Global Sumud Flotilla?
«A fronte di una Meloni che attacca loro invece di Netanyahu, noi per fortuna abbiamo qualche deputato, qualche esponente
politico, che sa cosa voglia dire per la Costituzione seguire disciplina e onore nello svolgimento delle funzioni pubbliche. Hanno interpretato il sentimento profondo della grande maggioranza degli italiani».
Cosa pensa del piano di pace targato Trump?
«Anche un bambino vedrebbe i limiti enormi: è un ultimatum, non c’è il riconoscimento della Palestina, la famosa transizione dopo il cessate il fuoco è in una nebbia totale che ha uno spiraglio di luce solo in un assetto neocoloniale. Se uno mi parla di Trump e Blair come presidio di questa transizione, ho qualche problema. Detto questo, siccome ogni cosa che ferma un genocidio per me va bene, io dico a tutto il movimento: ogni giorno la sua pena. Se c’è uno spiraglio per fermare il genocidio lo si prende. Poi si ricomincia con le armi della democrazia, della presa di coscienza e della partecipazione politica».
Secondo Meloni attivisti e manifestanti stanno solo creando difficoltà al «popolo italiano», di cui pare non ritenerli parte.
«Non mi stupisce. In questa ideologia mondiale di sovranismo guidata da Trump una delle novità è lo stile di governo, non orientato a tenere insieme un Paese, ma a dividerlo alzando la bandiera della nuova ideologia. Più c’è scontro meglio è. Avviene in tutto il mondo e qui siamo al punto che ci riguarda».
Lo sconfittismo di fronte alla destra?
«Benché adesso tutti abbiano visto la mucca nel corridoio, non sono sicuro abbiano capito com’è. La nuova destra ha radici profonde, un grumo di idee che partono vestite da critica al politicamente corretto della sinistra salottiera, ma contengono tutt’altro: l’attacco ai principi di uguaglianza, alla divisione dei
poteri, alla laicità dello Stato».
Da qui la completa delegittimazione e colpevolizzazione del dissenso?
«È uno stile di governo aggressivo che serve a dividere. Da sempre per un certo periodo l’ideologia vince sui fatti. Poi i fatti prendono la rivincita, ma non è la gara dei cento metri, non è il colpaccio».
Come quello mancato nelle Marche?
«Non ha senso dire: abbiamo perso in tanti, proviamo a vincere in pochi. Tu con santa pazienza e determinazione devi fare un metro, piantare un chiodo dove eri arrivato e da lì fare un altro metro».
Il metro fatto è il campo largo. Cosa manca?
«Non c’è alle spalle il progetto politico per l’alternativa».
Qualcuno ci sta pensando?
«Qualcuno da solo può darsi, insieme no».
Consigli?
«Dopo che hai perso il referendum sul lavoro, invece di trastullarti nella sconfitta, offri ai 12 milioni che sono andati a votare una cosa targata così: Oltre il referendum per la dignità del lavoro e per l’alternativa».
Con dentro cosa?
«Una piattaforma sulla rappresentanza e la contrattazione, il disboscamento della precarietà, il salario minimo, la parità salariale donna-uomo, la formazione obbligatoria, la sicurezza. E poi fai una manifestazione come hai fatto con Gaza».
Non è stato fatto. E le Marche provano che il consenso di Meloni non si è eroso.
«Sono convinto che se non ci fosse il Pnrr, sarebbero già caduti. Perché a furia di portar soldi dai più, il lavoro, i deboli, i poveri, verso i meno: azionisti, banche, assicurazioni, la ruota non può girare. E infatti la crescita non c’è. Galleggiano solo perché ci sono 200 miliardi di euro e nessuno di quelli che ne traggono profitto vuole disturbare il manovratore».
Come mai in Italia la questione di Gaza è sentita così profondamente?
«Gli altri Paesi non hanno una Meloni che studia da Trump. E un capo della politica estera che dice che il diritto internazionale vale fino a un certo punto. A Tajani chiederei: chi lo mette il punto, Netanyahu? Tutto questo bagaglio offensivo di argomenti ha sollecitato il risveglio della coscienza civile e della solidarietà».
La premier ha rivendicato gli aiuti portati dall’Italia alla Palestina.
«Parla come se ci fosse stato un terremoto, invece è un genocidio».
Potrebbe essere lei il federatore dell’alternativa?
«Io se me lo chiedono do una mano, ma senza incarichi. Voglio essere libero com’ero da ragazzo. Devono essere i partiti a evolvere, aprire un confronto nel Paese. Quando facemmo l’Unione due più due faceva quattro, quando abbiam fatto l’Ulivo faceva cinque perché si era messo in moto qualcosa».
(da Repubblica)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
A GAZA 42.000 PERSONE CON DISABILITA’ PERMANENTI, UN QUARTO SONO BAMBINI
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riferito ieri che 42mila persone a
Gaza convivono con lesioni che hanno cambiato per sempre le loro vite: un quarto di queste sono bambini.
Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia delle Nazioni Unite, questi sopravvissuti al genocidio avranno bisogno di cure e riabilitazione per molti anni ancora, probabilmente per il resto delle loro vite. Le lesioni invalidanti costituiscono un quarto di tutte quelle segnalate a Gaza, con un totale di 167.376 persone ferite dall’ottobre 2023. Più di 5mila persone hanno subito amputazioni, in alcuni casi con arti tagliati senza anestesia a causa della carenza di farmaci.
Lesioni gravi come danni a gambe e braccia, lesioni al midollo spinale e al cervello e ustioni gravi sono estremamente diffuse. L’OMS ha confermato la prevalenza di ferite complesse al viso e agli occhi, in particolare tra i pazienti in lista per evacuazione medica all’estero; prima della guerra, Gaza aveva circa 1.300 fisioterapisti e 400 terapisti. Molti sono stati sfollati da allora, e almeno 42 sono stati uccisi da attacchi israeliani a settembre 2024. Le infrastrutture sanitarie, già fragili, sono oggi devastate.
“Due anni di guerra hanno distrutto gran parte del sistema sanitario”, ha dichiarato il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus. “La ricostruzione richiederà tempo e investimenti consistenti”. Tedros ha ricordato che i servizi di riabilitazione sono cruciali non solo per i feriti, ma anche per chi convive con malattie croniche e disabilità.
Dall’inizio del conflitto, 7.841 pazienti sono stati trasferiti all’estero per ricevere cure specialistiche. Dopo la chiusura del valico di Rafah, nel maggio 2024, l’OMS ha assunto la gestione completa delle evacuazioni, ora ridotte a un’unica operazione settimanale. Attualmente, oltre 15.000 persone, di cui 3.800 bambini, attendono di poter lasciare la Striscia per trattamenti urgenti in paesi come Egitto, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Turchia, Giordania e alcuni Stati europei.
La carenza di personale specializzato e dispositivi medici aggrava la situazione. “In tutta Gaza ci sono soltanto otto tecnici ortopedici”, ha spiegato Rik Peeperkorn, rappresentante OMS nei Territori palestinesi, parlando da Deir al-Balah. Secondo lui,
lo sfollamento, la malnutrizione e la scarsità di ausili rendono il fabbisogno riabilitativo molto più elevato di quanto indichino i dati ufficiali.
Accanto alle ferite fisiche, emergono gravi conseguenze psicologiche: traumi, lutti e stress cronico colpiscono sia i sopravvissuti sia le loro famiglie, mentre i servizi di supporto psicosociale sono quasi inesistenti. Peeperkorn ha invocato un ampliamento urgente di questi programmi, insieme alla protezione delle strutture sanitarie e a un flusso costante di forniture e carburante.
L’OMS avverte che la crisi sanitaria di Gaza non si risolverà in tempi brevi. Oltre alle cure immediate, serviranno strategie di riabilitazione a lungo termine e investimenti per creare un sistema sanitario più resiliente, capace di rispondere alle necessità di una popolazione profondamente segnata dalla guerra.
(da Fanpage)
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