Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
DOPO OTTO ANNI DI MILITANZA DICE ADDIO: “I SILENZI DEL GOVERNO SONO INTOLLERABILI”
«Sicuramente qualche altro giovane c’è, ma non ha il coraggio di dirlo. Spero che la mia esperienza li aiuti a esprimersi». A parlare è Leonardo Saggiorato, 27 anni, assessore nella città di Oviglio (Alessandria), ex vicesegretario provinciale di Gioventù Nazionale, il gruppo giovanile di Fratelli d’Italia.
Il giovane ha deciso di lasciare il partito di Giorgia Meloni giovedì scorso perché non riesce «più a sopportare il silenzio» del partito e della Presidente del Consiglio sulla questione palestinese. «Fratelli d’Italia prima sosteneva la causa palestinese, ma da quando è al governo sembra essersene dimenticato». Ne abbiamo parlato con lui.
Già consegnata la tessera?
«Sì. Una settimana fa ho dato le dimissioni ufficiali da segretario cittadino e segretario provinciale dicendo di accettare le mie dimissioni dagli organi che avevo e di accettare anche la mia tessera. Ma manterrò i miei incarichi a livelli comunali. Gli incarichi politici che ho attualmente derivano dal fatto che faccio parte di una lista civica, storicamente apartitica, quindi, non cambia assolutamente nulla».
Un giovane impegnato.
«Si, ho fatto la prima consigliatura a 19 anni».
È sempre stato pro-Gaza?
«Ho sempre avuto certe remore su alcuni temi del partito, e altri invece li ho appoggiati. Ma non ho mai nascosto le mie posizioni».
Cosa non riusciva a mandare più giù ultimamente?
«Gli ultimi sviluppi sulla Palestina. Condanno fermamente l’attentato di Hamas, che sia chiaro, ma non dimentichiamoci delle atrocità attuate da Israele anche prima del 7 ottobre. E poi Fratelli d’Italia è sempre stato a favore della questione palestinese. Ora che siamo al Governo, ce lo siamo dimenticati».
E perché?
«Non escludo che vi siano pressioni internazionali, in particolare dagli Stati Uniti, o comunque dinamiche di politica estera. Resta però un dato di fatto: della Palestina non si parla più. E considero questa scelta poco coerente con la storia politica del partito».
È stato richiamato dal partito per il suo posizionamento pro-Gaza?
«No. Indifferenza totale, sia a livello giovanile che di Fratelli d’Italia».
Quindi la sua è stata una scelta spontanea?
«È stata una presa di coscienza maturata nel tempo. I silenzi del governo sul genocidio a Gaza sono intollerabili. Stare zitti e dire “Israele ha il diritto di difendersi”, e poi aprire gli occhi solo quando politici e cittadini si rendono conto che muoiono persone, senza avere il coraggio di riconoscere la Palestina, anche considerando la presenza di Hamas, è deplorevole».
È andato alle mobilitazioni pro-Gaza e pro-Flotilla degli ultimi giorni?
«No, ho lavorato. Però, pur condannando quello che è successo alla stazione di Milano, appoggio le manifestazioni pacifiche in piazza. È un segnale positivo che i cittadini scelgano di partecipare in modo non violento, per esprimere la loro vicinanza alla causa palestinese».
Se fosse in una situazione diversa ci sarebbe andato?
«Sì, a quelle pacifiche sì».
E sul posizionamente dell’Esecutivo sul piano di pace a firma di Trump?
«Non è sufficiente perché non coinvolge direttamente l’Autorità nazionale Palestinese, che dev’essere protagonista nell’attività di ricostruzione del suo paese. La pace non dev’essere imposta solo da Trump e Netanyahu».
C’è qualche altro partito di cui sta apprezzando il
posizionamento su Gaza?
«È un discorso che si lega alla mia maturazione personale. Avevo 19 anni quando mi sono avvicinato al partito. Con il tempo, crescendo e cambiando lavoro e casa, ho maturato nuove convinzioni su ciò che penso davvero. Mi sono chiesto: “Ho fatto qualcosa per migliorare il mio partito? E il mio partito ha fatto qualcosa per migliorarsi?”. La risposta è in parte sì e in parte no, ma prevalgono i no. Un esempio: l’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia, presentata come bandiera elettorale e poi eliminata l’anno successivo, con la giustificazione che non compensava l’inflazione».
Ci sono altri casi come il suo dentro al partito?
«Sicuramente qualcuno c’è, ma non ha ancora trovato il coraggio di dirlo. La destra ha sempre sostenuto la causa palestinese, e sentir dire adesso che “è una battaglia della sinistra” non è né carino né elegante. Alla fine, è una questione di umanità».
Come hanno reagito i suoi concittadini?
«C’è un grande sostegno da parte di tutti i poli politici. Da tutti e tre gli schieramenti, destra, sinistra e centro».
Un problema di coerenza, dunque.
«Io confido che anche altri giovani possano arrivare a questa presa di coscienza. Un piccolo momento di riflessione con sé stessi, ogni tanto, è necessario».
(da Open)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
PER LA SUCCESSIONE DI ZAIA, LA LEGA HA GIÀ PROPOSTO ALBERTO STEFANI, MA MELONI FRENA: VUOLE GARANZIE CHE SALVINI CEDA LA LOMBARDIA A FDI PER IL POST-FONTANA… IN CAMPANIA, IL MELONIANO CIRIELLI È CERTO: “SE SARÀ UN CANDIDATO POLITICO, SARÒ IO”. MA IL FORZISTA MARTUSCIELLO LO STOPPA … IN PUGLIA LA LEGA PROPONE LA GIORNALISTA ANNALISA CHIRICO, MA DA FORZA ITALIA REPLICANO: “LA SCELTA SPETTA A NOI”
Sono quasi sei mesi, ormai, che il centrodestra si interroga su chi candidare alle
Regionali in Campania, Puglia e Veneto. Gli alleati litigano, si logorano a vicenda, bruciano i nomi degli avversari. Il tavolo della coalizione per le elezioni del 23 e 24 novembre somiglia sempre di più a una stazione dei pullman. Candidati che arrivano, altri che se ne vanno.
Per dire di quel che è successo ieri: «Potrebbe essere il giorno giusto per la Campania», ha annunciato Fratelli d’Italia. Passano tre ore e arriva la frenata di Forza Italia: «Prima vediamo un ultimo sondaggio».
Anche gli uomini della Liga veneta, ieri, si aspettavano intorno a mezzogiorno l’ufficializzazione del segretario regionale Alberto Stefani come candidato unitario del centrodestra. Invece, un’altra doccia fredda. «Niente candidato, niente liste, niente manifesti. I nostri, a cominciare da quelli che ci mettono i schèi di tasca propria, scalpitano. Tra un po’ non li teniamo più», confida un dirigente del partito.
Giorgia Meloni continua a prendere tempo, rimandare. «Credo che aspetteremo il voto in Calabria di lunedì prossimo», provano a tirare una linea definitiva da FdI. «Non ci preoccupano i ritardi. L’importante è costruire per il futuro, non puntare solo al risultato immediato» ripete da giorni la sorella della premier, Arianna.
Ormai fra i leghisti c’è il sospetto che tutto questo temporeggiare abbia anche altre motivazioni. La prima ha a che fare con le garanzie, a fronte dell’ok a Stefani in Veneto, di un riequilibrio al Nord fra i partiti del centrodestra.
Non è un mistero che Fratelli d’Italia abbia messo gli occhi sulla Lombardia, immaginando anche un voto anticipato al 2027 per far coincidere le Regionali con le Politiche, ma probabilmente Meloni oggi non è più così sicura che un accordo con Matteo Salvini sia sufficiente.
Pesano l’ascesa di Roberto Vannacci e, specularmente, i malumori sempre più forti dei lumbard guidati da Massimiliano Romeo e Attilio Fontana.
La seconda incognita ha il nome del Doge, Luca Zaia. Quanto influirà la sua corsa a capolista sul risultato della Liga e su quello di Fratelli d’Italia (che alle Europee senza Zaia in campo ha ottenuto proprio in Veneto il miglior risultato nel Paese)?
Il terzo motivo per cui Meloni starebbe temporeggiando, infine, riguarda i risultati elettorali ed è forse quello che più preoccupa via Bellerio. Se il Carroccio uscirà indebolito dal voto in Calabria, come già successo nelle Marche, la premier potrebbe avere qualche ragione in più per rivedere lo schema di gioco della coalizione e per reclamare un proprio candidato in Veneto.
Non è un caso che in Calabria il ministro Francesco Lollobrigida abbia voluto candidare parlamentari e membri di governo nelle liste di FdI. Come la sottosegretaria Wanda Ferro, costretta a dire ieri che quelle liste inzeppate di parlamentari calati da Roma «non sono solo pacchetti di voti, ma un contributo di spessore». È «qualità», tenta Lollobrigida. Nella Lega non ci credono nemmeno un po’.
In Campania, intanto, il viceministro Edmondo Cirielli, di FdI, è sicuro: «Se sarà un candidato politico, sarò io. Se invece sarà un civico, segnalo Costanzo Jannotti Pecci. Poi a Roma valuteranno se si può fare a meno di un viceministro degli Esteri in questo
momento così delicato».
Gli risponde a brutto muso il coordinatore azzurro Fulvio Martusciello: «Il ministro degli Esteri è indispensabile, non il viceministro. E comunque non è il momento di fare nomi».
In Puglia non va meglio. La Lega continua a proporre nomi per rompere gli equilibri: prima Vannacci, adesso persino la giornalista Annalisa Chirico. «Ma la Puglia spetta a noi», precisano da Forza Italia, dove in pole c’è il senatore Mauro D’Attis. Per la verità, dicono che D’Attis non abbia più molta voglia di immolarsi, ma ormai «Tajani si è esposto troppo per lui, non credo possa tirarsi indietro», ragionano dentro FI.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
“COM’È POSSIBILE DOPO DUE ANNI CHE PERMETTIAMO ANCORA DI FAR GIOCARE A UNO STATO CRIMINALE LE PARTITE DI CALCIO?”… PIERO PELU’: “FIRENZE NON TRADISCE MAI. I DIRITTI NEGATI AI PALESTINESI POSSONO ESSERE NEGATI A NOI DOMANI”
Il corteo di Firenze supera lo stadio Franchi, dove era stata fissata inizialmente la fine della manifestazione, e decidono di
raggiunge il Centro tecnico di Coverciano. I partecipanti con gli altoparlanti contestano la scelta della nazionale di calcio di aver giocato – e di riaffrontare tra dieci giorni – Israele nelle gare di qualificazione ai mondiali.
Decine di migliaia di manifestanti si spingono così fino ai campi sportivi dove si allenano gli Azzurri. vengono chiusi gli accessi, la polizia si schiera dietro i cancelli all’ingresso del Museo del Calcio.
Partono fischi dei manifestanti che chiedono di non giocare la gara. «Hanno fissato una partita il prossimo 14 ottobre a Udine – dicono dal corteo – com’è possibile dopo due anni che permettiamo ancora di far giocare a uno Stato criminale le partite di calcio? Una nazione che ha commesso un genocidio». Parte un lungo applauso: è la fine della manifestazione a Firenze. «Ma continueremo ad esserci – urlano dai megafoni – domani andremo a Roma».
Piero Pelù: “Firenze non tradisce mai”
Quella di oggi “è una bella risposta. Firenze non tradisce mai”, dice Piero Pelù in corteo. “In questa fase conta quello che fa ognuno di noi. Conta il concerto per la Palestina che abbiamo fatto alle Cascine. E conta questa manifestazione, essere in tanti, pacifici e coscienti.
E conta capire che siamo qui a manifestare per i diritti di un popolo che sono anche i nostri diritti. Il transfer è assolutamente automatico”. Perché, conclude Pelù, “i diritti negati ai palestinesi
possono essere negati a noi domani. Quindi è giusto esserci”.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LA CARTA STAMPATA RESISTE CON IL 18,3% DEI LETTORI, IN LINEA CON L’EUROPA – A INFORMARSI ATTRAVERSO I SOCIAL MEDIA È IL 22% DEGLI ITALIANI
L’Italia si conferma il Paese europeo più legato alla televisione come fonte di
informazione: il 67,4% degli italiani la indica come principale canale, contro una media Ue del 52,9%. Per la lettura dei giornali online, invece, il nostro Paese si piazza poco sopra la media continentale (39% contro il 35%), mentre la carta stampata resiste con il 18,3% dei lettori, in linea con l’Europa, fatta eccezione per Lussemburgo, Germania, Austria ed Estonia, che superano ancora il 30%.
A informarsi attraverso i social media è il 22% degli italiani, dato anch’esso perfettamente in linea con il trend europeo. I dati emergono da un’indagine della Commissione europea condotta in tutti i 27 Stati membri per il rapporto European Media Industry Outlook 2025, basata su oltre 55 mila interviste e rielaborata da Connact.
L’analisi è stata presentata a Bruxelles al convegno ‘Le nuove frontiere dell’informazione e dell’industria culturale Ue’, con la collaborazione del Parlamento europeo e con l’ANSA tra i media partner.
Il quadro italiano si riflette anche su scala continentale: secondo un sondaggio Eurobarometro, il 71% degli europei dichiara di aver utilizzato la tv come principale mezzo d’informazione negli ultimi sette giorni, nettamente davanti alle piattaforme online (42%), alla radio (37%) e ai social network (37%).
C’è però un primato meno lusinghiero: l’Europa è l’area del mondo che dedica meno tempo ai media. Secondo il Global Media Intelligence Report, i cittadini europei passano in media 1 minuto e 44 secondi sui social (contro oltre 2 minuti nel resto del mondo) e dedicano appena 26 secondi alla carta stampata e 43 secondi alle notizie online, fanalini di coda a livello globale.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
TRASPORTA AIUTI UMANITARI E MATERIALE MEDICO: A BORDO CI SONO CENTO PERSONE, MOLTI DELLE QUALI MEDICI E GIORNALISTI,,, ALTRE 45 NAVI PARTITE IERI DALLA TURCHIA
Fra 72 ore o poco più, meteo permettendo, una nuova flotta potrebbe arrivare in zona arancione, con prua puntata verso Gaza. Forse il ministro degli Esteri israeliano Sa’ar si è affrettato un po’ troppo a dare per conclusa quella che definisce la «provocazione» della flotilla. Dopo l’intercettazione di 40 delle barche della Global Sumud, altre 11 già viaggiano verso Gaza. Per tutti ormai è “la seconda ondata”.
Non sono le 45 che ieri mattina sono uscite in blocco dal porto di Arsuz, nella provincia di Hatay, in Turchia. Quella, almeno per adesso, sembra sia stata solo una manifestazione di sostegno, sebbene alcuni dei caicchi più grandi potrebbero davvero puntare verso la Striscia. Bisognerà aspettare un po’ anche per le cinque barche egiziane, ancora impantanate nella burocrazia levantina.
E forse non a caso, ragionano gli attivisti.
La nuova flotta che punta su Gaza è partita da Otranto e Catania e nasce dallo sforzo congiunto di due organizzazioni. La prima, Freedom Flotilla, dal 2009 tenta di forzare il blocco navale e oggi ci riprova con due mini-velieri, Al Awda e Ghassan Kanafani. L’altra, ThousandMadleen, è giovane, ma è cresciuta sulle spalle di attivisti che da un decennio o più tentano di bucare il blocco navale che Israele ha imposto a Gaza. Mette in mare otto barche, ma soprattutto la Conscience.
A maggio era in rotta verso Gaza, quando al largo di Malta un drone ha sganciato una bomba sul ponte, forandolo e danneggiando irrimediabilmente la nave. Dopo mesi di cantiere è tornata. E a bordo ha quasi cento medici, infermieri, giornalisti provenienti da 25 Paesi.
Fra loro c’è anche Riccardo Corradini, chirurgo trentino di 32 anni. Se riuscisse ad arrivare a Gaza, per lui sarebbe un ritorno. Nel 2019, lì ha studiato e lavorato, «gomito a gomito con colleghi che oggi sono un target». E come tali eliminati. Più di 1.500, dicono gli ultimi report Onu.
Alcuni li conosceva, così come conosceva reparti e corridoi di ospedali che adesso sono solo macerie. «Dell’Al Shifa non rimane niente, c’erano intere torri, adesso a stento un piano. Nella Striscia solo il 30 per cento delle strutture sanitarie è parzialmente operativo, metà dei pazienti che lo necessitano, non può fare dialisi. Significa che sono morti che camminano».
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
MASSIMO ARLECHINO (EX MSI E FONDATORE DI AN): “E’ IL GOVERNO AD AVER MESSO IN IMBARAZZO L’ITALIA”… “I GIOVANI MISSINI ERANO ANTI-IMPERIALISTI, ANTI USA , PER LA LIBERTA’ DEI POPOLI, CONTRO LA DESTRA BORGHESE”… “MELONI HA TRADITO I VALORI PER ENTRARE NEI SALOTTI BUONI, NELLA BASE DI FDI C’E’ MALCONTENTO, PRIMA O POI ESPLODERA’”
Giorgia Meloni ha tradito la causa della destra su Gaza e la Palestina. Mentre la Flotilla
«è un’iniziativa di alto valore politico che ha il merito di attirare l’attenzione del mondo intero su Gaza. Penso che Meloni in cuor suo lo sappia bene». Anche se ha litigato con il suo ministro Crosetto per l’invio della fregata italiana. Che secondo lei non doveva partire. A parlare è Massimo Arlechino, uno dei fondatori di Alleanza Nazionale ed ex militante del Msi. Oggi è presidente di Indipendenza!, il movimento di Gianni Alemanno. E in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano dice che le frasi di Meloni «mi meravigliano molto perché pronunciate da una donna che mangia pane e politica da quando era ragazzina e a cui immagino non sfugga il valore simbolico dell’iniziativa».
Meloni e la Palestina
Secondo Arlechino «gli aiuti erano chiaramente una questione secondaria. Intercettare le barche in acque internazionali è
un’azione illegale, come illegale è il blocco navale di Israele davanti a Gaza. A destra molti la pensano come me, ma non hanno il coraggio di dirlo. Non è la Flotilla ad aver messo in difficoltà il governo, ma l’esecutivo ad aver messo in imbarazzo l’Italia». L’ex An dice che di fronte a Gaza «non si può restare indifferenti. I giovani di destra, quelli del Fronte della Gioventù e quelli venuti dopo, erano anti-imperialisti, anti-americani e si battevano per l’autodeterminazione dei popoli, tra cui quello palestinese. Difendevano anche gli indiani d’America! Ora è tutto il contrario».
Il tradimento di Giorgia
«Erano ragazzi con profondi valori che si battevano contro la destra borghese e si abbeveravano agli scritti di Beppe Nicolai (deputato e pensatore del Msi, ndr). Che diceva: i giovani non possono essere conservatori, ma solo rivoluzionari! Sulla causa palestinese e sul rapporto con gli Usa Meloni ha tradito i valori della comunità in cui è cresciuta, ma non fa nulla per correggere la rotta», conclude Arlechino. Che parla di una mutazione iniziata con Gianfranco Fini in Israele. E conclusa proprio con lei a Palazzo Chigi: «Perché finché FdI stava all’opposizione aveva posizioni molto critiche verso gli Usa e Israele, ma anche, per esempio, sulle banche, mentre oggi non riescono a fare nemmeno una legge sugli extraprofitti. A Palazzo Chigi Meloni si è tolta la kefiah e s’è messa la grisaglia».
La destra moderata
E c’è anche «la sudditanza militare verso gli Usa. Si fa come dicono loro. L’abbiamo visto con il bombardamento sul Kosovo
durante il governo D’Alema, con l’attacco alla Libia con Berlusconi e sull’Ucraina con Meloni». Ma la motivazione più importante della premier è quella politica. Ovvero «l’ambizione di occupare uno spazio politico rimasto vuoto: quello di una destra moderata, liberale e filo-Usa. Lei scontava una sorta di sindrome di Calimero e in Europa avevano il terrore della “fascista” al potere. Una volta a Palazzo Chigi ha dovuto farsi accettare dalle cancellerie: è entrata nel salotto buono, dove si usano le posate d’argento. Ha dovuto dimostrare di essere una leader affidabile. Ma c’è modo e modo di farlo. Lei si è appiattita troppo su posizioni atlantiste e pro-Israele. Di fronte a quello che tutto il mondo reputa un genocidio o, comunque, uno sterminio di massa, il suo intervento all’Onu è stato imbarazzante».
Fratelli d’Italia
Infine, il partito. «Nella base, tra i militanti, c’è molto malcontento, la timidezza su Gaza non è affatto condivisa, tanti la pensano diversamente ma non parlano per paura o interesse, ma prima o poi la questione esploderà, anche tra i parlamentari», conclude Arlechino.
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
LA MAGGIORANZA GUIDATA DA KYRIAKOS MITSOTAKIS HA VARATO ANCHE UNA LEGGE CHE PERMETTE AI CITTADINI DI LAVORARE FINO A 74 ANNI, OVVERO 7 ANNI OLTRE IL LIMITE FISSATO PER L’ETÀ PENSIONABILE
Ieri la Grecia si è fermata per l’intera giornata per protestare contro il disegno di legge voluto dal governo conservatore di Nea Dimokratia — non ancora presentato al Parlamento — che prevede, tra le altre misure, che, a determinate condizioni, un dipendente possa lavorare 13 ore al giorno per un unico datore di lavoro.
I trasporti, in particolare treni e traghetti che collegano la terraferma alle isole, sono stati gravemente interrotti, così come metropolitane e autobus in determinati orari. Anche insegnanti, personale ospedaliero e dipendenti pubblici si sono astenuti dal lavoro su richiesta della Confederazione dei lavoratori greci (Gsee) e della Confederazione dei dipendenti pubblici (Adedy), oltre che del sindacato comunista Pame.
La proposta del governo guidato da Kyriakos Mitsotakis, secondo il Gsee «mette a repentaglio la salute e la sicurezza dei lavoratori e distrugge ogni equilibrio tra vita professionale e personale». Ma per il primo ministro, molti giovani desiderano lavorare di più per guadagnare di più.
La giornata lavorativa di 13 ore non avrebbe carattere «generalizzato» ma eccezionale, si tratterebbe, come spiega il ministero greco del Lavoro, «di una disposizione valida fino a 37 giorni all’anno solo con il consenso del dipendente e con un aumento del 40 per cento della retribuzione». Per i sindacati invece la misura «smantellerà anche le tutele minime» dei dipendenti.
In Grecia, la settimana lavorativa, pari a 39,8 ore, è già superiore alla media Ue che si ferma a 35,8 ore, secondo i dati Eurostat. Il governo di Kyriakos Mitsotakis, rieletto un paio di anni fa nel giugno del 2023, ha varato inoltre una legge che permette ai cittadini di lavorare fino a 74 anni, vale a dire 7 anni oltre il limite fissato per l’età pensionabile.
Tra le altre misure che vanno contro l’equilibrio tra impegno professionale e vita privata, oltre che contro la sicurezza del posto di lavoro — denunciano i sindacati — ci sono la settimana lavorativa di sei giorni, il licenziamento di un dipendente senza preavviso entro il primo anno e un periodo di prova fino a sei mesi per gli impiegati.
Sono state introdotte anche nuove limitazioni al diritto di sciopero: chi ostacola il lavoro dei colleghi, per esempio con il picchettaggio, può essere multato fino a cinquemila euro o finire in carcere per sei mesi.
Nonostante il miglioramento del rating del debito pubblico, passato a tripla B, la crescita economica (+2,3% nel 2024) e il calo del tasso di disoccupazione, la Grecia resta uno dei Paesi dell’Ue con i salari più bassi a fronte di un costo della vita in continua crescita.
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
IL RIFERIMENTO È ALLA DECISIONE DI COSTRUIRE LA NUOVA SALA DA BALLO ALLA CASA BIANCA, MENTRE IL RESTO DEL PAESE È IN GINOCCHIO PER LO SHUTDOWN
Gavin Newsom ha paragonato Donald Trump alla controversa regina francese Maria
Antonietta mentre ha preso brutalmente in giro il presidente per la sua decisione di proseguire con la costruzione della sua sala da ballo, mentre il resto del Paese affronta l’incertezza legata alla chiusura del governo.
L’ufficio stampa del governatore della California ha scritto su X:
“TRUMP ‘MARIE ANTOINETTE’ DICE: ‘NESSUNA ASSISTENZA SANITARIA PER VOI POVERACCI, MA UNA SALA DA BALLO PER LA REGINA!’”.
È l’ultimo di una serie di post che parodiano in modo feroce lo stile di scrittura in maiuscolo che caratterizza i messaggi del presidente sui social.
La didascalia accompagnava un’immagine apparentemente generata con l’intelligenza artificiale che raffigurava un ritratto
di Trump vestito da Maria Antonietta, con un abito e una parrucca del XVIII secolo.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2025 Riccardo Fucile
IN TRE GIORNI SARANNO NELL’AREA SOTTO CONTROLLO DEO TERRORISTI DI ISRAELE
Fra 72 ore o poco più, meteo permettendo, una nuova flotta potrebbe raggiungere la zona arancione.
Si tratta di 11 barche, «la seconda ondata» è stata definita, che hanno rivolto la prua verso Gaza. Le imbarcazioni provengono da Otranto e da Catania.
La missione nasce dallo sforzo congiunto di due diverse organizzazioni. La prima, Freedom Flotilla, che mette in campo due mini-velieri, Al Awda e Ghassan Kanafani. L’altra, ThousandMadleen, mette in mare otto barche.
Poi c’è la Conscience, vittima a maggio di un attacco di un drone al largo di Malta che l’ha messa ko. Fino ad ora. A bordo ci sono quasi cento medici, infermieri, giornalisti provenienti da 25 Paesi.
Intanto 200 attivisti sono nel carcere di Ketziot. E ci sono stati contatti tra le autorità italiane e il capo del Mossad David Barnea. Per smentire le voci che parlavano di maltrattamenti nei confronti dei fermati. Roma ha chiesto con urgenza a Barnea di fornire immagini dei detenuti. Chiarendo che la voce stava alimentando le proteste a Roma.
La Marinette
Una nave, la Marinette, «navigava ancora a gonfie vele», hanno dichiarato gli organizzatori della flottiglia in una diretta streaming che mostrava l’equipaggio al timone. Gli organizzatori hanno affermato che la Marinette si trovava a circa 80 miglia nautiche da Gaza giovedì sera. E a circa 10 miglia nautiche da dove Israele aveva iniziato a intercettare le altre imbarcazioni
L’intercettazione della Marinette
Marinette è stata intercettata alla fine alle 10:29 ora locale, a circa 42,5 miglia nautiche da Gaza. Lo fa sapere il canale Telegram della Global Sumud Flotilla: «In 38 ore, le forze navali di occupazione israeliane hanno intercettato illegalmente tutte le nostre 42 imbarcazioni, ciascuna delle quali trasportava aiuti umanitari, volontari e la determinazione di rompere l’assedio illegale di Israele su Gaza. Marinette ha navigato con lo spirito del sumud – fermezza – anche dopo aver visto il destino di 41 imbarcazioni prima di lei», scrivono gli attivisti. E concludono: «Ma questa non è la fine della nostra missione. La nostra determinazione ad affrontare le atrocità di Israele e a schierarci al fianco del popolo palestinese rimane incrollabile. Mentre le persone si ribellano nelle città di tutto il mondo per chiedere la fine di questi orrori e prendere posizione per l’umanità, noi ci uniamo con una sola voce: non ci fermeremo finché il genocidio non finirà. Non ci fermeremo finché la Palestina non sarà libera».
150 km da Gaza
Secondo gli attivisti la Marinette «conosce il destino delle sue sorelle in mare. Sa cosa l’aspetta. E si rifiuta di tornare indietro. Questa non è solo una nave. Marinette è Sumud: fermezza di fronte alla paura, al blocco e alla brutalità. È ciò che vediamo nelle strade di tutto il mondo: persone che conoscono i rischi, che vedono la repressione e che comunque sono solidali. Qualunque cosa accada, questo rifiuto ha già scritto un nuovo
capitolo. Gaza non è sola. La Palestina non è dimenticata. Non andremo da nessuna parte». .
Il capitano della Marinette
Parlando in videochiamata con gli organizzatori della Flotilla nella tarda serata di ieri, scrive Al Jazeera, il capitano australiano, che si è identificato solo come Cameron, ha spiegato che l’imbarcazione aveva avuto problemi al motore. E quindi era rimasta indietro rispetto al gruppo. Ora la nave sta «navigando a tutta velocità» verso Gaza. «Abbiamo a bordo un gruppo di turchi molto tenaci… io e una signora dell’Oman, e continueremo nella stessa direzione», ha detto. Un video dello yacht, attivo alle 4:00 Gmt (6.00 in Italia), mostra l’equipaggio al timone della nave mentre il sole sorge alle loro spalle.
L’altra Flotilla in arrivo
Intanto ci sono 45 navi civili che vanno verso Gaza. Si tratta di imbarcazioni salpate ieri dal porto di Arsuz in Turchia. Va segnalato che secondo Repubblica invece il rimpatrio “veloce” presuppone l’acquisto del biglietto aereo: sono esibendolo gli attivisti verrebbero accompagnati in aeroporto per rientrare.
I rimpatri forzati invece verrebbero sostenuti da Israele.
L’Onu
Nel frattempo l’Onu fa sapere che considera una violazione l’intercettazione da parte di Israele delle barche della Flotilla in acque internazionali. «Certamente riteniamo che le leggi applicabili alle acque internazionali debbano essere rispettate. Questo è tutto ciò che ho da dire in merito», ha risposto il portavoce, Farhan Haq, ai giornalisti. Anche perché, ha spiegato, «non riteniamo che la Flotilla rappresenti un’escalation, ma
siamo consapevoli di come la situazione si sia sviluppata sul terreno e in mare. Ciò che stiamo cercando di fare assicurarci che tutto venga risolto senza, in particolare, che venga arrecato alcun danno a coloro che stanno partecipando a questo atto non violento».
I parlamentari italiani
Infine, sono stati liberati dalle autorità di Israele i 4 parlamentari italiani che facevano parte della Flotilla. Il senatore Marco Croatti (M5s), l’eurodeputata Annalisa Corrado (Avs), il deputato Arturo Scotto e l’eurodeputata Benedetta Scuderi erano stati fermati mentre si avvicinavano alla costa di Gaza. Lo riferisce una nota della Farnesina. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva avuto più contatti con il ministro israeliano Gideon Sa’ar chiedendo la liberazione immediata. I parlamentari italiani sono stati trasferiti all’aeroporto di Tel Aviv e prenderanno un volo di linea assistiti dal personale dell’ambasciata, si legge nella nota della Farnesina. Partiranno per Roma con il volo IZ 335 delle 10 locali.
In tutto sono 473 i componenti degli equipaggi della Global Sumud Flotilla trasferiti dalle autorità israeliane nel carcere di Saharonim, nel deserto di Neghev, nel sud di Israele, in attesa del completamento delle procedure per il previsto trasferimento nei rispettivi paesi. Lo ha confermato Loubna Yuma, legale di Adalah, il team giuridico della Flotilla, all’agenzia Efe.
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