Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
“SVENTOLA IL TRICOLORE, RICONOSCENZA ALL’ITALIA”… PECCATO CHE LA GRATITUDINE FOSSE RIVOLTA AI MILIONI DI ITALIANI CHE SONO SCESI IN PIAZZA PER LA FLOTILLA E CONTRO IL GOVERNO
E non si dica che il governo italiano non stia sul pezzo. Il ministro degli Esteri Antonio
Tajani, con un post sul suo profilo X, ha pubblicato un video in cui un bambino palestinese, in braccio a un ragazzo con i rollerblade, fa sventolare con una mano la bandiera della Palestina e con l’altra quella dell’Italia. Il tutto tra le macerie di Gaza.
Sotto, nel video originale si legge: «La Palestina guarda l’Italia. Grazie a voi e grazie a tutte le nazioni di tutto il mondo per la solidarietà e il supporto».
Un bel messaggio, che evidentemente Tajani e il suo staff hanno ritenuto essere rivolto alle iniziative del governo per sostenere la popolazione palestinese durante questi due anni di bombardamenti israeliani e devastazioni nella Striscia. A tal
punto che, nel suo post, il capo della Farnesina ha scritto: «Il Tricolore sventola anche a Gaza. Segno di riconoscenza e gratitudine nei confronti di quello che ha fatto e farà l’Italia. Viva la pace!».
Tutto bello, ma c’è un però. Anche abbastanza importante. Il video originale, che il profilo ufficiale di Tajani ha ripreso, era stato pubblicato diverse ore prima da un account internazionale pro Pal. Con la dicitura: «La Palestina vi guarda, Italia, e grazie per esservi sollevati coraggiosamente contro il vostro governo». Con tanto di canzone della Banda Bassotti, storico gruppo antifascista.
In pratica non era un video per ringraziare il governo, tutt’altro. Era una clip a sostegno delle manifestazioni degli ultimi giorni andate in scena in tutta Italia, con centinaia di migliaia di persone scese in piazza per protestare contro l’approccio dell’esecutivo di Giorgia Meloni riguardo il massacro israeliano a Gaza. Chi cura la comunicazione del capo della Farnesina non sembra però essersene accorto, nonostante le centinaia di commenti sotto al post.
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
LA LEGA NON INTENDE LASCIARE LA LOMBARDIA ALLA MELONI, MA E’ STATO SALVINI A SIGLARE IL PATTO
«Sono molto deluso. Anzi, direi esterrefatto per il comportamento di Fratelli d’Italia. È come se si volessero piantare bandierine». Era nell’ordine delle cose che il via libera a un leghista in Veneto si sarebbe riverberato sulla Lombardia con una contropartita per l’alleato principale. Se n’è parlato per settimane, ma quando mercoledì sera lo «scambio» è stato cristallizzato nero su bianco, seppur con una formula in politichese, anche Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato ma soprattutto segretario della Lega lombarda, è rimasto turbato.
L’analisi mette a fuoco due diversi tipi di criticità. La prima, la più immediata come dimostrano le reazioni a caldo, riguarda il fronte interno. «Si generano tensioni e fibrillazione nella Lega in Lombardia, creando peraltro una competizione con il Veneto che non ha senso» spiega Romeo.
Ma c’è un’altra preoccupazione che sorge pensando alle ricadute su chi sta guidando il Pirellone in questo momento.
«Penso a come possano vivere questa situazione il presidente Attilio Fontana, gli assessori e i consiglieri che stanno lavorando e che si vedono trattati come merce di scambio. Anche qui, si generano reazioni che non fanno bene» osserva il segretario che dal giorno della sua elezione alla guida dei leghisti lombardi si è battuto per rilanciare i temi cari al territorio, cercando di risvegliare l’orgoglio di quella Lega che aveva cuore e anima a Pontida e nelle valli varesine.
La mente corre ad altre stagioni politiche, quelle in cui il dominus del centrodestra era Silvio Berlusconi. Sotto il suo «regno» capitò, e non generò scandalo, di vedere in contemporanea alla guida di Lombardia e Veneto due leghisti doc come Roberto Maroni e Luca Zaia.
Ancor meno aiuta, vista da Milano, l’ipotesi di anticipare la chiusura del mandato di Fontana al 2027 per abbinare elezioni regionali e politiche.
«Ma è come se dicessimo ai cittadini — conclude il segretario della Lega lombarda — che consideriamo la partita già chiusa, una sorta di formalità, mentre abbiamo il dovere di continuare a lavorare per dare risposta alle istanze del territorio su sanità, trasporti, infrastrutture. Questo non è il momento di pensare alla bandierine, ma di tenere a testa bassa e pedalare. A chi toccherà guidare la Lombardia lo decideremo fra tre anni, scegliendo il candidato migliore»
Dopo avere ottenuto il proprio candidato, Alberto Stefani, i
leghisti del Nord avvertono che dovrà essere lo stesso anche lì. Ma Matteo Salvini li corregge: se FdI nel 2028 sarà il primo partito avrà il diritto di chiedere la Lombardia. D’altronde, FdI già protesta, e avverte di avere accettato la soluzione in Veneto con «rammarico».
Ma dire che il negoziato è stato vinto dal Carroccio appare vero solo simbolicamente. In cambio del «via libera» alla presidenza del Veneto, FdI ha ottenuto la garanzia che gli assessorati di maggior peso saranno affidati a suoi esponenti. E se la tendenza della Lega al calo proseguirà, e rimarranno le percentuali alte di Giorgia Meloni e la crescita di FI, sarà difficile impedire un brusco ridimensionamento leghista. Per questo è prevedibile una competizione feroce all’interno della destra, prima che con le sinistre.
Quello che si sta configurando non è più un Nord a Salvini e al suo partito, e il resto del Paese a mezzadria tra FdI, berlusconiani e leghisti.
L’ambizione di Palazzo Chigi è di puntellarsi dovunque e dunque anche sopra il fiume Po, a scapito soprattutto del Carroccio; e di contenere le ambizioni centriste dei berlusconiani, cresciute dopo l’affermazione in Calabria di Roberto Occhiuto. D’altronde, a breve termine la partita si gioca all’interno della coalizione governativa: le sinistre sembrano tagliate fuori da qualunque vera possibilità di alternativa.
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
VOCI DAL CARROCCIO: “DA OGGI SI APRE UNA CAMPAGNA ELETTORALE PERMANENTE TRA ALLEATI” … L’AMBIZIONE DI GIORGIA MELONI È DI PUNTELLARSI ANCHE AL NORD, A SCAPITO DEL CARROCCIO. È UNA COMPETIZIONE FEROCE ALL’INTERNO DELLA DESTRA, PRIMA CHE CON LE SINISTRE
“Certamente sì”. Così l’europarlamentare di FdI Carlo Fidanza, a margine del Forum
del Commercio internazionale in corso a Milano, rispondendo a chi gli chiedeva se Fratelli d’Italia potesse rivendicare la guida della regione Lombardia, in vista delle elezioni del 2028.
“L’accordo tra i leader – ha continuato – prevede che il partito che sarà fra due anni il partito più votato in Lombardia potrà esprimere il candidato governatore, Fratelli d’Italia ha avuto nell’ultima elezione in Lombardia il 30%, quindi legittimamente può ambire a questo ruolo”.Secondo Fidanza, “avendo una prospettiva di due anni, due anni e mezzo, è importante comunque continuare a lavorare nel governo attuale della regione Lombardia, con il presidente Fontana che noi sosteniamo lealmente e con un ruolo anche accresciuto nelle proposte e nella concretezza di Fratelli d’Italia, che già oggi è il partito di maggioranza relativa in regione Lombardia e che certamente farà sentire il suo peso nelle politiche”.
“Poi tempo al tempo, quando si arriverà più vicino alle elezioni, si valuteranno i pesi, le proposte, i candidati e si deciderà
Se alle prossime elezioni politiche Fratelli d’Italia sarà il primo partito in Lombardia, «avrà tutto il diritto di rivendicare la guida della Regione». Matteo Salvini sigilla così l’accordo stretto con Giorgia Meloni e Antonio Tajani.
Lo fa per silenziare i malumori interni alla Lega lombarda, capeggiata da Massimiliano Romeo, ma mettere sul tavolo un patto del genere, a quasi due anni dal voto, significa squassare gli equilibri del centrodestra nella Regione: «Da oggi – ragiona preoccupato un leghista lombardo – si apre una campagna elettorale permanente nella quale ci combatteremo tra alleati, invece di scontrarci con il centrosinistra».
I numeri, al momento, danno lo scettro in mano a Fratelli d’Italia. Tanto che già circolano i nomi dei loro possibili candidati. Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha declinato pubblicamente l’investitura circolata ieri: «Smentisco le voci che circolano di un ipotetico impegno in politica. Voglio onorare il mio impegno con gli agricoltori», assicura.
Ipotesi più concreta, invece, quella di Carlo Fidanza, eurodeputato e capo delegazione FdI a Bruxelles. La primavera del 2027 è lontana, però, e i leghisti non sembrano intenzionati a mollare: «Saremo noi a scegliere il nome. Non è una questione di numeri, ma di radicamento», punta i piedi Romeo.
«In Regione ci sono ancora due leggi di bilancio da approvare», avverte un fedelissimo del governatore Attilio Fontana. Lo strumento principale attraverso il quale vengono finanziati
progetti e stanziati fondi – detta in altro modo, lo strumento con cui si prendono i voti – può diventare ostaggio delle faide interne alla coalizione.
In questo senso, la garanzia della Lega è soprattutto Fontana, mentre FdI è tutelata dal “suo” assessore al Bilancio. Forza Italia, invece, su questo fronte è scoperta. Continua allora a rosicchiare numeri alla maggioranza: «Il nostro radicamento è cresciuto molto, a partire dal Pirellone dove siamo saliti da 6 a 10 consiglieri regionali», sottolinea il coordinatore azzurro Alessandro Sorte.
La Lega lombarda discuterà la strategia per difendere la Regione nel prossimo direttivo del 20 ottobre e Romeo già lavora alla festa del partito che si terrà, guarda caso, nello stesso finesettimana in cui si vota in Veneto.
Coincidenza per dare più forza al messaggio: «Se è stata ottenuta una candidatura leghista per il dopo Zaia, si faccia lo stesso in Lombardia». Il problema è che non tutti i lumbard sono così agguerriti. C’è chi è convinto che il leader abbia preferito «l’uovo oggi (il Veneto) piuttosto che la gallina domani (la Lombardia)», ora si dice deluso, ma consapevole della crisi profonda della Lega, e spera di riuscire a strappare almeno qualche assessorato di peso.
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
MELONI HA POSTO IL VETO SUL NOME DI ZAIA NEL SIMBOLO DELLA LEGA, IL GOVERNATORE POTREBBE ENTRARE IN PARLAMENTO (SAI CHE PROMOZIONE…)… SALVINI SI E’ VENDUTO LA LOMBARDIA, LA BASE LEGHISTA NON CI STA
Il futuro di Luca Zaia e, guardando avanti, quello della Lombardia. Il centrodestra ha chiuso la partita dei candidati alle Regionali ma restano aperti nodi rilevanti, soprattutto nella Lega. Perché l’accordo siglato da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che ha dato il via libera all’ufficializzazione del leghista Alberto Stefani come front man della coalizione in Veneto, ha almeno due postille con effetti non banali.
La prima riguarda il nome di Zaia nel simbolo della Lega per le elezioni del 23 e 24 novembre. Fino a ieri pomeriggio doveva contenere quelli di Salvini e del governatore uscente. Alla fine potrà esserci solo il primo.
La condizione posta da Meloni non è solo simbolica ma decisamente politica. E non ha fatto piacere a Zaia: dopo essere stato convinto dagli alleati ad accantonare la lista civica personale, era capolista in pectore della Lega, ma ora anche questo scenario non è certo. “Non sono nelle condizioni di dire come sarà la mia corsa, se la farò – ha spiegato -. C’è da attendere qualche giorno”.
Per il Doge resta la possibilità di entrare alla Camera al posto di Stefani, ma le suppletive, si ragiona in Parlamento, non saranno prima di maggio. FdI non avrebbe preclusioni sulla scelta del
governatore uscente come presidente del Consiglio regionale.
Altrimenti anche quella poltrona potrebbe andare a un esponente del partito della premier, che nell’accordo stretto a Palazzo Chigi si è già assicurata vicepresidenza della giunta e almeno 5 assessorati: Agricoltura, Bilancio, Sanità, Lavori pubblici e Formazione-istruzione. Quattro posti andranno al partito di Salvini e uno a FI. “Insomma – notano i meloniani -, la Lega avrà il presidente ma noi la giunta”.
L’altro risvolto dell’intesa sulle Regionali riguarda la Lombardia. Salvini ieri ha spiegato che il candidato sarà espresso “dal partito con il più recente maggior peso elettorale” nella regione “precedente le elezioni”. E oggi ha ribadito che “se FdI sarà il primo partito, ha tutto il diritto di rivendicare la guida”.
L’idea più accreditata da FdI è che si terrà conto delle Europee del 2024 (FdI 31,7%, Lega 13%) se la Lombardia dovesse andare al voto con un anno d’anticipo, nel 2027, insieme alle Politiche. Per uno dei suoi fedelissimi il leader leghista ha optato per il “meglio la gallina oggi che l’uovo domani. E comunque guardiamo al 2028, c’è tempo…”. Di certo c’è malumore in Lombardia, dove il segretario Massimiliano Romeo non molla: “Il candidato sarà nostro”. E ne fa una questione “non di voti ma di radici: se dovessimo perdere la guida della Regione, la Lega rischierebbe di perdersi”.
Una carta di FdI è Carlo Fidanza, ma circola anche il nome di Ettore Prandini, che fra tre anni chiuderà il secondo mandato alla
guida di Coldiretti. Un erede che non dispiacerebbe all’attuale governatore Attilio Fontana, dicono i leghisti. Da FdI silenzio e sorrisetti allusivi. Il diretto interessato smentisce “un impegno in politica” perché vuole “rispettare fino in fondo il ruolo a difesa agricoltori”.
Sono partite ufficialmente le campagne elettorali degli altri due candidati appena annunciati. Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, di FdI, ha fatto il pieno di in bocca al lupo in mattinata alla Camera.
La sfida con Roberto Fico in Campania si annuncia ardua ma “lui è un mastino, se corre il suo obiettivo è vincere”, assicurano i colleghi di partito.
A Montecitorio si è presentato anche Luigi Lobuono, l’imprenditore scelto come candidato civico per la Puglia dopo un lungo ballottaggio con l’azzurro Mauro D’Attis: per lui vertice con diversi esponenti della coalizione, tra cui il leader di FI Antonio Tajani, Francesco Lollobrigida di FdI e Riccardo Molinari della Lega.
Il prossimo test, intanto, sarà in Toscana, dove il centrodestra punta a eguagliare il 40% ottenuto da Altero Matteoli nel 2000 e Susanna Ceccardi nel 2020.
Sullo sfondo procedono i confronti sulla legge elettorale. FdI spinge per l’abolizione dei collegi, perché “aumentano il rischio di instabilità, chiunque vinca”. Pare che anche la Lega si sia convinta di questa soluzione.
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
AL TERMINE DELL’ARTICOLO PUBBLICATO SI LEGGE: “VUOI CHE LO TRASFORMI IN UN ARTICOLO DA PUBBLICARE SU UN QUOTIDIANO (CON TITOLO, OCCHIELLO E IMPAGINAZIONE GIORNALISTICA) O IN UNA VERSIONE PIÙ NARRATIVA DA MAGAZINE D’INCHIESTA?”
Nei giornali cartacei si sa, il conteggio delle battute è quanto di più cruciale ci possa
essere. Dieci in più e l’articolo non entra nell’impaginazione, dieci in meno e rimane un vuoto bianco nella pagina.
Se si unisce questo problema all’impegno di scrivere un articolo entro una data scadenza, purtroppo accade che per qualcuno la soluzione abbia un nome e un cognome: intelligenza artificiale. Ma quando fa tutto la macchina, il rischio della disattenzione è sempre dietro l’angolo. E il copia e incolla può diventare una trappola.
È il caso dell’edizione di La Provincia, diventata virale sui social grazie ad account come “Osservatorio stampa italiana” e “News9”. L’articolo in taglio alto, dedicato a «Civitavecchia snodo dei traffici di droga», ha il suo sviluppo interza pagina. Andando però a leggere lo sviluppo del pezzo, la chiusa stona non poco:
«Vuoi che lo trasformi in un articolo da pubblicare su un quotidiano (con titolo, occhiello e impaginazione giornalistica) o in una versione più narrativa da magazine d’inchiesta?». Un’espressione che, per chi ha anche solo bazzicato per sbaglio ChatGPT, è molto facilmente riconducibile al chatbot di OpenAI.
(da Open)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
“LA LEADERSHIP, SIA POLITICA CHE RELIGIOSA, DA ENTRAMBE LE PARTI IN QUESTI ANNI NON HA AIUTATO” … “POCO ALLA VOLTA BISOGNERÀ AMMETTERE CHE NON C’È SOLO LA PROPRIA PARTE IN QUESTA STORIA. ENTRARE ANCHE NEL DOLORE DELL’ALTRO RICHIEDERÀ TEMPO”
“Non possiamo essere ingenui. Ma certo è la fine di una lunga notte. Più che parlare di pace, direi che vediamo le prime luci dell’alba: che non vuol dire che è pieno giorno. È un inizio giusto, qualcosa che porta speranza: già stamattina, nelle strade qui intorno, c’era un’energia diversa.
La strada è lunga, gli ostacoli saranno tanti, però è il momento anche di gioire di questo momento, che è sicuramente positivo”. Lo afferma in un’intervista a la Repubblica il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme.
“Poco alla volta – aggiunge -, ma ci vorrà tempo, bisognerà ammettere che non c’è solo la propria parte in questa storia. Entrare anche nel dolore dell’altro richiederà tempo: riconoscere che l’altro c’è, che esiste, mi pare un buon punto di partenza. Negli ultimi anni, e in particolare negli ultimi due anni, l’idea portante è stata ‘io e nessun altro’: questo dovrà cambiare.
Non sarà rapido e non sarà facile: ci vorrà un lungo percorso, ci vorrà anche leadership. Uno dei problemi che abbiamo è che la leadership, sia politica che religiosa, da entrambe le parti in questi anni non ha aiutato. Quando finirà la guerra, se finirà la guerra, ci si potrà rendere conto veramente della situazione. Parliamo di gente che ha perso tutto: casa, lavoro, prospettive.
Ci vorrà un grande desiderio di mettersi in gioco per rimanere. Io credo che qualcuno partirà e qualcuno deciderà di restare. Noi, come sempre, ci saremo: stiamo già progettando un ospedale e una scuola”. “Ma i due Stati restano la soluzione ideale – va
avanti Pizzaballa -, che non possiamo negare ai palestinesi.
Sappiamo molto bene che non è realizzabile in tempo breve ma non si può rinunciare a questo principio. Concordo che dovremo fare i conti con la realtà. Anche per questo sarà necessaria una nuova leadership da entrambi i lati: capace, in maniera creativa, di pensare a un futuro per questi due popoli. Un futuro dignitoso per entrambi”.
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
È UN MIRACOLO, VISTO CHE LA FASCINA HA PARTECIPATO SOLO AL 5,73% DELLE VOTAZIONI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 ottobre a metà mattinata a Montecitorio si è ripetuto un miracolo assai meno
frequente dello scioglimento del sangue di San Gennaro: quello dell’apparizione in aula della deputata forzista Marta Fascina, fidanzata vedova inconsolabile del compianto Silvio Berlusconi.
Il più colpito da questa apparizione è sembrato in Transatlantico il leader degli azzurri, Antonio Tajani, che quando se l’è trovata di fronte ha sgranato gli occhi come fece la giovane Bernadette Soubirous nella grotta di Lourdes, trovandosi di fronte la Madonna. Tajani se l’è baciata ed abbracciata, e l’ha portata subito in buvette a bere qualcosa, nella speranza di non avere avuto una allucinazione.
Il piccolo conto è poi stato saldato dal sottosegretario alle Infrastrutture, Tullio Ferrante, già compagno di scuola della Fascina e nell’occasione suo accompagnatore in aula. A beneficiare del miracolo sono stati i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, oltre che il sottosegretario Alfredo Mantovano
Per ben tre volte la Fascina ha infatti votato probabilmente (il voto era segreto) per respingere la richiesta di processare Nordio, Piantedosi e Mantovano sul caso Almasri. Il gesto è stato così intenso per la Fascina da non consentirle di partecipare anche alla quarta votazione di giornata, quella sul Dpfp di Giancarlo Giorgetti.
Ma tre votazioni su quattro sono comunque il 75% di quelle di giornata. E il miracolo è certificato: da inizio della legislatura la Fascina ha partecipato solo al 5,73% delle votazioni alla Camera dei deputati.
(da Open)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
PER BRUXELLES, I VETI ADOTTATI DALL’ESECUTIVO SI SOVRAPPONGONO A QUELLI DELLA COMMISSIONE E DELLA BCE E LIMITANO LA CONCORRENZA. L’UE È PRONTA A ORDINARE AL GOVERNO DI RITIRARE IL DECRETO CHE HA FISSATO I TERMINI PER L’OFFERTA SALTATA. A QUEL PUNTO ORCEL POTRÀ VALUTARE SE CHIEDERE UN RISARCIMENTO DANNI A PALAZZO CHIGI
È finita si dice alla fine. Viene in mente Rocky Balboa a leggere le indiscrezioni che arrivano da Bruxelles sulla vicenda Unicredit-Banco Bpm, che consideravamo chiusa a giugno con il ritiro di Piazza Gae Aulenti dall’offerta sull’ex popolare milanese. Anche perché di nuovo di Golden power si tratta.
Secondo Reuters, infatti, la Commissione Europea è pronta ad agire contro la normativa italiana sui poteri speciali nell’ambito di un’iniziativa contro i Paesi Ue che ostacolano il consolidamento bancario nel Vecchio continente nell’ambito di fusioni e acquisizioni.
Bruxelles, stando a quattro fonti consultate dall’agenzia di stampa, ritiene che i veti adottati dall’esecutivo Meloni si sovrappongano a quelli della Commissione europea e della Banca Centrale Europea, limitino la concorrenza e violino il principio dell’indipendenza degli istituti di credito.
E ordinerebbe dunque all’Italia di ritirare il decreto che ha fissato i termini per l’offerta fallita di Unicredit, contestando al contempo la legislazione complessiva sui poteri speciali attraverso un procedimento separato
Entro metà novembre — pertanto — sarebbe previsto l’invio di due lettere che avvierebbero due procedimenti distinti, rispettivamente ai sensi delle norme sul mercato unico e sulle concentrazioni.
Una volta che l’Europa avrà stabilito che le condizioni imposte da Roma a Unicredit sono illegali, la banca potrà valutare se chiedere un risarcimento danni al governo. Che però potrà impugnare la decisione davanti a un tribunale Ue.
Già a luglio l’Europa aveva bocciato il ricorso al Golden power su Piazza Gae Aulenti, con cui ad aprile Palazzo Chigi chiedeva all’istituto guidato da Andrea Orcel l’uscita entro nove mesi dalla Russia, il mantenimento per un periodo di cinque anni di un rapporto stabile tra prestiti e depositi, dell’attuale rete di filiali in Lombardia e degli investimenti di Anima in titoli di Stato italiani.
La mossa di Bruxelles è anche vista come un avvertimento a Germania e Spagna: nella prima è ancora Unicredit a tentate una scalata, questa volta a Commerzbank, mentre nella seconda l’opa del Bbva su Sabadell è stata oggetto di referendum.
(da agenzie)
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Ottobre 10th, 2025 Riccardo Fucile
NETANYAHU OSSERVA E ASPETTA: I DUE ULTRA-DESTRI BEN GVIR E SMOTRICH HANNO VOTATO CONTRO L’INTESA, MA NON FARANNO CADERE L’ESECUTIVO. SANNO CHE ALLE ELEZIONI DEL PROSSIMO ANNO, PRENDERANNO UNA SCOPPOLA. MEGLIO NON ANTICIPARLE…I SONDAGGI: SE SI VOTASSE OGGI, IL BLOCCO ANTI-NETANYAHU RAGGIUNGEREBBE 57 SEGGI, SOLO QUATTRO IN MENO DEL NUMERO NECESSARIO PER FORMARE UN GOVERNO AUTONOMO
Nuovo incontro dei leader dei partiti dell’opposizione israeliana che si sono riuniti per
coordinare iniziative politiche congiunte. Presenti Yair Lapid di Yesh Atid, l’ex primo ministro Naftali Bennett, Gadi Eisenkot, il leader dei Democratici Yair Golan e i parlamentari Avigdor Lieberman di Yisrael Beitenu e Benny
Gantz di Unita’ Nazionale.
L’obiettivo, hanno sottolineato in una nota, e’ concentrare gli sforzi per far cadere il governo durante la prossima sessione della Knesset, che si aprira’ tra due settimane, e per istituire quello che hanno definito un “governo di riparazione e guarigione in Israele”
I partecipanti alla riunione hanno anche chiesto l’attuazione del piano Trump per garantire il ritorno di tutti i 48 ostaggi, ribadendo che forniranno una rete di sicurezza all’esecutivo per far funzionare tale accordo.
Il Likud di Netanyahu gode di un leggero aumento di consensi dopo l’accordo con Gaza, secondo un sondaggio
Dopo l’accordo tra Gaza e Israele sul cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, il primo ministro Benjamin Netanyahu gode di un lieve aumento del sostegno pubblico, mentre il suo rivale più vicino, l’ex premier Naftali Bennett, scende al livello più basso finora registrato, secondo un sondaggio pubblicato venerdì.
Alla domanda se si dovessero tenere elezioni “una volta completato l’accordo e restituiti gli ostaggi”, il 48% degli intervistati al sondaggio di Maariv ha risposto sì, il 39% no e il 13% ha detto di non sapere.
Alla domanda su chi voterebbero nelle prossime elezioni, gli intervistati del sondaggio di Maariv hanno assegnato al Likud di Netanyahu 27 seggi dei 120 della Knesset — in aumento rispetto
ai 25 della scorsa settimana.
Bennett, che ha registrato un partito provvisorio chiamato “Bennett 2026”, otterrebbe 19 seggi, in calo rispetto ai 22 della settimana precedente e al suo risultato più basso da quando è stato incluso nel sondaggio nell’agosto 2024, ha riferito Maariv.
Ex collaboratore di Netanyahu e in passato schierato più a destra del premier, Bennett ha detto poco sull’accordo di Gaza; Maariv ha ipotizzato che il suo silenzio abbia nuociuto alla sua posizione nel sondaggio.
Il partito Otzma Yehudit del ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che si oppone all’accordo su tregua e ostaggi, otterrebbe sei seggi, in calo rispetto ai nove della settimana scorsa.
L’altro partito dell’estrema destra, Sionismo Religioso, guidato dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, non riceverebbe abbastanza consensi per entrare in Knesset: solo il 2,3% degli intervistati — la stessa percentuale della settimana scorsa — ha dichiarato che lo voterebbe.
Gli alleati ultraortodossi di Netanyahu — il partito sefardita Shas e il suo omologo ashkenazita Giudaismo Unito della Torah — mantengono rispettivamente otto e sette seggi.
Entrambi hanno lasciato il governo quest’anno a causa del mancato inserimento nella legge dell’esenzione dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot haredi
Nel frattempo, gli intervistati hanno assegnato al leader
dell’opposizione Yair Lapid dieci seggi — in aumento rispetto ai sette del sondaggio precedente. Maariv ha attribuito l’incremento al suo deciso sostegno a un accordo per la liberazione degli ostaggi.
Gli altri partiti sionisti dell’opposizione — The Democrats, guidato dall’ex vicecapo di stato maggiore Yair Golan, di orientamento pacifista, e Yisrael Beytenu, guidato dal veterano legislatore nazionalista Avigdor Liberman — si attestano entrambi a dieci seggi, lo stesso numero della settimana scorsa.
Blu e Bianco, il partito centrista dell’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, non supererebbe la soglia elettorale, con un calo dal 3% al 2,3% degli intervistati
L’ex capo di stato maggiore Gadi Eisenkot, che si è separato dal partito di Gantz e ha lasciato la Knesset, otterrebbe otto seggi con il suo nuovo partito “Yashar!”, in aumento rispetto ai sette della settimana scorsa.
Nel complesso, il blocco sionista anti-Netanyahu guidato da Bennett, Lapid, Golan, Liberman, Gantz ed Eisenkot raggiungerebbe 57 seggi — quattro in meno del numero necessario per formare un governo autonomo.
Anche HaMiluimnikim (“I riservisti”), un partito che sostiene i diritti dei riservisti e il servizio militare per gli ultraortodossi, guidato dal ministro delle Comunicazioni Yoaz Hendel, otterrebbe cinque seggi, e Hendel non ha ancora dichiarato se sarebbe disposto a entrare in un governo Netanyahu
Cinque seggi ciascuno, come la settimana scorsa, andrebbero anche a Ra’am, partito arabo islamista che partecipò al breve “governo del cambiamento” guidato da Bennett e Lapid nel 2021-2022, e all’alleanza Hadash-Ta’al, composta dal partito comunista binazionale Hadash e dal partito arabo laico Ta’al.
Le prossime elezioni parlamentari israeliane sono previste per ottobre 2026, ma potrebbero svolgersi prima se l’attuale governo dovesse cadere.
Sia Smotrich che Ben Gvir hanno minacciato di far cadere la coalizione in caso di un cessate il fuoco permanente a Gaza.
Il sondaggio è stato condotto dall’Istituto Lazar Research, diretto da Menachem Lazar, in collaborazione con la piattaforma di sondaggi Panel4All. Il campione era di 500 persone e il margine di errore di ±4,4%, secondo Maariv.
(da agenzie)
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